NICOLA BOMBACCI

"Il Comunista in camicia nera" (A. Petacco)

 

           

(Nicolò o Nicolino) - Civitella di Romagna, Fo 24 ottobre 1879 – Dongo, 28 aprile 1945)    
ll padre, militare dello Stato Pontificio, si era dato alla macchia dopo l’annessione della Romagna al Regno d’Italia per non servire il nuovo governo (quando la cinghia stringe andrà poi a fare il birocciaio) anticlericale. Trasferita poi la famiglia a Meldola il piccolo Nicola fu iscritto al seminario di Forlì per non smentire la fede del padre. Dal seminario, frequentato con ottimi voti, Nicola si allontana però nel 1900 per frequentare la Regia Scuola Normale di Forlimpopoli, dove si diploma maestro con qualche anno di ritardo sui coetanei, ma in contemporanea con Mussolini che è del l883 (lui del '79). Nel 1905 si sposa ed ottiene una cattedra a Baricella di Bologna. Da qui, come succedeva ai maestri, comincia una peregrinazione per le campagne emiliano-romagnole prima nel Reggiano (Cadelbosco) poi nel Piacentino (Monticelli) percorso che farà anche il maestro Mussolini. E’ in queste peregrinazioni che avviene la sua “conversione” al socialismo diffuso della pianura. Miseria e ignoranza nelle campagne erano alla base della vita politica di tanti maestri in qualunque schieramento militassero. Nel 1910 ritorna in Romagna (a Cesena) dove ottiene la carica di segretario del partito socialista. Qui ha l’occasione di frequentare Mussolini senza riportarne eccessive influenze. Mussolini è anticlericale mentre Bombacci non può dimenticare la sua educazione religiosa. Nel 1911 è membro del Consiglio Nazionale della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), i socialisti sindacalisti. L’anno dopo è a Modena dove gli vengono affidati Camera del Lavoro, Federazione socialista e il periodico - IL DOMANI- (non attaccherà Mussolini, anche quando il 15 novembre 1914 questi fonda -IL POPOLO- e viene espulso dal partito). Qui vive in vigilia di guerra le lotte sindacali delle “tabacchine” dei Monopoli e della settimana rossa a cui lui non può partecipare (giugno 1914) perché è in carcere. Oratore tonante e chioma fluente affascina una 17enne della Manifattura Tabacchi, Anna Ligabue, che per aver dimostrato contro la guerra viene imprigionata a Firenze (sarà liberata nel 1917 ma si spegnerà di tisi l'anno dopo). 

"Storia del socialismo italiano" Gaetano Arfè (....) l'effettivo leader della nuova maggioranza, Mussolini, ricorre conducendo campagne di proselitismo dalle quali mai prima si era conosciuto l'esempio. In due anni, dal congresso di Reggio a quello di Ancona del 1914, il numero degli iscritti risulta raddoppiato (....). Sarà il momento in cui emergeranno i più facinorosi e irresponsabili dei rappresentanti della sinistra a tenere il campo: i Bombacci e i Bucco, che prenderanno la mano ai Lazzari e ai Serrati. L'incremento numerico del partito nel biennio mussoliniano è costante».

 

Manifesto o carta di Verona del 14/11/1943 - Principi generali a cui si ispirerà la politica repubblicana estratto

punto 12 In ogni azienda tecnici e operai dovevano collaborare all'equa ripartizione degli utili, all'equa fissazione dei salari, e alla partecipazione degli utili stessi anche da parte degli operai (la cosiddetta "socializzazione dell'industria").
punto 13 Nell'agricoltura l'iniziativa privata trovava il suo limite al di là di dove mancava. Le terre incolte espropriate potevano essere date ai braccianti per diventare coltivatori diretti o alle aziende agricole parasindacali o parastatali a seconda delle esigenze dell'agricoltura.
punto 14 Era diritto dei lavoratori svolgere il proprio lavoro in famiglia (in aziende famigliari, salvo l'obbligo di consegnare agli ammassi la quantità stabilita dalla legge e di sottoporre a controllo le proprie tariffe).
punto 15 La casa era un diritto, veniva creato l'Ente Nazionale per la Casa del Popolo per dare la casa a ogni lavoratore, costruendone di nuove o col riscatto, affittandone ai lavoratori, una volta pagato la casa diventava proprietà del lavoratore (oggi sarebbe chiamato mutuo).
punto 17 Ai lavoratori veniva garantito un salario minimo, venivano istituiti degli spacci per far acquistare ai lavoratori a un prezzo giusto. Gli speculatori al mercato nero come i traditori e i disfattisti venivano condannati a morte.

