da Il Manifesto dell’ 8 febbraio 2004
ISRAELE
Perché diciamo no
YONATHAN SHAPIRA
Sono uno dei promotori e
firmatari della lettera dei piloti israeliani. Qualche settimana fa ero ancora
un pilota attivo e capo di una squadra d'elicotteri dell'aeronautica israeliana.
La vigilia dell'ultimo Yom Kippur, il Comandante mi ha convocato per annunciarmi
che ero stato dimesso dalle mie funzioni per avere annunciato che non avrei più
obbedito ad ordini illegali e immorali. Negli ultimi mesi, il Comandante
dell'aeronautica ha fatto il giro delle basi e delle squadre di volo per
annunciare che una grande e potente organizzazione sostiene il nostro gruppo e
che l'esercito ha tutte le intenzioni di scoprirla e denunciarla al mondo
intero. Voglio rivelare l'identità di quest'organizzazione potente: è
un'organizzazione praticamente in ginocchio nella quale siamo cresciuti e dalla
quale siamo stati educati, cioè le Forze Israeliane della Difesa (Fid) che si
ispirano a due dei valori fondamentali, la dignità umana («Ogni essere umano
dev'essere rispettato indipendentemente dalla sua razza, dalla sua religione,
dalla sua nazionalità, dal suo genere, dal suo statuto o rango sociale») e la
purezza delle armi («Il soldato non utilizzerà le proprie armi né il proprio
potere se non per raggiungere l'obiettivo, secondo l'importanza di tal fine e
deve conservare la propria umanità anche durante la battaglia. Il soldato non
utilizzerà le proprie armi né il proprio potere per far del male a persone che
non sono soldati, combattenti o prigionieri e farà tutto ciò che è in suo potere
per impedire un'aggressione alle loro vite, ai loro corpi o alle loro
proprietà»). La notte tra il 22 e il 23 luglio 2002. Era tardi, la squadra F-16
era alla base. La squadra mobilitata è composta da un pilota e un navigatore.
Rotta su Gaza. Attesa dell'ordine d'attacco. L'ordine arriva. Le bombe vengono
lanciate. Atterraggio. Rapporto e ritorno. La routine. In quella specifica
missione è stata lanciata una bomba di una tonnellata (ciò equivale a cento
bombe suicide) su una casa nel quartiere Al-Daraj di Gaza, uno dei quartieri più
popolati. In quest'azione 14 persone sono state uccise e 150 ferite. Quattro
famiglie, 9 bambini, 2 donne e due uomini sono stati ammazzati dalla squadra
dell'aviazione che ha eseguito la missione e centrato il segno in pieno,
credendo di difendere gli Israeliani. Ecco, invece, cosa ha detto Dan Halutz (il
Comandante delle Forze Aeree) parlando della suddetta missione: «Dichiaro che
tutto quanto è stato fatto in questa missione, secondo la mia morale è
giustificato». Rivolgendosi ai piloti ha ribadito «dormite bene questa notte,
avete eseguito la missione alla perfezione». Quella notte, però, non abbiamo
dormito bene, come non abbiamo dormito bene il 31 agosto 2002 quando Daraghmeh è
stata annientata e 4 bambini sono rimasti uccisi. Oppure l'8 aprile 2003 quando
Al-Arabib e Al-Halabi sono state sterminate e con coloro 2 bambini e 5 adulti. O
il 10 giugno 2003, durante un tentativo di annientare Rantissi, una bambina, una
donna e 5 uomini sono stati ammazzati. Non abbiamo dormito bene nemmeno l'11
giugno 2003 quando Abou Nahel è stata rasa al suolo e altre 2 donne e 5 uomini
hanno perso la vita e nemmeno il 12 giugno 2003, dopo l'attacco a Yasser Taha
dove un bambino di un anno, una donna e 5 uomini sono morti. Tre mesi prima,
dopo un blitz di cinque attacchi, due persone ricercate sono state uccise ma con
loro sono state annientate anche altre 12 persone innocenti. Il Ministro Effi
Eitam e gli ufficiali altolocati dell'aviazione non amano l'espressione
Palestinesi innocenti, preferiscono chiamarli dei passanti. In quell'azione sono
state uccise 211 persone e circa la metà erano dei passanti.
