LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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Le rivolte siciliane dei "Non si parte"

LA GUERRA ITALO SICULA 1944/45/46

8 DICEMBRE 1893   LE RIVOLTE MERIDIONALI DELL'800
Il re dà l'incarico di formare un nuovo governo al solito CRISPI (il Crispi III durerà fino al 10 marzo 1896- !!! il tempo che arrivi la notizia del disastro da Adua, ma il II è stato in carica dal 9 marzo 1889 al 6 febbraio 1891 per un totale di 699 giorni), che dà vita a una coalizione chiedendo ai partiti una "tregua di Dio o per Dio" come sarebbe meglio chiamarla, per far fronte alla difficile situazione politica interna, soprattutto in Sicilia. Invece della "tregua di Dio", sulla Sicilia si abbatte il, "castigo di Dio", detto anche "castigo crispino". Appena prende i poteri, il garibaldino di sinistra CRISPI, si prende ad interim il ministero degli interni e per le rivolte siciliane propone subito una repressione che il governo vota 342 a favore (ammucchiata di destra, sinistra, socialisti moderati e anarchici) contro 45 no e 22 astenuti. Subito dopo la Camera dà anche l'autorizzazione a porre in stato di assedio tutta la Sicilia. La serie di eccidi iniziò a Giardinello (Pa) il 10 dicembre 1893 (anche una squadra di Bersaglieri comandati dal Sottotenente Cimino che morirà in Africa 3 anni dopo fra le truppe inviate) e si concluse il 4 gennaio 1894. Era cominciata con una dimostrazione contro le tasse ed era finita con 11 morti. Stesso copione a Monreale, Lercara e Pietraperzia etc… Secondo un  calcolo non verificabile di Napoleone Colaianni, i dimostranti uccisi (ma non solo dalle guardie e soldati regi) sarebbero stati non meno di 92, mentre tra le truppe vi sarebbe un solo morto. Uno dei caratteri della protesta era l’esibizione nei cortei della casa Reale (I Ritratti del Re, dei Savoia da cui si aspettava un segno: per Dio!) quali garanti del diritto. Uno dei bersagli preferiti dei dimostranti erano le autorità locali, che all’epoca dovevano già essere di nomina locale e non più del ministero degli interni. La più piccola provocazione però (proveniente dal Sindaco, dai consiglieri comunali, dalla guardie municipali, dai delegati di P.S. ecc.) bastava a far esplodere l'ira e il malcontento della popolazione.   1866
Il 18 agosto tutta la città (Palermo) e gran parte della Sicilia era in mano a rivoltosi che, al grido "Viva Francesco II", chiedevano il ripristino degli antichi poteri e degli antichi diritti e usi civici. I primi contingenti mandati via mare a sedare la rivolta erano stati sopraffatti. A Messina, il 20 settembre, le truppe piemontesi, inviate a sedare i disordini, furono sconfitte e costrette a ripiegare. Il giorno dopo Palermo fu accerchiata da un contingente arrivato da più località (Napoli, Cagliari, Taranto e Livorno) con relative corazzate e navi da battaglia e trasporto. Si disse che l'ammiraglio Persano si rifaceva della sconfitta austriaca di Lissa sparando sui palermitani. Il 22 sbarcò anche un contingente di bersaglieri. Le truppe piemontesi, comandate da Raffele Cadorna, entrarono in città imponendo il coprifuoco e facendolo rispettare a fucilate. Si contarono oltre mille morti nel corso d'un  anno di stato d’assedio. Il brigantaggio s’era sopito, ma non i problemi economici che andavano peggiorando.
L’inquieto mondo del sud, uscito dagli “splendori borbonici”, come continua a sostenere qualcuno, ebbe modo di raggiungere i fuggitivi dell’economia almeno in un settore, la miseria. Dopo gli sconvolgimenti monetari (meglio noti come truffe della Banca Romana) e la grande crisi agricola degli anni 80 ("guerra commerciale" con la Francia o guerra delle tariffe, 1889) , non c’era nord e sud che tenesse. C’era un Sud al Nord come al Centro, senza che ci fosse di riflesso un Nord al Sud. Le rivolte contadine si estesero da Regione a Regione con nomi diversi. Nel mantovano la chiamavano la Boje come da altre parti Lunigiana, Polesine etc.. e anche se non la chiamavano, sempre rivolta era. La Sinistra che governava da sempre (sempre sempre poiché 15 anni di allora equivalevano a 30 di oggi),  aveva imboccato una corrente nota come trasformismo  http://www.cronologia.it/storia/a1882b.htm  e, dietro le sembianze d'una maggiore rappresentatività del sud, aveva messo in cima al castello (1887) un siciliano esemplare: il garibaldino Francesco Crispi. I garibaldini erano stati rifiutati come corpo militare, ma come corpo politico a dire il vero occupavano tutto, tanto da far ricredere i Savoia sulle decisioni prese e del come erano andate le cose. Per sommo auspicio, costui vantava mire espansionistiche (coloniali) che costarono non poco all’Italia degli anni '90 e che si risolsero nell’unica maniera possibile, lo sfascio: (Adua 1 marzo 1896). A loro avrebbe potuto andare benissimo la definizione di Sfascisti.

