"Mamma Lucia"

APICELLA

           

 

 

 

la pietas per i vinti

http://www.panoramatirreno.it/mamma lucia.htm 

 

"Song' tutt' figl' 'e mamma" era la semplice, ma lapidaria risposta di quella donna, umile e forte ad un tempo, a chi le diceva di lasciar perdere, che era tempo sprecato rischiare per dare sepoltura a dei soldati tedeschi morti in combattimento. In fondo si trattava pur sempre di nemici, di soldati che avevano perso la guerra e, si sa, la gente non è mai tenera con i vinti. Si era nell'immediato dopoguerra, le passioni politiche infiammavano gli animi, e l'odio delle fazioni non si fermava nemmeno davanti alla morte e il suo atteggiamento poteva essere scambiato anche come retaggio fascista. Eppure Lucia Apicella, così si chiamava quella donna che aveva da poco superato i 50 anni, raccoglieva e ricomponeva anche i resti di caduti anglo-americani, ma erano una esiguità. Non faceva differenza di divise o di bandiere, lei, davanti alla morte. Ma come era cominciata tutta quella storia? Lucia Apicella nasce e vive la sua giovinezza in Sant'Arcangelo di Cava de' Tirreni in provincia di Salerno. Qui apre una piccola bottega di frutta e ortaggi e da tale modesta attività ricava il magro sostentamento per vivere. La sua vita di popolana trascorre senza scossoni, tra quel suo negoziuccio e la vicina chiesa, in cui si reca a pregare appena può, essendo religiosissima, anche quando Cava si trova in prima linea anzi caposaldo del fronte di guerra. Sono i giorni di Avalanche dello sbarco alleato nella piana del Sele a sud di Salerno. Una delle strade obbligate per le colonne anglo-americane, che puntano ad occupare rapidamente Napoli, è la SS 18, che passa proprio per il centro del territorio cavese incassato fra i rilievi montuosi. La battaglia d’arresto è quindi inevitabile. E sarà violenta e sanguinosa. Il 23 settembre 1943 ha inizio l'assalto decisivo del X C.d.A anglo-americano alla divisione Herman Goering attestata a Cava. I raid aerei alleati aprono vuoti spaventosi nelle fila tedesche, ancor più dei cannoni al largo. Alla fine i Commandos inglesi forzano il Passo di Molina di Vietri, che porta su a Cava. Adesso è la stessa Cava ad essere investita in pieno dai combattimenti. La battaglia infuria con alterne vicende, poi i tedeschi iniziano il ripiegamento. Le centinaia di caduti, tra le forre e i dirupi delle montagne cavesi, testimoniano il coraggio e la tenacia dei tedecshi. Dalla sua bottega Lucia Apicella li ha visti passare nella loro divisa terribile. Sono giovani, sono i ricambi della Goering, sempre dissanguata in tante battaglie e sempre ricostituita. Hanno forse vent'anni e nel volto già il pallore della morte. Vanno a prendere posizione contro il nemico che avanza, e molti di essi non ritorneranno come non ritorneranno decine di vincitori, ma a loro sarà riservata degna sepoltura. Per i tedeschi no, non c'è stato tempo sono sotto un pugno di terra o addirittura insepolti per giorni. Poi tutto passa, anche il rombo lontano dei cannoni e la vita riprende. Per lei quei giovani, andati al macello, erano tutti "figli di mamma" e al di la delle sue abitudini un giorno resta colpita da un teschio che dei giovani usano come pallone. Le ripassano negli occhi i tristi giorni di quel tragico settembre del '43. Rivede quei giovani che marciano e che nel volto hanno già il pallore della morte. Finché una notte ha una visione. Vede in sogno una radura, nella radura otto croci divelte. Poi le appaiono otto soldati tedeschi, che, in un italiano stentato, la supplicano di restituire i loro resti mortali alle proprie madri in Germania. Questa visione cambia radicalmente la vita di Lucia Apicella. L'umile, timida e incolta popolana diventa allora una donna forte e volitiva. E comincia la sua missione. Dura, terribile, da togliere il respiro e, se non fosse per la sua profonda fede, anche il senno. I primi resti li scopre in una grotta del vicino Monte Castello. Ben tredici corpi accatastati alla rinfusa. E lei a ricomporre quei corpi in disfacimento. A conservare piastrine, foto, documenti e quant'altro potesse servire, un domani ad identificare le famiglie d'origine di quei poveri giovani. Chiunque altro di fronte a tale primo tremendo impatto, si sarebbe arreso. Lucia Apicella no, continua. In località Arcara, altri 25 morti. Nuovamente le sue mani ricompongono, lavano quei corpi martoriati. Poi ancora avanti a chiedere, ad interrogare. Sono passati solo un paio d'anni dai giorni dei combattimenti e molti ricordano ancora con precisione ed indicano a quella donna, che ormai si è vestita di nero, i corpi dei soldati caduti. Però sorridono sarcastici, quella donna deve essere pazza. Ma lei, noncurante, va avanti. A Santa Maria a Tuoro, altri 18 corpi. In un campo, coltivato a patate Montoro Inferiore, addirittura 50 caduti in una sola volta, allineati come per un'ultima parata. E ancora resti a Santa Croce, alla Badia di Cava e ancora a Monte San Liberatore, a Pineta La Serra, Monte Pertuso, ai Monti del Demanio. Compra delle cassettine di zinco e va avanti rischiando la vita quando addosso ai morti ci sono