LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

Autarchia e materiali strategici

L'alluminio e le sabbie ferrose di Ladispoli

IL DISCORSO DI MUSSOLINI DEL 23 MARZO 1936

Appendice: la produzione strategica all'ottobre del 1940

  Il Castello di Andraz* un resto d’autarchia
L’Italia, paese geologicamente giovane, dispone o disponeva di piccole miniere di minerali vari e/o variamente ferrosi. Le Alpi (l'intero arco alpino), oltre alle miniere di Cogne (alt. 2.800 m), erano ricche di minerale ferroso che nei secoli era stato sfruttato fino all’esaurimento. Tutti conoscono le valli bresciane dove si sono costruite armature e armi per secoli ma pochi sanno di altri centri. *Uno di questi siti è il Castello di Andraz che sorge un po' più in là al Passo Falzarego (Cortina) sulla valle tra il rio Valparola e il rio Castello. http://www.minieredeidogi.it/ita/sottocat.php?id=1079538234&nomearg=I_SITI_MINERARI

Le altre zone minerarie per eccellenza sono la Sardegna, la Sicilia, Lombardia, Piemonte e l'Elba con la Toscana http://www.apat.gov.it/site/_Files/SitiMinerariItaliani1870_2006.pdf

Spiaggia Ladispoli estrazione del ferro

  Qui transitava il minerale di ferro proveniente dalle vicine miniere (esauritesi nel 18° secolo) del Fursìl (che rifornivano otto forni in Val Badia, Agordino e Zoldo questi due sotto la Repubblica di Venezia dove si costruivano sia materiale per l'arsenale (Cannoni) che attrezzi agricoli poi chiodi), situate nell'area di Colle Santa Lucia, allora territorio vescovile trentino. Il materiale subiva infatti una prima lavorazione nelle vallate limitrofe e poi veniva forgiato per farne pregiate lame per spade, bisturi, chiavi e chiodi o cannoni per l'arsenale di Venezia (ma la Serenissima "chiude" nel 1797 dopo 11 secoli di vita).  Le miniere vennero chiuse nel 1753 e furono riaperte per un breve periodo nel 1837. Un tentativo più consistente di sfruttamento lo effettuò la Breda, nel periodo autarchico 1938/43; la chiusura definitiva nel 1945. Per lavorare i metalli occorre energia elettrica e l’Italia, già nel periodo autarchico, ha dovuto dirottare tutta l’elettricità per i consumi industriali e il trasporto, non avendo noi carbone sufficiente. Una storia del ferro e del rame e della siderurgia in terra Veneta alla pagina xxxxxxxx.
    AZIENDA CARBONI  ITALIANI

 

Lo stato non si era mai interessato di carbone, se non per il caso Agip (sorta nel 1926) nel settore petrolifero che aveva dato ben scarsi frutti sul territorio metropolitano diversamente dalle prospezioni estere in specie in Iraq. Stante la situazione l’Agip si limitava alla raffinazione e alla distribuzione della benzina russa. Le ricerche nella pianura padana però continuarono. Nel 1927 venne emanata la le legge mineraria che dava la proprietà del sottosuolo e delle sue risorse allo stato (demanio).
Prima che vengano irrogate le sanzioni all’Italia (novembre 1935) per l’aggressione all’Etiopia lo stato aveva costituito l'A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani - 28 luglio 1935 con R.D.L. n. 1406) per la gestione dei bacini carboniferi del Sulcis e dell’Istria. Quello stesso anno acquisì il 60 % delle azioni delle Miniere Istriane (Carbo-Arsa) e della Società mineraria sarda (Carbosarda). La Società di Bacu Abis che aveva gestito le miniere era stata dichiarata fallita nel 1933 e le miniere vennero gestite sino al 1935, “dall’Unione Fascista Lavoratori dell’Industria” per poi passare nelle mani della “Società Mineraria Carbonifera Sarda” nota come Carbosarda. La ricerca in Sardegna di espanse poi ad altri bacini (Serbariu ) e quivi alla costruzione della città mineraria di Carbonia (1938) molto più bella e grande di quella Istriana, includendo anche il quartiere operaio di Albona e la città di Arsa. Vengono chiamati a progettarla ed a sovrintendere alla sua realizzazione alcuni dei migliori progettisti italiani: il triestino Gustavo Pulitzer ed i romani Cesare Valle e Ignazio Guidi. Altre miniere minori operavano in Italia nel settore del carbone ma la loro produzione era minoritaria come quella di Cludinico in Carnia.
Il carbone sardo era stato “scoperto” da Alberto La Marmora nel 1834 che ipotizzò l’esistenza di un giacimento di carbone e nel 1853 la società Tirsi-Po di Millo, Montani & Compagnia, dopo aver ottenuto la concessione regia, avviò l’attività estrattiva e costruì le prime abitazioni. Ma il vero impulso allo sviluppo minerario fu dato dall’ingegnere Anselmo Roux, direttore della miniera di Bacu Abis dal 1873 al 1899, fondatore della Società Anonima Bacu Abis, a cui si deve anche l’ampliamento della parte più antica del paese. A Bacu Abis l’ultimo pozzo fu chiuso nel 1954.
http://it.wikipedia.org/wiki/Bacino_carbonifero_del_Sulcis  http://www.minieredisardegna.it/LeMiniere.php?IdM=55&IdCM=&SID=   