Questa quindi si scagliava contro le carte e i registri del Municipio e i casotti daziari o gabellieri. Il più delle volte ad aprire il fuoco contro i dimostranti erano le guardie municipali e i campieri mafiosi al soldo dei gabellotti. Dire che le nomine fossero già lottizzate è una scoperta da poco. Alle elezioni che si tenevano per censo e cultura non poteva che partecipare in Italia una piccolissima parte; in Sicilia poi in alcuni comuni andava a votare un cittadino su 86. Si poteva arrivare al limite che in certi comuni non si aprissero nemmeno i seggi. La rivolta, che prese il nome di "FASCIO SICILIANO" dal nome delle leghe sindacali, si diffuse anche in altre regioni ma le “provocazioni” della Sicilia in altre parti non si riscontrano. Dal 1 maggio 1891 a fine ’92 tutte le province avevano il proprio fascio. Il 3 gennaio 1894, a Palermo, in una riunione segreta, gli anarchici stesero un manifesto, comunicato in via telegrafica a Crispi, chiedendo tra le altre cose, l'abolizione dei dazi sulle farine, inchieste sulle pubbliche amministrazioni, esproprio dei latifondi incolti con un equo indennizzo ai proprietari. Scriveva De Amicis “Centinaia di famiglie non vivono d’altro che di erbe e fichi d’india". Un altro settore dove esisteva un grosso sfruttamento erano le miniere dove, secondo legge non si poteva lavorare sotto i 14 anni (ma si videro anche carusi di 10).

  Quel tragico agosto 1893 era stato l’anno di Aigues Mortes del -Mort aux Italiens!- grido che si alza possente dai lavoratori francesi scesi a combattere lo sfruttato italiano, colpevole solo della sua disarmata miseria. Sono 9 quelli che restarono a terra per mano della inferocita folla francese. Aigues Mortes, cittadina fortificata di 4000 anime quasi alla foce del piccolo Rodano (a pochi km da Nîmes e Arles in Provenza e subito prima de "Le Grau du Roi" oggi ridente cittadina turistica da cui passa il turista italiano ignaro dei fatti accaduti), si trovava stanziata una nutrita colonia di operai italiani che avevano trovato occupazione nelle saline di Perrier e Peccais; i nostri connazionali erano preferiti ai francesi perché meno sindacalizzati e disposti ad accettare paghe inferiori pur di lavorare. Tutti questi operai lavoravano in condizioni penose, esposti tutto il giorno a un sole ardente, con gli occhi bruciati dal bagliore accecante dei cristalli di sale che scintillavano al sole, senza altra ombra dove riposare gli occhi che non fosse quella del cappello a larghe falde. Da secoli l’estrazione del sale era riservata quasi esclusivamente agli ex-galeotti, ma proprio nel 1893 la Compagnia delle saline aveva assoldato 600 italiani e 150 francesi (pochi questi rispetto a quelli disoccupati) ad una paga sensibilmente inferiore (circa i 2/3) rispetto a quella percepita prima dai francesi.
http://www.provincia.asti.it/hosting/moncalvo/boll9htm/aigues.htm  “I rapporti non erano mai stati buoni e i francesi avevano sempre avuto qualcosa da rimproverare agli italiani. Tutti ladri e puttane, protettori e fannulloni. Pronti a mangiare il loro pane. Le cose peggiorarono quando si cominciò a parlare del rinnovo della Triplice Alleanza, che scadeva nel febbraio del ‘91. I francesi, che si occupavano di politica più degli italiani, sapevano che l’Italia avrebbe spinto per quel rinnovo con i tedeschi nemici dichiarati dei francesi. Uno schiaffo per la Francia che ospitava e dava lavoro a tanti italiani senza chiedere a loro che ne pensassero della Triplice.Per la verità gli italiani che lavoravano in Francia avevano altri problemi che occuparsi di politica.... E non si arrabbiarono quando i francesi cominciarono a chiamarli «ritals». Non ne conoscevano il significato ma di certo era offensivo. Non si arrabbiarono e aggiunsero «ritals» alla lista dove stavano già «briseurs» e «macaronis» e continuarono a rispondere «ui mossiè» e a chinare il capo”.[Guccini -. Macchiavelli “Macaronì. Romanzo di santi e delinquenti”, Mondadori,1997]
http://www.alessandracolla.net/?p=200  Durando, console italiano a Marsiglia «che il 20 agosto si era recato ad Aigues-Mortes, il sindaco [Terras], nel tendergli la mano, era scoppiato in pianto e gli aveva dichiarato di “vergognarsi che nel Comune da lui amministrato fossero avvenuti fatti di inaudita ferocia”; secondo l’agente consolare Advenier, il Terras “si era moltissimo adoperato a salvare gli italiani”. Il procuratore generale, invece, nel […] rapporto al ministro, metteva in evidenza la “faiblesse vis-à-vis des fauteurs des désordres” del sindaco e “sa prudente persistance à se tenir loin des lieux où il y avait quelques dangers à courir”» (Jean-Charles Vegliante, Gli italiani all’estero, Presses Sorbonne Nouvelle, 1986, p. 81).
     

