ERWIN ROMMEL Prima di essere la volpe del deserto (Wüstenfuchs) |
Erwin Johannes Eugen Rommel è nato Heidenheim, (Württemberg) il 15 novembre 1891. Figlio di un insegnante protestante, Rommel si arruolò nel locale 124° Reggimento di Fanteria come ufficiale cadetto, nel 1910. Durante la prima guerra mondiale, Rommel prestò servizio in Francia, sul fronte Rumeno e in quello Italiano (Caporetto). Durante quel periodo venne ferito tre volte e premiato con la Croce di Ferro di prima e seconda classe e la medaglia “Pour le Merite”che ricevette dopo la Battaglia di Longarone. Nel 1911, come cadetto a Danzica, Rommel conobbe la sua futura moglie, Lucie (dichiarava lontane origini bellunesi), che sposò nel 1916 e dalla quale nel 1928 ebbe un figlio, Manfred Rommel (che diverrà Borgomastro (sindaco) di Stoccarda nel dopoguerra).
Württembergischen
Gebirgsbataillon |
OFFENSIVA DI
CAPORETTO
Da "Fanterie all'attacco"
di E. Rommel Longanesi 1972
L'avvicinamento... Il
Comando supremo dell’esercito tedesco inviò un’armata composta da sette
divisioni che già avevano dato buona prova sul campo di battaglia.
Un’offensiva congiunta dei due alleati sul fronte dell’Alto Isonzo doveva
portare al desiderato alleggerimento. Obiettivo dell’operazione doveva
essere quello di respingere gli italiani al di là della frontiera
dell’Impero, magari oltre il Tagliamento. Il battaglione da montagna del
Wurttemberg entra a far parte della 14 Armata di nuova formazione e viene
assegnato al Corpo Alpino. Il giorno 18 ottobre 1917 partiamo dalla zona di
radunata nei pressi di Krainburg (Kranj) verso il fronte. Nel corso di
notti buie come la pece, in parte sotto la pioggia scrosciante, il gruppo
di marcia del maggiore Sproesser raggiunge, passando per Bischoflak (Skofjaloka)
- Salilog - Podbrdo (Piedicolle) la località di Kneza nella giornata del
21 ottobre. Durante questa marcia di avvicinamento ogni tappa dev’essere
raggiunta prima dell’alba e la truppa sistemata in accantonamenti quanto
mai scomodi e stretti ancora prima che faccia chiaro per sottrarsi a
un’eventuale osservazione aerea. Le marce notturne risultano molto
faticose per la truppa che è mal nutrita. Il mio distaccamento è composto
da tre compagnie da montagna e da una compagnia mitragliatrici. Di solito
marcio con gli elementi del mio comando a piedi alla testa della lunga
colonna. La località di Kneza è situata otto chilometri a est del fronte
di Tolmino. Nel pomeriggio del 21 ottobre, il maggiore Sproesser effettua
con i comandanti dei distaccamenti una ricognizione sul terreno di
radunata per l’attacco assegnatoci. Si tratta del ripidissimo pendìo nord
del monte Buzenika (Quota 509), situato un chilometro e mezzo a sud di
Tolmino, che dalla vetta sprofonda verso l’Isonzo. Il violento e nutrito fuoco di disturbo di numerose batterie italiane appostate su posizioni molto sopraelevate arriva lontano a tergo del nostro fronte. A quanto pare, gli italiani hanno munizioni in abbondanza. Lo schieramento del battaglione con le sue undici compagnie sulle posizioni di partenza si rivela difficile nel tratto di terreno assegnato. Solo i margini di alcuni ghiaioni e pochi e stretti letti di torrente che precipitano verso l’Isonzo offrono sul pendio del resto impercorribile o quasi possibilità di schieramento. Quello che fa paura è il fatto che l’avversario può battere quasi d’infilata dalle sue posizioni molto sopraelevate sul Mrzli Vrh (Quota 1360) a nordovest di Tolmino quasi tutto il pendìo nord del Monte Buzenika. Inoltre dobbiamo aspettarci formidabili valanghe di sassi se l’artiglieria dovesse battere il ripido pendio. E pensare che il battaglione dovrà restare schierato su quella posizione, in attesa dell’attacco, per circa trenta ore. Chissa se andrà a finire bene? Comunque dobbiamo accettare le condizioni del terreno, per quanto sfavorevoli possano essere per noi. Non esistono infatti altre possibilità: la massa di uomini che si sta schierando nella conca di Tolmino per l’attacco è troppo grande. Ritorniamo al battaglione sotto il nutrito fuoco di disturbo delle artiglierie italiane che battono particolarmente le strettoie presso Santa