     

La prima moka Bialetti

  Gli obiettivi di produzione dell’alluminio erano anche obiettivi di impiego e sostituzione di altri minerali che non possedevamo. L’industria, a partire da quel Bialetti che creò la Moka nel '33 (a sx), utilizzò sempre più spesso questo materiale, duttile, resistente ed eterno. Si facevano pentole, lampade, biciclette, sedie, tavoli etc.. Ormai i prodotti in alluminio si “disegnano”, si creano “opere d’arte”: è Marcello Nizzoli a farne un manichino alla IV Triennale (1930)  per “L’arredamento della sartoria moderna” . E anche Gio Ponti, architetto /designer/ divulgatore della cultura del progetto più innovativa, che nello stesso anno ne suggerisce, dalle pagine di “Domus”, l’impiego per mobili, ma non solo. Di alluminio, infatti, sono i serramenti del Belvedere, della Torre del Parco Sempione a Milano (1933), oggi Torre Branca (vedi sotto a sinistra), ma di alluminio si fecero anche laminati per pannellature interne e coperture di tetti (alla fine dell’Ottocento per il restauro della cupola della cappella di San Gioacchino a Roma, furono “applicate” lastre di questo materiale e a tutt’oggi sono in ottimo stato).

Moka del '33

   

Esposizione Universale di Roma

"Realizzando l'arco in alluminio non solo si viene a realizzare l'elemento simbolico e spettacolare dell'E42, ma si compie insieme una vera affermazione tecnica, in quanto nel mondo non è stata ancora realizzata alcuna costruzione in alluminio di tale mole “.

  E’ sempre in alluminio la “cappa” che caratterizza il sistema costruttivo Superleggera della carrozzeria Touring e lo chassis dell’utilitaria del momento, la Topolino (1936: Ma ora nel XXI secolo si fanno in alluminio anche i blocchi motore). La storia dell’alluminio era cominciata molto tempo prima: di alluminio erano utensili da cucina, gamelle gavette da operai etc... Nella grande guerra e dopo diventa, come detto, il materiale principe dell’Autarchia: si fanno maniglie, lampade, manichini, aerei. Nel dicembre del '39 l'ingegner Corve presenta un progetto di massima per un arco d'alluminio da inserire nella esposizione universale di E42” http://www.scuolaromana.it/document/doc157.htm (Esposizione 1942), poi variato in EUR dall'acronimo di Esposizione Universale di Roma.  Nell'estate del 1940 si procede alla costruzione di un modello sperimentale dell'arco presso l'Istituto di Scienza delle costruzioni dell'Università di Roma. Dalle relazioni di Giannelli emergono alcune difficoltà come "l'elevatissimo costo dell'opera". Ma siamo ormai arrivati alla vigilia della guerra e tutto resta sulla carta dei progetti.
     

Quella bauxite che avevamo in quantità proveniva quasi completamente dalle miniere Istriane (acquisite con la prima guerra mondiale) e dalla Puglia. Vol. 6 - Crociera sul Quarnero e il Quarnerolo (Kvarner). A cura di G. Fanciulli - A. XVIII (1940) (pagina 12). “A proposito delle miniere di bauxite di Orsera ( Vrsar Istria), da 10 anni abbiamo cominciato anche noi a fare alluminio: nel 1928 si producevano 3.000 tonnellate all'anno: eravamo lontani dal nostro fabbisogno. Il Duce, nel suo recente programma di autarchia, fissò a 40.000 tonn. la produzione annua da raggiungere entro il 1940, e già ci siamo vicini."  

