GIOVANNI MESSE |
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Nato a Mesagne (BR), il 10 dicembre 1883 entra nell'esercito nel dicembre 1901 come volontario, proseguendo, da Sottufficiale, la carriera sino al 1910 data in cui esce dalla Accademia di Modena: Suo padre, Oronzo, era scrivano presso il panificio Semeraro e sua madre, Filomena Argentieri, era filatrice. La loro modesta abitazione era ubicata al n.12 di via Lavare, antica denominazione dell’attuale via Federico II Svevo. Il giovane Messe, dopo aver svolto umili lavori e dal momento che la terra natia non offriva molto, decise di partire volontario per la vita militare a soli diciott’anni, nel 1901. Fu assegnato al Plotone Allievi Sergenti del 45° Fanteria. Sei mesi dopo ricopriva il grado di caporale ed il 30 settembre del 1902 fu promosso caporale maggiore. Divenne sergente il 30 giugno 1903 e il 2 luglio fu assegnato al 5° fanteria. (dal sito http://www.majoranabrindisi.it/allegatim.php?id=12.)
Dopo aver frequentato il Corso Speciale per Sottufficiali Allievi a Modena (Nel 1908, con il grado di maresciallo di 3ª classe, partecipò al concorso per l’ammissione al corso speciale per sottufficiali allievi presso la scuola militare di Modena. Si collocò al primo posto fra trecento candidati. Ne uscì due anni dopo, nel settembre del 1910, con il grado di sottotenente e fu assegnato all’84° Fanteria., viene promosso Sottotenente nell’Arma di Fanteria). Nel frattempo (1903/1905) è in Cina col corpo di fanteria inviato per domare la rivolta dei Boxer. Inviato in Libia, partecipa al combattimento di Sciara Zanja vicino a Tripoli, dove il suo reggimento (84°) ottiene una Medaglia d’Oro al Valor Militare e lui una decorazione al Valore. Nel 1913 consegue la promozione al grado di Tenente ed è assegnato al 3º Battaglione dell’84º Fanteria di stanza in Libia. Il 17 novembre 1915 conseguita la promozione al grado di Capitano viene rimpatriato e destinato al fronte nelle file del 57º Fanteria. Assunto interinalmente il comando di un battaglione guadagna una seconda decorazione al Valore. Distintosi nuovamente in combattimento, nel 1917 guadagna una terza decorazione al Valore e la promozione a maggiore. Dal 16 gennaio 1918 passa negli arditi prima del VI, poi IX, Reparto di Assalto della 18º Divisione.
Da http://www.ardito2000.it/ardito2000_000003.htm
Ai suoi Arditi , prima di ogni combattimento usava ripetere:"Ricordatevi che molti, negli anni a venire, diranno di aver qui combattuto. ma nessuno potrà provare di aver fatto quello che facciamo noi". E i suoi uomini furono davvero degli eroi. Il bersagliere Ciro Scianna , medaglia d'oro, ferito a morte, spirando fra le braccia di Messe gli disse:"Voglio baciare il tricolore". Il sottotenente Dario Vitali, ferito al viso e con un occhio asportato, continuò a sventolare lo stendardo del 9° urlando "Seguitemi, vi porterò alla vittoria". Il mattino del 16 Giugno 1918 il generale Giardino, comandante l'Armata del Grappa, diramò questo bollettino:"Con meraviglioso slancio, il 9° reparto d'assalto ha in dieci minuti riconquistato Col Moschin, catturando 250 prigionieri con 27 ufficiali e 17 mitragliatrici". Il 26 Ottobre successivo , nel corso d’un assalto all'ultima cartuccia tra il monte Asolone e il Col della Beretta, Giovanni Messe rimase circondato con pochi uomini. Il grosso del suo reparto, già messosi al sicuro, tornò indietro a salvare il comandante. Caddero molti generosi soccorritori tra cui il capitano Franco Picaglia. Ma Messe, che si stava nel frattempo battendo come un leone, solo contro uno stuolo di nemici, venne tempestivamente liberato. Il IX reparto vive tutt'ora come Nucleo Incursori nella Brig. Paracadutisti Folgore con le compagnie 110-120.