Lucia di Tolmino e Baca di Modreja. Per quanto riguarda il piano generale dell’operazione, ne sappiamo molto meno del primo tenente austro-ungarico Maxim, che proprio in quei giorni passa agli italiani con una raccolta di ordini e cartine topografiche riguardanti le operazioni offensive sul fronte della imperial regia 50a divisione di fanteria. Nella notte del 22-23 ottobre il battaglione si schiera per l’attacco. Potenti stazioni fotoelettriche appostate nelle posizioni italiane sulle alture del Kolovrat e dello Jeza illuminano a giorno la via di accesso. Spesso veniamo investiti da nutrite salve di artiglieria. I luminosissimi e accecanti coni di luce dei riflettori ci costringono a restare immobili per vari minuti. Non appena scivolano via, ci affrettiamo a superare il tratto minacciato dalle granate. Tutti abbiamo durante l’avanzata l’impressione di essere entrati nel campo d’azione di un avversario straordinariamente attivo e ben armato e equipaggiato. Sul pendio est del monte Buzenika dobbiamo abbandonare le salmerie. Con il pesante carico di mitragliatrici e munizioni sulle spalle il distaccamento Rommel raggiunge dopo una faticosa salita poco prima di mezzanotte il ghiaione a esso assegnato. I carichi vengono messi a terra. Tutti tirano sospiri di sollievo e sono contenti di aver superato indenni i pericoli del percorso. Purtroppo non c’è tempo per riposare. Le poche ore di buio che rimangono devono essere utilizzate fino all’ultimo minuto per scavare e mimetizzare le posizioni. Rapidamente assegno alle singole compagnie i tratti di terreno di loro competenza. Sul margine occidentale di un ghiaione largo dai venti ai quaranta metri, a cavallo di uno stretto sentiero protetto dall’osservazione da nordovest, che porta alla prima linea, si sistemano il comando e due compagnie. Alle altre due compagnie viene assegnato il letto di un piccolo torrente, cento metri più a est. Tutti, ufficiali e truppa, lavorano febbrilmente. Quando comincia a far chiaro, il pendio sembra deserto. Rannicchiati nelle buche, coperti da rami e ramoscelli, i fucilieri ricuperano le ore di sonno perdute. Ma il tranquillo silenzio non dura a lungo. Alcune granate italiane di grosso calibro esplodono sul pendio, più in alto. Una valanga di sassi ci passa accanto e finisce nell’Isonzo. Dormire in quelle condizioni non è possibile. Che l’avversario abbia già individuato il nostro posto di radunata e stia aggiustando il tiro? L’effetto dell’artiglieria pesante su questo pendio scosceso come un tetto dovrebbe essere micidiale! Dopo qualche minuto, il fuoco cessa. Un quarto d’ora più tardi, granate esplodono in un altro punto, sempre nelle nostre immediate vicinanze. Poi per un po’ ci lasciano in pace. L’artiglieria italiana comincia ora a battere obiettivi nella valle dell’Isonzo. Nel corso della giornata possiamo osservare il formidabile effetto prodotto dai grossi calibri sui sistemi di posizioni e sulle vie di accesso nel fondovalle, nei pressi di Tolmino. In compenso, la nostra artiglieria spara solo raramente qualche colpo. Preoccupato per il destino degli uomini che mi sono affidati, vivo una giornata incredibilmente lunga. Se muovo pochi passi sul sentiero mascherato in direzione ovest, posso distinguere benissimo nel fondovalle la prima linea nemica. Questa attraversa l’Isonzo due chilometri e mezzo a ovest di Tolmino e scorre poi a sud del fiume, immediatamente a est di San Daniele, per raggiungere il margine est della località di Volzana. Le posizioni, e soprattutto i reticolati, hanno l’aria di essere stati costruiti con estrema cura. Delle altre posizioni nemiche non riesco a vedere molto a causa della foschia. |
