OPERAZIONE TOMBOLA

Appennino reggiano marzo 1945
Attacco alla Va sezione del comando tedesco in Italia con sede a Villa Rossi e Villa Calvi di Botteghe d’Albinea
LA RESISTENZA INVISIBILE

Farran, Lees, Gimpel, Gino, Monducci, Trinelli, Giovanna

Le notizie raccolte e filtrate dalla resistenza verso i comandi alleati (oltre la linea gotica) danno per certo nei primi mesi del '45 che in due case, lungo la pedecollinare reggiana, ci sia il centro di comando di tutta la linea Gotica e forse lo stesso Kesserling. L’inverno non è ancora finito ma la stagione della liberazione è alle porte. Non è il velo di truppe che ormai si frappone fra loro e la fine della guerra che preoccupa gli alleati ma le inutili consistenti perdite che in questi frangenti vanno ad aggiungersi alle decine di migliaia dell’intera campagna. E’ una fissa degli alleati pensare che una volta disarticolata la testa si squaglia il corpo (militare), la bassa forza si arrende. In questo caso dovrebbe essere maggiormente vero perché gli alleati hanno di fronte la “manodopera” dell’asse, l'ultima scelta, i resti delle nazioni che hanno combattuto al fianco di Hitler: tutto fuorché tedeschi. Disarticolare un comando poi è come lasciare al buio un intero palazzo sotto un bombardamento. Qui ci sono carte, ordini, archivi, topografie, disposizione dei reparti, quantità di uomini e mezzi, indicazioni delle riserve di benzina e di munizioni, il nodo telefonico diretto con Berlino, alloggi per ufficiali della Wehrmacht in zona tra cui Kesserling. etc. Sono lontani dal displuviale appenninico e nella zona i partigiani non osano nei loro confronti. La caccia e i bombardieri alleati potrebbero con uno dei loro raid radere al suolo l'intera zona, ma coinvolgerebbero molti civili. Pur se relativamente al sicuro il dispositivo di difesa tedesco a terra è vigile e chiunque vi muovesse contro rimarrebbe scottato, specialmente i partigiani privi di armamenti pesanti tipo artiglieria leggera, mortai e Bazooka. E’ vero che si può paracadutare ma per i partigiani in continuo movimento il materiale rappresenterebbe una palla al piede. Poi servono specialisti al tiro e uomini per il trasporto dei colpi, osservatori etc.. che non si possono permettere.

L’input che da il via alla operazione è una informativa di un ufficiale di collegamento (Lees) che propone al comandante della sezione SAS (i commandos Inglesi) Roy Farran del 3° Sqadron del 2nd Special Air Service di colpire al cuore il settore occidentale della linea Gotica che apre le porte a Milano.  Così dice Farran nella sua relazione “….informazioni che mi hanno convinto ad essere d'accordo sulla possibilità di effettuare un attacco di questo genere. Ho quindi proposto al 15° Gruppo di Armate di autorizzare l'attacco al Q.G. tedesco in un periodo precedente le mie altre attività previste contro il nemico e prima che il nemico modifichi il proprio schieramento”. Farran aveva a disposizione nel battaglione diverse componenti non tutte inglesi. Una operazione di commando ha bisogno che i partecipanti, se non espressamente del luogo, conoscano lingua, abitudini e caratteristiche del terreno e in questo aveva bisogno di Italiani (ex folgorini) che secondo lui però non erano all’altezza  (affermazione errata perché in quel periodo si preparava la sanguinosa operazione Herring (Aringa) con un lancio dietro le linee nemiche prevista per metà aprile con una compagnia Nembo (114 uomini) su Poggio Rusco (Mantova), Revere-Ostiglia, direttrice Po Brennero e “F” Folgore Recce squadron (cp. 112 uomini) su obiettivo intermedio Mirandola, Medolla, S. Felice Sul Panaro e Finale Emilia (Mo). L'azione durata 72 ore anzichè 36 come previsto lascerà sul terreno. ..The ascertained German losses were: 481 dead and 1083 prisoners, 44 vehicles were destroyed and many captured including some tanks, armored cars and guns, 77 telephone lines severed, three bridges taken intact, an ammunition storage site blown up. The price the Italians paid for the success was 31 dead (31 morti including a British paratroops sergeant) and 10-12 wounded. L'avanzata degli alleati che il 21 aprile entrano a Bologna disimpegnerà i resti dei commados evitando ulteriori perdite ).