Aigues Mortes

I salinari di Aigues Mort

     

Diceva Garibaldi “..la Sicilia non è ingovernabile è balordamente governata”.

  Il primo Governo Giolitti, dal maggio 1892, avrebbe anche lasciato gli agrari a sbrigarsela da soli (ad armi pari) convinto che migliori salari avrebbero tagliato le unghie ai rivoluzionari più spinti e spinto “l’agricoltura e l’industria verso una fase di rinnovo tecnico” (ma queste sono convinzioni molto moderne che all’epoca avevano come unica conseguenza una maggiore emigrazione o sfruttamento di classi deboli). Richieste comunque neanche troppo rivoluzionarie, tenuto conto che erano crollati molti usi civici di compartecipazione al territorio, con l’unità d'Italia. Il male più grande dell’unificazione era stato l’abbandono di una economia protetta con la cancellazione di dazi che avevano messo in ginocchio molte produzioni.

molti anni dopo Patton ".. Gente allegra (i siciliani) apparentemente paga del proprio disordine, e sarebbe, secondo me, un errore cercare di elevarla al nostro tenore di vita che non apprezzerebbero e di cui non sarebbe soddisfatta"

  Quando nel maggio ’93 si riunì il congresso dei fasci (partecipano 500 delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti) i proprietari terrieri se la presero anche con l’istruzione obbligatoria causa di “sta vucciria”. Da Dicembre, appena eletto, come risposta, CRISPI  proclamò lo stato d'assedio su tutta la Sicilia; richiamò sotto le armi la classe del 1869 appena congedata e mandò in Sicilia circa 40 mila soldati. Il Generale MORRA fece arrestare l'on. DE FELICE e tutti i capi del movimento insurrezionale, proibì le riunioni, mise la censura sulla stampa, e assegnò al domicilio coatto non pochi cittadini. Il 13 gennaio la notizia delle repressioni siciliane fece insorgere gli anarchici della Lunigiana , i carraresi del marmo, i quali si armarono ed assalirono gli operai che non volevano scioperare e la forza pubblica. Il 16 gennaio Crispi pose lo stato d'assedio anche sulla Lunigiana e vi mandò con pieni poteri il generale degli alpini NICOLA HEUSCH. I processi si chiusero con la condanna dei contadini e non delle guardie a cui nessuno aveva dato l’autorità di sparare. Per dare tempo a SONNINO di preparare un programma finanziario, CRISPI prorogò l'apertura stagionale della Camera al 20 febbraio, ma l'opposizione non aspettò e Felice CAVALLOTTI, che fino ad allora aveva appoggiato Crispi (sinistra), muoveva guerra a "un'isterica eccellenza (Crispi) circondata di fasto e di paura, farneticante a stracciar leggi e guarentigie, comprare coscienze, riempire galere e alternante lo spregio dei miseri con le bigotte invocazioni del cielo".
     

18 dicembre 1943
Montesano (Salerno): nel corso di una rivolta durata 2 giorni, la popolazione occupa gli uffici pubblici distruggendo i documenti riguardanti le tasse e il razionamento, cercando anche di impadronirsi delle armi dei carabinieri. La rivolta avvenuta su probabile istigazione di elementi comunisti, scrivono i carabinieri nel loro rapporto, si conclude con un bilancio di 8 morti, 10 feriti e 55 arrestati.