ll compito del Corpo alpino tedesco era di prendere il Kuk e il Matajur, terza linea di difesa Italiana prima della pianura. Rommel in quel momento era un tenente in attesa di nomina a capitano. Gli furono affidate 3 compagnie + nucleo mortai e trasmissioni (Abteilung) delle dieci del -WGB (a seconda della azioni avrà anche forze maggiori). L'attacco tedesco prese il via il 24 ottobre e fu preceduto da una preparazione di artiglieria. Pioveva quando scesero la montagna ed attraversarono l'Isonzo. Si ritrovò lungo un sentiero che collegava la prima alla seconda linea. Non si fa cenno di scontri ne qui ne successivamente. Una postazione di mitraglieri venne sorpresa e catturata. La seconda linea era ormai sulla loro strada. Altri capisaldi cedettero ed altri prigionieri andarono ad aggiungersi ai precedenti. Ormai la sua avanzata era finita sotto il tiro lungo dell'artiglieria austriaca. Era ormai giunto a pomeriggio inoltrato del 24 sul Kolovrat alle pendici del Kuk. Dopo dissidi sui successivi passi col comandante del battaglione delle Guardie Bavaresi che lo seguiva andò a dormire. La mattina del 25 Sprosser lo raggiunse e concordarono il da farsi. Sfruttando la conformazione della montagna, dalla cui cima non si potevano vedere i fianchi e il fondovalle, procedette contro diversi avamposti italiani che cedettero alla sorpresa. Tutto ciò, come dice lo stesso, era troppo bello per durare. Dal nemico antistante la sella del Kolovrat e dalla Cima lo dividevano linee di trincea e da quella parte avevano preso a sparagli addosso. La compagnia di testa impegnata in uno scontro selvaggio era minacciata non solo frontalmente ma anche sui fianchi. "Mi fu chiaro," come scrisse, "che solo un attacco di sorpresa poteva tirare fuori dai guai la 2° compagnia". Disposti gli uomini in maniera conveniente attaccò gli italiani dal fianco e questo bastò, come disse, a far cessare il pericolo. Ora i prigionieri erano saliti a 1500. In quel momento Rommel vide un altro scaglione di truppe italiane disporsi e muovere contro di lui, di fronte e di tergo. L'unica strada di fuga era verso il paese di Luico che si trovava sul lato nord della montagna. Si misero a correre, incrociando carriaggi carichi di armi e cibo. "che spasso" ebbe a dire. Con la punta avanzata del distaccamento era oltre il fronte di 3 Km. Lo scontro principale fra il battaglione di montagna del Württemberg e i bersaglieri italiani avvenne nel primo pomeriggio del 25 ottobre, nel fondovalle a sud ovest di Livek (Luico). Al termine «cinquanta ufficiali e molti uomini della 4a brigata bersaglieri depongono le armi (…) All'abile aspirante ufficiale Stahl do l'incarico di raccogliere i prigionieri e di portarli, passando per La Glava e Quota 1077, a Ravna. Come scorta gli posso dare solo pochi fucilieri da montagna». (Erwin Rommel, 1972 - Fanterie all'attacco, Infanterie greift an - Esperienze vissute, Longanesi, Milano). Il numero dei prigionieri continuava ad aumentare. Il suo distaccamento nella notte salì a 6 compagnie. All'alba del 26 ottobre decise di attaccare una piccola altura vicina al paese di Jevszek. Ormai poco lo separava dalla cima del Matajur. I suoi uomini erano sfiniti, ma ripresero il cammino ugualmente. "I successivi scontri con la fanteria italiana," disse, "non ebbero storia poiché questi gli andarono incontro urlando Viva la Germania". Rommel ricevette dai suoi superiori l'ordine di ritirarsi, convinti che ormai la cima fosse presa. Rommel disobbedì e con l'unica compagnia che gli era rimasta sotto (sotto il suo comando da primo tenente) mosse verso la cima. Il resto della brigata Salerno, sfidando le ire degli ufficiali, depose le armi. Aveva combattuto e marciato per 52 ore e fatto quasi 9.000 prigionieri. Le sue perdite 6 uomini e 30 feriti. La medaglia "Pour le Merite" era andata a Schorner un suo collega che si vantava di essere giunto prima sulla cima dall'altro versante. Walter Amici
Matajur una delle cime
della 3a linea affidata alla IV brigata cosi da una relazione del Cai
Cividale Natisone.
Per la difesa del Matajur era stata destinata dal Comando Supremo
Italiano la Brigata di Fanteria “Salerno” del generale Zoppi. La Brigata
era partita da Bassano il 22 ottobre 1917 ed era giunta a Savogna in
autocarro la sera del 23 da dove, a causa di ingorghi stradali, il
reparto doveva proseguire a piedi per raggiungere marciando per
un’intera giornata il paese di Luico (Livek). Da questa località, senza
riposare, l’unità incominciava a salire il monte la cui cresta venne
raggiunta dai primi reparti all’alba del giorno 24 e dagli ultimi
soltanto alla sera.
