I CAMPI DI CONCENTRAMENTO
IN ITALIA PER EBREI E CIVILI - 1a parte
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sono compresi in questo elenco i campi di Urbisaglia e Ferramonti (già citati al
capitolo - I CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER EBREI -) sempre nella sezione schede
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La risiera di San Sabba Trieste: Verso la fine di ottobre 1943 il grande complesso di edifici dello stabilimento per la raffinazione (pilatura) del riso, costruito nel 1913 nel rione periferico di San Sabba, venne trasformato dagli occupanti tedeschi in prigione, campo di smistamento per deportazioni in Germania e deposito di beni razziati agli ebrei e alle popolazioni dei villaggi durante le azioni di rappresaglia in Istria e nel Carso. Dopo qualche mese vennero costruite le celle e l'essiccatoio fu trasformato in forno crematorio: non occorreva costruire il camino in quanto c'era già la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri. Da campo di concentramento, smistamento e transito quindi veniva trasformato in campo di sterminio che è cosa "leggermente" diversa. Il collaudo venne fatto il 4 aprile 1944 con i 70 cadaveri degli ostaggi fucilati il giorno precedente al poligono di Opicina. Le finestre vennero murate; tutto il complesso era già recintato; per il controllo bastava il corpo di guardia al cancello, unica entrata. Vicino all'entrata c'era, a sinistra, un piccolo edificio che serviva da abitazione per il comandante del lager (ora abitazione del custode); a destra un più ampio edificio a due piani per uffici ed abitazioni dei sottoufficiali (ora demolito e lo spazio trasformato in parco). Nel primo cortile c'era anche l'officina e il garage (ora trasformato in cappella). L'edificio centrale, fra i due cortili, si ergeva per sei piani (foto a destra): serviva come caserma. Nel cortile interno, al quale potevano accedere solo gli elementi più fidati, si giungeva attraverso un sottopassaggio a volta, sbarrato da un alto cancello di ferro. Nel sottopassaggio, a sinistra, si apriva una buia stanzetta, chiamata la "cella della morte", che accoglieva i prigionieri portati dalle carceri e destinati al forno crematorio. Al piano terra dell'edificio basso erano state costruite le celle dove erano rinchiusi i prigionieri più sospetti. Le prime due celle venivano usate a fini di tortura o di raccolta di materiale prelevato ai prigionieri: vi sono state rinvenute, fra l'altro, migliaia di carte d'identità. Nei due piani sopra le celle erano sistemati i laboratori di sartoria e calzoleria per le SS. Nel cortile interno, proprio di fronte alle celle, in una costruzione più piccola -i segni della sagoma sono ancora oggi visibili sul fabbricato centrale (vedi foto) - c'era il forno crematorio. Un canale sotterraneo univa il forno alla ciminiera (ora in sua vece sorge una spirale simbolica in metallo). Sul tipo di esecuzioni in uso le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate: gassazione in automezzi appositamente attrezzati, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre la mazzata uccideva subito per cui il forno ingoiò persone ancora vive. Fragore di motori, latrati di cane appositamente aizzati, musiche, coprivano le grida e i rumori delle esecuzioni. Il forno crematorio e la ciminiera vennero distrutti dai nazisti nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1945 per eliminare le prove dei loro crimini http://www.retecivica.trieste.it/triestecultura/musei/civicimusei/risiera/risieraframe.htm
I cappellani dinanzi all'internamento delle popolazioni civili |
Ultima colonna a destra senza indicazioni se operativi fino a sett/ottobre 43, oltre, con date indicative, sino alla fine del conflitto rielaborato da Wikipedia (mancano sicuramente molti sottocampi). Il 25 luglio 1943, la caduta del regime fascista suscitò fra i reclusi politici e razziali molte speranze sulla loro rapida liberazione, il ché avvenne il 27 luglio per gli ebrei italiani e per i reclusi politici in parte. Il 10 settembre 1943, il capo della polizia, Senise, diede disposizione per l'uscita dai campi anche dei sudditi degli stati nemici (questa misura fu poi revocata dalla Rsi il 4 novembre dello stesso anno, ma la grande maggioranza era già fuori). I campi nelle zone delle alpi tridentine e giulie entrati a far parte del Reich (come Gonars, Visco, Poggio etc. Jugoslavia..) seguono destini diversi. I campi dell'Italia centrale venivano soppressi nei primi mesi del 44 con l'avanzamento del fronte e il trasferimento di quanti erano rimasti. |