Spiaggia Ladispoli lavorazione

Le sanzioni del 1935 seguite alla Guerra d'Etiopia, e il blocco delle materie prime, colpirono la grande industria, i grandi monopoli; poi la media e la piccola azienda ed infine i consumi. In tali critiche condizioni non potevamo certo né produrre, né di conseguenza creare una domanda interna o esportare a paesi che ci sanzionavano. I provvedimenti per ridurre (far senza) l’importazione non rappresentarono un grande problema. L'italiano medio non conosceva ancora il voluttuario, le case erano modeste, il vestiario quello indispensabile e l'alimentazione nel necessario. La necessità di fare da se, con quel che si aveva, venne chiamata autarchia e fu la riscoperta del genio italico. L'arte secolare d’arrangiarsi, riveduta e corretta, tornò prepotentemente d'attualità.

 

DISCORSO DI BENITO MUSSOLINI DEL 23 MARZO 1936
Camerati,.....L'ASSEDIO economico che è stato decretato per la prima volta contro l'Italia perché si è contato, secondo una frase pronunziata nella riunione locarniana di Parigi del 10 marzo, sulla «modestia del nostro potenziale industriale», ha sollevato una serie numerosa di problemi, che tutti si riassumono in questa proposizione: l'autonomia politica, cioè la possibilità di una politica estera indipendente, non si può più concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica. Ecco la lezione che nessuno di noi dimenticherà! Coloro i quali pensano che finito l'assedio si ritornerà alla situazione del 17 novembre, s'ingannano. Il 18 novembre 1935 è ormai una data che segna l'inizio di una nuova fase della storia italiana. Il 18 novembre reca in sé qualche cosa di definitivo, vorrei dire di irreparabile. La nuova fase della storia italiana sarà dominata da questo postulato: realizzare nel più breve termine possibile il massimo possibile di autonomia nella vita economica della Nazione. Nessuna Nazione del mondo può realizzare sul proprio territorio l'ideale dell'autonomia economica in senso assoluto, cioè al 100 per 100, e se anche lo potesse, non sarebbe probabilmente utile. Ma ogni Nazione cerca di liberarsi nella misura più larga dalle servitù economiche straniere. V'è un settore nel quale soprattutto si deve tendere a realizzare questa autonomia il settore della difesa nazionale. Quando questa autonomia manchi, ogni possibilità di difesa è compromessa. La politica sarà alla mercé delle prepotenze straniere, anche soltanto economiche; la guerra economica, la guerra invisibile - inaugurata da Ginevra contro l'Italia - finirebbe per aver ragione di un popolo anche se composto di eroi. Il tentativo di questi mesi è ammonitore al riguardo.
Cominciamo l'inventario dal lato più negativo: quello dei combustibili liquidi: le ricerche del petrolio nel territorio nazionale sono in corso, ma finora senza risultati apprezzabili: per sopperire al fabbisogno di combustibili liquidi contiamo - specie in tempo di guerra - sulla idrogenazione delle ligniti, sull'alcool proveniente dai prodotti agricoli, sulla distillazione delle rocce asfaltifere. Il patrimonio lignitifero italiano supera i 200 milioni di tonnellate. Quanto ai combustibili solidi non potremmo fare a meno - allo stato attuale della tecnica - di alcune qualità di carbone pregiato destinato a speciali consumi: per tutto il resto si impiegheranno i carboni nazionali: il liburnico, il sardo, l'aostano. L'Azienda Carboni Italiani ha già realizzato importanti progressi, la produzione è in grande aumento, con piena soddisfazione del consumo. Io calcolo che potremo, colle nostre risorse, più la elettrificazione delle ferrovie, più il controllo della combustione, sostituire in un certo lasso di tempo dal 40 al 50 per cento del carbone straniero.
Passiamo ora ai minerali metallici ed altri. Abbiamo ferro sufficiente per il nostro fabbisogno di pace e di guerra. La vecchia Elba sembra inesauribile: il bacino di Cogne è valutato a molte decine di milioni di tonnellate di un minerale che dopo quello svedese è il più puro d'Europa: unico inconveniente, la quota di 2800 metri alla quale si trova, inconveniente, dico, non impedimento. Altre miniere di ferro sono quelle riattivate della Nurra e di Valdaspra. Aggiungendo al minerale di ferro le piriti, da questo lato possiamo stare tranquilli. Altri minerali che l'Italia possiede in grandi quantità sono: bauxite e leucite per l'alluminio, zinco, piombo, mercurio, zolfo, manganese. Stagno e nichelio esistono in Sardegna e in Piemonte. Non abbiamo rame in quantità degna di rilievo. Passando ad altre materie prime, non abbiamo sino ad oggi, ma avremo fra non molto, la cellulosa; non abbiamo gomma. È nel 1936 che si riprenderà la coltura del