ancora ordigni esplosivi. Confesserà in seguito di essersi consegnata, fin dall'inizio della sua missione, completamente nelle mani di Dio (specie per le bombe). Ci sono anche problemi igienici per la mancata mineralizzazione dei cadaveri: è trascorso troppo poco tempo. In data 16 luglio 1946 l'Amministrazione Comunale di Cava le concede le autorizzazioni sanitarie e l'assistenza di due becchini che ben presto rifiutano. E così Mamma Lucia è nuovamente sola. Chiede aiuto ad una sua amica, Carmela Passero, che coraggiosamente non si tira indietro. Le cassettine di zinco, in cui depone con amore di madre le spoglie dei soldati, vengono trasportate nella Chiesa di Santa Maria della Pietà. E' la chiesa più antica del Borgo Scacciaventi di Cava ed un più degno sacrario Mamma Lucia non poteva trovare per i suoi "figli. Alla fine della sua missione ha raccolto le spoglie di oltre 700 caduti. Immensa anche la raccolta di piastrine di riconoscimento, documenti, foto, che permettono la traslazione di molti caduti ai luoghi di origine. Prima la stampa nazionale, poi quella internazionale s'interessano del caso. Adesso non solo la sua città natia l'ama e l'ammira. Ma tutta l'Italia, Tutta l'Europa, il mondo intero. Lucia Apicella, nella sua infinita bontà, era riuscita ad essere il simbolo vivente della Madre dolorosa, che piange il figlio perduto in guerra. E veramente ella si sentiva madre di tutti quei ragazzi, le cui ossa giacevano in quelle cassettine e su ognuna di esse aveva versato calde lacrime. Una madre che era riuscita ad andare oltre le divise, oltre le bandiere.  Il 4 agosto 1951, lei che non aveva mai chiesto nulla, viene invitata in Germania da quel governo per ricevere l'altissima onorificenza della Croce al Merito Germanico Manifesto d'epoca che mostra Roosevelt e Churchill con le pistole fumantidal Cancelliere Richard Heuss. Per i tedeschi è diventata una figura popolarissima. Tutti la chiamano affettuosamente "Mama Luzia o Mutter der Toten". Le strade furono pavimentate di fiori; mamme tedesche, che non avevano più rivisto i loro figlioli, le resero omaggio. Mamma Lucia pianse, pianse in casa Wagner, dove si recò per portare i resti del loro figlio Josef, trovato sul monte San Liberatore. Intanto Radio Stoccarda trasmetteva: “ Un popolo che ha saputo dare al mondo una "mamma Lucia" merita tutto il nostro amore, tutta la nostra gratitudine, tutto l'onore di cui siamo capaci ”. Il 2 giugno 1959, festa della repubblica, il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi le conferisce l'onorificenza della Commenda al Merito della Repubblica. Per la sua grande opera umanitaria nel 1950 le era stato assegnato anche il Premio della Bontà "Notte di Natale" e il 20 luglio del 1951 fu ricevuta in udienza privata da S.S. Papa Pio XII, che su sollecitazione del Vescovo di Cava, Mons. Marchesani, ne approvò l'opera, definendola "cristiana e caritatevole". La città di Salerno la nomina cittadina onoraria. Infine la sua Cava, fiera di tanta figlia, le dona una pergamena in cui è proclamata pubblicamente l'ammirazione di tutta la comunità per la sua opera. Non basta per tenere in piedi il suo piccolo sacrario che col terremoto dell’80 viene dichiarato inagibile e nel quale non metterà più piede. Quando muore l'intera città di Cava resta incredula e frastornata. E' un pezzo della sua storia che se ne và. I funerali, per volontà unanime del Consiglio comunale, sono pubblici e solenni, con la camera ardente allestita nel palazzo municipale. Qui tutta la città si reca a rendere omaggio a Mamma Lucia, esposta in una bara di vetro. Ci vogliono due giorni interi per far defluire tutta quella fiumana di gente, composta da persone di ogni età e censo. Sono ormai passati molti anni e Cava de' Tirreni non ha mai dimenticato la sua Mamma Lucia. Già un suo busto in bronzo è collocato nel cortile della scuola elementare "Don Bosco" di corso Mazzini e recentemente si va coagulando un vasto movimento d'opinione per donare alla città un monumento per Mamma Lucia. di Orazio Ferrara

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Chiesa di S. Giacomo Minore

Hugh Pond nel libro "Salerno" scrive: " A 64 anni Mamma Lucia era ancora alta e diritta, nonostante tutta una vita di lavoro. I suoi occhi allora, come lo sono ancora oggi, erano neri e penetranti, e i suoi lineamenti si stagliavano aguzzi col naso imperioso sotto la fronte alta.. I capelli, appena toccati dal grigio, erano severamente tirati indietro. Le mani portavano i segni del lavoro consacrato, e nell'austero lungo vestito nero essa somigliava ad una suora, mentre la pace del suo volto ricorda una figura di Michelangelo".

Pertini così scriveva al sindaco "La scomparsa di Mamma Lucia colpisce dolorosamente quanti riconoscono nell'amore e nella solidarietà valori fondamentali per l'edificazione dell'uomo"

"Mama Luzia o Mutter der Toten" Radio Stoccarda trasmetteva: “ Un popolo che ha saputo dare al mondo una "mamma Lucia" merita tutto il nostro amore, tutta la nostra gratitudine, tutto l'onore di cui siamo capaci”

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