     
Ma altri danno diversi e contrastanti giudizi. Ugo Ojetti: «un deputato magro, gentile e piccolino, vestito di nero (...) l'onorevole Bombacci è angelico, ha una voce lenta e velata dalle nebbie iperboree». La sinistra di allora era divisa in patriottica (risorgimentale, mazziniana) o marxista e anarchica. Bombacci era di questi e continua la propria propaganda antimilitarista a differenza di Mussolini che si convertiva. Al contrario di Mussolini evita la trincea perché riformato (emaciato, mingherlino, malaticcio che il vestito nero fa risaltare di più). Nulla unisce più i due uomini dall’epoca della guerra di Libia. Mussolini lo chiama il kaiser di Modena.   Mussolini, nel discorso al Teatro Lirico di Milano (16.12.1944) “Dal punto di vista sociale, il programma del fascismo repubblicano non è che la logica continuazione del programma del 1919 (…). Bisognava porre le basi con le leggi sindacali e gli organismi corporativi per compiere il passo successivo della socializzazione…”.
    http://www.romacivica.net/ANPIROMA/rsi/rsicartaverona1.htm 
Prof. Giuliano Muzzioli: Prefazione a “Prigionieri in Emilia” di Fabio Montella- .... 

I lunghi mesi in cui l’Italia visse il primo grande conflitto mondiale videro prodursi, anche in questa provincia (Mo), radicali svolte nella coscienza di migliaia di cittadini che vennero acquisendo una maggiore e diversa consapevolezza del ruolo delle forze politiche, dei compiti dello Stato e della funzione delle organizzazioni del movimento operaio. Dopo appena una settimana dall’avvio delle ostilità presso la Casa del popolo del capoluogo si tenne un congresso straordinario unitario delle due Camere del Lavoro - quella confederale e quella sindacalista - riunite dall’eccezionalità degli eventi e dalla spaccatura intervenuta nel frattempo tra i sindacalisti interventisti e non. Ai lavori congressuali parteciparono anche i deputati e i socialisti eletti nei Consigli comunali e provinciale. L’incontro si concluse con la nomina di un “Comitato proletario” presieduto da Bombacci, con lo scopo di coordinare tutte le iniziative.

Venne istituito uno speciale ufficio col compito di - “permettere una buona corrispondenza tra i richiamati alle armi e le loro famiglie; distribuire i sussidi governativi, ripartendoli nel miglior modo: aiutare i vecchi e le famiglie che non avevano più chi li sostenesse; stabilire dei rapporti con il padronato e le imprese pubbliche per assicurare una migliore divisione del lavoro disponibile; spingere il governo ad abbassare i prezzi dl consumo; creare dei sottocomitati locali per organizzare in modo migliore il lavoro”.

La propaganda politica dei socialisti prese di mira anche gli speculatori,  ritenuti i principali responsabili della carenza di prodotti alimentari di largo consumo e del loro continuo rincaro. I fatti smentirono presto le convinzioni di quanti in passato avevano considerato un inutile dispendio di energie l’impegno socialista nella conquista dei municipi: infatti fu proprio nei comuni socialisti che risultarono più apprezzabili i vantaggi di un’organizzazione antispeculativa per la responsabilità e l’impegno attivamente assunto da tali giunte. La questione dei generi alimentari indusse Bombacci ad occuparsi molto più che nel passato delle cooperative, e in particolare di quelle di consumo; egli teorizzò una subordinazione di questi sodalizi alla politica del Partito socialista,  che da esse, avrebbe dovuto ricevere contributi per finanziare le proprie iniziative. Questo orientamento incontrò la ferma opposizione di Bindo Pagliani, segretario della Federazione delle cooperative, sotto la cui direzione, secondo Bombacci, tali organismi erano venuti assumendo «caratteristiche piccolo borghesi», dimenticando «le loro origini e il loro carattere di classe». Bombacci riuscì a costituire una “Federazione Provinciale delle Cooperative di Consumo” nel marzo 1917, una “Associazione dei Consumatori” e, poco dopo, una “Alleanza Cooperativa Modenese”.(nocciolo dell'attuale Coop Estense) . Bombacci soleva ripetere: «Lavoratori agitatevi per i vostri interessi, per la conquista integrale dei vostri diritti! La guerra cresce di estensione e di intensità. Il ricco che non sente la fame bussare alla sua porta [...] non disarma in quest’ora ma specula sul naturale vostro turbamento per ridurre i salari ed aumentare i generi di consumo. La borghesia fa la sua guerra, noi facciamo la nostra».

