La nascita, l’affermazione del sistema di produzione di massa

 

La storia dell’industria moderna ha trovato nella produzione di massa un momento di svolta e trasformazione radicale. Esso non è stato il risultato di una serie di relazioni di causa-effetto, quanto piuttosto la conseguenza di una serie di circostanze, innovazioni e nuovi paradigmi che si sono reciprocamente rinforzati.

Di seguito si riportano i principali avvenimenti che hanno dato origine a quella che sarebbe poi diventato il modello della produzione di massa.

 

I progressi tecnico-scientifici[1]

Verso fine '800 macchine e apparati produttivi esprimevano una fase ormai matura del macchinismo industriale. Scienza e tecnica non si limitavano a fornire macchinari sempre più veloci e potenti, ma permettevano di progredire lungo tre dimensioni fondamentali per una produzione industriale moderna:

  1. la standardizzazione dei prodotti e dei mezzi di produzione, resa a sua volta possibile dal perfezionamento dei mezzi di misurazione;
  2. l'avvio alla produzione sistematica di pezzi intercambiabili sia per prodotti finiti complessi (ad es. le armi) e sia per macchine utensili. Il fatto che divenissero disponibili pezzi intercambiabili aumentava enormemente la praticità e l'economicità di uso dei prodotti industriali e insieme alla standardizzazione poneva le basi per una produzione di larga serie;
  3. la tendenziale progressiva specializzazione delle macchine utensili. Tale specializzazione avviava i primi passi sia attraverso la produzione di macchine radicalmente nuove per compiere lavorazioni particolari, e sia attraverso il perfezionamento di macchine già esistenti come il tornio polivalente universale.

 

Crescita quantitativa dei complessi industriali[2]

I progressi tecnologici si accompagnarono al progressivo ingrandimento dei complessi industriali. Mentre in pieno '800 erano relativamente rare le fabbriche che superavano il migliaio di dipendenti, questo ordine di grandezza cominciò a farsi più frequente verso la fine del secolo. Espansione produttiva e fusione tra imprese facevano imboccare la strada che avrebbe condotto al gigantismo industriale, esploso negli anni '20 del 20° secolo. La concentrazione di manodopera in grandi stabilimenti, se da un lato era destinata ad apparire come la risposta più logica alla esigenza di una produzione su larga scala, dall'altro lato cominciava a porre problemi organizzativi nuovi per i quali non potevano più valere le vecchie soluzioni di origine artigianale.

 

Offerta di forza lavoro non qualificata e alta mobilità[3]

L'espansione dell'industria richiedeva un reclutamento di manodopera sempre più largo. I figli del proletariato industriale formatosi nei decenni precedenti non erano più sufficienti a soddisfare il crescente bisogno di forza lavoro, e si ricorse quindi al reclutamento di masse di estrazione contadina. Il fenomeno diffuso in tutti i paesi industrializzati, assunse dimensioni imponenti negli Stati Uniti dove a cavallo dei due secoli affluirono milioni di immigrati appartenenti in gran parte agli strati più poveri dei paesi del vecchio mondo. Masse di ex contadini polacchi, irlandesi, italiani, si aggiunsero a negri, portoricani e messicani dando luogo ad una imponente offerta di lavoro, in larga misura dequalificato. Va anche osservato che la manodopera era estremamente mobile sia perché le imprese non garantivano alcuna sicurezza di impiego, sia perché i lavoratori erano continuamente alla ricerca di un lavoro migliore. Il tasso di avvicendamento nelle fabbriche era quindi estremamente alto - spesso non ci si fermava che pochi mesi o addirittura poche settimane – e il continuo ricambio di manodopera acuiva il problema del rapido apprendimento di elementari procedure di lavoro.

 

Una nuova modalità di organizzazione della produzione (Taylor)

L’emergere del sistema di fabbrica durante la rivoluzione industriale pone problemi che le organizzazioni non avevano incontrato in precedenza. Con lo svolgimento del lavoro su scala molto più ampia da parte di un più grande numero di lavoratori, si cominciò a pensare a come progettare e svolgere il lavoro in modo da incrementare la produttività e consentire all’organizzazione di raggiungere la massima efficienza.[4]

Alla fine del XIX secolo (1895), Taylor delinea l’insieme di metodi di gestione e direzione che viene da lui chiamato “Task management”, anche noto con il nome di ‘organizzazione scientifica del lavoro’, e basato sul principio metodologico generale della esistenza sempre e comunque di un metodo unico e migliore per risolvere i problemi o compiere azioni di qualunque genere (one best way). [5]

Il motivo storico che spiega il sorgere di questo movimento di idee e applicazioni sta nella percezione di una contraddizione tra le potenzialità produttive di un’industria ormai alle soglie della produzione di massa e i metodi ancora arcaici della produzione, basati sull’empirismo degli operai e sulla loro esposizione all’arbitrio dei capireparto.