Quale genere di sicurezza abbiamo avuto in cambio? Attacchi
su attacchi, noi con i nostri Apache e loro con i loro attacchi suicida. Una
danza folle. Nemmeno quella notte abbiamo dormito e abbiamo deciso di scrivere
questa lettera:
«Noi, piloti di riserva dell'aviazione che siamo stati
educati nei valori del sionismo, del sacrificio e del contributo allo stato
d'Israele, abbiamo sempre servito in prima linea, pronti a compiere qualsiasi
missione difficile o facile al fine di proteggere lo stato d'Israele e di
rafforzarlo.
Noi piloti veterani e attivi che abbiamo servito e serviamo
lo stato d'Israele per lunghe settimane ogni anno, rifiutiamo d'obbedire ad
ordine d'attacchi immorali e illegali che lo Stato d'Israele sferra nei
territori occupati.
Noi che siamo educati ad amare lo Stato israeliano e a
contribuire all'impresa sionista, noi rifiutiamo di prendere parte ad attacchi
dell'aviazione su concentrazioni popolate da civili.
Noi, per i quali le Fid (Forze israeliane di difesa, l'esercito israeliano, ndt) e l'aviazione sono parti integranti di noi stessi, rifiutiamo di continuare a fare del male a civili innocenti. Questi attacchi sono illegali e immorali e sono il risultato diretto dell'occupazione attuale che corrompe tutta la società israeliana. La continuazione dell'occupazione sferra un colpo mortale alla sicurezza d'Israele e alla sua forza morale. Noi che serviamo in qualità di piloti attivi - combattenti, istruttori per la prossima generazione di piloti - dichiariamo che continueremo a servire nelle Fid e nell'aviazione per qualsiasi missione che servirà a difendere lo Stato d'Israele».
Abbiamo parlato a più di
un centinaio di piloti, tra i quali
comandanti veterani dell'aviazione, molti hanno avuto paura di firmare ma hanno
sostenuto la nostra idea e, come previsto, non c'è stata nessuna fuga di notizie
sulla lettera. E' importante dire chi ha firmato la lettera, è il momento di
conoscere i traditori che hanno aiutato i terroristi. Inizio con i piloti
attivi: il Maggiore Yotam; il Capitano Tomer, pilota attivo d'Apache; il
Capitano Ran, pilota attivo di F-16; il Capitano Zur, navigatore combattente
attivo; il Capitato Alon, navigatore attivo di F-16; il Capitano Amnon, pilota
attivo di Blackhawk; il Capitano Yonathan, pilota attivo di Blackhawk; il
Capitano Asaf, pilota attivo di Blackhawk; il Tenente Colonnello Eli, pilota
attivo di F-15 e istruttore di combattimento alla scuola di volo; il Brigadiere
Generale Yiphtah Spector, pilota di combattimento e istruttore attivo alla
scuola di volo. Altri venti veterani hanno sottoscritto l'iniziativa,
combattenti che hanno prestato servizio durante le guerre d'Israele, di cui
certe erano più o meno giustificate. Tra questi piloti, il Colonnello e Dottore
Yigal Shohat, pilota di combattimento, già fatto prigioniero in Siria, destinato
in seguito all'aviazione in qualità di medico capo; il Tenente Colonnello
Yonathan Shahar, pilota di combattimento e comandante di volo durante la guerra
dei Sei giorni; il Tenente Colonnello Abner Raanan, pilota di combattimento che
ha ricevuto il Premio Israel per la sicurezza e per avere sviluppato dei sistemi
di armi intelligenti; il Professor Motti Peri, pilota d'elicottero, oggi
Direttore della Facoltà d'Economia dell'Università d'Ebraico; il Professor Nahum
Karlinski, pilota di combattimento e storico all'Università Ben Gourion; il
Tenente Yoel Pieterberg, pilota di prova superiore nell'aviazione, uno dei
fondatori della prima squadra Apache, leader della squadra Cobra durante la
guerra del Libano, ha ricevuto una medaglia dal Capo di Stato Maggiore, è uno
dei pianificatori ed esecutori della missione Karin; il Capitano Moshe Bukeyi,
pilota di trasporto, citato per il suo coraggio durante la guerra del Sinae; il
Maggiore Hagai Tamir, pilota di combattimento e architetto, eminente stagiaire
durante i corsi di formazione dei piloti di Dan Halutz. Due settimane dopo la
pubblicazione della lettera dei piloti è apparso un rapporto nel supplemento del
giornale Yedioth Aharonoth,
Seven Days: cinque comandanti di brigata e colonnelli dell'esercito, fotografati
in uniforme e armati, hanno espresso il loro sostegno a Sharon, ai coloni e alla
politica d'annientamento. In questa occasione (...) il Ministro della difesa non
li ha chiamati sostenitori del terrorismo e non ha decretato sul fatto che essi
si esprimessero in uniforme. Perché ? Perché rappresentano il consenso. Perché
sostengono il Governo. Un governo che ogni giorno diventa sempre meno
democratico e sempre più dittatoriale.