Aveva Russi probabilmente profughi o ex internati (ne troviamo tanti anche fra la resistenza) e poteva comunque avere, una volta in territorio controllato dai tedeschi, l’aiuto prezioso dei partigiani che contavano tra di loro tedeschi disertori e altri russi.

 

IL PIANO

Scendere dal cielo nell’alto Appennino poi con una marcia forzata raggiungere le basi di partenza per l’attacco.

 

Maggiore Roy Alexander Farran comandante del Batt. Alleato. Nato in India (2/1/21) ha svolto nella sua vita varie attività oltre quella di commandos. E’ stato ministro, agricoltore, scrittore e giornalista. Dopo aver frequentato gli studi entra nelle Guardie (Prince of Wales's Dragoon Guards) poi negli Ussari in Egitto (3° Kings Own) dove entra in azione da dicembre 1940 a febbraio 1941 nella battaglia di Sidi Barrani (la disfatta Graziani di Libia). Farran è poi a Creta alla fine di maggio quando viene catturato dai diavoli verdi tedeschi. Da Atene, via mare, dopo un burrascoso viaggio di 9 giorni, viene salvato da un cacciatorpediniere a nord d’Alessandria. Da gennaio 1942, entra nelle staff del generale Jock Campbell, comandante della 7a Armoured Division (i topi del deserto). Nello stesso anno Farran ritorna in Inghilterra, qui dopo il corso di paracadutismo e la formazione specifica entra a far parte del 2° SAS. Per tutto il 1943 compie azioni dietro le linee Italo /tedesche sul fronte italiano riportando numerose e importanti vittorie. Con il via alla invasione della Francia gli viene affidato il comando dell’Operazione Wallace: il 19 agosto 1944, 60 uomini e 20 Jeep dal 2° SAS sbarcano da alcuni Dakota presso il campo d'aviazione americano di Rennes e si inoltrano per 200 miglia nelle linee nemiche: il bottino di distruzione è ingente. Prima della fine dell’anno è di nuovo in Italia in una situazione diversa da quella che aveva lasciato e che abbiamo descritto. Nel dopoguerra, Farran rientra con gli Ussari in Palestina come forza di Polizia istituendo la forza "Q" formata da pattuglie per l’infiltrazione nelle reti terroristiche dell Haganà sionista. Dopo l’esperienza militare sì da alla politica prima nel Regno Unito poi in Canadà nello stato d’Alberta dove trascorre il resto della sua vita. In Canada oltre alla professione di scrittore e giornalista entra a far parte del nuovo parlamento come ministro delle telecomunicazioni per due mandati, negli ultimi anni della sua vita è professore ordinario all’università d’Alberta. Muore nel 2006

Farran ….. Si ritiene che il numero delle perdite tedesche ammonti a 60 persone. Il colonnello Lemelson, comandante del reparto, è stato ucciso a Villa Calvi. Questa è stata completamente distrutta, insieme alla maggior parte dei documenti, degli archivi e delle mappe del Q.G.. Villa Rossi è stata parzialmente distrutta e non si sa se l'uno o l'altro dei generali è stato ucciso.

(L’uccisione di ufficiali superiori viene smentita da tutti. Anche per gli immobili e il parco mezzi le cifre “sparate” sono impressionanti ... fra cui 200 prigionieri e 45 camion distrutti !!!). vedi sotto le sbruffonate

Sempre Farran …Nell'attacco un gruppo di 10 inglesi si sarebbe aperto un ingresso nei due edifici principali, dopo aver ucciso le sentinelle. Quindi sarebbero stati rinforzati da venti italiani per ognuno dei due edifici. I Russi a loro volta avrebbero formato una cintura protettiva da est a ovest lungo la strada a sud di Villa Rossi per isolare gli obiettivi da un possibile aiuto proveniente dalle Botteghe e Puianello, dove avevano sede due batterie antiaeree tedesche (e la caserma della truppa).