  Che ci fosse un pò di disordine in Sicilia in quell'estate del '43 era palese. Dopo mesi di bombardamenti erano state distrutte 112.000 abitazioni, 100 ponti, 2.300 km di strade, 20 km di banchine portuali e i liberatori, loro, non erano ancora sbarcati. Gli stessi americani erano convinti di sbarcare in porto a Palermo e dovettero restare in rada sulle navi che i tedeschi mitragliavano coi caccia !!!. Il resto è fame. Che non volessero cambiare era dubbio: milioni di persone se ne erano andate anche negli Usa per lasciare miserie e dopo anni ritrovarono anche soddisfazioni. La provvisorietà della situazione qui era iniziata molto prima che nel resto d'Italia ma dopo, quando arrivarono loro, gli omicidi triplicarono e sestuplicarono. Gli Usa, pragmatici, prima di sbarcare prepararono il terreno con l'infiltrazione d'agenti e con accordi con chiunque avesse potere e fosse antifascista e antimonarchico. In questi frangenti cercare l'alleanza degli idealisti non porta a nulla. D'Anti allora c'era la mafia, che la cura Mori aveva assopito, e il Mis, movimento indipendentista siciliano di Finocchiaro Aprile. Qualche comunista locale riteneva sicuramente che, ognuno per la sua strada, ma antimonarchici e antifascisti lo erano anche loro. Se il tricolore con la croce dei Savoia era proibito, quello della Trinacria (vedi a fianco sopra) aveva libero sventolio. In certi momenti apparvero gadgets e stemmi americani che inneggiavano alla Sicilia come 49° stato degli Usa. Ma se l'opinione di Patton era quella comune degli americani è dubbio che qualcuno abbia pensato di cooptarli. Alla fine d'Agosto del '43 in Sicilia ci sono solo tedeschi prigionieri. E' tempo quindi di installare una governatore militare a cui tutti debbono fare riferimento. La Sicilia serve come retrovia per le operazioni sul continente, che non saranno ne brevi ne facili. In nessun altro paese occupato vennero prese simili misure( a giudizio posteriore). Tutta l'economia naturale della regione si bloccò. L'ammasso del grano non venne rispettato e il mercato nero, in una società in cui gli scambi non erano possibili (per vari motivi), si concentrò in poche e sicure mani. L'inverno 43/44 si dice fu peggiore di quelli  pur peggiori che l'avevano preceduto. Si diffusero le bande, fenomeno che a guerra finita ebbe forma anche al nord.  Gli americani per liberarsi da responsabilità passarono la palla a Badoglio nel febbraio del '44. Il fronte di guerra avanzava velocemente nell’Italia Meridionale, ma le condizioni dei liberati non erano delle migliori,  se al Colonnello americano Charles Poletti (Governatore militare) dicevano in rima "meno chiacchiere e più spaghetti”. Da un suo documento si rileva che la razione settimanale di pasta è di 575 gr.  a testa (non si mangiava il secondo allora).
     
*...... Dopo discussioni e incertezze, Canepa fu messo sotto tutela ideologica di Edoardo D'Onofrio. I dirigenti del Partito Comunista finirono per convincersi che era necessario fare un'eccezione alla linea ufficiale contraria all'indipendenza della Sicilia, e convennero di non abbandonare Canepa a se stesso. (...) Canepa ammise di far parte del movimento separatista, senza accennare alle formazioni militari indipendenti delle quali tanto si parlava; mise in rilievo quello che gli stava più a cuore: la possibilità di risolvere alcuni problemi sociali della popolazione lavoratrice sfruttando la guerra in corso, la presenza degli alleati in Sicilia e la opposizione generale dei circoli dirigenti e delle masse popolari verso il Governo centrale di Roma. Secondo lui, i baroni, i feudatari siciliani, che pur stavano dietro il movimento indipendentista, ne sarebbero stati travolti sul piano sociale, e quindi politico. In questo senso egli interpretava e riteneva utile la sua presenza e la sua attività di comunista nel movimento indipendentista. ...Canèpa cadrà insieme a due "studenti guerriglieri", Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice in un'imboscata tesa dai carabinieri al bivio di Randazzo (CT) in contrada Murazzu Ruttu il 17 giugno 1945 http://www.csssstrinakria.org/canepa.htm  