Il Matajur era però privo di trincee, reticolati e di qualsiasi altra
opera di difesa. L’unica opera militare risultava essere la strada, tra
l’altro incompiuta, che saliva da Luico. Appare quindi subito evidente
che le condizioni in cui la Brigata “Salerno” avrebbe dovuto difendere
il monte non erano certo le migliori. Inoltre va ricordato che i
comandanti dei reparti facenti parte della brigata, proveniente da altro
teatro operativo, non erano pratici della zona in ci si accingevano a
combattere: ciò fece si che lo schieramento dei reparti fosse completato
solamente nella mattinata del 25. I reparti, erano così posizionati: 90°
Reggimento sulla cresta; 89° Reggimento a mezza costa a quota 700 circa
però completamente isolati essendo privi di collegamento con altri
settori di difesa sia desta che a sinistra. Questo comportò che, quando
la Brigata Bersaglieri, la quale difendeva il passo di Luico, cedette
alle preponderanti forze della 12a Divisione Slesiana e dell’Alpenkorps
Bavarese con in avanguardia il Distaccamento del Wurttemberg del Tenente
Rommel, anche le sorti della Brigata “Salerno” fossero ormai segnate. La
manovra d’attacco tedesca per la conquista del Matajur si sviluppò
frontalmente da parte dell’Alpenkorps che penetrò fra le due linee
difensive in cui la brigata era schierata, mentre i reparti della 12a
Divisione Salesiana con una manovra aggirante da nord, salivano dalle
valli del Natisone, giungendo alle spalle della linea di difesa
principale tenuta sulla cima dal 90° Reggimento.
L’INSEGUIMENTO di Rommel
... lo sconosciuto tenente di carriera di nome Erwin Rommel, ricevette
l'incarico di fare da avanguardia della Jager Division e di raggiungere il prima
possibile Longarone (aveva appena attuato lo sfondamento a Volzana), per tagliare la strada alle truppe del Cadore che si
stavano ritirando verso il Grappa. Il percorso che Rommel scelse fu la strada
costruita dagli alpini tra il 1910 e il 1912 che collegava la Val Cellina
alla Val Meduna attraverso Forcella Clautana, un sentiero ancora oggi
percorribile. .... ...., il 31 il battaglione è sul Tagliamento, dove si
acquartiera e riposa 3 giorni. In quei giorni Rommel, chiamato al
Comando Tedesco di Udine, riceve l'ordine di passare all'avanguardia della Jager
Division, alle dipendenze del maggiore Sproesser, e di puntare su Longarone.
Alle prime luci dell'alba del 4 novembre, il WGB passa il Tagliamento sul ponte
di Cornino, la direzione è Meduno-Chievolis (m. 350 slm)-Foreclla Clautana (m.
1430) -Claut (m.613)-Cimolais (m. 652)- Passo S. Osvaldo (m. 830) - Longarone. Una
Brigata di Alpini in retroguardia ne rallenta il cammino, a Chievolis, il 6
novembre, il primo scontro: gruppi del 5° Alpini, Bersaglieri ed artiglieri
oppongono strenua resistenza, arrendendosi solo finite le munizioni. Quel giorno
il WGB catturò 4 ufficiali e 230 soldati. I Tedeschi proseguirono poi verso
Forcella Clautana, a loro si erano uniti alcune batterie di obici da montagna ed
un battaglione di Schutzen; l'avanzata velocissima di queste truppe, grazie
anche al ritrovamento di un consistente numero di biciclette pieghevoli da
bersagliere, avvenuto in pianura giorni prima, aveva lasciato indietro le
salmerie e alla battaglia si dovettero preparare a stomaco vuoto. Martedì 7
novembre, il WGB è sotto la Forcella, schierate al passo ci sono le truppe
italiane. Al centro della Forcella stanno gli arditi del XVIII° reparto
d'assalto, alla sinistra la 34°- 35° e 36° compagnia alpina del battaglione Val
Susa, a destra due compagnie di bersaglieri, con 6 cannoni da montagna. Sono le
truppe di retroguardia dei resti della 26a divisione del colonnello Danise, con il compito
di trattenere il nemico il più a lungo possibile. I tedeschi ammassano tre
compagnie fronte al passo; Rommel e due sezioni di mitragliatrici si posizionano
sulle pendici del Col Cavasso, in modo da dominare le difese sul fianco e
dall'alto. Alle 19 il primo assalto. Gli italiani si difendono con ordine, non
arretrano, pur subendo gravi perdite dalle mitragliatrici poste sul Col Cavasso.
Ai tedeschi non va meglio, è impossibile avvicinarsi al centro, l'attacco viene
sospeso.