In questo contesto Taylor pone l’OSL come una completa rivoluzione mentale che attraverso la leva della divisione del lavoro, spinta a livelli molto accentuati in base a uno studio analitico dei tempi e dei metodi di lavoro”.

Tre sono i principi su cui si regge Tre sono i principi su cui si regge l’organizzazione scientifica del lavoro secondo Taylor:

  1. Dissociazione fra processo lavorativo e qualificazione degli operai : “Il dirigente si assume ... l’incarico di raccogliere tutte le nozioni tradizionali possedute in precedenza dagli operai, e di classificarle, ordinarle in tabelle e ridurre queste conoscenze in prescrizioni, leggi e formule”.
  2. Separazione dell’ideazione dall’esecuzione: “Tutto il lavoro intellettuale deve essere tolto dall’officina e concentrato nell’ufficio di progettazione e di programmazione”.
  3. Uso della conoscenza al fine del controllo parcellizzato del processo lavorativo e del suo modo di esecuzione «Forse l’elemento di maggiore rilievo nella moderna direzione scientifica è l’idea del compito. Il lavoro di ciascun operaio è interamente programmato dalla direzione con almeno un giorno d’anticipo, e ciascuno riceve quasi sempre delle complete istruzioni scritte, in cui è descritto particolareggiatamente il compito che deve eseguire, nonché i mezzi da usare... Questo compito specifica non soltanto ciò che va fatto, ma il modo in cui deve essere fatto e il tempo esattamente concesso per l’esecuzione... La direzione scientifica consiste in ampia misura nella preparazione e nello svolgimento di questi compiti”[6].

La trasformazione dell’organizzazione in scienza avviene attraverso quattro strumenti.

Al primo posto c’è l’individuazione precisa della modalità ottima, in termini di efficienza nei tempi e nei costi, con cui può essere svolto un compito. Esso comprende tutte le prescrizioni che portano a decomporre il lavoro umano e a ricostruirlo in base a principi dettati dall'esterno. Queste prescrizioni, indicate da Taylor e perfezionate poi dai suoi collaboratori costituiscono la formulazione originaria dell'MTM (Misurazione Tempi e Metodi) che, rivisto e perfezionato, sarebbe poi stato largamente adottato nelle industrie. In base alle varie indicazioni presenti nei testi di Taylor ne diamo il seguente elenco:

  1. selezione di un gruppo sperimentale di 10-15 lavoratori particolarmente abili nel lavoro da analizzare;
  2. scomposizione e analisi dei singoli movimenti in rapporto ai tempi di esecuzione, posizione fisica, forma , peso e frequenza d'uso degli attrezzi;
  3. correzione ed eliminazione dei movimenti «falsi inutili e pigri», ossia che non presentano requisiti di razionalità rispetto allo scopo per cui sono eseguiti;
  4. ricomposizione del comportamento lavorativo in base al montaggio dei singoli movimenti risultati più razionali;
  5. standardizzazione degli utensili e delle attrezzature in base ai rapporti ottimali tra peso, forma, frequenza e modalità di uso, caratteristiche fisico-chimiche del materiale lavorato;
  6. fissazione di un tempo teorico di lavorazione in base alla somma dei tempi registrati per i singoli movimenti;
  7. addestramento del gruppo sperimentale dei lavoratori all'esecuzione del compito affidato secondo la nuova procedura;
  8. osservazione sistematica dei tempi effettivamente impiegati, avendo cura delle necessità fisiologiche, delle pause per riposare, di eventuali inconvenienti, ecc.;
  9. calcolo dei coefficienti di correzione del tempo teorico in modo da aumentarlo di una percentuale sufficiente a far fronte a tutte le pause e inconvenienti prevedibili.

