Mario Roatta |
Nato a Modena nel 1887, fu nominato sottotenente in fanteria nel 1906. Frequentata la scuola di guerra prese servizio come capitano allo stato maggiore. Dopo la prima guerra mondiale venne nominato addetto militare a Varsavia e quindi a Helsinki. Promosso colonnello nel 1930 divenne Capo del SIM (servizio segreto) dal Gennaio 1934 al Settembre 1936. Nello stesso anno 1936 è a capo del corpo di spedizione italiano in Spagna, ma continua a mantenere il controllo sul SIM, nonostante che al suo posto sia stato nominato il col. Paolo Angioi. L'11 giugno 1937 vengono ritrovati, i corpi di Carlo e Nello Rosselli, rifugiatisi in Francia, dopo le persecuzioni del fascismo. Carlo e Nello Rosselli furono assassinati sulla strada che conduceva a Bagnoles-sur-l'Orne, una località della Normandia. Ignoti assalitori
( ma vennero identificati quelli della destra francese della Cagoule di un
giovane Mitterand) li picchiarono a morte dopo aver intercettato la loro auto. A
decidere e dirigere tale operazione si sospetta siano stati il ministro degli
Esteri Galeazzo Ciano, il suo segretario Anfuso, Roatta, Angioi,
il col. Santo Emanuele e il magg. Roberto Navale con la consulenza materiale dell’Ovra. Nel 1939 viene nominato addetto militare a Berlino e dal Marzo 1941 a Gennaio 1942 è capo di stato maggiore. Comanda quindi la seconda armata in Croazia, dove applica il pugno di ferro nei confronti dei partigiani. Successivamente viene posto al comando della sesta armata in Sicilia. Ritorna capo di stato maggiore dell'esercito fino al Novembre 1943 dopo l’interim di De Stefanis sempre nel 43.
In questa veste a lui va imputata la famosa circolare del 26 luglio che fece
quasi 100 morti per repressioni di ogni manifestazione. Nei giorni
dell'armistizio è evanescente, non si sa cosa ci stia a fare e a cosa serva*. Il 4 Marzo del 1945 durante lo svolgimento del processo per l'assassinio dei fratelli Rosselli, il generale Roatta evade con la complicità del comando dei carabinieri (Taddeo Orlando che era un subalterno, fedele esecutore degli ordini di Roatta in Croazia era in quel momento al vertice dell’arma) e del SIM ricostituito guidato dal col. Pompeo Agrifoglio. Una settimana dopo la fuga, si concluse il processo e Roatta fu condannato all'ergastolo. Si compie quindi una delle più importanti esfiltrazioni, nel gergo dei servizi messa in fuga di qualcuno oltre frontiera, nella storia del nascente governo democratico. Roatta si era rifugiato in Vaticano e di lì sarebbe partito con la moglie per la Spagna da dove ritornerà
solo nel 1966. Un successivo processo manda assolti tutti gli imputati.
*Una
commissione d'inchiesta sulla mancata difesa di Roma fu insediata il 19 ottobre
1944 e chiusa il 5 marzo 1945. La commissione era presieduta dal sottosegretario
alla Guerra Mario Palermo[sottosegretario alla Guerra nel governo Badoglio
(carica che conservò anche durante i Governi Bonomi I e II); consigliere
comunale a Napoli (1946-1960) senatore del PCI (1948-1968)], e per questo anche
detta "Commissione Palermo", e composta dai generali Pietro Ago e Luigi Amantea.
La Commissione attribuì la responsabilità della caduta di Roma ai generali Mario
Roatta e Giacomo Carboni.
LA FUGA DI ROATTA da carabinieri.it.
I Carabinieri mantennero il sangue freddo anche quando la polemica politica li toccò direttamente. L'allora Comandante Generale, Taddeo Orlando, era stato appena rimpiazzato nel marzo 1945 sull'onda della fuga dell'ex capo del SIM (Servizio Informazioni Militari) Mario Roatta. Un colonnello del SIM aveva confessato di aver predisposto l'uccisione dei fratelli Rosselli, noti antifascisti rifugiati in Francia, su mandato di Roatta, agli ordini del sottosegretario alla Guerra generale Pariani. In un Paese appena uscito dalla dittatura è facile immaginare quanta rabbia suscitasse la fuga di Roatta dal liceo Virgilio a Roma, allora trasformato in ospedale militare. Una violenta campagna di stampa costrinse i servizi a cambiare nome, accusando il generale Orlando di complicità nella fuga. Ma nel dopoguerra, (siamo ancora nel 45) nel corso di un processo che si celebrò a Roma, la verità venne a galla, con la certificazione della responsabilità diretta del duce ed anche quella del maresciallo Pietro Badoglio nell’assassinio dei fratelli Rosselli. Badoglio, che continuava a godere di forti appoggi, riuscì però ad uscire indenne dalla losca storia, e a pagare – se così si può dire – fu soltanto il generale Mario Roatta, l’unico a finire sul banco degli imputati. Comunque per poco. Incredibilmente, proprio alla vigilia del verdetto egli riuscì infatti a fuggire dal carcere-ospedale e a svanire nel nulla, sottraendosi ad una pena (ergastolo) che – secondo una consueta tradizione tutta italiana – gli verrà in seguito amnistiata. Roatta è morto a Roma nel 1968.
