La storia dell’industria moderna ha trovato nella produzione di massa un
momento di svolta e trasformazione radicale. Esso non è stato il risultato di
una serie di relazioni di causa-effetto, quanto piuttosto la conseguenza di una
serie di circostanze, innovazioni e nuovi paradigmi che si sono reciprocamente
rinforzati.
Di seguito si riportano i principali avvenimenti che hanno dato origine a
quella che sarebbe poi diventato il modello della produzione di massa.
I progressi
tecnico-scientifici[1]
Verso fine '800 macchine e apparati produttivi esprimevano una fase ormai
matura del macchinismo industriale. Scienza e tecnica non si limitavano a
fornire macchinari sempre più veloci e potenti, ma permettevano di progredire
lungo tre dimensioni fondamentali per una produzione industriale moderna:
Crescita quantitativa
dei complessi industriali[2]
I progressi tecnologici si accompagnarono al progressivo ingrandimento dei
complessi industriali. Mentre in pieno '800 erano relativamente rare le
fabbriche che superavano il migliaio di dipendenti, questo ordine di grandezza
cominciò a farsi più frequente verso la fine del secolo. Espansione produttiva
e fusione tra imprese facevano imboccare la strada che avrebbe condotto al
gigantismo industriale, esploso negli anni '20 del 20° secolo. La
concentrazione di manodopera in grandi stabilimenti, se da un lato era
destinata ad apparire come la risposta più logica alla esigenza di una produzione
su larga scala, dall'altro lato cominciava a porre problemi organizzativi nuovi
per i quali non potevano più valere le vecchie soluzioni di origine
artigianale.
Offerta di forza lavoro
non qualificata e alta mobilità[3]
L'espansione dell'industria richiedeva un reclutamento di manodopera sempre
più largo. I figli del proletariato industriale formatosi nei decenni
precedenti non erano più sufficienti a soddisfare il crescente bisogno di forza
lavoro, e si ricorse quindi al reclutamento di masse di estrazione contadina.
Il fenomeno diffuso in tutti i paesi industrializzati, assunse dimensioni
imponenti negli Stati Uniti dove a cavallo dei due secoli affluirono milioni di
immigrati appartenenti in gran parte agli strati più poveri dei paesi del
vecchio mondo. Masse di ex contadini polacchi, irlandesi, italiani, si
aggiunsero a negri, portoricani e messicani dando luogo ad una imponente
offerta di lavoro, in larga misura dequalificato. Va anche osservato che la
manodopera era estremamente mobile sia perché le imprese non garantivano alcuna
sicurezza di impiego, sia perché i lavoratori erano continuamente alla ricerca
di un lavoro migliore. Il tasso di avvicendamento nelle fabbriche era quindi
estremamente alto - spesso non ci si fermava che pochi mesi o addirittura poche
settimane – e il continuo ricambio di manodopera acuiva il problema del rapido
apprendimento di elementari procedure di lavoro.
Una nuova modalità di
organizzazione della produzione (Taylor)
L’emergere del sistema di fabbrica durante la rivoluzione industriale pone
problemi che le organizzazioni non avevano incontrato in precedenza. Con lo
svolgimento del lavoro su scala molto più ampia da parte di un più grande
numero di lavoratori, si cominciò a pensare a come progettare e svolgere il
lavoro in modo da incrementare la produttività e consentire all’organizzazione
di raggiungere la massima efficienza.[4]
Alla fine del XIX secolo (1895), Taylor delinea l’insieme di metodi di
gestione e direzione che viene da lui chiamato “Task management”, anche noto
con il nome di ‘organizzazione
scientifica del lavoro’, e basato sul principio metodologico generale della
esistenza sempre e comunque di un metodo unico e migliore per risolvere i
problemi o compiere azioni di qualunque genere (one best way). [5]
Il motivo storico che spiega il sorgere di questo movimento di idee e
applicazioni sta nella percezione di una contraddizione tra le potenzialità
produttive di un’industria ormai alle soglie della produzione di massa e i
metodi ancora arcaici della produzione, basati sull’empirismo degli operai e
sulla loro esposizione all’arbitrio dei capireparto.
In questo contesto Taylor pone l’OSL come una completa rivoluzione mentale
che attraverso la leva della divisione del lavoro, spinta a livelli molto accentuati
in base a uno studio analitico dei tempi e dei metodi di lavoro”.
Tre sono i principi su cui si regge Tre sono i principi su cui si regge
l’organizzazione scientifica del lavoro secondo Taylor:
La trasformazione dell’organizzazione in scienza avviene attraverso quattro
strumenti.
