A proposito di Decima Mas


Nel 1994 insieme agli amici Ruggero Fruzzetti ed Alberto Grossi ho pubblicato una ricerca sull’Eccidio nazifascista di Forno del 13 giugno 1944, giornata nel quale furono fucilate ed ammazzate 56 persone in località Sant’Anna, mentre altre 12 vennero uccise in paese per un totale di 68 vittime, solo alcune delle quali erano partigiani e nella maggior parte cittadini, cioè popolazione. L’eccidio fu nazifascista in quanto all’azione di rappresaglia contro Forno, che era stata occupata in modo incruento nei giorni precedenti dai partigiani guidati da Marcello Garosi detto Tito, anch’egli tra i morti di quel giorno, oltre ai reparti tedeschi, probabilmente della 135a Brigata da Fortezza di stanza alla Spezia, partecipò anche un reparto della Decima Mas proveniente anch’esso da La Spezia, comandato dal tenente Umberto Bertozzi. L’appoggio dei militi della Decima non fu solo logistico, ma operativo, e il Bertozzi non si limitò a fare da spalla ai tedeschi, ma divenne uno dei principali artefici dell’azione, forse nell’esaltazione-depravazione di voler apparire ed essere ancor più crudele dei nazisti. Fu, infatti, Bertozzi, secondo le testimonianze, unitamente agli ufficiali tedeschi, quello che interrogò i giovani prigionieri ed operò tra loro la discriminazione e la scelta per la fucilazione e la deportazione. Fu Bertozzi che, in tal modo, condannò a morte il Maresciallo dei Carabinieri Ciro Siciliano, reo ai suoi occhi di non aver ostacolato i partigiani e quindi di essere in combutta con loro. Fu Bertozzi a trattare con disprezzo il Parroco Don Vittorio Tonarelli mentre questi tentava per tutta la giornata di portare aiuto alla popolazione, tanto da meritare una medaglia d’argento al Valor Militare. Bertozzi, purtroppo, proseguì con la Decima la sua attività antipartigiana in Lunigiana, nello Spezzino e poi in alta Italia, soprattutto in Piemonte a Conegliano, Maniago ed a Cuorgné nel Canavese, dove dimostrò tutte le sue private qualità di carnefice, seviziando prigionieri, mettendo in essere una vera e propria squadra di torturatori, che bastonando, togliendo unghie, incidendo la X della Decima sui petti e sulle schiene di donne e uomini, ben poco ha da invidiare a più rinomate e famose bande e camere di tortura. La mia amica carrarina Carla Gemignani, che abita a Cuorgné nel Canavese, è da anni impegnata nella ricerca sull’operato di Bertozzi ed ormai numerose sono le testimonianze dirette sul suo conto raccolte presso l’Archivio “Elio e Ezio Novascone” di Cuorgné, che è collegato all’Istituto della Resistenza del Piemonte con sede a Torino. La Gemignani ha potuto intervistare persone che subirono direttamente dal Bertozzi violenze e sevizie ed ha il merito di aver rintracciato la sentenza della Corte d’Assise Speciale di Vicenza del 4 giugno 1947. In quel processo il Bertozzi, quale Ufficiale della Decima, (unitamente ad altri due Militi della stessa formazione) era stato accusato di “collaborazionismo con i tedeschi invasori” in varie provincie d’Italia per avere “disposto e partecipato a rastrellamenti, arresti, interrogatori, perquisizioni, deportazioni, incendi, saccheggi, uccisioni, rapine, usando sistematicamente e facendo usare sistemi vessatori e sevizie particolarmente efferate”. Era poi stato accusato specificatamente di ben12 fatti di omicidio, tra i quali oltre i 63 di Forno (rivendico alla nostra ricerca dopo 50 anni e tanti errori di aver precisato in 68 il numero effettivo delle vittime), 11 tra Bagnone,Valmozzola e Monte Barca, 1 a Gragnola, 2 a Piana di Battolla, 2 a Cuorgné, 1 a Conegliano, 2 a Fivizzano, 1 a Cuccarello di Fivizzano, 1 ancora a Gragnola, 1 a Licciana Nardi, 2 a Panicale, 5 ancora nella zona di Licciana.

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