19 ottobre 1944

La situazione nel corso del 44 risente della crisi americana nella penisola. Molte risorse sono dirottate in Francia fronte principale. Badoglio, dopo la presa di Roma non è più neanche Ministro. L'uomo nuovo che sede al Governo è una marionetta degli americani. Si sono conclusi in questi mesi diversi accordi sia a livello locale che internazionale. Unità politica dell'Italia, sospensione sulla forma futura dello stato. I separatisti vengono man mano estromessi, ma la situazione resta tesa in Sicilia. A Palermo, un plotone di fanteria del 139° (Div. Sabauda di Sicurezza Interna) apre il fuoco sulla folla che dimostra per il pane: 23 morti e 158 feriti sono il bilancio della strage. A Licata stesso copione. Se fino ad allora le motivazioni della rivolta erano state quelle alimentari una nuova miccia si andava accendendo. Venivano chiamate alle armi le classi 1924-1925. Il braccio politico del movimento separatista anche se sconfitto creava da una propria costola una formazione armata, l'Evis Esercito Volontario per l'indipendenza della Sicilia di Antonio Canepa *, uomo di sinistra (noto col nome di battaglia di Mario Turri).  Un governo ufficiale oltre che per le tasse si distingue anche per alcuni obblighi come la leva militare. Le continue diserzioni dai reparti del Cil richiedevano nuovo personale, ma la leva in Sicilia ora rischiava di aumentare queste assenze.  Ad aprire le ostilità contro l'Esercito monarchico furono le bande assoldate di Giuliano "Brigata Palermo e Avila "poi Brigata Rosano". Non si trattava di sprovveduti ma di uomini in grado di progettare azioni che andavano oltre la guerriglia partigiana caratteristica del Nord. Nel Sud non c'era stata resistenza e nessuno sognava di ritornare al fronte per il re, stesse intenzioni del Nord.

     
Venuto a conoscenza dei fatti siciliani, accaduti 2 giorni prima (14/12/1944), Mussolini così integra il suo discorso al Teatro Lirico di Milano del 16 ... Quanto all'unità territoriale, io mi rifiuto, conoscendo la Sicilia e i fratelli siciliani, di prendere sul serio i cosiddetti conati separatistici di spregevoli mercenari del nemico. Può darsi che questo separatismo abbia un altro motivo: che i fratelli siciliani vogliano separarsi dall'Italia di Bonomi per ricongiungersi con l'Italia repubblicana. È mia profonda convinzione che, al di là di tutte le lotte e liquidato il criminoso fenomeno dei fuorilegge, l'unità morale degli italiani di domani sarà infinitamente più forte di quella di ieri, perché cementata da eccezionali sofferenze, che non hanno risparmiato una sola famiglia. E quando attraverso l'unità morale l'anima di un popolo è salva, è salva anche la sua integrità territoriale e la sua indipendenza politica. (se fosse stato certo della matrice fascista non avrebbe detto può darsi, ma sono sicuro !!!!)   14-15 dicembre 1944
Catania, una folla tumultuante manifesta contro il richiamo alle armi devastando il Municipio e la sede dell'esattoria presso il Banco di Sicilia. Si recano poi dinanzi alla sede del Distretto militare, dal cui interno i militari esplodono colpi di arma da fuoco che uccidono il giovane Antonio Spampinato. Sono tratti in arresto 53 manifestanti, fra i quali studenti separatisti
4 gennaio 1945
Ragusa, l'esercito spara sulla folla che tenta di bloccare un camion che trasportava giovani verso i distretti, ferendo gravemente un ragazzo e uccidendo il sacrestano della chiesa di san Giovanni, con una bomba a mano che gli stacca la testa. La rivolta dei "non si parte" (La Sicilia al tempo dei Borbone fruiva dell’esenzione al servizio militare), lungi dal sedarsi, si inasprisce. I rivoltosi si impadroniscono di alcuni quartieri, elevando barricate ed iniziano la resistenza armata. La rivolta è guidata da militanti socialisti e soprattutto comunisti, ignari delle posizioni del partito che ha stigmatizzato la rivolta come "rigurgito fascista". La vendetta dell'esercito sarà spietata. Le cifre ufficiali danno 18 morti e 24 feriti tra carabinieri e soldati, e 19 morti e 63 feriti fra gli insorti nella sola Ragusa e provincia.
Si scriveva sui muri e si ripeteva in improvvisati comizi: “Presentarsi significa servire i Savoia”, “Non vogliamo andare contro i fratelli del Nord”. E così a Noto, Naro, Piana degli Albanesi, Ramacca Giarratana, Modica, Scicli, ecc. Anche le forze di polizia inviate furono disarmate e respinte. Il 6 gennaio la rivolta di Ragusa si diffuse ai paesi limitrofi: Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina, Chiaramonte. Ripresa Ragusa dopo dura battaglia, Comiso visse per una settimana la sua indipendenza con la “Repubblica di Comiso”, repubblica che andava ad aggiungersi a quelle partigiane del Nord. L'11 gennaio il Gen. Brisotto circondò la città minacciando bombardamenti aerei se Comiso non si arrendeva. Non restava che la resa e tramite il clero resa fu. Condizioni: deporre le armi, nessuna rappresaglia. Pia illusione più di 2000 comisani languirono a Ustica, amnistiati solo nel 1946 dopo la proclamazione della Repubblica vera. 