Nel maggio seguente guadagna una quarta decorazione al Valore a Grazigna e nella battaglia del Solstizio, impiegato nella zona di Col Moschin – ottiene la Croce dell’Ordine Militare di Savoia (quinta decorazione). Passato con il suo battaglione di “Fiamme Nere” (Arditi) nella zona di Monte Asolone, il 24 giugno 1918 guadagna una sesta decorazione al Valore. Il 24 ottobre (un anno dopo Caporetto) scattò l’offensiva italiana, ma l’attacco italiano non poté effettuarsi per la piena del fiume. La battaglia si sviluppò sul Grappa e gli italiani impegnarono il grosso delle forze austriache del fronte settentrionale. Il 29 ottobre Messe fu ferito ad una gamba da una bomba a mano e ricoverato in ospedale. Rientrato in servizio all’inizio del 1919 presso il IX, a Risano (UD) – causa lo scioglimento del Reparto – passa in forza al Deposito di Padova e nel maggio consegue la promozione a Tenente Colonnello per “merito di guerra”.
Messe, destinato nel giugno del 1920 al 1° Reggimento d’assalto, si imbarca il 14 dello stesso mese a Brindisi per l’Albania e sbarca nel porto di Valona il giorno seguente. Qui si guadagna un’altra decorazione (7a) al valore. A causa di una malattia rimpatria in Italia ed è ricoverato il 27 giugno nell’ospedale di Francavilla Fontana. Nel settembre è assegnato al 2° Reggimento bersaglieri del quale comanderà, uno dopo l’altro, i tre battaglioni, nell’ordine IV, XVIII e II. Il 7 aprile 1921 si sposa con Maria Antonietta Venezze. Dal matrimonio nasceranno due figli: Filomena e Gianfranco. E' qui che ha in caserma, come bersagliere, un Eduardo De Filippo che continua il suo lavoro di teatrante dopo la breve parentesi del fronte di metà '18 (classe 900)
Nell’aprile 1923, lasciati gli incarichi di membro presso la Commissione Collaudi e di Giudice del Tribunale, che nel frattempo aveva assunto, diviene Aiutante di Campo effettivo del Re Vittorio Emanuele III. Nominato al termine del prescritto periodo quadriennale Aiutante di Campo Onorario del Re, nel 1927 viene assegnato al 9º Bersaglieri col grado di Colonnello dove resta 8 anni. Lasciato il comando del reggimento (16 settembre 1935), è incaricato del Comando della 3a Brigata Celere di Verona, di cui diviene Comandante, all’atto della promozione a Generale di Brigata. Successivamente è nominato Vice Comandante della Div. di .F. “Cosseria”, nelle cui file partecipa alle operazioni finali della Campagna in Africa Orientale contro l’Etiopia. Rientrato in Italia da Massaua il 28 settembre 1936 è nominato addetto all’Ispettorato delle Truppe Celeri e quindi Comandante della 3a Divisione Celere “Principe Amedeo Duca d’Aosta”.
Nel 1939 è nominato Vice Comandante del Corpo di Spedizione in Albania, e in tale veste partecipa alle operazioni per la conquista di quel paese, guadagnando per il suo valore la Croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia (8a decorazione). Lasciato il comando della 3a Celere, è nuovamente destinato in Albania per la guerra contro la Grecia, dove è nominato Comandante del C.A. Speciale. Si distingue particolarmente in tale veste nel ciclo operativo sul fronte albanese del dicembre 1940 – aprile 1941, guadagnando la promozione a Generale di Corpo d’Armata per “merito di guerra”con la seguente motivazione: «assunto in critica situazione il comando di una grande unità già duramente provata, riusciva a centuplicare le forze e la volontà ed a troncare così l’azione irruente del nemico proteso alla conquista di una delle più importanti basi marittime d’Albania. Organizzava quindi in breve una solida barriera difensiva, sulla quale il suo Corpo d’Armata esaltato dal suo esempio e dalle sue virtù incitatrici di capo, resisteva incrollabilmente ai rabbiosi, replicati attacchi dell’avversario. Dopo aver gradualmente troncato ogni capacità reattiva, balzava poi alla controffensiva, premendo ed inseguendo il nemico fino alla sua totale dissoluzione».