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Don De Manin così si espresse: 'Dopo tutto quello che per loro si fa, non finiscono di lamentarsi e sempre con noi cappellani, tanto che ci stancheremo di far loro del bene'. [...] L'Eccellenza Gambara mi aveva dato preciso incarico di invitare le mamme slovene della provincia di Lubiana a lasciare i loro bambini alla premurosa cura ed assistenza delle donne fasciste di Lubiana, le quali avevano già preparati Asili di conforto e materiale di soccorso. Le Autorità Militari del campo erano assai disposte per lasciar liberi tutti i bambini, ma la grande difficoltà si è incontrata da parte delle mamme, non tutte disposte a privarsi dei loro piccoli figliuoli. [...] Nel campo dell'Isola di Arbe parecchi internati hanno dichiarato di non voler più ritornare ai loro luoghi d'origine ma di rimanere con gli italiani non essendosi mai trovati così bene". A detta del cappellano capo, nei campi non mancavano le premure per i piccoli deportati, i quali esternavano la loro riconoscenza intonando "inni patriottici in lingua italiana e con molta grazia". Naturalmente il clero slavo valutava la situazione in modo opposto a quello di Bottacci. Il vescovo di Veglia, Giuseppe Srebnic, visitò lui pure il campo di concentramento allestito dagli italiani in Arbe, riportandone impressioni sconfortanti. Ne scrisse a Bartolomasi, pregandolo di intervenire presso le autorità militari in favore degli internati: "Nel campo erano racchiuse circa 10.000 persone di ambo i sessi, di ogni età, di ogni condizione sociale. Quasi tutti gli internati sono sloveni; croati soltanto da un paese di nomine Cabar. Tutti si trovavano in uno stato tristissimo, sotto un sole cocente, in una immensa polvere, senza alcuna ombra, mentre le tende erano le loro abitazioni" Mimmo Franzinelli http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/franzinelli295.html "l'impegno", a. XV, n. 2, agosto 1995 © Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli. È consentito l'utilizzo solo citando la fonte 1942- Il cappellano militare Cristiano Cociani chiede il congedo e scrive dal Campo di Chiesanuova (Padova) alla Curia Vescovile: " Vi prego di volervi interessare degli internati. . . dato il numero dei malati e il numero di mortalità. . . ” In calce a questa lettera (che era stata censurata dall'autorità competente), il generale Robotti scrive: "Molto bene, non era adatto per la carica che ricopriva" |
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Ma quanti furono i campi di concentramento in Italia? Renzo De Felice nel suo libro “Storia degli ebrei sotto il fascismo”, parla di circa 400 tra luoghi di confino e campi di internamento. Fabio Galluccio, nel suo saggio del 2002 "I lager in Italia". La memoria sepolta nei 200 luoghi di deportazione fascisti" dice probabilmente quasi 200, senza includere i luoghi di "semplice" confino. Un censimento attendibile !!. Non è stato ancora fatto |
Polizei- und Durchgangslager di Fossoli (Carpi - Mo). A 6 km da Carpi, in località Fossoli rimangono ancora visibili le tracce di quello che, nel corso del 1944, è diventato il Campo poliziesco e di transito (Polizei- und Durchgangslager) utilizzato dalle SS come anticamera dei Lager del Reich. I circa 5.000 prigionieri politici e razziali che passarono da Fossoli ebbero come tragiche destinazioni i campi di Auschwitz-Birkenau, Dachau, Buchenwald, Flossenburg. Istituito dagli italiani nel maggio 1942 come campo per prigionieri di guerra inglesi, viene occupato dopo l'8 settembre 1943 dai nazisti, attratti da strutture in muratura di recente costruzione e dalla posizione geografica che fa di Fossoli un punto strategico sulla via ferroviaria (Brennero) che porta al nord, verso la Germania. Il Campo viene ceduto, dopo l'8 settembre e fino alla fine del 1943, alla Repubblica Sociale che ne fa un centro di raccolta provinciale per ebrei, in ottemperanza ai dettami della Carta di Verona. Dal gennaio 1944 subentra la gestione diretta da parte delle SS e si attiva il processo di deportazione: Fossoli diventa campo poliziesco e di transito per prigionieri politici e razziali destinati ai Lager del nord Europa fino all'agosto. Dalla stazione di Carpi partono, in sette mesi di attività del campo, 8 convogli ferroviari, 5 dei quali destinati ad Auschwitz. Sul primo diretto verso questa meta, il 22 febbraio, viaggia anche Primo Levi che rievoca la sua breve esperienza a Fossoli nelle prime pagine di "Se questo e un uomo" e nella poesia "Tramonto a Fossoli". Il convoglio giunge ad Auschwitz il 26 febbraio; Primo Levi è tra i 95 uomini (su circa 600) che superarono la prima selezione e viene immatricolato nel Campo col numero 174517. Con queste partenze ha inizio una serie di trasferimenti regolati da un meccanismo in cui nulla è lasciato al caso. Il 2 agosto 1944, il campo viene abbandonato per ragioni di sicurezza e trasferito a Bolzano-Gries con gli stessi comandanti il tenente Titho e il sottufficiale Haage. Dal Campo di Fossoli, in quei 7 mesi passano un terzo dei deportati ebrei. Dopo la fine della guerra, il Campo è utilizzato lungamente a scopo abitativo: dal 1947 al 1952 è occupato dalla comunità di Nomadelfia (Don Zeno Saltini) e dal 1953 alla fine degli anni '60 dai profughi giuliani, istriani e dalmati (ndr Villaggio San Marco soggetti a loro volta a una pulizia etnica). http://www.fondazionefossoli.org/storia1.htm | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nella seconda parte aspetti generali della deportazione, galleria fotografica, e i campi Jugoslavi, Gonars, Borgo San Dalmazzo e Bolzano e la vicenda Titho e Haage a Fossoli |