Da "Fanterie all'attacco"
di Erwin Rommel Longanesi 1972
… Nei giorni successivi,
tutti i tentativi di forzare un attraversamento del Tagliamento falliscono. Solo
nella notte sul 3 novembre 1917, il battaglione Redl del 4° reggimento di
fanteria bosniaca riesce a mettere piede sulla riva occidentale nei paraggi di
Cornino. Il giorno 3 novembre, il mio battaglione cessa di far parte del Corpo
Alpino tedesco e riceve l’incarico, inquadrato come avanguardia della 22a
divisione fucilieri, di forzare per Meduno - Claut il passaggio delle Alpi
Carniche e di raggiungere nel minor tempo possibile la valle superiore del Piave
presso Longarone allo scopo di sbarrare alle forze italiane schierate sul fronte
delle Dolomiti la via della ritirata verso sud. Il battaglione da montagna è uno
dei primi a varcare il Tagliamento presso Cornino. Grossi pattuglioni montati su
biciclette ripiegabili italiane di preda bellica vengono mandati in
perlustrazione verso Meduno. L’avanguardia del battaglione da montagna riesce a
catturare, superata questa località, venti ufficiali e trecento uomini di truppa
presso Redona. L’avanzata prosegue restando sempre alle calcagna delle deboli
retroguardie italiane, su di uno stretto sentiero attraverso le dirupate Alpi di
Clautana verso il passo di Clautana. Il mio distaccamento marcia con il grosso.
Questa (l’avanguardia Gossler) raggiunge nella serata del 6 novembre la località
di Pecolat. Al mattino del 7 novembre, il battaglione affronta, sempre nella
stessa formazione, la salita verso il passo di Clautana.
Quando gli elementi
avanzati dell’avanguardia si avvicinano alla strettoia del passo situato a quota
1439, essi vengono investiti dal fuoco di consistenti forze nemiche appostate
sulle alture che fiancheggiano sui due lati il passo. Il fuoco delle
mitragliatrici e dell’artiglieria ostacola inoltre notevolmente il progresso
della stessa avanguardia che si trova sulla stretta e tortuosa rotabile tra
Pecolat e il passo (novecento metri più in basso). Ben presto, il fuoco italiano
impedisce qualsiasi movimento sulla strada del passo e sul terreno roccioso ai
due lati di essa. L’avversario è annidato in ottime posizioni, molto in alto,
sulle pareti strapiombanti del monte La Gallina (1634 metri) e sulla cresta
nord-orientale del monte Rosselan (2067 metri), che formano un fronte di circa
duemila metri a cavallo del passo. La posizione sembra imprendibile. Il maggiore
Sproesser fa entrare in azione il distaccamento Rommel (la la, 2a e 3a compagnia
fucilieri e la compagnia mitraglieri), che è inquadrato nel grosso, per aggirare
per il monte Rosselan il nemico schierato sul passo. Già la salita nel letto del
torrente Silisia viene notevolmente ostacolata dal fuoco delle mitragliatrici e
dell’artiglieria nemica. Avanziamo a piccoli balzi, saltando da un roccione
all’altro. Finalmente riusciamo a sottrarci al fuoco nemico infilandoci nella
valle laterale che porta a Quota 942. Presto, tuttavia, ci troviamo davanti le
pareti a picco, alte varie centinaia di metri, del monte Rosselan che ci
impediscono di continuare la salita. Un aggiramento del nemico per il sud si
rivela impossibile. Non rimane altro da fare che attaccare frontalmente il
nemico sul passo. Per ore e ore ci arrampichiamo così tra le rocce per
avvicinarci a sud della strada del passo al nemico. I valenti fucilieri superano
con le mitragliatrici pesanti in spalla tratti di terreno che io, privo di zaino
come sono, faccio fatica a superare. Solo poco prima del calar dell’oscurità, il
distaccamento Rommel raggiunge, completamente esausto, i cocuzzoli coperti di
neve situati seicento metri a sudest del passo e riesce a stabilire il
collegamento con elementi del distaccamento Gòssler, che si trovano al medesimo
livello varie centinaia di metri a nord della strada del passo. Conifere di
basso fusto sottraggono i miei uomini alla vista del nemico che occupa a
semicerchio le alture rocciose davanti a noi. Concedo alla truppa molto stanca
un po’ di riposo e nel frattempo esco con il tenente Streicher e varie pattuglie
per esaminare la possibilità di un attacco notturno a sorpresa
sul passo. La notte è buia,
il cielo coperto. Buon per noi che la neve tra le basse conifere manda un po’ di
riverbero! Purtroppo, la neve scricchiola sotto le scarpe provocando a tratti il
fuoco dei difensori. Proprio così, tuttavia, riesco ben presto a farmi un’idea
dell’andamento della linea nemica. Un po’ alla volta riesco a individuare
postazioni adatte per le mitragliatrici, distanti poche centinaia di metri dalla
strettoia del passo e sopraelevate di vari metri. Con estrema cautela e cura
costruiamo nel corso di varie ore di lavoro i ripari che dovranno proteggerci
dal fuoco nemico durante l’attacco notturno. A questo scopo viene impiegata
tutta la compagnia mitragliatrici pesanti. Nel frattempo provvedo a schierare
per l’attacco la la e 3a compagnia a una distanza di circa trecento metri dal
passo, in posizioni coperte contro il fuoco nemico
proveniente dall’alto.
