A proposito di Decima Mas


Alla fine, dopo tanto nostro chiedere su Bertozzi, qualcosa dal suo ambiente è uscito fuori. Ferruccio Buonafrole, ex ufficiale del Battaglione Freccia della Decima ci confidò che Bertozzi prima della fine della guerra era stato imprigionato dagli stessi Decimini e di non aver mai capito come mai i partigiani, che da quella stessa galera lo prelevarono alla Liberazione, non lo avessero fucilato. Un altro ingenuo e convinto aderente alla Decima, ce ne ha parlato come di un essere ambiguo, un sadomasochista. Infine, un meccanico-autista della Decima a La Spezia, che Bertozzi voleva fucilare avendolo trovato a Forno il 13 giugno ed avendolo quindi accusato di stare con i partigiani e che fu salvato da un altro ufficiale della Formazione da cui dipendeva direttamente, ricorda che Bertozzi era temuto anche tra di loro, che comandava a tutti anche ai più alti in grado, che era spietato e crudele, che vestiva come gli pareva, indossando di solito una basco con la scritta “Mai Morti”, che aveva macchina ed autista personali. Insomma un “diavolo ”, il cui potere si può solo spiegare con il rapporto di privilegio che aveva con Borghese, capo indiscusso e riconosciuto da tutti. La stessa moglie ci ha confermato che anche dai fratelli era considerato un prepotente, e che ammisero che un poco lei, che lo definiva un sentimentale, lo aveva fatto cambiare. Ci ha poi anche confidato la delusione di Bertozzi verso Borghese, perché il marito per onore affrontò i processi per le azioni che il capo, che nel frattempo era fuggito, gli avrebbe comandato. Ma come si vede si trascende sul personale, un livello di giudizio che si voleva evitare.

Questi fatti e queste notizie, in relazione alla nostra terra, ci ha lasciato la storia attraverso i suoi documenti riguardo alla Decima MAS e questo è giusto divulgare.

Mi preme aggiungere alla questione solo due brevi riflessioni che mi vengono non dai libri e dai documenti, ma direttamente dalle persone e dalla loro esperienza. Riguardano due temi centrali nel dibattito sulla Resistenza e la guerra civile: il fatto della scelta di coraggio che si dice, si va dicendo, accomunò la scelta di fare i partigiani e quella di arruolarsi nella Repubblica Sociale ed il problema da sempre dibattuto della adesione popolare alla Resistenza. Sono testimonianze per me oltremodo chiarificatrici perché sono semplici ed in ciò dirompenti. Sergio Briglia, comandante partigiano delle formazioni F3, al quale sono dovuti i collegamenti con gli alleati nella Versilia già liberata e quindi la possibilità dell’organizzazione del passaggio del Fronte della Linea Gotica nella nostra zona, un fatto che rappresentò nella Resistenza Apuana una vera e propria epopea di cui dobbiamo menare gran vanto, mi spiegò con semplicità che la scelta del partigiano, e quindi per il giovane di disertare, era un incognita, non si sapeva bene cioè cosa si doveva andare a fare e ciò per mancanza di preparazione sia politica, sia militare. Di certo c’era invece la rinuncia alla tessera annonaria per sé e per la propria famiglia quando anche 100 grammi di pane erano un miracolo, l’abbandono della casa, probabili stenti, fatiche e pericoli, persecuzioni per i famigliari. Di contro la scelta della caserma, di chi cioè si arruolava, era un piatto caldo sicuro…. Mi bastò udire il tono con il quale pronunciava quelle parole: “un piatto caldo sicuro” per capire davvero, più che dai libri, il clima di quell’epoca e quale diversità di coraggio valessero per i due tipi di giovani di cui si stava discutendo.

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