IL PARTIGIANO MIKE Bongiorno |
Figlio di padre italo-americano e di madre torinese, Mike
Bongiorno, il futuro re dei quiz, nasce a New York il 26 maggio 1924. E'
giovanissimo quando si trasferisce in Italia: dalle sue parole “entrai all'
istituto Rosmini, di via Nizza e vi restai fino alla terza liceo, salvo due anni
all’Alfieri. Era l’estate del 43 e la mia scuola finiva. Mi buttai sui libri ed
a settembre ottenni un bel sette: promosso”. La sua passione sportiva lo spinse
qualche anno prima anche sulla pedana del salto in alto pur non essendo preparato
ed attrezzato. Un giornalista della Stampa, Luigi Cavallero, lo vide e gli offrì
una piccola collaborazione sulle notizie locali, che a Torino comprendevano il
grande Calcio di Juve e Toro. “Dalle 21 sino all' una di notte lavoravo alla
Stampa, rubando ore al sonno. Alla Stampa, approfittando del fatto che io sapevo
l' inglese, ascoltavamo di nascosto Radio Londra e io la traducevo ai colleghi.
Era un grande rischio". Scuola e giornalismo comunque convissero fino ai tragici
giorni dell’armistizio quando gli venne consigliato di cambiare aria per le sue
origini e per il suo passaporto. A Sauze d' Oulx, dove si era trasferito, oltre
che sciare aveva incontrato la guerra clandestina e nello specifico le
comunicazioni. “Tu devi unirti al nostro gruppo, mi dissero, ed io accettai
portando messaggi a Torino e Milano. Avevamo previsto un' ultima missione ma
qualcuno tradì così -
ero a Crodo sopra Domodossola ed avrei dovuto attraversare
a distanza di poche ore il confine - venimmo catturati dalla Gestapo” . Era il
'44 e per Mike detto "il biondino" iniziava il tunnel di S. Vittore. Le
prospettive di uscirne erano scarse ma il suo passaporto Usa, per ora, lo salvò.
Faceva compagnia al noto giornalista Indro Montanelli (vedi sotto) e al Generale Della Rovere
alias Bertoni. Dopo il carcere di Milano, Mike viene destinato all’internamento
in Germania a Spithal (ma prima passa anche in altri campi come Bolzano) da dove
viene scambiato, tramite
la Croce Rossa nel
'45, con prigionieri tedeschi
detenuti dagli americani (lo scambio riguardava persone gravemente ammalate o
mutilate, altro erano casi speciali). La
vera motivazione resterà sempre sconosciuta. Nel '53 dopo aver lavorato per la
stazione radiofonica del quotidiano "Il progresso italo-americano" fa ritorno in
Italia dove si apre l’era della televisione e dei suoi quiz, che per anni ne
furono la forza trainante. Il primo programma "Arrivi e partenze” va in onda il
3 gennaio 1954 alle 14.30.
Mike risulta citato come partigiano in un "Dizionario
della Resistenza". (Editori Riuniti, Roma, 1995) di Massimo Rendina, comandante
partigiano durante la lotta di Liberazione, docente universitario dal dopoguerra
in poi e membro del Comitato scientifico dell'Istituto "Luigi Sturzo" per le
ricerche storiche sulla Resistenza. Rendina è stato fatto segno di un tiro
incrociato di reprimende e commenti ironici per le 15 righe in cui l'uomo-quiz
viene innalzato agli onori della memoria storica in veste di staffetta. Troppe -
hanno osservato subito i critici di sinistra - se paragonate alle cinque o sei
assegnate ad alcune figure di primo piano della lotta partigiana. Assolutamente
prive di fondamento le ha fatte apparire Il Corriere della Sera del 18-1-1996.
Renata Broggini – Passaggio in Svizzera – l’anno nascosto di Indro Montanelli, Feltrinelli Ed. Mike Bongiorno, staffetta dei partigiani.
Nel dopoguerra "idolo delle folle",
Bongiorno - scriverà Montanelli - era allora "l'idolo di San Vittore, la manna
di tutti noi galeotti", nonché "l'esemplare compagno, il servizievole e
disinteressato amico": "Ti ricordi la mattina che per la prima volta entrasti
nella mia cella, numero 132, quinto raggio? Ti fermasti sulla soglia con quel
tuo viso di furetto, l'unico pulito fra tutti quelli nostri perché ancora non
avevi la barba, mi guardasti con occhi cordiali e mi dicesti 'Bongiorno' 'Buon
giorno!'. Ti risposi un po' stupito di quelle maniere insolitamente urbane. Al
che ti mettesti a ridere e un poco arrossendo ribattesti: 'No, Bongiorno è il
mio nome'. E io che sono superstizioso, subito pensai: 'Bè, costui ha l'aria di
menar buono'. Intanto mi menasti buono perché proprio quella mattina ricevetti
qualcosa che certamente, alcuni giorni prima, era stato un pollo arrosto. Magro.