Alle 24, tutte le mitragliatrici pesanti della compagnia mitraglieri dovranno
neutralizzare per due minuti il nemico nella strettoia del passo, per spostare
poi il tiro sull’avversario appostato ai due lati della stessa strettoia. La 1a
e 3a compagnia dovranno partire all’assalto rispettivamente sulla destra e sulla
sinistra del canalone che porta al passo non appena le mitragliatrici pesanti
avranno aperto il fuoco e conquistare con le bombe a mano e all’arma bianca il
passo. Purtroppo mi sono trattenuto troppo a lungo con i plotoni che dovranno
provvedere al tiro d’appoggio. Quando le mitragliatrici pesanti iniziano il
fuoco continuo, disto sul pendio roccioso ancora varie centinaia di metri dalle
due compagnie d’assalto che devono bensì passare all’attacco di propria
iniziativa, ma che volevo accompagnare. Mi precipito con tutta la velocità
consentitami dalle gambe, ma con mia grande meraviglia trovo le due compagnie
ancora sulle posizioni di partenza. Che i comandanti siano venuti meno al loro
dovere, o addirittura la truppa? I due minuti del tiro d’appoggio delle
mitragliatrici pesanti sono già trascorsi. Il movimento, ora
iniziato, delle truppe
d’assalto non è più sincronizzato con il fuoco delle mitragliatrici. Il nemico
sul passo non è più costretto a tenersi al coperto. Nessuna meraviglia che
l’attacco dei fucilieri da montagna viene respinto dopo un duro scontro a base
di bombe a mano con perdite per noi. Fallito l’attacco ritiro le due compagnie
sulla posizione di partenza.
Sono molto arrabbiato per l’esito di questo
attacco notturno. Dall’inizio della guerra è il primo attacco che non mi riesce
Le ore di durissimo lavoro sono state
inutili. Una ripetizione dell’attacco durante la notte in corso mi sembra priva
di prospettive né posso chiedere altro alla truppa esausta dalla fatica. Dopo
tutte le fatiche alle quali si è sobbarcata nella giornata precedente e durante
la notte ha bisogno di dormire e di mangiare per essere di nuovo in grado di
battersi. Soddisfare queste due esigenze è assolutamente impossibile a 1400
metri di altitudine nella neve e nel ghiaccio e per di più a pochissima distanza
dal nemico. Inoltre, un ammassamento di consistenti forze nelle immediate
vicinanze del passo alla luce del giorno mi sembra molto pericoloso. Fatte
queste considerazioni rompo il contatto con il nemico. La 5a compagnia provvede
alle misure di sicurezza nei pressi del passo come già aveva fatto prima
dell’entrata in azione del distaccamento Rommel. Con le quattro compagnie
ripiego nella valle presso Pecolat. Cammin facendo riferisco al maggiore
Sproesser, il cui posto di combattimento si trova a mezz’altezza in un anfratto
roccioso, sul fallimento dell’attacco notturno. Il distaccamento arriva a
Pecolat solo poco prima dell’alba. Le poche misere capanne rigurgitano di
truppe. Così ci accampiamo
all’aperto. Le salmerie vengono fatte avanzare e poi riceviamo del caffè
conservato nelle casse di cottura. Gustiamo moltissimo la bollente bevanda.
Passano così due ore ed è giorno pieno. Il sole penetra con i primi raggi nella
stretta valle. A questo punto mi chiamano al telefono. È il comando del
battaglione: «Il nemico ha sgomberato il passo di Clautana. Il distaccamento
Rommel si metta subito in marcia e segua il distaccamento Gossler serrando
sotto….continua l’inseguimento per Claut ». Poco prima dell’alba, pattuglie
della 5a compagnia hanno constatato che l’avversario ha sgomberato il passo. La
gioia di apprendere che il nemico ha ceduto senza combattere l’ottima posizione
ci dà nuovo vigore. Ben presto il distaccamento Rommel è di nuovo in marcia.
Dopo varie ore, salendo questa volta sulla rotabile, raggiungiamo il passo dove
possiamo constatare l’efficacia del tiro della 1a compagnia mitragliatrici
pesanti contro la posizione nemica. Una delle mitragliatrici ha, a quanto
sembra, preso d’infilata per varie centinaia di metri la rotabile subito a
nordovest del passo, causando perdite al nemico. Ne sono testimoni le numerose
bende insanguinate ai due lati della strada.