Del complesso personaggio, in rete, si possono ritrovare indifferentemente accuse di genocidio e salvacondotti morali. Per quanto riguarda le accuse di genocidio, il personaggio non risulta abbia mai trascorso un giorno di carcere (effettivo). Per quanto riguarda il salvacondotto morale un gruppo di Ebrei lo ringrazia pubblicamente e personalmente per aver capito che consegnare gli ebrei ai tedeschi avrebbe danneggiato il prestigio degli italiani, con gravi ripercussioni nel rapporto con le popolazioni occupate. Da qui la scelta di internarli". In calce gli atti parlamentari del '46
Testimonianza in rete.
None of us should forget the Commander of the Italian Army in Croatia, General Mario Roatta. Supported by his staff and by senior officials in the foreign ministry the Nazi's edicts were nullified. Bending to relentless German pressure, the Italian Rescue Committee insisted that all the Jews be interned in camps in the Italian zone. The Jews feared that this was a preliminary step to their transfer to the Germans. Two Jewish internees committed suicide. General Roatta visited the Jews personally. He vowed that the Italian army would never deliver them to the Germans. General Roatta flew to Rome and succeeded in changing Mussolini's mind about handing us over. The Jews in the Italian camp could not believe their treatment by the Italians. Jews were assigned a building for social and religious activities and an elementary high school. While Nazis were murdering thousands of Jewish children, the Italian army supplied Jewish children with text books. Under the Italian flag Jewish children studied history and Latin, philosophy and mathematics. Later, this remarkable figure, General Mario Roatta, had all the Jewish refugees transferred to the island of Rab off the Dalmatian coast which has been annexed by Italy because it was safer for the Jews. Eighty-five percent of Italy's fifty thousand Jews were rescued from the clutches of the Nazis by Italian lay people, priests, nuns, farmers, soldiers, diplomats, generals. God bless the memory of Eduardo Focherini of the Bologna Catholic Daily Avvenire d'Italia whose seven children died in the concentration camp because of their father's efforts on behalf of Jews. God bless the memory of Mother Superiore Virginia
Badetti and Sister Emilian Benedetti in charge of the convent of the congregation of Our Lady of Sion, a Rome based order of nuns who hid, protected and saved 167 Jewish refugees.
In this convent the door was never closed to all those who knocked on it to ask for help.
Altra testimonianza (Dagli Archivi della Gestapo). Il 26 Giugno 1941 Pavelic, a capo degli Ustascia accolse in pompa magna l'episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise «dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria». Il primate di Croazia sorrideva…. Gli eccessi furono talmente virulenti che il generale Mario Roatta, comandante della Seconda Armata italiana, minacciò di aprire il fuoco contro gli Ustascia che intendevano penetrare nei territori controllati dagli Italiani, e gli stessi tedeschi inviarono proteste al comando supremo della Wehrmacht e all'Ambasciata.