Per far questo però è necessario coordinare forze diverse di qua e di là dalla linea Gotica, paracadutare armi e uomini in più scaglioni e selezionare i partigiani che dovranno partecipare alla azione. Tempo previsto almeno 20 giorni durante i quali la loro presenza non deve nemmeno essere sospettata dai tedeschi altrimenti salta l’operazione. Di Inglesi isolati ce ne erano ma una mezza compagnia in divisa e armata da nell’occhio.
Dal 4 marzo, notte stellata e fredda con molta neve ancora sulle cime, scendono da un Dakota gli ombrelli dei parà su spiazzi attrezzati e lontani da sguardi indiscreti nelle boscaglie ai piedi del Cusna (Case Balocchi). Scendono per primi 7 uomini che armeranno e addestreranno gli Italiani selezionati fra le fila della 26° e 145° Garibaldi di Tito Torlai (
ma si vede nelle immagini in fondo a destra a Secchio in data antecedente l'azione (forse le fasi preparatorie) anche quel Don Domenico Orlandini “Carlo” della Brigata cattolica Fiamme Verdi presente in montagna con alcuni dei suoi uomini migliori come i Dossetti, Cipriani, Morelli, Simonazzi di Albinea, Menozzi: questi ultimi 3 uccisi a fine conflitto). Seguiranno altri 33 paracadutisti che formano l’”Onu degli ostili” (comprende anche una compagnia di ex prigionieri russi comandata dal sergente artigliere Victor Pigorov) del Capitano Stuart e dell’ufficiale di collegamento Michael Lees (SOE). Farran, che doveva restare a Firenze, si lancia nel vuoto, contravvenendo alle disposizioni avute. Disse Gimpel: Fui io ad accoglierlo gli presi il sacco e per poco non mi picchiò pensando che volessi rubarglielo. Si lanciò contro gli ordini e finì alla corte marziale dopo la guerra, ma si salvò per il successo di “Tombola” e fu decorato. Ai superiori disse che scivolò dall’aereo..” 

Dal Resto del Carlino del 21 marzo 2010
… Ad attenderlo tra Asta e Case Balocchi c’è un partigiano di 17 anni. Si chiama Bruno Gimpel, nome di battaglia “Bruno”. Parla regolarmente inglese e per questo è diventato la spalla del capitano Lees. Gimpel fa parte del “Gufo Nero”, il gruppo speciale di partigiani creato da Lees e reclutati dal capitano Glauco “Gordon” Monducci. Uomini scelti senza distinzioni politiche tra i migliori elementi operanti sulle montagne reggiane. Nel “Gufo” combattono anche disertori austriaci e tedeschi. E’ Bruno il primo ad incontrare Farran, che dopo poco essere atterrato si reca nel piccolo borgo di Secchio, base della Missione Inglese e dei “Gufi”. Lì incontra il capitano Lees e chiede di poter disporre per le sue operazioni anche di un battaglione speciale di partigiani oltre i gufi.

In poco tempo il battaglione alleato di Farran raggiunge la considerevole forza di trecento effettivi motivati addestrati e pesantemente equipaggiati. Dal cielo intanto è piovuto un cannone da 75mm, 2 cannoni da 47mm, 4 cannoni anticarro da 37mm, 5 mitragliere Browning 12,7mm, 21 mortai misti da 60mm e 81mm, 5 mitragliere da 20mm, diversi bazooka,170 armi automatiche, 5 jeep armate e più di trecento casse di munizioni equipaggiamenti e materiali da demolizione.

 