ALL’INSEGUIMENTO VERSO CIMOLAIS
È sorprendente
l’indifferenza con la quale i fucilieri da montagna trasportano sulle spalle i
pesanti carichi. A pensarci bene, questi uomini marciano e combattono ormai da
28 ore senza aver goduto di un riposo prolungato. In questo periodo hanno
scalato due volte il passo di Clautana il che fa, sommato, un dislivello di 1800
metri. Ora marciano speditamente in discesa. Il distaccamento Gòssler, di
avanguardia anche l’8 novembre, ci precede a una discreta distanza. Verso
mezzogiorno raggiungiamo presso Claut l’avanguardia, serrando sotto. Ben presto
riprendiamo la marcia, Il distaccamento Gòssler incontra il nemico presso la
località Il Porto e passa all’attacco, ma lo scontro non assume proporzioni
serie dato che l’avversario ripiega verso nord. Ora, mentre il distaccamento
Gòssler marcia su Il Porto, il distaccamento Rommel entra in azione contro
Cimolais partendo da San Gottardo come elemento avanzato del battaglione da
montagna rinforzato dal I battaglione dell’imperial regio 26° reggimento
fucilieri. In formazione aperta il distaccamento Rommel insegue nella valle
all’inizio ampia, ma progressivamente sempre più restringentesi verso Cimolais,
fiancheggiata ai lati da massicci rocciosi alti quasi duemila metri, il nemico
che ripiega su Cimolais lungo il margine occidentale della valle. Il terreno
coperto da cespugli su entrambi i lati della strada sottrae il nostro movimento
alla vista del nemico. Alcuni ciclisti agli ordini del tenente Schòffel e il
comando del distaccamento, cioè gli elementi provvisti di cavallo, formano una
specie di linea di sicurezza che precede le compagnie in formazione aperta. ....
Di fronte al
passo San Osvaldo ancora Rommel e la sua avanguardia, mentre una compagnia tenta
l'aggiramento passando sui roccioni alti del Monte Cornetto: è un disastro. La
neve fresca tradisce gli attaccanti che scivolano nei dirupi ed alcuni muoiono.
Non c'è tempo per tentare un'altra manovra che non sia la ripetizione
dell'attacco a Forcella Clautana e così vien fatto.
La linea di difesa italiana è composta solo da due compagnie di Bersaglieri del
10° battaglione, che viene investito dalle raffiche delle mitragliatrici sui
lati e di fronte, mentre le truppe tedesche si fanno sotto. Alle 9,45 gli
attaccanti riescono a penetrare ed a disorganizzare la difesa e catturano 4
ufficiali e 120 soldati, gli altri si ritirarono verso Longarone. A questo punto
saltano di nuovo fuori le biciclette da bersagliere che i tedeschi non avevano
lasciato lungo la strada e con queste si gettarono lungo la discesa che dal
passo di San Osvaldo conduce a Longarone. Il ponte sulla forra del Vajont è
preso intatto. Di fronte Longarone, leggermente spruzzata di neve, brulicava di
truppe italiane in ritirata. Paolo Antolini da
http://certosa.cineca.it/1/formazioni.php?TBL=FORMAZIONI&ID=74&ACTION=show
Dopo la grande guerra fu comandante di reggimento ed istruttore alla Scuola di Fanteria di Dresda (1929-1933) e all'Accademia di Guerra di Potsdam (1935-1938). Il suo diario di guerra, Infanterie greift an (La fanteria attacca!), divenne uno dei testi base per l’addestramento. Nel 1938, Rommel (Colonnello) viene nominato comandante dell'Accademia di Guerra di Wiener Neustadt che lasciò per passare a comandare la Guardia personale di Hitler. Venne promosso Maggior Generale poco prima dell'invasione della Polonia. Nel 1940 gli venne affidato il comando della 7a Panzer Division, per il Fall Gelb, l'invasione della Francia dove mostrò un'abilità tanto considerevole che la sua divisione veniva chiamata la "divisione Fantasma". Quando Mussolini richiese l’intervento tedesco in Africa Settentrionale, Rommel venne nominato comandante del corpo di spedizione(Deutsches Afrika Korps). Fu proprio in Africa che Rommel si conquistò, agli occhi del grande pubblico, la fama di comandante. Una prima offensiva spinse le forze britanniche fuori dalla Libia, ma si fermò poco oltre il confine egiziano, e l'importante porto di Tobruk rimase ancora nelle mani degli inglesi dietro le linee dell'Asse. Da quel momento le avanzate e ritirate strategiche si alterneranno con quelle inglesi sempre più deboli e disorientate. Una grande influenza avevano su queste i rifornimenti. Il comandante in capo britannico Auchinleck, che voleva lenire l'assedio di Tobruk, venne sbaragliato in un classico esempio di blitzkrieg facendo cadere anche la piazzaforte assediata. Nel giro di settimane nell'estate del 42 le forze inglesi furono respinte in Egitto nei pressi della piccola stazione ferroviaria di El Alamein, appena un centinaio di chilometri da Alessandria. La Prima battaglia di El Alamein venne persa da Rommel perché le sue linee di approvvigionamento si erano troppo allungate. I britannici, con le spalle al muro, erano molto vicini ai loro punti di rifornimento, e disponevano di truppe fresche e di potenti carri armati americani. Rommel cercò ancora di penetrare le linee nemiche durante le Battaglia di Alam Haifa ma venne fermato dal nuovo comandante, il Tenente Generale Bernard Montgomery che aveva organizzato un solido comitato di accoglienza. Rommel non poteva tenere la posizione per sempre e quando la palla (rafforzamento di scorte e mezzi) passò in campo avverso le sue truppe dovettero ritirarsi.