cotone. Manchiamo di semi oleosi. Nell'attesa della lana sintetica prodotta su scala industriale, la lana naturale non copre il nostro consumo. La deficienza di talune materie prime tessili non è tuttavia preoccupante; è questo il campo dove la scienza, la tecnica e l'ingegno degli italiani possono più largamente operare e stanno infatti operando. La ginestra, ad esempio, che cresce spontanea dovunque, era conosciuta da molti italiani, soltanto perché Leopardi vi dedicò una delle sue più patetiche poesie: oggi è una fibra tessile che può essere industrialmente sfruttata. 144 milioni di italiani avranno sempre gli indumenti necessari per coprirsi: la composizione di questi tessuti è - in questi tempi - una faccenda assolutamente trascurabile.
.....
Quanto alla grande industria che lavora direttamente o indirettamente per la difesa della Nazione e ha formato i suoi capitali colle sottoscrizioni azionarie, e per l'altra industria sviluppatasi sino a diventare capitalistica o supercapitalistica, il che pone dei problemi non più di ordine economico ma sociale, essa sarà costituita in grandi unità corrispondenti a quelle che si chiamano le industrie chiavi e assumerà un carattere speciale nell'orbita dello Stato. L'operazione in Italia sarà facilitata dal fatto che lo Stato già possiede attraverso l'I.R.I. forti aliquote e talora la maggioranza del capitale azionario dei principali gruppi di industrie che interessano la difesa della Nazione. L'intervento statale in queste grandi unità industriali sarà diretto o indiretto? Assumerà la forma della gestione o del controllo? In taluni rami potrà essere gestione diretta, in altri indiretta, in altri un efficiente controllo. Si può anche pensare ad imprese miste, nelle quali Stato e privati formano il Capitale e organizzano la gestione in comune. È perfettamente logico che nello Stato fascista questi gruppi di industrie cessino di avere anche «de jute» quella fisionomia di imprese a carattere privato che «de facto» hanno, dal 1930-31, del tutto perduto. Queste industrie - e per il loro carattere e per il loro volume e per la loro importanza decisiva ai fini della guerra - esorbitano dai confini della economia privata per entrare nel campo della economia statale e parastatale. La produzione che esse forniscono ha un unico compratore: lo Stato.
Andiamo verso un periodo durante il quale queste industrie non avranno né tempo né possibilità di lavorare per il consumo privato, ma dovranno lavorare esclusivamente o quasi per le forze armate della Nazione. V'è anche una ragione di ordine squisitamente morale che ispira le nostre considerazioni: il Regime Fascista non ammette che individui e società traggano profitto da quell'evento che impone i più severi sacrifici alla Nazione. Il triste fenomeno del pescecanismo non si verificherà più in Italia. Questa trasformazione costituzionale di un vasto importante settore della nostra economia, sarà fatta senza precipitazioni, con calma, ma con decisione fascista. Vi ho così tracciato su grandi linee quello che sarà domani il panorama della Nazione dal punto di vista dell'economia. Come vedete, l'economia corporativa è multiforme e armonica. Il Fascismo non ha mai pensato di ridurla tutta ad un massimo comune denominatore statale: di trasformare cioè in «monopolio di Stato» tutta l'economia della Nazione: le Corporazioni la disciplinano e lo Stato non la riassume se non nel settore che interessa la sua difesa, cioè l'esistenza e la sicurezza della Patria. In questa economia dagli aspetti necessariamente vari come è varia l'economia di ogni Nazione ad alto sviluppo civile, i lavoratori diventano - con pari diritti e pari doveri - collaboratori nell'impresa allo stesso titolo dei fornitori di capitale o dei dirigenti tecnici. Nel tempo fascista il lavoro, nelle sue infinite manifestazioni, diventa il metro unico col quale si misura l'utilità
sociale e nazionale degli individui e dei gruppi.

     
    LA BAUXITE PUGLIESE

L’ingegner Sculco raccontò della visita di  Mussolini alla miniera di San Giovanni Rotondo, caratterizzata da un episodio tragicomico: «Il suo autista dopo la provinciale (una bella strada catramata e scorrevole) girò per la strada secondaria che portava alla miniera, senza rallentare. La strada era in condizioni gravi per il passaggio dei numerosissimi camion carichi di bauxite e per le piogge recenti che avevano ridotto il fondo stradale un vero disastro. Mussolini si prese una capocciata tremenda, il fez gli andò di traverso».