  “D.L. del Duce 12 Febbraio 1944 - XXII, n. 375. Socializzazione delle imprese: Il Duce della Repubblica Sociale Italiana, Vista la Carta del Lavoro; Vista la “Premessa fondamentale per la creazione della nuova struttura dell’economia italiana approvata dal Consiglio dei Ministri del 13 Gennaio 1944; Sentito il Consiglio dei Ministri; Su proposta del Ministro per l’Economia Corporativa di concerto con il Ministro per le finanze e con il Ministro per la Giustizia, Decreta:
Titolo 1. – Della socializzazione dell’impresa.
Art. 1. (Imprese socializzate) - Le imprese di proprietà privata che dalla data del 1° gennaio 1944 abbiano almeno un milione di capitale o impieghino almeno cento lavoratori, sono socializzate…”
Art. 3 - Organi delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata.
Nelle società per azioni ed in quelle a responsabilità limitata con almeno un milione di capitale, fanno parte degli organi collegiali di amministrazione rappresentanti eletti dai lavoratori dell’impresa: operai, impiegati amministrativi, impiegati tecnici e dirigenti.
Art. 4 - Assemblea, consiglio di gestione, collegio sindacale. All’assemblea, ferme restando le disposizioni degli artt.2368 e segg..del C. Civile sulla sua regolare costituzione, nonché quelle relative ai suoi poteri, partecipano i rappresentanti dei lavoratori con un numero di voti pari a quelli del capitale intervenuto. L’assemblea nomina un consiglio d'amministrazione , formato per metà dai rappresentanti dei soci e per metà dai rappresentanti dei lavoratori. L’assemblea nomina altresì un collegio sindacale che deve avere tra i suoi componenti almeno un sindaco effettivo ed un supplente, proposti dai rappresentanti dei lavoratori, ferme restando le disposizioni del Codice Civile per i collegi sindacali.
     
Nel luglio 1917, Bombacci viene nominato membro della Direzione del Partito Socialista Italiano (PSI), affiancando il segretario Costantino Lazzari nella redazione della famose circolari dirette alle sezioni del partito e il direttore del periodico socialista Giacinto Menotti Serrati nell'opera di conquista del movimento operaio da parte della corrente socialista massimalista. Il 24 gennaio 1918 Lazzari e Bombacci vengono arrestati, ma mentre il primo viene condannato per "incitamento al disfattismo" in base al Decreto Sacchi del 4/10/1917 a 11 mesi di reclusione Bombacci se la cava con 4. Con l'arresto di Lazzari e Serrati, Bombacci rimase praticamente solo alla guida del Partito, leadership che gli fu confermata dal congresso nazionale di Bologna nell'ottobre del 1919 quando centralizzò tutto il socialismo, sindacati e cooperative comprese, che dovevano rendere conto alla direzione nazionale. Eletto deputato nelle prime elezioni politiche generali del dopoguerra (16 novembre 1919) nella circoscrizione di Bologna si fece promotore del progetto dei Soviet in Italia (presto fallito) e nell’estate del 1920 coerentemente andò in Russia, membro della delegazione italiana alla II Internazionale Comunista dove ricevette il plauso di Lenin. Ormai frazionista (dirigeva il periodico "Il Comunista") insieme ad Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga, Egidio Gennari e Antonio Graziadei al XVII Congresso del PSI (Livorno, 15-21 gennaio 1921) optò decisamente per la scissione, costituendo il Partito Comunista d'Italia, Sezione Italiana della III Internazionale del quale divenne membro del Comitato Centrale (dirige anche il suo organo di stampa, l’Avanti comunista).  