Il 27 ottobre 1942 Rommel dedica questa lettera alla moglie, convinto che sia finita: "La battaglia infuria e probabilmente sfonderemo ad onta di tutte le gravi difficoltà. Potrebbe anche darsi che naufragheremo, nel qual caso tutto il corso della guerra ne verrebbe sfavorevolmente influenzato poiché tutta l'Africa del Nord cadrebbe in mano degli inglesi. Ciò potrebbe avvenire nel corso di pochi giorni e pressoché senza battaglia. Noi facciamo tutto quanto è umanamente possibile per vincere. Purtroppo la superiorità del nemico è enorme. Che la cosa ci riesca, che io vinca o meno la battaglia è nelle mani di Dio. La vita è dura per uno sconfitto, io guardo dritto innanzi verso il mio destino poiché la mia coscienza è tranquilla. Quanto era umanamente possibile fare io l'ho fatto, e non mi sono risparmiato personalmente. Dovessi rimanere sul campo di battaglia, desidero rendere grazie a te e al ragazzo per tutto l'amore e la tenerezza che avete voluto donarmi nella mia vita".
Dopo la sconfitta di El Alamein, nonostante le pressioni di Hitler e Mussolini di morire sul posto, le truppe di Rommel compirono quello che a misconosciuta conoscenza è forse il suo maggior capolavoro, la ritirata indenne fino alla Tunisia. Lì giunti, la loro prima battaglia non fu contro l'Ottava Armata Britannica, ma contro il Secondo Corpo d'Armata Statunitense proveniente dall’Algeria. Rommel inflisse un bruciante rovescio alle truppe americane neofite nella Battaglia del Passo di Kasserine in Tunisia a metà febbraio del 1943. Rivolgendosi ancora una volta a fronteggiare le forze britanniche, sul vecchio confine tripolino del Mareth, Rommel potè solo ritardare l'inevitabile. I suoi pochi carri e la fanteria Italiana riuscirono a tenere in scacco per alcuni mesi gli Inglesi. Tornato in Germania, Rommel fu per qualche mese virtualmente "disoccupato" poi assunse il comando di invasione dell'Italia dopo il 25 luglio 1943. Quando l'anno dopo le sorti della guerra si rivolsero contro la Germania, Hitler pose Rommel al comando del Gruppo d'Armata B, responsabile della difesa della costa francese contro una possibile invasione alleata. I contrasti col suo superiore portarono alla divisione delle forze corazzate in posizioni troppo arretrate per contrastare lo sbarco del 6 giugno. Durante il D-Day molte unità di panzer, soprattutto la 12a SS Panzer (la divisione d'elite della Hitler Jugend), che erano abbastanza vicine alle spiagge, crearono gravi danni. Nel luglio 1944 la sua autovettura venne mitragliata da un aeroplano britannico, e Rommel dovette essere ricoverato con gravi ferite alla testa. Nel frattempo, dopo il fallito complotto del 20 luglio contro Adolf Hitler, si sospettò di alcune conoscenze di Rommel con i cospiratori. Non fu del tutto provato un coinvolgimento diretto ma una sola semplice messa a conoscenza del complotto, non denunciata. Hitler, data la popolarità che aveva, gli diede la possibilità di suicidarsi con il cianuro. Rommel moriva il 14 ottobre 1944, e veniva seppellito con pieni onori militari dopo un grandioso funerale di stato. http://www.cronologia.it/storia/biografie/rommel.htm
Citazioni
Il parlamento britannico arrivò a un voto di censura contro Winston Churchill, per la sua incapacità di sconfiggere Rommel. Il voto fallì, ma nel corso del
dibattito Churchill disse: "Abbiamo di fronte un avversario abile e coraggioso e, se posso dirlo nonostante le miserie della guerra, un grande Generale".
Theodor Werner fu un ufficiale che servì sotto Rommel durante la prima guerra mondiale.
"Chiunque sia caduto sotto l'incantesimo della sua personalità si è trasformato in un vero soldato. Sembrava conoscere come erano i nemici e come avrebbero reagito".
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