Il 14 luglio 1941 viene nominato Comandante del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) ex C.A. Celere, ed il giorno dopo parte con tutto il contingente per la Russia. Partecipa in tale veste alle operazioni del 1941-1942 in Ucraina combattendo vittoriosamente dal fiume Dnieper al Don e guadagnando la Croce di Commendatore dell’Ordine Militare di Savoia (9a decorazione) e due decorazioni al Valore tedesche (10a ed 11a decorazione). I primi screzi con Mussolini.
- Mi permetto di ripetere a Voi (Mussolini) quello che
ho già detto al capo di S.M Generale: E' un grave errore mandare un'intera
armata al fronte russo. Se fossi stato interpellato lo avrei sconsigliato come
già lo scorso anno sconsigliai l'invio di un secondo corpo d'armata".
Mussolini mi guardò un po' sorpreso e con molta calma
rispose
"Non possiamo essere da meno della Slovacchia e di altri Stati minori. Io debbo
essere al fianco, del Fuhrer in Russia come il Fuhrer fu al mio fianco nella
guerra contro la Grecia e come lo è tuttora in Africa. Il destino dell'Italia è
intimamente leqato a quello della Germania".
Io sono convinto "ribattei" che un'armata di oltre
200.000 uomini si troverà molto a disagio in Russia: Le grandi difficoltà che il
CSIR ha dovuto superare con i suoi 60.000 uomini si moltiplicheranno
all'infinito. Il nostro scarso e antiquato armamento, la mancanza assoluta di
mezzi corazzati idonei, la grande insufficienza degli automezzi, i gravi
problemi dei trasporti e dei rifornimenti, resi più difficili
dall'incomprensione e dall'irriducibile egoismo dei tedeschi, creeranno
all'armata problemi veramente insolubili".
E il Duce: "Ma il comando tedesco ha promesso che
agevolerà in tutti i modi l'armata italiana, della quale, quasi certamente, farà
parte anche una divisione corazzata tedesca. I tedeschi hanno firmato con noi
nuovi e precisi accordi. In occasione dell'invio dell'armata li rispetteranno
sicuramente".
(Messe): I tedeschi, finora, non hanno mai
rispettato le convenzioni firmate tra i due Governi; specialmente per ciò che si
riferisce ai rifornimenti e al numero dei treni per i bisogni del CSIR. E' stata
una lotta continua, di tutti i giorni, per ottenere dagli alleati il rispetto
degli impegni assunti. Non bisogna dimenticare che si deve ad un vero miracolo
se il CSIR non è stato schiacciato e stritolato in quella terribile guerra di
giganti. Più di una volta durante lo scorso inverno siamo stati sul punto di
essere travolti irreparabilmente nel disastro. L'aver mantenuto il nostro posto
con dignità, nonostante tutto, ci è costato sacrifici enormi dei quali forse in
Italia non tutti si sono resi completamente conto. Anche dello stesso tremendo
inverno russo si è parlato con una certa leggerezza in Italia. Senza dubbio Voi
vi preoccupate, più ancora di me,di non veder compromesso il buon nome del
soldato italiano. Ma io temo che l'invio di una armata, che manca dei mezzi
adatti, accrescendo di tanto la nostra responsabilità, metterà a dura prova la
buona fama che ci siamo finora fatti, combattendo sul campo".
'Caro Messe - disse il Duce - al tavolo delta pace
peseranno molto più i 200.000 dell'armata che i 60.000 del CSIR"
Il 10 luglio 1942, nel quadro del
potenziamento del contingente italiano in Russia, assume il comando del 35º
C.d.A. (ex CSIR), inquadrato nell’ARMIR (Armata Italiana in Russia). Lasciato il
comando del 35º C.d.A. a novembre del 1942 (per insanabili divergenze di vedute alla vigilia
del disastro) consegue la promozione a Generale d’Armata per “meriti di guerra”
(30/11)– ed il 17 dicembre riceve un'altra decorazione germanica (12a ma
è già in Italia).