 

Il Governo Bonomi II (il primo era quello ante fascismo) succeduto a Badoglio è stato in carica dal 18 giugno al 12 dicembre 1944 ed era sostenuto da DC, PCI, PSIUP, PLI, PDL, PdA. Principali uomini politici che parteciparono con o senza dicasteri. De Gasperi, Ruini, Saragat, Togliatti, Croce, Gronchi, Jervolino, Mattarella. Il Governo Bonomi III è stato in carica dal 12 dicembre 1944 al 21 giugno 1945 ed era sostenuto da DC, PCI, PLI, PDL. Togliatti (vicepresidente), De Gasperi (Esteri), Ruini (PDL Lavori pubblici), Gronchi (Industria commercio lavoro), Mattarella sottosegretario Pubblica Istruzione, Segni (sottosegretario Agricoltura e foreste).

 http://www.classicitaliani.it/pirandel/pira67.htm  la versione Pirandello

  ALLA CADUTA DEL FASCISMO- Da fondazione Cipriani - Cronologia dal 27 luglio 1943
Il generale Mario Roatta, nella sua "Direttiva su mantenimento della disciplina e dell’ordine" scrive: "Durante le operazioni in Sicilia si è verificato che la popolazione, malgrado l’ordinanza in proposito, si è riversata in disordine sulle vie di comunicazione, bloccandole: gruppi di popolani, ad onta della presenza di posti di guardia, hanno demolito un pontile, nella supposizione che esso potesse attirare il tiro delle navi avversarie; militari di batteria contraerea, di batterie Milmart, di campi di aviazione, di reparti sfusi di magazzini di depositi, uffici ecc. hanno abbandonato il loro posto affluendo, anch’essi in disordine e sovente su automezzi ed altri veicoli, sulle ferrovie e rotabili, verso lo stretto di Messina. Reparti, sia pure in blocco e in ordine si sono messi in moto per conto loro ritirando per esempio dalle posizioni, batterie che vi erano ancora utili; sbandati delle province sicule si sono diretti alle loro case, indossando talvolta abiti civili, ecc. ecc. Contemporaneamente, militari siciliani da tutte le parti della penisola si sono diretti arbitrariamente a Villa San Giovanni e Messina e, una volta raggiunta l’isola, hanno per lo più proseguito per la residenza delle loro famiglie, anziché portarsi a combattere. Ed alcuni gruppi di tali ‘volontari’ hanno dato luogo a scenate di fronte a nuclei in servizio di controllo e polizia che li fermavano, nella penisola e in Sicilia; ne è risultato un gran disordine, spettacolo indecoroso, effetto pernicioso sul complesso delle truppe, ed anche intralcio notevole alle operazioni e rifornimenti. Tanto che a Messina in un certo momento è stato persino impossibile lo sbarco e il deflusso dei rinforzi. E’ solo con una reazione energica e passando per armi numerosi individui (ivi compresi alcuni ufficiali) che si è potuto ristabilire l’ordine a cavallo dello stretto".
29 luglio 1943 - A Palermo, Andrea Finocchiaro Aprile e Fausto Montesanti inviano una lettera al Gen. Alexander, governatore militare alleato in Sicilia per il tramite di C. Poletti con la quale accompagnano la trasmissione di un ‘memorandum’ preparato il 23, per i governi alleati. Nella lettera, i due esponenti separatisti ribadiscono "il diritto storico della Sicilia all’indipendenza", sottolineano "la necessità del plebiscito" popolare che dovrà sancire la nascita di una repubblica siciliana e, infine, richiedono la "liberazione dei prigionieri siciliani" presenti nei campi di prigionia alleati.
...continua al '45 e '46