Se si chiede ad un cittadino che vive in uno Stato
che è diventato una dittatura in quale momento è successo, non potrà rispondere
poiché è un processo che cresce senza rendersene veramente conto. Certi elementi
però non si possono nascondere, ad esempio, qualche mese fa il Capo di Stato
Maggiore ha dichiarato che ogni membro del Hamas è da annientare. Vorrei
riportarvi la risposta del Portavoce del Procuratore dell'esercito in merito
alle denunce contro le Fid dieci anni fa. Nel 1993, quando dichiarò che il ruolo
dell'«Unità Mista `Aravim» (infiltrati, ndt) non era quello di
sterminare: le Fid escludono totalmente questa rivendicazione... non hanno mai
praticato né praticheranno mai una politica d'annientamento intenzionale verso
dei ricercati. Il principio di riconoscere che la vita è sacra è un valore
fondamentale delle Fid. E' sempre stato così e non ci saranno cambiamenti. Se ci
basiamo su questa dichiarazione non abbiamo forse già oltrepassato la linea
rossa? Oppure si può ancora continuare un po' ? Molte persone sostengono che non
abbiamo oltrepassato la linea e che per ora non possiamo rifiutarci ....dobbiamo
continuare ad obbedire. Questa situazione mi ricorda la linea rossa dell'acqua
del mare di Galilea: ogni volta che l'acqua oltrepassa la linea rossa del lago
dobbiamo intervenire per abbassarne il livello.
Quando il mio paese si trova in una
situazione simile ad un aereo che scende in picchiata, ho tre opzioni : posso
lanciarmi e lasciare Israele, posso anche continuare e lasciare l'aereo
precipitare provocando la morte di più persone, oppure posso tirare la manopola,
con tutte le mie forze, per ristabilire la rotta dell'aereo. Noi abbiamo scelto
la terza opzione e la gente ci chiede come abbiamo potuto farlo...... bisogna
combattere il terrorismo che dilaga nelle strade. A costoro rispondo che hanno
ragione e che conosco il terrorismo da vicino. Questi ultimi anni ho fatto
volontariato in un'organizzazione che aiuta i nuovi immigrati, vittime del
terrorismo. Ho aiutato i feriti durante la loro degenza, ho sorretto gruppi
d'orfani e membri di famiglie in lutto. Ogni persona è un mondo a parte e ogni
lutto provoca cerchi di dolori e ferite, proprio come un sasso gettato
nell'acqua che forma una serie di cerchi che si allargano sempre più. Il dolore,
la collera, la speranza. (...) Sì, bisogna combattere questo terrorismo
criminale. Se devo uccidere un kamikaze che sta compiendo una missione
terroristica rischiando la mia vita, sapendo che sto salvando altre vite umane,
lo faccio con tutto il cuore; ma nessuno degli annientamenti, cosiddetti
selettivi, sono stati diretti contro un terrorista in atto (le Fid appoggiano
questa tesi). Dobbiamo combattere i terroristi ma dobbiamo anche combattere per
non diventare sempre più uguali a loro. Le esplosioni degli autobus non
giustificano le decisioni di Sharon, Mofaz e del Capo dell'Aeronautica, Dan
Halutz, di uccidere involontariamente nove bambini nel sonno e di seminare
terrore tra un popolo di milioni di persone che vivono sotto il regno degli
accerchiamenti, del coprifuoco, dei check-point.