Al secondo posto c’è la selezione e l’addestramento dei lavoratori non casuale ma mirati alla ricerca della persona migliore per l’attività da effettuare (l’uomo giusto al posto giusto);

Al terzo, l’instaurazione di rapporti di stima e collaborazione tra direzione e manodopera, che sono in diretto contatto tra loro in modo tale da risolvere i conflitti prima dell’intervento di soggetti “terzi”, quali il sindacato;

Al quarto la riorganizzazione dell’apparato direttivo in modo da restringere i campi di competenza dei capi, introducendo livelli gerarchici intermedi, e introducendo il concetto di direzione funzionale, tale per cui gli operai non obbediscono più a un solo capo, ma ricevono ordini e sono controllati da diversi superiori, ciascuno dei quali si occuperà di un aspetto particolare del lavoro per il quale ha sviluppato una specifica competenza.

Completano il quadro degli strumenti dell’OSL la definizione di obiettivi di produttività, l’addestramento per raggiungerli e un sistema di incentivi monetari legato al loro raggiungimento. Taylor è infatti consapevole che il task management è destinato a scatenare l'opposizione della manodopera, soprattutto di quella di mestiere. Per far accettare il nuovo metodo egli propone quindi una politica di alti salari, ma da erogarsi in modo del tutto diverso da quello del cottimo fino al allora in vigore presso gli stabilimenti. Mentre nel cottimo il lavoratore è stimolato ad industriarsi per fare più in fretta, nell'Osl il lavoratore deve eseguire rigorosamente quanto è prescritto. La paga più alta va quindi considerata come un premio di rendimento che percepirà integralmente solo chi esegue per intero la produzione fissata e secondo i metodi previsti. In caso di mancato raggiungimento del task il lavoratore subirà una diminuzione proporzionale del salario.

 

Una nuova modalità di organizzazione d’impresa (Fayol)

Tra il 1916 e il 1925 Hanry Fayol analizza per la prima volta la funzione amministrativa distinguendo in maniera netta tra gestione (governer) e direzione (administration), dando il via a quella che divenne poi nota come la scuola dei “Principi di Direzione”.

Applicando il ragionamento di Taylor alle funzioni amministrative, Fayol osserva due fenomeni: l’esistenza di una molteplicità di prassi gestionali diverse per affrontare lo stesso problema e la cui validità è dubbia; e la necessità di sviluppare una dottrina o un codice fondato su “verità dimostrate” attraverso l’esperienza e la discussione pubblica.

Fayol sostiene che l’elaborazione della dottrina direzionale deve avvenire utilizzando il metodo cartesiano operando da un lato la scomposizione del problema e studiandone anche i singoli aspetti e dall’altro, procedendo a osservare, raccogliere e classificare i fatti, interpretarli, effettuare se necessario degli esperimenti e trarre da tutto questo insiemi di studi e regole.

Per strutturare tale teoria Fayol enuncia alcuni principi.

  1. La suddivisione del lavoro: Al crescere della organizzazione è necessario suddividere e raggruppare le risorse in base alla specializzazione;
  2. L’autorità e la responsabilità. Chi ha responsabilità deve avere autorità.
  3. La disciplina. Senza disciplina viene meno il principio di autorità, in quanto esso implica il diritto di dare ordini e di pretendere obbedienza.
  4. L’unità di direzione. Per ogni gruppo di attività che condivide lo stesso obiettivo deve esserci un solo capo
  5. L’unità di comando. Ognuno deve ricevere ordini da un solo superiore e riferire solo a lui.
  6. La linea di comando e l’area di comando. Le linee di comando devono essere chiare e definite (organigrammi) ed essere le più brevi possibile.
  7. Centralizzazione verso delega. Il sistema per funzionare richiede adeguate deleghe decisionali e operative.
  8. Subordinazione dell’interesse individuale a quello dell’organizzazione. Il principio si può tradurre nella opportunità di stabilire obiettivi aziendali che evitino il contrasto fra interesse personale e aziendale.
  9. Remunerazione equa. La remunerazione deve, nei limiti del possibile, soddisfare gli interessi dell’organizzazione e del collaboratore.
  10. L’equilibrio. Le varie parti dell’organizzazione devono essere in equilibrio tra loro e nessuna delle funzioni deve assumere un’indebita importanza a scapito delle altre.
  11. Ordine
  12. Stabilità del personale
  13. Iniziativa
  14. Spirito di corpo

 

Il concetto che da corpo ai principi di Fayol è quello di funzione. Sei sarebbero le funzioni essenziali sempre presenti nell’impresa:

  1. tecniche (produzione, fabbricazione, trasformazione),
  2. commerciali (acquisti, vendite, scambi),
  3. finanziarie (ricerca e gestione dei capitali),
  4. di sicurezza (protezione dei beni e delle persone),
  5. di contabilità (inventari, bilanci, conti, statistiche...),
  6. direttive.

