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Properzio

Elegiarum Libri

II, 26


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Ti ho visto in sogno, o vita mia, dopo il naufragio
nell'acqua dello Ionio mentre dibattevi le stanche mani,
e confessavi qualsiasi tradimento avevi compiuto nei miei confronti,
né ormai potevi sollevare le chiome inzuppate d'acqua,
come Elle sbattatuta da onde rosso cupo,
che l'ariete dorato trasportò sul morbido dorso.
Quanto ho temuto che il mare prendesse con forza il tuo nome,
e che il marinaio piangesse navigando su quelle acque con il tuo nome!
Quali offerte votive innalzai allora a Nettuno, quali allora a Castore
e a suo fratello, e quali a te, allora dea, o Leucotea!
Ma tu levando fuori dal gorgo a fatica le palme delle mani
chiami più volte, ormai sul punto di morire il mio nome.
E se per caso Glauco avesse visto i tuoi occhi,
saresti trasformata in una ninfa del mar Ionio,
e le Nereidi ti sgriderebbero dall'invidia,
la candida Nesae e l'oscura Cimote.
Ma in tuo soccorso ho visto correre un delfino,
che, penso, un tempo aveva trasportato la lira di Arione.
Ed ormai tentavo di lanciarmi da un altissimo scoglio,
quando la paura fece svanire la mia visione.




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