La sua simbiosi col
regime è tramontata da tempo e non si nasconde le difficoltà e gli errori già
commessi: In verità un tentativo di riforma del vecchio ordinamento
dell’esercito italiano c’era stato con il generale Baistrocchi, il quale aveva
tentato di creare un esercito moderno, fatto di unità bene armate e, soprattutto
mobili. Baistrocchi fu però destituito e tra i motivi ci fu anche la sua
opposizione alla partecipazione dell’Italia alla guerra civile spagnola. Fu
sostituito con il generale Pariani che volle ad ogni costo creare le cosiddette
“divisioni binarie”, in pratica una brigata rinforzata con un reggimento di
artiglieri.
Le nostre divisioni rimasero inferiori come dimensioni rispetto a
quelle di altri eserciti, senza riserve e, quindi, impossibilitate a manovrare
in profondità. Ci si preoccupò, soprattutto, di mobilitare tutte le divisioni
possibili in termini di quantità, ma senza dotarle di mezzi adeguati alla guerra
moderna. Per Pariani sarebbero state sufficienti, in mancanza o penuria dei
materiali, le sole “forze morali”. (MESSE, La guerra sul
fronte russo, Milano 1947). Nel novembre 1941 i nostri soldati entravano a Stalino e a Gorlovka, ma il sopraggiungere del rigido inverno russo, determinò
un arresto delle attività belliche. Messe, in una lettera a Cavallero, lamentava
la scarsità di viveri e di vestiario, specialmente di scarpe. Solo alcuni
reggimenti, per iniziativa personale dei loro comandanti, avevano i valenkij,
gli stivali di feltro, in dotazione all’esercito sovietico, che facevano
respirare il piede e consentivano al sangue di circolare; tutti gli altri
avevano scarponi in cuoio e suola di gomma regolamentari, che si riveleranno una
trappola. Messe, per far fronte a questa disastrosa situazione, fece acquistare
in Ungheria e in Romania vestiario invernale. Fu, comunque, una misura
insufficiente: il CSIR ha già oltre 3.000 casi di congelamento.
Nel febbraio 1943 parte per Tunisi («un colpo mancino tiratogli da Cavallero per sbarazzarsene, poiché anch’egli deve essere convinto che in Tunisia non ci sono per noi possibilità di sorta e vuole che Messe, in una partita disperata, perda la sua reputazione e magari finisca in un campo di prigionia» (CIANO, Diario 1939-43, Milano 1946) ove assume il comando della 1ª Armata mobilitata in Tunisia.
Una conferma indiretta
si può avere dal colloquio, presente Cavallero, che Messe ebbe con Mussolini il
23 gennaio 1943 a palazzo Venezia. Il Duce disse a Messe che avrebbe trovato un
esercito ancora in buone condizioni, con armi e mezzi sufficienti. Messe fece
presente che a lui risultava una situazione diversa, specialmente riguardo agli
automezzi, alla cui deficienza era da attribuire la perdita delle divisioni di
fanteria durante la ritirata. Cavallero restò in silenzio: evidentemente, a dire
dello stesso Messe, aveva male informato Mussolini al ritorno del suo recente
viaggio in Tripolitania o, peggio, il Duce non voleva arrendersi di fronte
all’evidenza ed ostentava ottimismo. Una decisione sensata, tra l’altro logica
per chiunque, avrebbe fatto risparmiare all’Italia molti lutti. Mussolini, però,
era ormai preda di un forte stato confusionale, al punto che pretese da Messe, e
quindi dalle truppe italiane in Africa, una resistenza ad oltranza, almeno sino
all’autunno inoltrato, e ciò per evitare uno sbarco angloamericano sul suolo
italiano, ancora una volta sottovalutando le forze avversarie e, in particolare,
la capacità bellica degli americani.