Un popolo chiuso dentro mura, nei campi profughi,
sotto il mirino dei fucili di un enorme e spaventoso esercito armato fino ai
denti, con aerei a reazione che attraversano il cielo in continuazione ed
elicotteri d'attacco che lanciano uno dopo l'altro missili sulle automobili,
contro le finestre di case in città sovrappopolate e prive di tutto. Ho detto
che sacrificherei di tutto cuore la mia vita per fermare, anche con il mio
corpo, un kamikaze terrorista, ma credo sia il momento di parlare della
coscienza. Abbiamo perso la fiducia in un sistema che ci chiede di applicare una
politica scandalosa e dubbia. Non crediamo ai dirigenti dello Stato, al Ministro
della Difesa e ai nostri comandanti altolocati quando ci ordinano di lanciare
missili in luoghi dove, questo lo scopriamo sempre dopo, uccideremo donne e
bambini. Quando il Capo dell'Aviazione mente alla stampa, la stampa pubblica
falsità; ma quando Dan Halutz mente ai piloti, cittadini innocenti vengono
uccisi, oggi si usa chiamarli «persone non implicate» (termine tratto da
«Terminator»). Un esercito composto da combattenti che non sono convinti delle
ragioni delle loro azioni è un esercito indebolito. Un pilota in missione deve
poter avere fiducia nel sistema e dev'essere sicuro al 100% che l'esercito ha
seriamente esaminato gli aspetti morali, strategici e tattici più giusti. Il
pilota non ha modo di sapere ciò che si cela dietro il bersaglio che sta mirando
e non gli si può certo chiedere di valutare, in tempo reale, se l'ordine che ha
ricevuto è appropriato o no. E' estremamente difficile, al momento
dell'esecuzione. In più, oggi, i piloti hanno l'obbligo di conoscere le
statistiche nauseanti delle missioni che compiono.
Il 50% delle vittime delle missioni di sterminio
selettivo sono dei civili innocenti. Quando si elimina, intenzionalmente, dal
planning e dalle esecuzioni, la cifra, quasi certa, del 50% di vittime civili,
mi dico che le candide intenzioni dei pianificatori non sono più cosi' candide
ma sono piuttosto macchiate. Voglio citare un articolo recente del portavoce
dell'aviazione in cui dei piloti d'Apache vengono intervistati sul dilemma
interiore. Un pilota, di lunga esperienza, ha dichiarato: «E' probabile che fra
un paio d'anni mi riterrò un idiota per avere oltrepassato la linea rossa». Un
altro ha parlato di un insieme di valori che sono cambiati negli ultimi anni:
«Non avrei mai creduto di poter lanciare dei missili su Jenin, Gaza e Tulkarem,
però l'ho fatto. Mi potrebbero inviare a lanciare missili su Umm El-Fahm (città
araba d'Israele, ndt).... Oggi sembra inverosimile ma potrebbe capitare.
Forse lanceremo dei missili sugli uffici di Arafat o forse sulle case arabe di
Jaffa...Sono tutte cose che penso che non farei mai, pero' oggi ho lanciato
missili a cento metri dalle persone solo per disperderle, eppure due anni fa non
mi sfiorava nemmeno il pensiero di poter fare cose simili .... Siamo diventati
indifferenti». Certe volte - dice un altro pilota -, ritornando dal briefing,
dopo uno sterminio riuscito, penso che comincia il conto alla rovescia per un
altro attacco. Ultimamente, ho visto molto sangue durante il mio servizio.
Nell'intervallo ho disposto truppe di comando nelle periferie delle città in
Cisgiordania, ho dovuto evacuare dozzine di feriti, ivi compresi soldati delle
Fid (Forze di difesa israeliane) e dei civili, tra cui dei bambini che
riportavano delle orribili ferite. A volte, portiamo i feriti all'ospedale,
puliamo il sangue sul fondo dell'elicottero e ripartiamo per andare a prenderne
altri».