L’AZIONE

Il gruppo lascia i boschi alle pendici del Monte Valestra molto più a valle del Cusna alle 19 della notte fra il 25 e il 26 marzo 1945 dirigendosi per un tratto in autocarro verso Montevrolo-La Torre-Pulpiano, passando a fianco di un distaccamento tedesco a Ca' de Pazzi e puntando a nord, attraverso la campagna, in direzione di Casa del Lupo. A Casa del Lupo arrivano dopo 40 Km all’alba del 26 marzo quando ancora non ci si vede. La zona per di più è coperta dalla nebbia che li favorisce. Nella mattinata le staffette in continuo movimento confermano le postazioni tedesche e nessun movimento anomalo nell’area. E' stato stimato che ci debbono essere circa 500 nemici in zona. La notte, con una guida locale, il gruppo parte alla volta delle ville di Botteghe. All’1.30 del 27 la formazione composta da 2 inglesi (Comando), 1 guida Italiana, 1 ufficiale italiano addetto alle informazioni. I colonna: 30 russi; II colonna: 10 inglesi, 20 italiani; III colonna: 10 inglesi, 20 italiani è sull’obbiettivo. Gli altri dalla base di partenza e dal tragitto copriranno lo sganciamento a fine missione con le armi pesanti.
Attacco a Villa Rossi (alloggiamenti degli Ufficiali)
L'allarme è stato lanciato da una sentinella che era sul tetto e tutte le luci sono così state accese. Gli inglesi attraverso il fuoco della mitragliatrice coperti dai nostri vanno al cancello principale e uccidono le quattro sentinelle. Occupano il piano terra e fanno il buio ma i piani sovrastanti ormai sono allarmati e la scala presidiata. Dalla scala piovono granate come dalle finestre si spara a quelli in cortile. Da entrambe le parti ci sono morti e feriti. Dopo i venti minuti previsti per l’azione il gruppo si ritira verso ovest attraverso un intenso fuoco portando seco i propri feriti. Almeno 12 tedeschi sono stati uccisi all'interno della Villa.
Attacco a Villa Calvi
Farran … Tutte e quattro le sentinelle sono state uccise prima che si rendessero conto dell'attacco. La porta d'ingresso era sbarrata, ma alla fine è stata forzata dopo averla indebolita a colpi di bren. Anche qui c'è stato un combattimento furioso durante il quale è stato ucciso il colonnello Lemelson, comandante del reparto. Ci si è impadroniti del pianoterra, ma non è stato possibile salire la scala a chiocciola, tuttavia altre perdite sono state inflitte ai difensori dei piani superiori attraverso il fuoco del bazooka e del bren che sparavano dal prato. Si è appiccato con attenzione il fuoco alla camera dei documenti e alla camera delle mappe. Mentre la compagnia si stava ritirando, Villa Calvi stava bruciando furiosamente e alla fine esplodeva. Almeno 20 tedeschi furono uccisi dentro la casa e furono interrotti tutti i collegamenti telefonici.

 

Le perdite alleate (9 morti in totale):
Inglesi 3 James Arthur Riccomini, Samuel Sidney Golden e Sidney Guscott
1 ufficiale - ferito Mike Lees
2 soldati - feriti “Gordon” Monducci …
Russi - 2 soldati - feriti
6 soldati - mancanti, si ritiene prigionieri
Gufo nero - 1 soldato - ferito
Garibaldini - 2 soldati - feriti

Trinelli

Un’altra villa, Viani caserma della truppa venne bloccata dai Russi fino a che l’azione non fosse finita. Verso la fine dell'attacco i pezzi antiaerei di Puianello stavano sparando in direzione di Villa Rossi e dei razzi luminosi venivano lanciati da Botteghe e Reggio nella convinzione che l’azione fosse a largo raggio. Alle 2,25 tutti i gruppi cominciano la ritirata, indipendentemente l'uno dall'altro, dirigendosi verso le montagne, marciando a ovest attraverso il Crostolo e poi verso la collina portando al seguito i feriti. Il gruppo inglese ha marciato per 22 ore e mezzo, ritornando attraverso il fiume Secchia . 55 minuti in tutto è durato l’attacco poi l’imperativo sganciarsi per evitare l’afflusso di forze lontane. Le perdite tedesche riportate dagli inglesi furono oggetto di attenzione e critica. Come al solito si gonfiavano le cifre a favore degli inglesi così come si sminuiva l’apporto di chi non era inglese. Era una regola nella democrazia inglese. Da parte tedesca i dati sono molto contrastanti, la stampa d’epoca non riporta nulla mentre i verbali del comando inglese e gli informatori stimano tra i 30 e 40 morti e una cinquantina di feriti, col comando completamente distrutto e non più ripristinato per tutto il periodo bellico.

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Gli uomini
- Glauco “Gordon”
Monducci, è morto nel 2007. Medaglia d’argento, nel 1953 fu invitato all’incoronazione della Regina Elisabetta  come riconoscimento da parte degli inglesi. E’ stato un importante manager d’azienda ed ha sempre rifiutato di entrare in politica.
- Michael
Lees è scomparso negli anni ‘80.

