Bartolomeo 'Meuccio' Ruini

           

Bartolomeo (o Meuccio) Ruini  nacque a Reggio Emilia il 14 dicembre 1877. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo “Ariosto”, si laureò in Giurisprudenza all’Università di Bologna nel 1899 con una tesi di -filosofia del diritto- sui rapporti tra Stato e società. Si trasferì quindi a Roma, nel 1900, al seguito del “maestro” di studi giuridici Icilio Vanni (preside di Giurisprudenza a Bologna) con l’intenzione di conseguire la docenza universitaria e di dedicarsi all’insegnamento. Dovendosi mantenere agli studi partecipò, nel 1903, ad un concorso presso il Ministero dei Lavori Pubblici e si piazzò al primo posto. Come funzionario del Ministero si guadagnò la fiducia dei responsabili del dicastero e percorse una rapida carriera, tanto che nel 1912 divenne direttore generale dei servizi speciali per il Mezzogiorno. Nel 1904 si accese improvvisamente il suo interesse per i problemi della politica e le sue posizioni si radicarono nell’area di incrocio tra idee liberali e piani di riforma e trasformazione della società legati ad una funzione attiva dello stato. Le sue idee innovatrici furono accolte con favore dall’ala riformista del Partito Socialista (Turati, Bonomi, Bissolati). Nel 1907 venne eletto consigliere comunale a Roma e provinciale a Reggio Emilia (risultando, in entrambi i consessi, il più giovane eletto) e cominciò a mostrare una spiccata attitudine agli impegni politici sui problemi concreti, soprattutto nel settore finanziario e dei lavori pubblici. Nello stesso anno iniziò la sua collaborazione con la rivista milanese di Filippo Turati, “Critica sociale”. Nel 1908 venne incaricato dal Ministero di coordinare gli interventi e i piani di ricostruzione del post terremoto di Messina, cosa che gli permise di entrare in contatto coi maggiori esponenti del radicalismo meridionale. Nel 1913 fu eletto Deputato nel collegio di Castelnuovo Monti (RE) per la lista radicale. La sua candidatura, che fu causa di una rottura definitiva coi socialisti (posizioni vicine a Bissolati già espulso al Congresso di Reggio E.), gli venne offerta da notabili della montagna reggiana. Entrò poi a far parte, risultandone il più giovane consigliere, del Consiglio di Stato.

Dopo aver preso posizione in parlamento come interventista non poteva esimersi dal partecipare come volontario alla guerra dapprima come sottotenente del genio, poi come tenente dei bersaglieri. Si distinse in modo particolare, tanto da meritare, al termine della guerra, la medaglia d’argento al valor militare ed un discorso di elogio da parte di Nitti alla Camera. Diaz di lui disse: “Questi parlamentari che fan parlare i giornali dicono di fare la guerra e non la fanno. Solo pochi si battono realmente. C’è però un ufficiale che non so se sia folle o se voglia suicidarsi: quando si dà il segno di uscire dalla trincea è sempre il primo: si chiama Meuccio Ruini”.

Nel 1919 venne nuovamente eletto nel collegio di Castelnuovo Monti per la lista radicale ed entrò a far parte del gabinetto Orlando come Sottosegretario all’Industria, Commercio e Lavoro; nel successivo governo Nitti rivestì anche la carica di Ministro delle Colonie. Nel 1921 i fascisti emiliani, a causa dei suoi legami politici con Nitti e Giolitti, si opposero in modo perentorio all’inserimento del suo nome nel “blocco”, impedendogli di ripresentarsi alle elezioni di maggio. Assieme a Giovanni Amendola fondò, nel 1922, il quotidiano politico “Il mondo”, impegnandosi a fondo nel lavoro redazionale e scrivendo editoriali e commenti (per lo più non firmati); nel 1924, proprio con Amendola, fu tra i principali promotori dell’Unione nazionale, un nuovo movimento politico volto a realizzare una decisa opposizione al fascismo, in cui assunse la direzione del settore “problemi economici e finanziari”. Nel ventennio fascista, osteggiato, Ruini trascorse la sua vita da esiliato in patria. Fu costretto a chiudere la rivista, e venne espulso dal Consiglio di Stato. Si ritirò quindi a vita privata valendosi, per il sostentamento (non poteva esercitare come avvocato ne insegnare), di alcune consulenze e di un’esigua pensione. “.. quando non potevo fare altro, ho scritto molti libri, troppi libri di storia (Risorgimento); ne ho pubblicati alcuni che furono apprezzati all’estero; altri, di più, dormono nell’armadio cimitero dei miei manoscritti”. Nel 1942, dopo aver conservato rapporti con l’antifascismo romano, fondò in clandestinità, insieme con Ivanoe Bonomi, il Partito della Democrazia del Lavoro di cui, l’anno successivo, divenne segretario. Dopo il 25 luglio fu tra i maggiori promotori del Comitato delle forze antifasciste trasformatosi, poi, in C.L.N., all’interno del quale rappresentò la Democrazia del Lavoro. Nel C.L.N. Ruini esercitò un’importante funzione di mediatore e moderatore ed entrò a far parte dei primi governi dopo la caduta del fascismo. Non sempre con fortuna fece opera paziente di ricucitura delle smagliature che comparivano di continuo nella coalizione governativa, per effetto del differente modo in cui i partiti moderati e le sinistre intendevano il rinnovamento e la trasformazione democratica della società italiana.