Egli distingue nettamente la funzione direttiva dalla gestione, intesa come essenza stessa del funzionamento dell’impresa volta al conseguimento del fine aziendale attraverso l’ottimizzazione delle risorse e il coordinamento delle sei funzioni, la risultante complessiva del loro governo. Quella direttiva ha in sé i compiti di dirigere, programmare, organizzare (qui inteso come il costituirsi del duplice organismo, materiale e sociale, dell’impresa), comandare, coordinare (nel senso dell’armonizzare le azioni rispetto ai fini), controllare.

La funzione direzionale presenta due caratteristiche essenziali:

  1. è universale, nel senso che l’abilità amministrativa pur essendo migliorabile con la pratica, non si acquisisce solo mediante l’esperienza, ma anche mediante lo studio di vere e proprie “teorie amministrative”, regole e metodi sperimentati e comprovati nella pratica applicazione.
  2. è diffusa, nel senso che non può essere attribuzione esclusiva del solo vertice, ma che interessa, sia pure in misura diversa, tutti i dipendenti. Ciascuna funzione richiede, per un suo efficace svolgimento una specifica capacità intesa come combinazione particolare di qualità e conoscenze. Pertanto anche alla funzione direzionale corrisponde una capacità specifica ed essendo tale funzione diffusa il bisogno di capacità direzionale è generale.

 

 

La razionalizzazione delle strutture d’impresa (Weber)

Nel 1922 viene pubblicato il libro (postumo) Economia e Società di Max Weber nel quale lo studioso esamina i principi e i modi di funzionamento di una burocrazia moderna esaltandone la superiorità rispetto a qualsiasi altro tipo di organizzazione.

Weber scrive:

“Nell’amministrazione burocratica…la precisione, la rapidità, l’univocità degli atti, la continuità, la direzione, la coesione, la rigida subordinazione, la riduzione dei contrasti, le spese oggettive e personali, sono recate in misura migliore rispetto a tutte le forme collegiali o di uffici onorari o assolti come professione secondaria”

“Se Fayol e Taylor possono essere a buona ragione considerati i padri delle teorie della direzione organizzativa, chi ha veramente fatto assurgere lo studio delle organizzazioni alla dignità di disciplina accademica fu invece Weber.

Nei confronti dello studio delle organizzazioni introduce l’idea di organizzazione come “istituzione”, vale a dire una realtà a sé stante che, pur non essendo possibile senza le persone che gravitano al suo interno e che la compongono, ha una sua ragion d’essere, talvolta intesa come superiore ai suoi stessi protagonisti, a prescindere dalle azioni che vengono compiute in essa e dalle proprie stesse finalità. Risulta chiaro come la teoria della burocrazia e il suo concetto stesso nascano con lui. Burocrazia è un termine che ai nostri tempi ha assunto il significato negativo di lungaggine, inefficienza e talvolta di assurdità. Tuttavia esso nasce con la finalità di razionalizzare il lavoro d’ufficio (il termine nasce di recente originandosi da quello francese di bureau, ufficio appunto), spersonalizzando il comando e mettendo la logica nel posto del direttore.

Nasce così il mondo delle regole, delle procedure, della routine. L’organizzazione non è più la funzionalizzazione delle azioni che si svolgono all’interno dell’impresa: essa, come una metafora vivente, è la logica che guida la vita degli uomini. In tutto ciò questa teoria rappresenta l’espressione della società borghese tedesca di quegli anni, della sua cultura, del suo pensiero e dei rimedi per curarla delle proprie degenerazioni.

Così come Fayol fu mosso dal tentativo tutto francese ed enciclopedico di mettere ordine, dare metodo e classificare un modello di direzione fino ad allora almeno pensato in modo latinamente approssimativo, Taylor, in maniera tutta americana, tentò di superare problemi concreti legati al tempo e al prodotto (come quello del cottimo) standardizzando, omologando il lavoro e i lavoratori e restituendo il governo dell’impresa alla direzione affiancata da uno staff di “equanimi” tecnocrati, Weber si pose il problema tutto tedesco di conciliare il rispetto della norma e dell’autorità al di fuori dell’autoritarismo di capi carismatici, non necessariamente autorevoli sebbene spesso dispotici”[7].