Dopo aver visitato la miniera, il duce si interessò della costruzione della teleferica per trasportare il minerale a Manfredonia con minore dispendio economico. I lavori non furono mai completati.

Oggi 2012: Sei grandi imprese multinazionali dominano il settore dell'estrazione della bauxite e della produzione di alluminio: il gruppo canadese Alcan, che opera in sette Paesi diversi, le tre compagnie statunitensi Alcoa, Reynolds e Kaiser, la francese Pechiney e il gruppo svizzero Alusuisse. Insieme esse forniscono circa il 63% della produzione mondiale di alluminio, fatto che consente loro una formazione dei prezzi di regime monopolistico. In Italia la produzione di metallo iniziò a Bussi (Pescara) nel 1908 con 600 t. Successivamente la metallurgia dell'alluminio si è sviluppata, in funzione anche del generale processo di crescita industriale del Paese. I maggiori stabilimenti si trovano a Marghera, Mori (Trento), Bolzano

A Bolzano c’era e c'è l’elettricità e l’acqua due elementi indispensabili come la sudditanza odierna dell’Alcoa sarda alla energia elettrica italiana fra le più care del mondo e soggetta al mercato internazionale oltre che a produttori stranieri. Nel 1963 a San Giovanni Rotondo vi lavoravano 330 persone, nel 1969 solo 154 e nel 1973 la Montecatini chiuse in via definitiva la miniera

 

spunti e riassunto da un testo di Antonio Tedesco.
L’Italia non era un grande “produttore” (estrattore) di Bauxite e se aveva scalato qualche posizione, questo era dovuto alla acquisizione della Bauxite d’Istria già parte di una area geografica che poteva stare davanti a noi per la restante del Nuovo Regno di Jugoslavia. Lo superammo nel 1940. L’Italia nel 1938 produceva il 9,35% della bauxite mondiale e il 17,7% di quella europea (nel 1940 20,2%). L’incremento della produzione di alluminio dalla bauxite ci avrebbe permesso di “risparmiare” 20.000 tonnellate di rame, 2.000 di stagno, 500 di nikel. L’autarchia del 1936, conseguente alle sanzioni, accelerò i processi decisionali includendo nella estrazione anche il minerale pugliese a più basso tenore di minerale e per di più non estraibile a cielo aperto. La percentuale di allumina presente nel minerale era mediamente del 53% ÷ 56%, con un alto tenore di silice e di ossido di ferro. Il giacimento istriano, invece, aveva una media del 58% di allumina ed un inferiore tenore di silice (3% rispetto al 4% della miniera di San Giovanni Rotondo-Quadrone). Obiettivo: 40.000 tonnellate di alluminio da produrre nel 1940. Il giacimento (o le vene) erano conosciute da decenni ma mai sfruttate. La Montecatini intraprese alla fine del 1936 un piano di ricerche sistematiche e tenaci nell’Abruzzo e nelle Puglie, riuscendo già ad identificare presso San Giovanni Rotondo un giacimento valutato nell’ordine di circa tre milioni di tonnellate di minerale. Lo sfruttamento del minerale avvenne in tre aree comprese tra il comune di San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis. Il giacimento maggiore fu rinvenuto in località Quadrone ed era costituito da un banco bauxitico intercalato tra calcari del Cretaceo medio a letto e calcari del Cretaceo superiore a tetto (sottoterra). Le attività di ricerche terminarono nel 1939 con la delimitazione e messa in vista di un importante deposito la cui consistenza venne calcolata in non meno di 10 milioni di tonnellate. La società Montecatini ebbe la concessione dello sfruttamento della bauxite per 50 anni. Venne costruito un villaggio minerario beneficiando delle agevolazioni speciali sui nuovi investimenti (esenzione per i primi dieci anni delle imposte sugli immobili e particolari sgravi fiscali). Il materiale estratto veniva caricato su camion e trasportato al porto di Manfredonia per la successiva spedizione allo stabilimento di Porto Marghera, gestito dalla stessa società per la prima lavorazione del minerale. L’ambizioso piano autarchico dell’alluminio prevedeva per il 1941 una produzione di metallo pari a 70.000 tonnellate, che avrebbe comportato un utilizzo di non più di 280.000 tonnellate circa di minerale, volume produttivo largamente superato dalle miniere istriane già nel 1937 (ma sotto controllo degli americani dell’ALCOA) con 386.000 tonnellate estratte. L’industria dell’alluminio è però una grande bevitrice di energia elettrica e la guerra di fatto tagliò gli obiettivi. Tra il 1941 e il 1943, un quarto della bauxite italiana dovette essere esportata in Germania ed in Svizzera, ma le esigenze dell’industria bellica nel 1942 obbligarono all’importazione dalla Germania, a caro prezzo, di ben 11.000 tonnellate di alluminio finito.