Al primo posto c’è l’individuazione precisa della modalità ottima, in
termini di efficienza nei tempi e nei costi, con cui può essere svolto un
compito. Esso comprende tutte le prescrizioni che portano a decomporre il
lavoro umano e a ricostruirlo in base a principi dettati dall'esterno. Queste
prescrizioni, indicate da Taylor e perfezionate poi dai suoi collaboratori
costituiscono la formulazione originaria dell'MTM (Misurazione Tempi e Metodi)
che, rivisto e perfezionato, sarebbe poi stato largamente adottato nelle
industrie. In base alle varie indicazioni presenti nei testi di Taylor ne diamo
il seguente elenco:
Al secondo posto c’è la selezione e l’addestramento dei lavoratori non
casuale ma mirati alla ricerca della persona migliore per l’attività da
effettuare (l’uomo giusto al posto giusto);
Al terzo, l’instaurazione di rapporti di stima e collaborazione tra
direzione e manodopera, che sono in diretto contatto tra loro in modo tale da
risolvere i conflitti prima dell’intervento di soggetti “terzi”, quali il
sindacato;
Al quarto la riorganizzazione dell’apparato direttivo in modo da
restringere i campi di competenza dei capi, introducendo livelli gerarchici
intermedi, e introducendo il concetto di direzione funzionale, tale per cui gli
operai non obbediscono più a un solo capo, ma ricevono ordini e sono controllati
da diversi superiori, ciascuno dei quali si occuperà di un aspetto particolare del
lavoro per il quale ha sviluppato una specifica competenza.
Completano il quadro degli strumenti dell’OSL la definizione di obiettivi
di produttività, l’addestramento per raggiungerli e un sistema di incentivi
monetari legato al loro raggiungimento. Taylor è infatti consapevole che il
task management è destinato a scatenare l'opposizione della manodopera,
soprattutto di quella di mestiere. Per far accettare il nuovo metodo egli
propone quindi una politica di alti salari, ma da erogarsi in modo del tutto
diverso da quello del cottimo fino al allora in vigore presso gli stabilimenti.
Mentre nel cottimo il lavoratore è stimolato ad industriarsi per fare più in
fretta, nell'Osl il lavoratore deve eseguire rigorosamente quanto è prescritto.
La paga più alta va quindi considerata come un premio di rendimento che
percepirà integralmente solo chi esegue per intero la produzione fissata e
secondo i metodi previsti. In caso di mancato raggiungimento del task il lavoratore
subirà una diminuzione proporzionale del salario.
Una nuova modalità di
organizzazione d’impresa (Fayol)
Tra il 1916 e il 1925 Hanry Fayol analizza per la prima volta la funzione
amministrativa distinguendo in maniera netta tra gestione (governer) e
direzione (administration), dando il via a quella che divenne poi nota come la
scuola dei “Principi di Direzione”.
Applicando il ragionamento di Taylor alle funzioni amministrative, Fayol
osserva due fenomeni: l’esistenza di una molteplicità di prassi gestionali
diverse per affrontare lo stesso problema e la cui validità è dubbia; e la
necessità di sviluppare una dottrina o un codice fondato su “verità dimostrate”
attraverso l’esperienza e la discussione pubblica.
Fayol sostiene che l’elaborazione della dottrina direzionale deve avvenire
utilizzando il metodo cartesiano operando da un lato la scomposizione del
problema e studiandone anche i singoli aspetti e dall’altro, procedendo a
osservare, raccogliere e classificare i fatti, interpretarli, effettuare se
necessario degli esperimenti e trarre da tutto questo insiemi di studi e
regole.
Per strutturare tale teoria Fayol enuncia alcuni principi.
Il concetto che da corpo ai principi di Fayol è quello di funzione. Sei
sarebbero le funzioni essenziali sempre presenti nell’impresa:
Egli distingue nettamente la funzione direttiva dalla gestione, intesa come
essenza stessa del funzionamento dell’impresa volta al conseguimento del fine
aziendale attraverso l’ottimizzazione delle risorse e il coordinamento delle
sei funzioni, la risultante complessiva del loro governo. Quella direttiva ha
in sé i compiti di dirigere, programmare, organizzare (qui inteso come il
costituirsi del duplice organismo, materiale e sociale, dell’impresa),
comandare, coordinare (nel senso dell’armonizzare le azioni rispetto ai fini),
controllare.
