UGO CAVALLERO |
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Nasce
a Casale Monferrato il 20/9/1880 da Gaspare e Maria Scagliotti. Allievo della Scuola Militare di Modena
nel 1898, ne esce Sottotenente di fanteria, con primo servizio al 59°
reggimento. Fu
poi insegnante alla scuola centrale di tiro a Parma fino al 1906
poi alla scuola di Guerra. Ufficiale di vasta cultura (1° del corso) aveva
compiuto presso la stessa Università di Torino studi di matematica pura e
tradotto opere geografiche dal tedesco e dall’inglese che conosceva bene. Nel
1912 partecipò alla guerra libica col grado di capitano
addetto allo S. M. della divisione Torino. Si guadagnò una
medaglia di bronzo al valore per aver disimpegnato “con zelo e coraggio” le sue
funzioni durante il combattimento di Sidi el Garbàa. Rimpatriato, è assegnato al
1° Alpini e, nel maggio 1915, al Comando Supremo dove
resse prima la segreteria (col grado
di
maggiore) poi l’ufficio operazioni divenendo collaboratore di Badoglio.
Per il lucido contributo di pensiero e per la razionale
attività organizzativa viene insignito della croce di cavaliere dell’Ordine Militare
Di Savoia nell’agosto del 1916 e la promozione a Colonnello per merito di guerra
nell’ottobre 1917.
Ebbe parte di rilievo nell’elaborazione dei piani per le
vittoriose battaglie del Piave e di Vittorio Veneto l'anno dopo. Alla fine della guerra,
promosso generale (38 anni), fu inviato a Parigi quale membro del
comitato permanente interalleato. Nel 1920 il C. fu collocato a sua domanda in
posizione ausiliaria speciale: l’elevato numero di generali anziani sembrava
infatti precludergli una rapida carriera. Ebbe per qualche tempo posti di
responsabilità nell’industria privata e fu, tra l’altro, direttore centrale
della società Pirelli.
Nel maggio 1925, dopo l’assunzione dei ministeri militari da parte di Mussolini,
il C. fu nominato sottosegretario per la Guerra. Tale rimase fino al 1928
presiedendo al riordinamento dell’esercito insieme con Badoglio, assurto a capo
di Stato Maggiore generale. Durante il sottosegretariato il C. divenne rivale
acerrimo di Badoglio: quasi certamente a una sua iniziativa si deve la riforma
legislativa del 1927 con cui i poteri del C.S.M. generale furono
grandemente ridotti. Nel 1928 il C. fu rimosso dalla carica per intervento del
re, dopo un clamoroso episodio d’intolleranza con Badoglio. A una
cerimonia militare i due generali non si salutarono: Badoglio, ritenendosi
superiore come maresciallo e C.S.M. generale, aspettava il
saluto del C. che, a sua volta, aspettava il saluto di Badoglio ritenendosi
superiore in qualità di sottosegretario. All’atto della cessazione della
carica, il C., che era senatore dal 1926, ricevette il titolo di conte. Tornato
all’industria, assunse la presidenza della società Ansaldo, dove si adoperò per
l’ammodernamento del materiale bellico navale e terrestre (artiglieria
contraerea, carri leggeri). Nel 1933 peraltro dovette lasciare l’Ansaldo per
l’insorgere di gravi sospetti di uso di “materiali scadenti”.
Dopo un periodo in cui fu delegato italiano alla conferenza di Ginevra per il
disarmo, il C. venne richiamato in servizio alla fine del 1937 e, col grado di
generale di corpo d’armata, comandò le truppe dell’Africa orientale appena
conquistata.
Durante la permanenza in Africa, ottenne una medaglia
d’argento al valor militare e la promozione a Generale d’armata per meriti di
guerra (10 maggio 1940).
Richiamato in patria per dissidi col
viceré Amedeo d’Aosta, divenne vicepresidente della commissione economica e
militare per l’applicazione del patto d’acciaio con la Germania. Il 6 dic. 1940
a guerra in corso e in pieno marasma Greco fu nominato C.S.M. generale in
seguito alle dimissioni di Badoglio. Il 30 dicembre
assunse anche il comando del gruppo d’armate del fronte greco-albanese in sostituzione del gen. Soddu:
si occupò d'ora in poi esclusivamente di tale fronte fino alla primavera 1941, mentre a Roma
le sue funzioni erano esercitate dal sottocapo gen. Guzzoni. In Albania, il C.
riusciva a evitare la rotta completa delle nostre truppe bloccando a fine
gennaio 1941 l’iniziativa greca. Per il resto fecero tutto i tedeschi in aprile.