Mi chiedo se siamo veramente tanto ottusi ed ingenui
da credere che possiamo reprimere un milione e mezzo di persone che non hanno
più nessuna paura di morire. Mi chiedo se non stiamo diventando matti anche
noi....Apparentemente sì. Mi sembra di far parte di una società in stato di
psicosi avanzato, una sorta di personalità divisa e che il solo modo per
sopravvivere sia quello di rinchiudersi e di sparire nella nostra propria sfera
e, se c'è qualcosa che dovremmo far saltare in aria, è proprio questa sfera.
Come fare per far saltare la sfera? Semplice, bisogna conoscere i fatti:
Esaminiamo, in breve, che cosa ci è successo negli ultimi tre anni. Nei
Territori 2.289 Palestinesi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza
israeliane, tra cui 439 minori di 18 anni; almeno 128 palestinesi sono stati
condannati a morte senza processo; 32 Palestinesi sono stati uccisi da civili
israeliani; 9 stranieri sono stati uccisi dalle forze di sicurezza israeliane;
196 civili Israeliani sono stati uccisi dai Palestinesi; 180 persone delle forze
di sicurezza israeliane sono stati ammazzata dai Palestinesi; 86 palestinesi
sospettati di collaborazione con Israele sono stati uccisi dagli stessi
palestinesi; 29 palestinesi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza
palestinesi. In Israele 377 civili, 80 membri delle forze di sicurezza e 32
civili stranieri sono stati ammazzati dai palestinesi dei Territori; 48
palestinesi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza. Le Fid confermano che
tra i 2.289 palestinesi uccisi dalle nostre forze di sicurezza, solo 550 erano
armati o combattenti.
Cos'è capitato agli altri 1.739 palestinesi ?
Prima di concludere vorrei descrivervi alcuni momenti,
vissuti negli ultimi due mesi, che fanno venire i brividi . Durante l'intervista
relativa al mio rinvio dall'aviazione ero seduto di fronte al Comandante delle
forze armate dell'aeronautica, l'ho sentito dire e ripetere che tutte le
missione effettuate da noi, ivi comprese le più difficili, erano e sono
altamente morali tanto che anche il professore Asa Kasher è d'accordo. Poco
dopo, di sua iniziativa, Dan Halutz, il Comandante delle forze dell'aviazione,
candidato al posto di Vice Capo di Stato Maggiore, ha declamato, davanti a me,
come lui considerava il valore del sangue: in ordine discendente, partendo dal
sangue ebreo fino al sangue palestinese.
Ho sentito molti soldati di fanteria dire e, per mio
dispiacere, l'ho letto anche in una lettera inviata da uno dei piloti che si
oppongono alla nostra azione, che il nostro eroismo, nell'aviazione oggi non è
quello di mettere le nostre vite a rischio sotto il fuoco delle antiaeree o
combattere un aereo nemico. Il nostro eroismo oggi è quello di sormontare il
sentimento catastrofico che nasce in noi e che ci fa sentire degli assassini
professionisti al servizio dello stato d'Israele. Il nostro eroismo è di alzarsi
ogni mattina con la scelta rinnovata di essere un buon soldato, pronto ad
accettare qualsiasi missione. Una scrollata di spalle per sostituire le
responsabilità che pesano con il sentimento di aver compiuto un gesto di valore
per essere riuscito a portare a termine una difficile impresa: è questo che
permette ai piloti di compiere i peggiori crimini contro l'umanità.
* pilota israeliano, firmatario dell'appello al «rifiuto
di partecipare alle esecuzioni mirate nei Territori occupati» del 24/9/2003.
Il testo è stato letto recentemente all'università Ben Gurion di Tel Aviv,ed è
pubblicato sul sito di «Yesh Gvul»(«C'è un limite», il sito dei pacifisti
israeliani).Yonathan Shapira sarà presente al Parlamento europeo il 9 marzo
prossimo.(a cura di Luisa Morgantini, traduzione italiana a cura di
Gabriella Pozzobon)