Il 17 Febbraio 1942 il capo dei Servizi di Sicurezza scrisse al comando centrale delle SS:
“È possibile calcolare a circa 300.000 il numero dei Pravoslavi uccisi o torturati sadicamente a morte dai Croati.ustascia... In proposito è necessario notare che in fondo è la chiesa cattolica a favorire tali mostruosità con le sue misure a favore delle conversioni e con la sua politica delle conversioni coatte, perseguite proprio con l'aiuto degli Ustascia... È un fatto che i Serbi che vivono in Croazia e che si sono convertiti al cattolicesimo vivono indisturbati nelle proprie case... “
L’amnistia
(articoli introvabili in Italia
fino al 2005,
la prendiamo da un testo francese)
Le général Pariani, Luigi Federzoni et Giuseppe Bottai sont amnistiés en 1947, Vincenzo Azzolini en 1948, le général Roatta et Filippo Anfuso en 1949. Sur 12 000 détenus au moment de l'amnistie, il n'en reste plus que 7000 le 31 juillet 1946, 2000 un an plus tard, un millier en 1950,
quelques dizaines en 1953. L'amnistie de 1946,
22 Juin (Il ministro della giustizia e segretario del PCI , Palmiro Togliatti,
firma l'amnistia per i delitti politici e militari connessi con la lotta
partigiana, ma i principali beneficiari del provvedimento saranno anche i fascisti, tra i quali molti personaggi imputati di gravi
reati)
est complétée par un décret du 7 février 1948, signé par Giuseppe Grassi, Garde des Sceaux (guardasigilli)
et par Giulio Andreotti, sous-secrétaire d'Etat à la Présidence du
Conseil, qui autorise l'extinction des poursuites encore en cours, sauf cas particulièrement symbolique (voir le maréchal Graziani). Enfin,
les 18 et 19 décembre
1953, le Parlement votait une amnistie définitive.
In Francia già all'epoca di Vichy venne allestito il processo (farsa, ricordiamo che Vichy era un paese collaborazionista dei tedeschi) contro i responsabili del crollo del '40 Blum ( ndr: ma Blum si era dimesso nel '38 e fu poi capo provvisorio nel '46:
wikipedia: He was arrested by
the Vichy authorities in September and held until 1942, when he was put on trial
in the Riom Trial on charges of treason, for having "weakened France's defences".
He used the courtroom to make a brilliant indictment of the French military and
pro-German politicians like Pierre Laval. The trial was such an embarrassment to
the Vichy regime that the Germans ordered it called off. In April 1943 the
Germans deported Blum to Germany, where he was imprisoned in Buchenwald until
April 1945, in the section reserved for high-ranking prisoners. As the Allied
armies approached, he was then transferred to the Dachau concentration camp,
near Munich, and then to the Tyrol. In the last weeks of the war the Nazi regime
gave orders that he was to be executed, but the local authorities decided not to
obey them, and he was rescued by Allied troops in May 1945.)
e Daladier, primo ministro fino a marzo '40 e ministro della difesa nel maggio
'40 (ndr stesso trattamento di Blum
per la deportazione).
A sua volta la Quarta Repubblica portò sotto processo il maresciallo Pétain nel
1945, difeso dallo stesso avvocato di Brasillach (Isorni), e come lui condannato
a morte, ma senza esecuzione immediata (Pétain sarebbe morto di vecchiaia in
cattività nel 1951). Il corso generale delle epurazioni e delle condanne non fu
però dissimile da quello italiano. In Francia l’amnistia fu concessa in più
tappe, ma si concluse come in Italia nel 1953: l’estensione dell’amnistia ai
condannati in contumacia fu concessa in novembre, mentre in Francia il suo iter
legislativo si chiuse in agosto. A differenza dell’Italia, però, l’amnistia fu
contestata duramente, soprattutto nella sua ultima fase tra il 1951 e il 1952 da
circoli di resistenti, e per ragioni innanzitutto di principio, poiché
interessavano oramai l’1% dei condannati. Già nell’aprile 1946 infatti era stata
emanata una prima amnistia generale per reati minori (mercato nero, propaganda),
nella quale nei due anni successivi vennero inclusi tutti coloro che avevano
meno di 21 anni d’età al momento degli atti (quindi molti giovani arruolati
nelle organizzazioni di Vichy che non si erano macchiati di particolari atti di
sangue), con il risultato che a seguito di una grande campagna nazionale per
l’amnistia nel 1948 furono liberati circa il 70% dei condannati e di quanti
erano in attesa di giudizio. In seguito le corti di giustizia per tali crimini
furono sciolte all’inizio del 1951, in una fase di campagna elettorale, durante
la quale le destre avevano messo esplicitamente in programma il completamento
degli atti di amnistia.