Al centro Bombacci e Kulischiof

Il comitato centrale fu così composto: sette massimalisti (Bombacci, Belloni, Gennari, Misiano, Marabini, Repossi e Polano); sette astensionisti antiparlamentari (Bordiga, Grieco, Parodi, Sessa, Tarsia e Fortichiari) e due "ordinovisti" (Gramsci e Terracini). Bombacci rimase anche a capo del gruppo parlamentare comunista cui avevano aderito 17 dei 156 deputati del PSI. Fonte: Arrigo Petacco "Il comunista in camicia nera" pag.57. Rieletto deputato nel 1921 nella circoscrizione di Trieste si trovò presto in difficoltà nel partito che tendeva ad isolarlo nel nuovo settarismo ideologizzato voluto dal Bordiga.   Le reazioni al decreto di Febbraio furono quelle che chiunque avrebbe potuto prevedere: gli industriali italiani erano ostili a una riforma così vasta e così drastica che avrebbe ridotto  sensibilmente il loro enorme potere, ma fecero buon viso a cattiva sorte.
Bombacci, non avendo una sua corrente (maggioritaria) nel partito, si trovò contro sia gli ordinovisti (Gramsci, Togliatti, Terracini) che gli astensionisti di Bordiga. La sua collocazione venne definita di destra con Francesco Misiano, propenso ad un riavvicinamento ai massimalisti (socialisti). Diventò intanto uno dei preferiti bersagli degli squadristi che gli dedicarono anche uno dei loro ritornelli: "Con la barba di Bombacci / noi faremo spazzolini / per pulire gli stivali / di Benito Mussolini". Il punto di maggior distacco lo raggiunse però quando teorizzò l’unione delle due rivoluzioni - quella bolscevica e quella fascista - in un intervento alla Camera dei Deputati il 30 novembre 1923:“se avete (rivolto a Mussolini) come dite una mentalità rivoluzionaria non vi debbono essere per voi difficoltà per una definitiva alleanza tra i due Paesi”. A tale discorso Mussolini replica in maniera favorevole ed i due si trovano d’accordo per agire in politica estera secondo il migliore interesse della Nazione italiana. La Russia (attorno cui i governi borghesi di tutto il mondo avevano steso una sorta di “cordone sanitario) stringerà accordi economici con L’Italia, ma Bombacci ne farà le spese: espulsione.. Nel gennaio del 1924, Bombacci fu chiamato a Mosca, dove rappresentò la delegazione italiana ai funerali di Lenin: Grigorij Zinov'ev ne decise il reintegro nel Partito comunista italiano in quei mesi decimato dalla campagna di arresti decretata dal governo fascista. Bombacci trovò impiego alla ambasciata Russa a Roma e nel 1925 fondò la rivista "L'Italo-Russa", poi una omonima società di import-export, che ebbero entrambe vita breve. Nel 1927 i dirigenti comunisti italiani in esilio ne decretarono l'espulsione definitiva. Chiuso col partito e coi russi e con gravi problemi economici e familiari (un figlio malato) si rivolse ai gerarchi di regime, che conosceva da tempo - Leandro Arpinati, Dino Grandi, Edmondo Rossoni - poi allo stesso Benito Mussolini che gli concesse alcune sovvenzioni in denaro e gli trovò un impiego all'Istituto di Cinematografia Educativa della Società delle Nazioni il cui ufficio romano aveva sede in una palazzina di Villa Torlonia, la residenza della famiglia Mussolini.   Le autorità tedesche la percepirono come un bastone fra le ruote alle loro requisizioni o alle produzioni di guerra ora soggette al visto popolare. La risposta  più forte, provenne dal mondo del lavoro: dal 1° marzo gli operai della Fiat entrarono in sciopero.  Le ragioni della protesta erano molte, salari scarsi, pessime condizioni di vita e lavoro, e la minaccia delle armi tedesche, ma anche reazione a quel programma di socializzazione che gli operai pensavano comunque di sviluppare in proprio una volta fatta la rivoluzione come promesso dalla componente comunista già infiltrata in fabbrica. Lo sciopero si esaurì da sé nel giro di una settimana, senza ritorsioni da parte dei tedeschi, anche se Hitler, per rappresaglia, avrebbe voluto far deportare in Germania il 20% degli operai.
Dalla autobiografia di Franco Marinotti -    
La situazione della Cice, la sua attività, il programma riuscito a dispetto delle contrarie opinioni di autorevoli personalità della finanza, che avevo il torto di non consultare, creano tuttavia un’atmosfera di generale interesse sui traffici italo-russi. E sorgono, di lì a poco, le società concorrenti, la prima si denomina «ItaloRussa». Bombacci diviene l’uomo della situazione, denigra e diffama la mia Cice presso i russi, sostiene presso gli industriali italiani che, nessuno meglio di lui, ha qualità politiche per facilitare le negoziazioni. Un bel giorno, infastidito da questa piccola e astiosa concorrenza, spedisco 300.000 lire per comperare la maggioranza dell’Italo-Russa. Chiedo conto al sig. Bombacci delle sue spese che toccano 10.000 lire mensili, giustificate da una rivista «L’Italo-russa» di poche pagine e di nessun interesse. Si persuade egli pure che son denari mal spesi. Rinuncia al posto. Verifico i conti e gli affari conclusi da questa Società. Noto che le vetture Lancia vengono regolarmente vendute ai russi col 70% d’utile, pagamento parte in contante, il resto a tre mesi contro effetti. Affari buoni, ottimi, ultra grasso-borghesi. E il comunismo di Bombacci e le sue precedenti critiche alla Cice? dove sono finite  