La funzione direzionale presenta due caratteristiche essenziali:
La razionalizzazione
delle strutture d’impresa (Weber)
Nel 1922 viene pubblicato il libro (postumo) Economia e Società di Max
Weber nel quale lo studioso esamina i principi e i modi di funzionamento di una
burocrazia moderna esaltandone la superiorità rispetto a qualsiasi altro tipo
di organizzazione.
Weber scrive:
“Nell’amministrazione
burocratica…la precisione, la rapidità, l’univocità degli atti, la continuità,
la direzione, la coesione, la rigida subordinazione, la riduzione dei
contrasti, le spese oggettive e personali, sono recate in misura migliore
rispetto a tutte le forme collegiali o di uffici onorari o assolti come
professione secondaria”
“Se Fayol e Taylor possono essere a buona ragione considerati i padri delle
teorie della direzione organizzativa, chi ha veramente fatto assurgere lo
studio delle organizzazioni alla dignità di disciplina accademica fu invece Weber.
Nei confronti dello studio delle organizzazioni introduce l’idea di
organizzazione come “istituzione”, vale a dire una realtà a sé stante che, pur
non essendo possibile senza le persone che gravitano al suo interno e che la
compongono, ha una sua ragion d’essere, talvolta intesa come superiore ai suoi
stessi protagonisti, a prescindere dalle azioni che vengono compiute in essa e
dalle proprie stesse finalità. Risulta chiaro come la teoria della burocrazia e
il suo concetto stesso nascano con lui. Burocrazia è un termine che ai nostri
tempi ha assunto il significato negativo di lungaggine, inefficienza e talvolta
di assurdità. Tuttavia esso nasce con la finalità di razionalizzare il lavoro
d’ufficio (il termine nasce di recente originandosi da quello francese di
bureau, ufficio appunto), spersonalizzando il comando e mettendo la logica nel
posto del direttore.
Nasce così il mondo delle regole, delle procedure, della routine.
L’organizzazione non è più la funzionalizzazione delle azioni che si svolgono
all’interno dell’impresa: essa, come una metafora vivente, è la logica che
guida la vita degli uomini. In tutto ciò questa teoria rappresenta l’espressione
della società borghese tedesca di quegli anni, della sua cultura, del suo
pensiero e dei rimedi per curarla delle proprie degenerazioni.
Così come Fayol fu mosso dal tentativo tutto francese ed enciclopedico di
mettere ordine, dare metodo e classificare un modello di direzione fino ad
allora almeno pensato in modo latinamente approssimativo, Taylor, in maniera tutta
americana, tentò di superare problemi concreti legati al tempo e al prodotto
(come quello del cottimo) standardizzando, omologando il lavoro e i lavoratori
e restituendo il governo dell’impresa alla direzione affiancata da uno staff di
“equanimi” tecnocrati, Weber si pose il problema tutto tedesco di conciliare il
rispetto della norma e dell’autorità al di fuori dell’autoritarismo di capi
carismatici, non necessariamente autorevoli sebbene spesso dispotici”[7].
“La burocrazia nella sua forma più completa comporta:
Queste caratteristiche provocano una serie di conseguenze sulla posizione
interna ed esterna dei funzionari:
Weber non ignora certamente le inefficienze della burocrazia: ma la grande
novità è che nella burocrazia le inefficienze possono apparire ed essere
denunciate in quanto esistono norme che le sanzionano, mentre nelle
amministrazioni preburocratiche la mancanza di norme per definire efficienza e
obiettività impediva la stessa denuncia giuridica degli arbitri. La superiorità
tecnica della burocrazia deriva direttamente dal fatto di ispirarsi al
principio della razionalità secondo lo scopo. Ciò fa sì che gli atti burocratici
siano in linea di principio più efficienti, più economici, più prevedibili, più
oggettivi (meno arbitrari) degli atti compiuti nelle amministrazioni
preburocratiche”[8]
[1] Cfr Corrado Cerruti –
Organizzazione Aziendale: dispense ad uso degli studenti della facoltà di
Scienze politiche della Università degli studi di Macerata (AA 2005/06)
[2] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.
[3] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.
[4] Cfr Richard L. Daft –
Organizzazione aziendale; Ed Apogeo
[5] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit. e
Ennio Martignano – Introduzione alle teorie e alle idee di organizzazione
[6] Cfr Braverman – citato in Ennio
Martignano op. cit.
[7] Cfr Ennio Martignano Op. Cit.
[8] Cfr Corrado Cerruti – Op. Cit.