“La burocrazia nella sua forma più completa comporta:

  1. il principio della competenza di autorità definite, disciplinata da leggi e regolamenti amministrativi. Ciò significa che una burocrazia presuppone sempre: a) una stabile divisione dei doveri e dei poteri di ufficio, che vanno esercitati secondo norme previste (divisione del lavoro in base a regolamenti); b) l'adempimento regolare e continuativo dei compiti così suddivisi;
  2. il principio della gerarchia degli uffici, ossia un sistema rigido di sovra e subordinazione degli organi di autorità, con poteri di controllo dei superiori sugli inferiori;
  3. il segreto di ufficio, ossia la conservazione di tutti gli atti relativi al funzionamento dell'apparato burocratico, e che è rigidamente separato dalla vita privata dei funzionari;
  4. una minuziosa preparazione specializzata, che pone i funzionari in una posizione di privilegio rispetto ai non addetti ai lavori;
  5. l'esercizio di una attività a tempo pieno da parte di chi vi lavora. (A differenza di quanto avviene nelle forme pure di potere carismatico o tradizionale, l'attività burocratica non può essere una sinecura, un impegno temporaneo o una professione secondaria).

Queste caratteristiche provocano una serie di conseguenze sulla posizione interna ed esterna dei funzionari:

  1. l'ufficio è una professione. Ciò richiede:
    1. un corso di studi predeterminato che assorbe per lungo tempo l'attività di preparazione del futuro funzionario;
    2. prove di qualificazione stabilite come condizioni preliminari per l'assunzione (concorsi) o in certi casi per il passaggio a mansioni superiori (concorsi interni;
    3. dovere di fedeltà all'ufficio, che si manifesta nella lealtà ad uno scopo oggettivo impersonale (quello perseguito dall'amministrazione) e nell'obbedienza ai ruoli superiori e non alle specifiche persone che li ricoprono. I superiori cioè possono cambiare ma la fedeltà allo scopo e l'obbedienza ai ruoli rimangono immutate (a differenza di quanto avviene nel potere carismatico e tradizionale, dove la fedeltà e obbedienza sono date ai superiori in quanto persone).
  2. La condizione di funzionario della burocrazia si accompagna generalmente ad un prestigio di ceto, particolarmente rilevante nei confronti dei dominati. Il prestigio è maggiore quando il funzionario è nominato da istanze a lui superiori e non quando è eletto dal basso (ad es. certe cariche elettive negli USA, come giudice, sceriffo, pastore, ecc.).
  3. La carica ha durata vitalizia, e si configura in una carriera che porta di norma il funzionario a ricoprire posizioni sempre più alte, per motivi di merito e di anzianità.
  4. La carica è ricompensata da uno stipendio monetario fisso, pagato dall'amministrazione nel cui ambito il funzionario lavora. Nella burocrazia pura il funzionario non riceve mai compensi economici diretti dai clienti o utenti dell'organizzazione. Costoro pagano l'amministrazione e questa a sua volta provvede a stipendiare il funzionario (la norma serve a garantire autonomia e imparzialità del funzionario nel trattare le pratiche dei clienti o utenti dell'amministrazione).
  5. Il funzionario non possiede gli strumenti del suo lavoro, che gli sono dati in dotazione dall'amministrazione, e dei quali deve rendere conto (questa caratteristica, che a prima vista sembra scontata, acquista particolare rilevanza di fronte al progresso tecnologico: il costo, la complessità e la rilevanza sociale di certi strumenti, dalle armi alle apparecchiature scientifiche, impongono un'amministrazione burocratica).

Weber non ignora certamente le inefficienze della burocrazia: ma la grande novità è che nella burocrazia le inefficienze possono apparire ed essere denunciate in quanto esistono norme che le sanzionano, mentre nelle amministrazioni preburocratiche la mancanza di norme per definire efficienza e obiettività impediva la stessa denuncia giuridica degli arbitri. La superiorità tecnica della burocrazia deriva direttamente dal fatto di ispirarsi al principio della razionalità secondo lo scopo. Ciò fa sì che gli atti burocratici siano in linea di principio più efficienti, più economici, più prevedibili, più oggettivi (meno arbitrari) degli atti compiuti nelle amministrazioni preburocratiche”[8]

 

 



[1] Cfr Corrado Cerruti – Organizzazione Aziendale: dispense ad uso degli studenti della facoltà di Scienze politiche della Università degli studi di Macerata (AA 2005/06)

[2] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.

[3] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.

[4] Cfr Richard L. Daft – Organizzazione aziendale; Ed Apogeo

[5] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit. e Ennio Martignano – Introduzione alle teorie e alle idee di organizzazione

[6] Cfr Braverman – citato in Ennio Martignano op. cit.

[7] Cfr Ennio Martignano Op. Cit.

[8] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.