Ma pollo. E a portarmelo fosti proprio tu, che avevi, se non sbaglio,
l'incombenza di raccogliere fra noi 'isolati' quella che molto eufemisticamente
veniva chiamata 'la biancheria', e perché godevi di una certa libertà di
circolazione dentro il 'raggio'. Di questa tua libertà io fui certamente uno dei
più sfacciati profittatori. Non oso nemmeno fare il conto di tutti i biglietti
di cui ti feci postino, di tutti gli intrallazzi di cui ti feci mezzano, di
tutte le tresche di cui ti appioppai la pericolosa responsabilità. E non ricordo
nemmeno se te ne ho mai ringraziato .. Lo faccio ora".
Parla Mike - "Indro Montanelli ed io, fino alla sua scomparsa, siamo
stati molto amici, perché quando si è diviso il carcere insieme ci si affeziona
molto. Pensate che io stesso gli ho fatto fare la prima trasmissione di commento
ai fatti politici del giorno, cosa che non voleva fare perché diceva che non era
in grado di stare davanti alle telecamere. Lo convinsi, e da quel momento in poi
ebbe una rubrica fissa per parecchi anni. Ho conosciuto Indro nel momento in cui
era 'chiuso' nell'infermeria del carcere di San Vittore. In quel periodo dopo 64
giorni di isolamento completo, di giorno mi facevano uscire dalla cella e mi
affidavano vari incarichi, tra i quali anche lo svuotamento dei 'botoli' (i
bisogni dei prigionieri). Anche la mia mamma era stata arrestata. Soffriva molto
nel reparto femminile e aveva tanta paura per me. Le guardie carcerarie, che mi
volevano mollo bene perché ero il più giovane e successivamente il prigioniero
con la più lunga anzianità, escogitarono un trucco per farmi incontrare la
mamma. Mi davano un bidone pieno d'acqua da portare nel carcere femminile. Per
arrivarci dovevo attraversare
l'infermeria dove, come ho detto, incontravo
Indro Montanelli. Questo fatto accadde più volte. Nell'infermeria c'erano anche
altri personaggi che hanno fatto parte della storia che Indro ha raccontato,
come il generale Zambon e la signora Gibson, cittadina americana. Guardavo con
invidia i 'ricoverati' che essendo 'ammalati' avevano diritto a una dieta
certamente migliore di quella che avevamo noi del sesto raggio. Montanelli
qualche volta mi ha passato un pezzo del suo pane bianco e una volta anche
un'ala di pollo. Nel reparto femminile era imprigionata anche la moglie di Indro
e sapendo che io andavo nella sezione in cui stava, Indro mi pregava ogni volta
che passavo, di portarle un messaggio. A parte il pericolo che correvo facendo
finta di portare acqua nel reparto, portare anche un messaggio era ancora più
pericoloso, ma io me lo mettevo in bocca e facevo la consegna. D'accordo con noi
era anche la suora incaricata del reparto femminile, Enrichetta Alfieri che ora
stanno beatificando. Un giorno, in cella, sento: 'Hanno fatto evadere il
generale Zambon, l'americana e Montanelli ... sono venuti dei partigiani vestiti
da SS, li hanno portati a Varese, poi in Svizzera. Che coraggio!'. Sono rimasto
male. Perché non si sono ricordati di me? Come mai non mi hanno portato con
loro? Da San Vittore sono finito in vari campi di concentramento, l'ultimo a
Spital in Austria. Fortunatamente gli americani non abbandonano mai i loro
cittadini, e così nel febbraio del 1945 sono stato oggetto di scambio. Prelevato
dalla Croce Rossa, mi hanno portato a Marsiglia, poi in nave a New York.
Ritornando alla mia amicizia con Indro, devo dire che sono rimasto molto male
quando, rientrato in Italia nel 1955 ho iniziato Lascia o Raddoppia? Scrisse un
articolo nel quale diceva: 'Caro Mike non ti montare la testa perché non durerai
a lungo'. Errore grave, al quale riparò dopo alcuni anni dicendo: 'Complimenti
Mike, durerai tutta la vita', e così è stato perché sono ancora qua."