Governo Bonomi 9/6/44-12/12/44 Ministri senza portafoglio Bartolomeo Meuccio Ruini, Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Carlo Sforza, Palmiro Togliatti.
Governo Bonomi (rimpasto) 12/12/1944-25/06/45 Lavori pubblici Bartolomeo Meuccio Ruini "democrazia del lavoro". http://www.info-regenten.de/regent/regent-e/italy.htm governi italiani
Nel gennaio del 1945 venne istituito il C.I.R. (Comitato interministeriale della ricostruzione) ed egli fu chiamato a presiederlo. Accettò anche dopo 17 anni la Presidenza del Consiglio di Stato. Trasformò il Partito della Democrazia del Lavoro in Partito Democratico del Lavoro nelle cui liste fu eletto all’Assemblea Costituente il 2 giugno 1946. Il ruolo tenuto da Ruini all’interno del C.L.N. gli permise di essere scelto alla Presidenza della “Commissione dei 75”, incaricata di redigere il testo costituzionale. Come riconobbe la dottrina successiva , Ruini ebbe “la funzione individuale di maggior rilievo nel processo di formazione della Carta Costituzionale”:

Come Presidente della “Commissione dei 75” seppe far valere la sua vasta esperienza politica, misurata in circa 40 anni di attività, e la sua competenza nel campo del diritto e dell’economia, frutto di assidui studi coltivati con passione fin dagli anni dell’università. Intervenne nel dibattito costituzionale in una quantità innumerevole di occasioni, sia nel presentare all’Assemblea lo stato di avanzamento dei lavori, sia nel presiedere le diverse commissioni di approfondimento in cui venne suddiviso il gruppo dei 75. Dopo l’esperienza nell’Assemblea Costituente, il politico reggiano rivestì importanti ruoli istituzionali. Nel 1953 fu eletto Presidente del Senato nella speranza di operare una mediazione che mettesse fine allo scontro parlamentare in atto: “Non era una legge truffa, perché il Parlamento non venne nella discussione truffato e perché ogni partito o gruppo di partiti aveva aperta la via a conquistare la maggioranza nella votazione popolare. Si poteva soltanto dubitare che la misura del premio fosse eccessiva; sarebbe stato meglio ridurla; ne parlai con Corbini". Prevalse, però, la posizione di rottura: “Pur avendo desiderato ritocchi nella presentazione del disegno di legge, il Presidente non poteva non astenersi e si astenne: vi furono zuffe…” . Ruini riuscì a dirigere con fermezza il dibattito diventando una sorta di punto di riferimento privilegiato delle polemiche dei partiti della sinistra. Alle successive elezioni politiche rifiutò ogni candidatura, preferendo uscire di nuovo dalle scene e proiettarsi negli studi. Nel 1957 il governo, presieduto da Adone Zoli, realizzò il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) e ne affidò la Presidenza a Ruini che in passato, più volte, era intervenuto nel merito con elaborazioni politico-giuridiche importanti. Mantenne la Presidenza del C.N.E.L. fino al 1959 quando ritenne di aver assolto al compito. Il 2 marzo 1963, per decisione del Presidente della Repubblica Segni, venne nominato senatore a vita “per altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”. Oltre all’attività politica, Ruini pubblicò numerose opere (alcuni dei suoi studi furono firmati con la sigla M.R. da S. Polo o con altri pseudonimi come Carlo Meucci o M.R. Buccella, dal cognome della madre) su argomenti storici, giuridici, ecc.. Morì a Roma di broncopolmonite il 6 marzo 1970, all’età di 92 anni: per sua espressa volontà, la salma fu inumata al cimitero di Canossa (Reggio Emilia).

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