Messe raggiunse
l’ultimo fronte dove ancora si resisteva, il 31 gennaio 1943, assumendo il
comando della I armata, composta da quattro divisioni di fanteria italiane e due
tedesche, oltre a ciò che restava del D.A.K. di Rommel ed altre forze minori,
per un totale di poco più ci centomila uomini. Ma anche in Africa la partita era
ormai chiusa. Gli viene assegnata la Croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia (tredicesima decorazione).
All'atto della resa ormai indifferibile gli viene conferita da Roma anche la
promozione a Maresciallo d’Italia. Fatto prigioniero il 13 maggio 1943 viene, il
18 novembre 1943,
rimpatriato dagli alleati che lo ritengono degno della carica di Capo di
S.M.
Generale nel nuovo esercito del Sud incarico che mantiene fino al 1º maggio 1945.
Collocato nella riserva dal 27 marzo 1947, nel 1953 viene eletto Senatore della
Repubblica con la DC e in seguito è eletto deputato nelle liste monarchiche e,
successivamente, in quelle liberali (1963). Muore a Roma il 18 dicembre 1968.
Alle ore 11,15 del 12
maggio aveva infatti ricevuto un telegramma da Mussolini:
"Cessare combattimento. Siete nominato Maresciallo d'Italia. Onore a voi et
vostri prodi". Sulla battaglia di marzo del Mareth, giunse una lunga
relazione di Messe a Mussolini, che il duce più tardi così commentò
"...in quella relazione distribuiva più elogi agli
inglesi che non alle forze italiane; eccessivi tali riconoscimenti ai nemici che
si rifrangevano anche sugli italiani, in quanto dimostravano che i nostri
soldati avevano combattuto contro soldati non di seconda classe ma di prima
classe". Quando Messe venne catturato a fine conflitto e trattato da
Re dagli inglesi Mussolini ebbe a dire: “Oggi, alla
luce del tradimento particolarmente obbrobrioso di Messe, ci si domanda se tutto
ciò non fu calcolato e intenzionale, in vista di una cattività che Messe non
poteva escludere dal novero delle possibilità. E' altresì indubbio che Messe,
attraverso la sua relazione, godé di una immediata buona stampa in Inghilterra,
ed è altresì documentato dalle fotografie che, giunto in volo nei pressi di
Londra, il Messe fu accolto da uno stuolo di generali non come un prigioniero e
italiano per giunta, ma come un ospite di riguardo"
(Articolo di Mussolini, pubblicato sul Corriere della Sera del 1945, poi
raccolti insieme ad altri in "Il tempo del bastone e della carota").
Al Duca d'Aosta non venne riservata tanta cortesia.
Dalla Rivista Storia Militare dell'Agosto 2005 riportiamo:..... sarà quindi il momento della spedizione in Russia, dove emergeranno soprattutto le sue capacità organizzative e le sue doti di carattere. Tuttavia, proprio questo temperamento lo porterà, allorché si invierà sul Fronte Orientale un II C.d.A inquadrato nell'Armir agli ordini del Gen. Gariboldi, ad un insanabile dissenso con quest'ultimo (accondiscendente verso i tedeschi Ndr. Messe viene invece rimpatriato e promosso). Messe dovrà pochi mesi dopo, suo malgrado, raccogliere l'eredità di Rommel quando a questi la fortuna avrà voltato le spalle e ... rassegnarsi all'inevitabile sconfitta in Tunisia. Insieme alla (dorata) prigionia otterrà il bastone di Maresciallo, un grado che si poteva conseguire unicamente per meriti di guerra. Nicola Pignato |
Nel pieno clima della
guerra fredda, nel marzo del 1955, insieme ad altri esponenti del
combattentismo, tra cui dodici medaglie d’oro, aveva fondato l’Unione
Combattenti d’Italia, con carattere spiccatamente anticomunista e ne aveva
assunto la presidenza. «I due pilastri fondamentali», come li definì in
suo discorso al Teatro Lirico di Milano il 4 dicembre 1955, erano la
concordia e il patriottismo. Le polemiche che ne scaturirono furono
roventi (MESSE, Il combattentismo nella vita politica italiana, Roma
1956). |