Da una sua intervista col giornalista
della Rai: Mollica:
(passi)
http://www.mollica.rai.it/bazar/mike/index.htm
C'è una foto che ritrae il momento dell'inizio della
tua carriera
Quella alla stazione statunitense in cui ero arrivato dopo lo scambio di
prigionieri durante la Seconda Guerra Mondiale. Ho avuto la fortuna di salvarmi
perché sono arrivato in America nel febbraio del '45 e la guerra è finita a
maggio. Quindi sono uscito come un 'miracolato'. Ancora oggi mi chiedo come sia
stato possibile.
Cosa ti diceva in carcere Indro Montanelli ?
Mi dava dei messaggi da portare alla sua donna, a sua moglie… 'Maggiolino la
chiamava'
(Maggie l'austriaca Margarethe Colins de Tarsienne,
Matricola 3797, blocco "F" campo di Bolzano, deportata da Milano il 7/9/1944, liberata a
Bolzano il 28/4/1945"). ed era nel carcere femminile. Avevano arrestato anche
mia mamma perché volevano sapere da lei qualcosa sulla mia attività. La mamma
ovviamente non parlava perché non sapeva niente. I secondini ogni tanto mi
tiravano fuori dalla mia cella di notte e mi portavano fuori con un grosso
bidone d'acqua: facevamo finta di portare l'acqua nel reparto femminile e in
infermeria.
Ancora oggi il conduttore televisivo invia ogni anno, al carcere di San Vittore
una somma di denaro, in ricordo del periodo in cui vi fu ospite. In via Resia a
Bolzano ora c’è un muro a segnare un rettangolo di 91 metri per 146 pieno di
anonimi condomini. Grazie al lavoro dell’Aned, l’Associazione nazionale degli ex
deportati e a Italo Ribaldi ha visto la luce il libro
“Uomini, donne e bambini
nel lager di Bolzano. Una tragedia italiana in 7.800 storie individuali”. Fra
quelle storie quella dell’unico “triangolo azzurro” internato nel campo: uno
“straniero civile nemico”, l’allora cittadino americano Mike Bongiorno matricola 2264
A seconda del colore, si distinguevano diverse categorie di internati
I politici avevano un triangolo rosso con una lettera
all'interno che precisava la nazionalità (salvo per i tedeschi).
Gli ebrei politici portavano un triangolo rosso (con la punta verso
l'alto) con sovrapposto un triangolo giallo (con la punta verso il basso).
Gli ebrei comuni avevano una stella (formata da due triangoli gialli)
I Bibelforscher o Testimoni di Geova un triangolo color malva/viola.
Gli internati criminali comuni avevano un triangolo verde.
Gli asociali un triangolo nero.
I contaminatori della razza portavano un triangolo nero sovrapposto ad un
triangolo giallo
Gli omosessuali un triangolo rosa.
Gli zingari un triangolo bruno
Gli apolidi, i nemici civili stranieri e gli emigrati (repubblicani
spagnoli) un triangolo azzurro.
Pag 65 e seguenti de "la versione di
Mike" - LA LIBERAZIONE (immagini tratte dal libro)….
Charlie
era un altro di quei personaggi enigmatici e misteriosi che ho
incontrato nei campi di prigionia . Quando arrivammo insieme a New York
con la nave per lo scambio, lui fu immediatamente arrestato e portato a Ellis Island per gli interrogatori, e non ne seppi mai più nulla,
eccetto quando 1'FBI, che mi aveva segretamente seguito per verificare
la mia vera identità e chissà magari anche per la famosa frase "Corvo
tre" che dissi con troppa leggerezza, mi chiese se immaginavo cosa
avessero fatto al mio amico Kimball. lo dissi di no, il che era vero, e
a loro volta mi risposero con un certo disdegno: "Be' dimenticatelo!".
Non posso che pensare che a bordo della nave, nel gruppo di prigionieri
che erano stati scambiati come me, ci fossero alcuni personaggi
incaricati di svolgere attività spionistiche per il nemico. Infatti gli
ufficiali addetti all'immigrazione a Ellis Island se ne accorsero presto
e l'FBI iniziò a stare molto attenta per verificare bene l'identità di
tutti i rimpatriati. |
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La versione di Mike-Mike Bongiorno Ed. Mondadori 2007 (collana Ingrandimenti) “Quando mi trasferirono da qui a Ravensbruek, dei miei compagni d’allora che mi salutavano non ho più rivisto nessuno” |
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