I lavori per la costruzione del villaggio costarono complessivamente dieci milioni, finanziati prevalentemente dalla Confederazione dell’industria, mentre la Montecatini si impegnò al pagamento del fitto dei locali all’Istituto provinciale delle case popolari a cui fu affidata la gestione. Vennero approntati: un dormitorio di 150 letti, un refettorio per 100 operai, sala convegno con Cinema e spaccio viveri, ciò in aggiunta agli apprestamenti funzionanti nell’abitato di San Giovanni Rotondo. La sicurezza e l’addestramento del personale lasciava a desiderare tanto che la lista degli infortuni si allungava ma presto a far desistere dai lavori arrivarono le fortezze volanti. Un pesante bombardamento già il 16 agosto 1943 poi il porto colpito nei giorni dell’armistizio. Alla fine del 1945 l’attività della miniera riprese regolarmente. La direzione della miniera prese in considerazione la possibilità di vendere alcune tonnellate di bauxite agli americani per rilanciare la miniera, ed alcuni campioni di materiale furono spediti negli Stati Uniti, ma la qualità, il prezzo elevato del minerale e le difficoltà nel trasporto inibirono gli americani dall’acquisto. La relazione del 1946 sulla produzione nazionale di bauxite, espletata dall’autorevole dottor C. Faina, sottolineava l’importanza del giacimento garganico, soprattutto in previsione della perdita delle miniere dell’Istria. La miniera di San Giovanni Rotondo avrebbe coperto il fabbisogno interno di bauxite. Unico neo non esisteva in loco una industria di trasformazione che avrebbe risparmiato il trasporto. Ma non esisteva in loco anche una industria elettrica di cui non si poteva fare a meno. Il progetto non andò in porto: «e pensare che proprio nel 1940, quando cioè la miniera di San Giovanni Rotondo rivelava in pieno la sua vasta capacità produttiva, il governo fascista, accanto ai numerosi stabilimenti di Porto Marghera, un altro ne faceva sorgere, per la lavorazione della bauxite, ma non qui, dove sarebbe stato logico e giusto che sorgesse , ma a Bolzano!!! Funesta conseguenza questa, della politica anti-meridionale del regime fascista».

     
   

IL FERRO AUTARCHICO DI LADISPOLI

Oggi l’alluminio italiano e la relativa bauxite non esistono più. Lavoriamo, come si dice, alluminio di seconda fusione e l’unico nostro vanto può essere il riciclaggio che richiede anche minor energia. Dal 1985 ad oggi sono state raccolte e riciclate oltre 33.000 tonnellate di alluminio o, in termini di lattine, 2 miliardi e 54 milioni di pezzi. Per fare 1 tonnellata di alluminio ci vogliono circa 4 tonnellate di bauxite e 16 KW di energia. L’alluminio è presente nella crosta terrestre in forma di composti vari e ne costituisce circa l’8% in peso. Il minerale più ricco di alluminio è la bauxite, che si trova principalmente nelle aree tropicali e subtropicali, in particolare nei giacimenti della Guyana inglese, in Africa, in Australia, in India, ma anche in Istria. La parola bauxite deriva dal nome (Les Baux) della località situata nel versante francese dei Pirenei, dove fu identificata la prima volta. Tuttavia, mentre la materia prima è di facile estrazione (vedi quelle terre rosse d’Istria e Dalmazia), il processo per isolarne il contenuto in alluminio è alquanto complesso e avviene in due fasi: una chimica e una elettrolitica dove è richiesta energia elettrica. Il riciclaggio salta tutte le fasi e richiede una parte minima di energia.  