Arrigo Petacco "Il Comunista in camicia nera N. Bombacci tra Lenin e Mussolini" (ediz. Mondadori, 1996),
... alla Dalmine, nonostante le incalzanti minacce dei comunisti tra le maestranze, gli operai votarono per il consiglio di gestione il 7 aprile 1944 e, dei 3253 elettori, vi furono 2272 votanti, con 1765 schede valide, 957 nulle e 531 di astenuti.

     

L'adesione di Bombacci alla Repubblica sociale in una lettera a Mussolini - 11 ottobre 1943. «Duce, avendo avuto nel novembre scorso una prima sensazione di ciò che Massoneria, plutocrazia e Monarchia stavano tramando contro di voi, sono oggi più di ieri con voi. Il lurido tradimento del re e di Badoglio che ha trascinato purtroppo nella rovina e nel disonore l'Italia, vi ha però liberato di tutti i compromessi pluto-monarchici del 1922. Sempre ai vostri ordini con lo stesso affetto di trent'anni fa».

A chiedere aiuto al Duce, il 18 agosto 1929, era stato l’altro figlio di Bombacci Raoul. Un rapporto segreto a Mussolini diceva: “Bombacci è sommerso dai debiti: deve 2000 lire al padrone di casa, 740 al sarto, 8000 alla Banca del Lavoro, 713 all’ufficio delle imposte, 1000 a un certo Mai che gli ha pignorato i mobili, 6000 ai vari bottegai del quartiere. In totale deve ai suoi creditori la somma di 60.000 lire.” Sotto ad ogni nota Mussolini siglava “Provvedere”.
Dopo una lunga astinenza ricomparve sulla scena col periodico "La Verità", una rivista allineata sulle posizioni del regime che durò fino a luglio del 1943 a cui si affiancava l’editoria di suoi libri (“Il mio pensiero sul Bolscevismo”, “I contadini nella Russia di Stalin”, “I contadini nell’Italia di Mussolini”), e d’Eugenio Roggiano Pico, d’Ambrogio Bollati e di vari altri autori.. La tessera del Partito però non gliela diedero, contrari i ras. Dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso lo seguì al nord divenendo una specie di consigliere personale. Rispolverò il suo operaismo, la sua oratoria nella propaganda anticomunista (degenerazione staliniana dei principi comunisti, diceva) e fu tra i promotori della “socializzazione delle imprese” (D.L. 375/1944) approvata dal consiglio dei ministri della RSI nel febbraio del 1944. Non scrive materialmente il decreto legge della “socializzazione delle imprese” (D.L. 375/1944) , che ad altri è dovuto (Manlio Sargenti e Angelo Tarchi, in primis...), ma ne diventa l’indiscusso “apostolo”, scendendo in piazza, nel pieno corso degli eventi bellici, tra gli operai che ancora ne riconoscono l’adamantina fede proletaria, suscitando entusiasmo nei suoi infiammati discorsi. Quel 15 marzo 1944 si rivolse ai produttori genovesi dicendo, tra l’altro:

 

http://www.claudiomutti.com/index.php?id_news=64&imag=3&url=6

   
 "Compagni! Guardatemi in faccia, compagni! Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista, il fondatore del Partito comunista, l’amico di Lenin che sono stato un tempo. Sissignori, sono sempre lo stesso! Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato e per i quali lotterò sempre…". Poi aggiunse: "Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzione, credevo che il bolscevismo fosse all’avanguardia del trionfo operaio, ma poi mi sono accorto dell’inganno…" e, spiegando i motivi della sua adesione alla RSI, aggiunse: "Il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini che è socialista anche se per vent’anni è stato ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito… ma ora Mussolini si è liberato di tutti i traditori e ha bisogno di voi lavoratori per creare il nuovo Stato proletario…". Bombacci rimase al fianco di Mussolini fino all'ultimo momento quando i partigiani lo catturarono sulla via della Svizzera, nella stessa vettura del duce. Fu fucilato sulle rive del lago di Como il 28 aprile del 1945, e la mattina del 29 appeso per i piedi al distributore di Piazzale Loreto a Milano col Duce, la Petacci e altri.  

Il paese di Dongo si trova sulla sponda occidentale del lago di Como molto più a nord di Mezzegra dove fù presuntivamente ucciso Mussolini. A Dongo, sulla strada della Val Chiavenna che porta in Svizzera, furono fucilati il 28 aprile 1945 Alessandro Pavolini, Francesco Barracu, Fernando Mezzasoma, Nicola Bombacci, Augusto Liveran, Ruggero Romani, Paolo Zerbino, Luigi Gatti, Paolo Porta (Federale di Como), Idreno Utimperger (comandante della Brigata Nera di Empoli), Pietro Calistri, Goffredo Coppola, Ernesto Daquanno, Mario Nudi , Vito Casalinuovo ufficiale d’ordinanza del Duce.

Vittorio Mussolini, figlio del Duce, su Bombacci "Ho pensato al destino di questo uomo, un vero apostolo del proletariato, un tempo nemico accanito del fascismo e ora a fianco di mio padre senza alcun incarico né prebenda, fedele a due capi diversi fino alla morte. La sua calma mi è servita di conforto".

Poco dopo essersi separato da Mussolini e dalla colonna dei suoi ultimi fedeli per risparmiare loro di dover spartire il suo destino, Bombacci è detenuto assieme ad altri dai partigiani comunisti. La mattina del 29 aprile fu posto di fronte al plotone di esecuzione; accanto a lui, Barracu, un valoroso ex-combattente, mutilato di guerra, Pavolini il poeta segretario generale del partito, Valerio Zerbino, un intellettuale; Mentre di fronte al plotone tutti gridano: "viva l'Italia!", Bombacci, col corpo attraversato dalle pallottole grida: "Viva il Socialismo!". da bocchecucite

Un suo figlio era partigiano l'altro con l'esercito di liberazione

 

Nicola Bombacci «..È in atto una grandiosa rivoluzione sociale. È l’ora della collettività. I diritti dello Stato, della classe, dei popoli, dell’umanità sono all’ordine del giorno. L’attenzione del mondo è rivolta su due uomini, a meditare, a divulgare, a combattere la loro dottrina: Mussolini e Stalin. Stato fascista corporativo e Soviet. Roma e Mosca. Oggi la storia ci pone dinanzi agli occhi l’esperimento di Mussolini. Non è più soltanto una dottrina, è un ordine nuovo che si lancia audacemente sulla via maestra della giustizia sociale...».

Torna all'indice dei personaggi               Chiudi