La corretta valutazione dell’opera del C. (La legge del 27 giugno 1941 gli dava poteri direttivi sui Capi di
S.M. delle tre Forze Armate)
non può prescindere d'ora in poi da due circostanze determinanti: l’invadenza di
Mussolini nelle questioni militari di cui era ignorante e quella tedesca per
la preminenza del comando tedesco
in ogni teatro. L’acquiescenza del C. a velleità mussoliniane (e non a
richieste tedesche) costò all’Italia l’invio di crescenti forze in Russia con
conseguenze umane e strategiche. Le dieci divisioni inviate in Russia con
l'Armir tra il 1941 e il 1942 assorbirono la quasi totalità delle nostre
artiglierie moderne nonché quanto restava del parco automobilistico (oltre 16.000 automezzi, ossia più di quanti il C.
stesso ne stimava indispensabili per la programmata motorizzazione dell’esercito
africano che nella primavera del 42 visse proprio il suo periodo più
sfolgorante col rapido declino dell'estate per mancanza di mezzi e benzina). Nell’organizzazione dell’esercito il C. finì con l’avallare
il desiderio mussoliniano di moltiplicare le divisioni riducendone la forza.
Aveva sempre scritto e teorizzato si di piccole unità ma molto manovriere. Va
invece ascritta a suo merito l’acuta percezione dei problemi della guerra
mediterraneo -africana che era del tutto mancata al predecessore Badoglio. Il C.
non tardò a capire che le brillanti qualità tattiche dimostrare da Rommel nel
deserto sarebbero rimaste sterili fin quando non si fosse eliminata Malta, il
principale ostacolo alle nostre comunicazioni marittime. Alla fine del 1941
diede perciò impulso alla preparazione di un assalto anfibio da sferrare
nell’estate successiva. Il disegno strategico del C. fu vanificato nel giugno
1942 quando Hitler, dopo la presa di Tobruk, decise l’inseguimento a fondo in
Egitto, rinunciando all’attacco di Malta, che pure aveva approvato solo due mesi
prima in un incontro al Berghof con Mussolini e Cavallero.
C. fu promosso maresciallo d’Italia il I° luglio 1942 soprattutto per la
necessità politica di equipararlo a Rommel. Da questo momento ha inizio la
sua caduta sia politica che militare. In Russia come in Africa le armate
dell'Asse dopo l'estate vanno incontro alle sconfitte. Con lo sbarco angloamericano nell’Africa
francese, inizia l’ultimo e più difficile periodo del comando Cavallero. Il
maresciallo, impegnato nei complessi problemi dello sgombero della Libia e
nell’audace improvvisazione di una testa di ponte in Tunisia, doveva anche
difendere la sua posizione in patria. Uomini delle forze armate e del regime
(soprattutto Ciano) vedevano in lui un pericoloso concorrente nei rivolgimenti
politici che la crisi militare pareva rendere inevitabili. Il 31 genn.
1943 (disfatta definitiva in Russia e in Africa) il C. fu rimosso dalla carica e sostituito
dal gen. Ambrosio. La sua caduta va principalmente addebitata al bisogno di
Mussolini di trovare un capro espiatorio. I suoi dissidi con Badoglio si
concretizzarono il 25 luglio quando questi, all'indomani della caduta di
Mussolini, venne eletto primo ministro e ordinò l'arresto di C. : Cavallero fu
liberato per intercessione del Re poi riarrestato il 23 /8 per complotto. Tradotto al forte Boccea, il C. dettò al gen. Carboni, capo del
Servizio informazioni militari, un documento (noto come "memoriale Cavallero"),
nel quale rivendicava il merito di aver cospirato contro Mussolini fin dal
novembre 1942 ( e chi non l'aveva fatto) e quello di aver previsto il governo
Badoglio. Tali affermazioni non lo salvarono certamente agli occhi
di Badoglio, ma lo misero anche in cattiva luce di fronte ai tedeschi che sembra abbiano
ritrovato il documento sul tavolo dello stesso Badoglio l’8 settembre (comunque lo
tolsero dalla cella). La posizione del C. divenne però difficile quando il maresciallo
tedesco Kesselring, suo amico personale, dopo averlo liberato, gli offri il
comando delle forze armate della nascente repubblica fascista. La mattina del 14/9
il C. fu trovato ucciso da un colpo di pistola nel giardino dell’albergo
Belvedere di Frascati, all’indomani di una cena e di un colloquio con Kesselring.
È controverso se egli si sia tolta la vita o se lo abbiano fatto i Tedeschi. È comunque certo che aveva espresso fermo proposito di rifiutare la
collaborazione che gli veniva sollecitata.
Il mistero circonda tutt'ora la sua
fine, anche nella data che vi potrà capitare di leggere come novembre in certi
testi.