 Smontate le cancellate e tutto quanto conteneva ferro (la stessa cosa si fece con il rame), l’Italia si trovò davanti lo stesso problema del tempo delle sanzioni. La guerra richiedeva metallo e le nostre cancellate erano già state utilizzate. Oltretutto molte carcasse di carri giaceranno al sole di Libia ad arrugginire o in fondo al mare come le navi nell'estate e autunno del '40.  Dall'agenzia giornalistica romana "Vedo" "Roma Marzo 1940 XVIII E.F. Una conquista autarchica (in occasione della visita di Mussolini ai primi impianti  prima che scoppiasse la guerra)

- Tonnellate di ferro estratto dalle sabbie del Lido di Roma (Ladispoli, cittadina balneare conosciuta sin dall'antichità per le sue sabbie ferrose dal caratteristico colore nero. Per la geniale trovata d'un operaio romano a nome Liguori (ma era commendatore) che ha inventato una macchina che divide il ferro dalla sabbia, da alcune settimane al Lido di Roma si è intrapreso un intenso lavoro per l'estrazione del ferro puro nella percentuale di oltre una tonnellata al giorno. Accompagnato dall'avvocato Mattioli, e dall'Ing. Frua della Breda - Il Capo del Governo, che ha sperimentato personalmente una delle macchine, ha anche voluto rendersi conto sul luogo degli aspetti geologici del problema e si è vivamente interessato alle ricerche eseguite per accertare la consistenza dell'immenso patrimonio ferrifero racchiuso nelle sabbie dei nostri mari -.(Non abbiamo scoperto quanto andò avanti la produzione e quanto ferro alla fine fu estratto, se non per il dato parziale ad ottopbre del '40 sotto riportato). 

Settimanale "Tempo" del settembre 1940. I litorali della Sardegna, Lazio e Puglia hanno una sabbia quarzifera ricca di magnetite. La cernita e l’estrazione sono però un procedimento difficile. Il vaglio è faticoso, e l’apporto in spiaggia (dal mare) cambia con le mareggiate. Un procedimento industriale sarebbe possibile, ma il dispendio di energia non coprirebbe i costi. Liguori quindi inventa una macchina di “rapina” costruita dalla Breda, facilmente ridislocabile, in unità singole o complesse. Non c’è bisogno di un imprenditore, bastano i nuclei familiari, donne, bambini (vedi foto in alto a sinistra) a mandare avanti la cernita che non utilizza energia, ma braccia. La vanga estrae e il carretto la trasporta.

Torre Littoria

 

E' in acciaio (Dalmine)

la struttura e in

alluminio i serramenti

del Belvedere 

 

Appendice la produzione strategica all'ottobre del 1940

dalla rivista abbiamo un'idea della quantità estratta ad ottobre '40 - Ferro tratto dagli arenili.

l ferro tratto dagli arenili con le piccole macchine azionate a mano, anche da donne, presso il Lido di Roma, ha già raggiunto le 2.400 tonnellate. Il minerale, che risulta di ottima qualità, viene ritirato dalla S.A. Breda, che lo usa nei suoi cantieri (fabbriche). Prossimamente il numero delle macchine in funzione sarà notevolmente aumentato, mentre altre macchine saranno fornite ad alcune località litoranee in Puglia, Sardegna, Sicilia.

Dall’inizio delle ostilità si è avuto nuovamente uno spontaneo rifiorire di iniziative nel settore delle ligniti. Alle principali aziende, che negli anni decorsi avevano compiuto notevoli sforzi per mantenere in efficienza le loro miniere, per migliorare il prodotto o l’impiego e che hanno impresso un forte impulso alla coltivazione delle miniere stesse, raggiungendo le cifre più elevate dalla fine della guerra mondiale (primo semestre ‘939: Valdarno tonn. 335.000, Terni 125.000, Ribolla 60.000, cifre oggi superate in misura sensibile), seguite da alcune piccole miniere, anch’esse sopravvissute al generale abbandono che nell’immediato dopoguerra si verificò nella coltivazione delle miniere lignitifere, causa il ritorno dei prezzi dei carboni al livello per così dire normale, molte altre medie e piccole miniere si sono aggiunte dal periodo delle sanzioni in poi e particolarmente negli ultimi dodici mesi, per modo che oggi sono in attività una cinquantina di miniere di lignite picea e xiloide.

This elegant metal structure, 108.6 m high, was built by Gio Ponti, Cesare Chiodi and Ettore Ferrari between January and August 1933 as a part of
the Triennale exhibition. Its top platform 97 m high, which in the beginning was a restaurant but for safety reasons can no longer host
seats and tables, is still a
unique place to see Milan
from above). 

