Home Page        Un'opera teatrale sulle foibe.

 

  L'opera in questione è intitolata "Non se ne parla nemmeno", è stata scritta dall' Avv. Giuliano Torrebruno di Roma e regolarmente depositata alla SIAE in data 23 febbraio 2004. Per leggerla in formato "word" cliccate qui, scaricherete un file zippato (che va prima "decompattato" con Winzip).

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"Non se ne parla nemmeno" - Frontespizio

 

  BREVE SINOSSI DI "NON SE NE PARLA NEMMENO".
Si tratta di un'opera drammatica dedicata all'immane (e, per alcuni, vergognosa) tragedia delle cosiddette "foibe", a quegli italiani, cioè, che furono trucidati poco prima e dopo la fine della seconda guerra mondiale e gettati, talora ancora vivi, in cavità naturali dei territori carsici, le "foibe", appunto.
Il protagonista, Corrado Zavanin, è un uomo qualsiasi, con una vita del tutto normale, per quanto glielo consentono le circostanze della guerra e della zona di confine in cui vive. Ama Angela Caglioti, una maestrina semplice e desiderosa solo di una vita tranquilla accanto al futuro marito.
La presa del potere, in quella che poi diventerà parte della nuova Jugoslavia, da parte dei sostenitori di Tito, fa scoppiare una serie di repressioni sanguinosissime, a danno dei "fascisti", denominazione che accomunerà non solo i sostenitori veri e propri del passato regime, ma anche chiunque portasse un cognome italiano.
Corrado racconta, in un intenso "incipit" iniziale, le sue vicende e quelle di Angela e dei tanti che furono travolti dai mostri dell'odio etnico e politico. Prosegue poi descrivendo i protagonisti dell'una e dell'altra parte. 
Si salva più per caparbia volontà di sopravvivenza che per caso, dall'esecuzione cui era destinato, si rifugia in Italia e inizia le ricerche di Angela. Quest'ultima, cui i vincitori non hanno risparmiato alcun tipo di affronto, riesce a guadagnare il territorio italiano e viene condotta in una sorta di campo profughi in Sardegna, dove Corrado la rintraccia e la sposa. Gli stenti, ma più ancora il ricordo di quanto ha passato, ne stroncano l'esistenza, poco dopo aver dato un figlio a suo marito.
Passato anche il periodo del più immediato e tormentato dopoguerra, Corrado tenta di salvare il ricordo di quanto è successo, consapevole del suo compito di "memoria storica" anche se individuale, di protagonista testardamente scampato ad un destino che forse, risparmiandolo, gli ha voluto affidare una missione.
 E' tra i fondatori di una quasi clandestina organizzazione di sopravvissuti, cerca l'ausilio di chi, a suo modo di vedere, avrebbe il dovere, se non altro per amore di genuinità storica, di far conoscere al mondo la verità su quelle zone oscure delle patrie sorti che pure dovrebbero essere illuminate.
I suoi tentativi, effettuati via via con rappresentanti del mondo politico, di quello ecclesiastico, di quelli che in seguito saranno conosciuti come "mass media", si scontrano con la più ottusa ignoranza, con la malafede di chi vuole sostenere che gli uccisi nelle foibe siano stati solo dei "fascisti" esemplarmente giustiziati, con il perbenismo e l'ansia di quieto vivere di chi non vuole mettere in discussione un assetto politico basato su una ragion di Stato e una difesa dello status quo che fanno troppo comodo ai nuovi governanti (e agli aspiranti tali).
Corrado combatte fino in fondo, certo in cuor suo di due cose: della sconfitta nell'immediato e di essere troppo nel Giusto perché, alla fine, non ci si renda conto di quanto doveroso sia il rendere omaggio, almeno, alla Verità.
La storia in sé è quella di un solo uomo, o di pochi, ma gli episodi ai quali essi hanno preso parte rendono il dramma un'opera profondamente corale, in cui le storie individuali, vividamente e a volte anche impietosamente raccontate, si fondono nel lamento di una intera generazione quasi completamente sterminata, che rimarrà quale onta incancellabile per molte coscienze. Ma ciò che più sconvolge e indigna è la rimozione, ai limiti della complicità, che decenni di politica ipocrita e faziosa hanno operato in relazione al periodo delle foibe. E' precisamente questo che sconcerta Corrado e contro cui egli impegna tutti i suoi sforzi.
Egli infatti non vive il suo essere sopravvissuto come una fortuna, ma come una sorta di ingiustizia nei confronti di chi ha dovuto soccombere, e comprende che potrà rimediare, anche solo in minima parte, a questo terribile privilegio che gli è stato riservato, solo compiendo un dovere, che sente tutt'altro che retoricamente come sacro, il dovere di far irrompere nella coscienza di ciascuno la Verità e il conseguente orrore per quel capitolo di storia patria che la storiografia ufficiale, semplicemente, ha ignorato.

(Sotto, un'immagine panoramica delle 39 pagine di cui si compone l'opera).

"Non se ne parla nemmeno" - L'intera opera.

 

 

 

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