- Bruno Gimpel “Bruno”, oggi ha 82 anni vive a Milano ed è stato il presidente di Reconta Ernst & Young società di revisione bilanci. "a me fu ordinato di rimanere a disposizione alla radio al comando di Secchio (Gufi)". “Bruno” di madre reggiana parla regolarmente inglese e per questo è diventato la spalla del capitano Lees.
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Gino Beer, nome di battaglia “Gino” 85 anni vive a Lavagna. Ingegnere all’Ansaldo, è stato uno dei pionieri del fotovoltaico in Italia. Di famiglia ebrea ed originario di Chiavari è sfuggito alle deportazioni nei lager con i genitori ed il fratello, poi è salito sui monti a combattere i nazifascisti. E’ stato addestrato … «Anche a sgozzare i tedeschi con lamette da barba, mi capitò tre volte, una cosa orripilante».
- Roberto “Fanfulla”
Trinelli classe 1925 della 26° Brigata Garibaldi”. Originario di Castellarano di Reggio Emilia sui monti dal maggio 1944. «Il mio compito era quello di raggiungere Villa Rossi e fare fuoco di copertura alle finestre in basso. Gli inglesi entravano all’interno. Lo facevano all’arma bianca coltello in mano», racconta oggi Trinelli. Un imprevisto e parte l’inferno. Un colpo di lanciagranate che doveva sfondare un portone non parte, si sente il “click”, le sentinelle tedesche sono in allarme. «Il cielo era illuminato a giorno dai razzi traccianti e pure la contraerea». Trinelli  oggi vive ad Enna. Entrato in Polizia nel dopoguerra fu trasferito da Scelba in Sicilia perché ‘‘sospettato di essere di sinistra”.
- A
Giovanna Quadreri classe 1928 è affidata la più importante delle missioni. Spetta a lei ed alle altre staffette tenere i collegamenti, operando tra Reggio e la Montagna per accogliere informazioni sui movimenti dei nazisti in zona. Ma la guerra non è finita: il gruppo si rifugia in montagna ed attacca dal tergo le formazioni tedesche. Il 23 aprile i Sas di Farran e i partigiani scenderanno in pianura ingaggiando scontri con sbandati e sacche di resistenza isolate.

 

- Luciano Casali professore di Storia a Bologna così rimarcava nel 1981 su

le sbruffonate di Farran:

Personalmente alcuni dubbi sulle sue capacità di "capoguerriglia" ci vengono leggendo quanto egli stesso narra a proposito dell'attacco a Botteghe, dove mostra di noni essere stato in grado di dirigere l'azione offensiva (perde il contatto con la colonna dei partigiani sovietici e non può che "sperare" che essi abbiano eseguito le disposizioni impartite) non calcola i tempi per l'inizio contemporaneo della sparatoria sulle due Ville attaccate,' resta isolato e lontano dai combattenti nelle fasi principali dell'attacco. Egli stesso scrive: "Avendo perso il controllo dell'attacco non potei far altro che sedere (...) e aspettare (...). Solo più tardi, nel ritorno alle montagne, potei ricostruire ciò che era avvenuto". Si ha anche l'impressione di una preparazione non completa: l'incendio dell'archivio e del centro cartografico tedesco (evidentemente un obiettivo di primaria importanza) avviene quasi in maniera fortuita e non predeterminata, "con l'aiuto di un po' di esplosivo e di benzina trovata in una delle rimesse"
Bisogna anche dire che nel novero delle azioni del SAS e del LRDG trovare una missione organizzata bene e finita ancor meglio è come cercare un ago nel pagliaio (ma questo vale per tutti gli eserciti e per tutti i tempi). La guerra doveva finire così più per gli errori dell'avversario che per le proprie doti.