L'ARMADIO DELLA VERGOGNA ?
http://forum.axishistory.com/viewtopic.php?t=117350
http://casarrubea.wordpress.com/2008/08/02/la-resistenza-antifascista-in-slovenia-e-lispettore-messana/
http://web.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/018bis/pdf009.pdf
dagli atti
parlamentari
Solo
successivamente, però, dopo un’esplicita richiesta britannica (27 settembre
1946) e dopo essere stato informato che la Jugoslavia aveva richiesto con una
nota ufficiale alla Commissione Alleata la consegna dei criminali di guerra
italiani (14 ottobre 1946), il governo di Roma iniziò a rendere noti i
nominativi delle persone che, su indicazione della Commissione d’inchiesta,
sarebbero dovute essere deferite alla Procura militare. Un primo comunicato del
23 ottobre 1946 indicava fra gli inquisiti il generale Mario Roatta,
l’ambasciatore Francesco Bastianini, i generali Mario Robotti e Gherardo Magaldi,
il tenente colonnello Vincenzo Serrentino. A quell’epoca, Roatta e Robotti erano
latitanti, Bastianini si era rifugiato in Svizzera, mentre Serrentino sarebbe
stato poi arrestato e fucilato dagli stessi jugoslavi. Il sesto indagato, Pietro
Caruso, era già stato giustiziato in Italia nel settembre 1944 per le sue
attività di Questore durante la Repubblica Sociale Italiana. Un secondo
comunicato del 13 dicembre 1946 comprendeva altri otto accusati, fra cui l’ex-Govematore
della Dalmazia Francesco Giunta, il generale Alessadro Pirzio Biroli, Emilio
Grazioli (ex Alto Commissario di Lubiana), i generali Gastone Gambara e Renato
Coturri. Dal gennaio al maggio 1947 seguirono altri comunicati che portarono il
numero degli indagati considerati deferibili ad un tribunale militare a un
totale di ventisei.
ELENCO DEI PRESUNTI CRIMINALI DI GUERRA PROPOSTI PER IL
DEFERIMENTO ALLA GIUSTIZIA
1. ROATTA Mario — Generale — ex Capo di Stato Maggiore dell ‘Esercito
2. BASTIANINI Giuseppe — Ambasciatore - ex Governatore della Dalmazia
3. ROBOITI Mario — Generale — Comandante 110 Corpo d’Armata
4. MAGALDI Gherardo-Generale di Divisione-ex Comandante del settore di
Sebenico
5. SERRENTINO Vincenzo — T. Colonnello — Giudice Tribunale Straordinario
di Sebenico — Condannato a morte e fucilato da Jugoslavi.
6. GIUNTA Francesco — ex Governatore della Dalmazia
7. ALACEVICH Giuseppe — Segretario del Fascio di Sebenico
8. ROCCHI iArmando — Colonnello —
9. PIRZIO BIROLI Alessandro -Generale d ‘Armata- Comandante e Governatore Montenegro
10. GRAZIOLI Emilio — Alto Commissario per la Provincia di Lubiana
11. GAMBARA Gastone— Generale— Comandante 11° Corpo d’Armata
12. ZANI Francesco — Generale — Comandante Divisione “Ferrara”
13. COTURRI Renato — Generale Comandante 5° Corpo d ‘Armata
14. DAL NEGRO Luigi — Colonnello di Fanteria
15. SESTILLI Gualtiero - T. Colonnello dei Carabinieri -Comandante
Carabinieri Sebenico
16. BRUNELLI Roberto — Maggiore di Fanteria
17. SPITALIERI Salvatore — Maggiore di Fanteria
18. PAIS Giovanni — Maresciallo dei Carabinieri
19. VISCARDI Giuseppe — Vice Brigadiere dei Carabinieri
20. DELOGU Giuseppe — Carabiniere
21. SARTORI Giuseppe — Capo Squadra della MVSN
22. BARBERA Gaspero — Generale della Milizia e Prefetto di Zara
23. TESTA Temistocle — ex Prefetto della Provincia del Carnaro e Fiume
24. FABBRI Umberto — Generale di Brigata — Comandante 5° Raggruppamento
GAF
25. GAETANO Giuseppe — Tenente dei Carabinieri
26. RONCORONI A1fredo — Capitano — Comandante Stazione Carabinieri a Korcula
(Curzola)
Alla fine di ottobre del 1946, pochi giorni dopo la diffusione del primo
comunicato con i nomi degli italiani proposti per il deferimento alla giustizia
militare, il neo Ministro degli Esteri, il socialista Pietro Nenni, si era
rivolto al Ministero della guerra e al Ministero della Giustizia per
sollecitarli affinché la Commissione d’inchiesta accelerasse “al massimo” i
propri lavori e la magistratura militare procedesse nei processi nei confronti
degli indagati. Dopo l’abolizione in Italia del Governo militare alleato, la
Jugoslavia avrebbe dovuto rivolgersi direttamente alle autorità italiane per la
consegna dei criminali di guerra. Ciò tuttavia era al momento impedito dalla
mancanza di relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Restava dunque secondo Nenni
un “certo lasso di tempo” per condurre autonomamente le indagini e gli eventuali
processi.