Albona (Istria) Bauxite

TORNA AL 1939

  La produzione lignitifera del 1940 supererà la cifra più alta raggiunta in passato che, come è noto, fu di tonn. 2.117.145 nel 1918. (La produzione di combustibili solidi nel 1918 fu in complesso, escluse le torbe, di tonn. 2.171.397, di cui tonn. 32.332 di antracite e 21.920 tonn. di scisti bituminosi e carboniosi. Quella della torba toccò le 278.000 tonn.). Devesi inoltre porre in rilievo che la produzione nazionale di combustibili solidi presenta un miglioramento notevole anche qualitativo, la produzione attuale comprendendo in grande prevalenza combustibile molto più ricco di quello medio del passato. Volendo brevemente accennare ad altre produzioni minerarie e metallurgiche, o perché importanti per la difesa del Paese o per il loro recente sviluppo, ricordiamo che la produzione del piombo metallico è ottenuta per circa 8/10 da minerale nazionale; quella di Zinco metallico, pressoché nulla durante la I guerra mondiale, è da tempo ricavata esclusivamente e per l’intero nostro fabbisogno da minerali italiani (il resto si esporta). Anche la produzione di bauxite, di poche migliaia di tonnellate nel '18, supera largamente il pur notevole e sempre crescente consumo delle nostre fabbriche di allumina e di alluminio, consentendo una larga esportazione. In continua e regolare ascesa è la produzione di pirite, che copre totalmente il fabbisogno nazionale, mentre quella dello zolfo, dopo alcuni anni di incremento, presenta nell’ultimo biennio un’oscillazione dovuta al minor apporto delle miniere siciliane (per cause accidentali: incendi, allagamenti per il progressivo esaurimento di alcune miniere; per i limitati lavori di preparazione e di ricerca), non compensato dal miglioramento segnato dalle miniere dell’Italia continentale. Le miniere di ferro della Sardegna e delle valli bresciane e bergamasche registrano aumenti degni di rilievo, ai quali devesi aggiungere la disponibilità ulteriormente accentuatasi delle ceneri di pirite. Confortante è il miglioramento verificatosi nella produzione di antimonio e in quella dell’amianto. I giacimenti di caolino e di silicati idrati di alluminio, taluno dei quali è di notevole importanza, scoperti e coltivati in questi ultimi anni, forniscono prodotti che soddisfano in misura sempre crescente le necessità delle industrie consumatrici, mentre il rifornimento delle sabbie silicee nazionali copre oramai l’intero fabbisogno dell’industria vetraria.
 

Notevole incremento della produzione mineraria italiana. (da Le Vie D'Italia n° 10 - ottobre 1940)

La produzione delle nostre industrie estrattive, in particolare per i primi sette mesi del 1940, rispetto al 1939, risulta così aumentata:
Minerali di ferro: da tonn. 493.200 a tonn. 650.900 (più 157.700).
Mercurio: da tonn. 103.500 a tonn. 147.900 (più 44.400).
Bauxite: da tonn. 193.800 a tonn. 313.900 (più 120.100)Piriti: da tonn. 561.400 a tonn. 604.200 (più 42.800).
Roccia asfaltica e bituminosa: da tonn. 122.800 a tonn. 132.900 (più di 10.100).
Carboni Arsia (Istria) e Sulcis (Sardegna): da tonn. 1.040.300 a tonnellate 1.210.500 (più 170.200).
Lignite: da tonn. 532.600 a tonn. 1.009.200 (più 476.600)

Antracite: da tonn. 53.500 a tonn. 88.000 (più 34.500).
L’andamento della produzione mineraria negli ultimi anni è caratterizzato da un rapido aumento di quasi tutti i prodotti, particolarmente accentuato per i combustibili dell’Arsia e del Sulcis (carbone classificato secondo gli standards internazionali odierni sub-bituminoso) e, dal II semestre del 1939, per le ligniti picee del Grossetano e per quelle xiloidi della Toscana e dell’Umbria.

Larghe disponibilità di cromo nei giacimenti albanesi
Non meno importanti di quelle relative ai minerali di ferro, sono le iniziative in atto per lo sfruttamento degli altri minerali metalliferi d’Albania. Quanto al cromo, la cui consistenza finora accertata si calcola a 500 mila tonn. di minerale, contenente il 50% di ossido di cromo, lo sfruttamento è per ora concentrato nella zona di Perparini; ma le più larghe disponibilità si notano nella zona di Qukes. L’apporto che ne può derivare all’autarchia italiana, entro breve termine, è definito da queste cifre: il nostro consumo si calcola a 20-25 mila tonnellate annue, e ci può essere assicurato per circa un decennio dai soli giacimenti di Qukes.