Brigata Fiamme Verdi

Le "Fiamme Verdi" di Reggio Emilia furono una formazione partigiana di ispirazione cattolica, attiva anche nella provincia di Modena. Nella Resistenza, le Fiamme Verdi erano come gli Alpini, dai quali avevano mutuato le mostrine: operavano prevalentemente in montagna  con radici popolari e con nessuna ideologia politica: « Il volontario, di qualunque fede politica esso sia, rinuncerà ad ogni propaganda che non sia contro tedeschi e fascisti ... » Venne fondata da Don Domenico Orlandini, nome di battaglia "Carlo", a causa dei dissidi con la componente comunista della Resistenza. Nelle parole del fondatore, la formazione era nata per queste ragioni: « “… Dal marasma che aveva preceduto il rastrellamento e dalla assoluta inettitudine al comando dimostrata da molti comandanti... avevo tratto le mie conclusioni pienamente condivise dai partigiani della mia zona e da tutti coloro che mi erano rimasti al fianco: o si riorganizzava il movimento su basi di disciplina, si vietavano i saccheggi e i prelevamenti indiscriminati, si bandiva la politica di parte in seno alle formazioni e si creava un comando con persone dotate di coraggio e di capacità, oppure avrei dato vita ad una brigata indipendente, sotto il mio diretto comando… » . La brigata operò in accordo con il CLN provinciale. Fra i maggiori esponenti sono da annoverare Giuseppe Dossetti, in seguito esponente di spicco della D.C.; il comandante "Azor", (Mario Simonazzi), popolare ucciso nel 1945 da altri partigiani e Giorgio Morelli,  giornalista anch'egli ucciso per le denunce e per il clima violento e omertoso del dopoguerra in Emilia.

Dal memoriale di don "Carlo" Orlandini ...Il Russo… a raggiungere le nostre forze era giunto in marzo anche un russo, certo “Modena" con un distaccamento composto in prevalenza di russi sfuggiti ai tedeschi (agli italiani l'8 settembre). Anche lui era fuggito sin dall'autunno del '43 e aveva trovato rifugio presso don Borghi. Aveva partecipato alle prime battaglie, compresa quella di Cerrè Sologno. Aveva poi ripiegato nel ramisetano, ove «Sintoni» lo aveva usato nel terrorizzare la popolazione e nella messa in atto di saccheggi e soppressioni. Stanco del ruolo che gli si faceva recitare si era staccato da «Sintoni» ed era venuto da noi. Disponeva di un gruppo di uomini veramente coraggiosi.

 

Da senato.it "Don Carlo" .. capì per primo l'importanza del collegamento con inglesi e americani: paesi campioni di democrazia politica e parlamentare, oltre che liberatori. Fu infatti agente dei servizi segreti inglesi ed ottenne dal Ministro Casati del ricostituito governo democratico italiano il riconoscimento - sin dal 30 gennaio '45 - della sua brigata come Regio Esercito Italiano, con la denominazione "Battaglione Fiamme Verdi del Cusna". E' decorato con la Victoria Cross inglese

Pure in marzo venne lanciata in zona una trentina di soldati inglesi, un vero «commando» di uomini che non conoscevano paura, comandati dal Col. Mac Guinty. Appoggiato a questo fu costituito un gruppo di volontari, chiamato «Gufo Nero», costituito da partigiani italiani in prevalenza della pianura. «Barbanera» dr. Annibale Alpi, lasciò la carica di Intendente generale e dette vita ad una formazione indipendente chiamata «Battaglione Alleato», costituito da inglesi, russi e italiani, suddivisi in compagnie. Il commando inglese e il Gufo nero si misero di prepotenza all'onore della cronaca col fulmineo attacco al comando tedesco di Villa Rossi ad Albinea( (Botteghe 25 marzo 1945)
«Modena», ten. russo Victor Pigorov, fuggito dal campo di concentramento fu pure ospite della famiglia Cervi, poi di don Borghi a Tapignola, ove si trovava quando avvenne lo scontro con la pattuglia fascista andata per arrestare il prete. Riuscì a circondarsi di un gruppo di ex prigionieri russi, e seguì «Sintoni» nella zona della Val d'Enza, operando con la 32' Brig. Garibaldi. Avuti altri 30 russi, provenienti dal parmense, il gruppo raggiunse 70 unità e fu costituito in Battaglione. Nei primi di marzo 1945 si porta a Minozzo e prende contatto con «Carlo», che lo mette a disposizione di Mc. Guinty (Cap. Farran, capo di un «Commando» inglese calato sul nostro Appennino). A fine mese assumerà la denominazione di «Compagnia Russi» nel Btg. Alleato. (Franzini, o.c. pago 610).
 

 http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=512  http://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Morelli   http://ricordare.wordpress.com/perche-ricordare/027-morte-di-un-partigiano/  Il diario di Don Domenico Orlandini "Carlo" http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri81.htm  

foto più sopra da Istoreco Reggio E., foto qui Don "Carlo" Domenico Orlandini dal suo memoriale

     

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