I COSACCHI IN CARNIA
Cosacchi: Popolazione nomade che abita
da secoli la steppa ucraina formando comunità autonome concentrate
nella zona del Don e del Dniepr. La loro autonomia, nata da un passato
di schiavi, li porta ad autogovernarsi con forme di democrazia
autarchica e a difendersi contando solo su se stessi. Sottomessi in
qualche modo dagli zar nel XVII secolo, col tempo si stabilizzarono,
ottenendo in concessione vasti territori in cambio di prestazioni
militari. All'inizio del secolo scorso i cosacchi erano circa 4.500.000,
di cui 300.000 organizzati in unità militari. Fieri sostenitori
del potere zarista, nel 1917 non ostacolarono la rivoluzione, ma
rimasero ostili al bolscevismo, ingrossando le schiere
controrivoluzionarie dei bianchi durante la guerra civile. Lo stato
sovietico non li riconobbe come entità nazionale separata e non concesse
loro alcuna forma di autonomia a differenza di quella che fece coi
tedeschi. La collettivizzazione delle terre e la persecuzione politica
li colpì duramente, accelerandone l'assimilazione al resto della
popolazione. Negli anni trenta la cavalleria cosacca venne ripristinata
per essere poi definitivamente abolita durante il conflitto mondiale.
Niente a che vedere con questi, ma a pure titolo di curiosità
storica quando si scorreva la
composizione
etnica
della vecchia URSS, UNIONE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE, una
cosa saltava agli occhi e restava inspiegabile; la presenza di oltre un milione di
persone definite tedeschi del Volga (una
sottorepubblica) .
Tutto era cominciato oltre 200 anni fa quando la zarina
Caterina II, per popolare le steppe, aveva chiesto contadini ma anche
artigiani all’occidente. I primi a rispondere erano stati i tedeschi
che non si insediarono solo sul Volga. Col passare dei secoli, da una posizione di favore, è
inutile ribadirlo passarono a quella di sospettati allo scoppio della
Grande Guerra. Nel censimento sovietico del 1939 erano però ancora 1,4
milioni. I buoni rapporti fra i due paesi nel periodo infrabellico
permisero la creazione di diverse istituzioni, scuole, accademie, teatri
e stazioni radio. Ma questo perché uno dei primi territori autonomi
bolscevici, la "Comune dei lavoratori tedeschi del Volga", nacque proprio
qui nel 1918. Non per niente Lenin era venuto dalla Germania che allora
si considerava la vera patria del comunismo. In Ucraina negli anni '20
si trovavano ben 496 scuole di lingua tedesca. L'ascesa al potere di Hitler (1933)
precipitò di nuovo la minoranza tedesca in una possibile "quinta colonna"
.
i
coloni
tedeschi
della russia
http://www.germanici.altervista.org/index.html
http://www.zadigweb.it/amis/schede.asp?id=10&idsch=263
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I COSACCHI
RACCONTATI DA MARIO RIGONI STERN
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Nel
tentativo di fuga, alcuni furono uccisi dalle sentinelle, altri
annegarono nelle acque della Drava.
È pura fantasia quello che dopo si scrisse, che si annegarono in massa
nel fiume piuttosto che ritornare in URSS -
MARIO RIGONI
STERN
La Carnia,
dopo l'8 settembre '43, veniva incorporata nell'Adriatisches Küstenland
al governo del quale vi era un Gauleiter tedesco con tutti i poteri. Tra
l'inverno e la primavera il movimento partigiano si rinforzava e si
estendeva e, nel mese di giugno, partiva la lotta per liberare le zone
più in quota da
fascisti e nazisti, che furono costretti a rinchiudersi a valle, a Tolmezzo e nei
centri del Pedemonte. Così alla fine di luglio del '44 la Carnia e le tre
valli del Friuli occidentale divennero Zona libera. Erano 2.580 kmq con una popolazione di circa 90.000 abitanti; 38 erano i
comuni liberati totalmente e 7 parzialmente.
Fu, questa della Carnia, una delle prime terre italiane, libere dopo il
ventennio fascista. Il 26 settembre venne costituito il Governo della
Zona Libera che aveva facoltà di legiferare e di
operare in autonomia dai diversi comandi partigiani. Ma una situazione del
genere non poteva certamente essere tollerata in un territorio che
avrebbe dovuto far parte del Grande Reich. I Comandi superiori,
dopo aver preso contatto con il Gauleiter Rainer, decisero di
trasformare la Carnia in Cosacchia o Kosakenland, trasferendo qui
un'Armata cosacca
(50 treni
pari a 2500 vagoni)
e promettendo una patria a questa
popolazione che proveniva dalle steppe Ucraine del Don. I cosacchi, per
antica tradizione zaristi, avevano optato per il Terzo Reich in odio a
Stalin. Così facendo i tedeschi risolvevano tre
problemi: eliminare i partigiani, collocare in qualche modo questa gente
non tedesca
scomoda e rendere più sicure le comunicazioni con l'Austria
attraverso i passi alpini. Incominciarono ad arrivare alla fine
d'agosto. Tra l'8 e il 15 ottobre si mise in atto l'Operazione Waldläufer
(“Corriere del
bosco”):
reparti di SS e corpi speciali della Wehrmacht
con un imponente appoggio di cosacchi, invasero le vallate penetrandole
dalla base e circondandole dall'alto. Ripresero così, con estrema
violenza e decisione, il controllo della Zona Libera. Nel corso
dell'invasione (battaglie e rastrellamenti durarono fino al 20 dicembre)
caddero più di 300 partigiani; il numero dei civili uccisi o deportati
fu ancora maggiore e si ebbero numerosi casi di violenza: donne
oltraggiate, case incendiate, chiese profanate, fienili e malghe
incendiati. Dopo questa operazione, caucasici e
cosacchi si installarono nella Carnia dando inizio ad un'occupazione che
durerà fino alla fine della guerra. I caucasici occuparono la parte più
alta: dalla Val Pesarina al Canale d'Incaroio; i cosacchi la parte più
bassa, la Valle del Tagliamento fino all'Aupa trascinandosi dietro famiglie, carriaggi
e cavalli. Ogni Atamano si fece re di un
villaggio. I paesi e le borgate più disagiate furono occupate solo
da soldati. Alla fine
dell'inverno si calcolano in 40.000 questi occupanti. Ma su tutto e
tutti i nazisti esercitavano il loro controllo.
I cosacchi erano cristiani ortodossi, i caucasici musulmani. Tra le
Alpi Carniche ognuno portò i propri costumi. Conservarono anche i nomi ai loro Reggimenti: del
Don, del Kuban, di Terek - Stavropol; avevano le stanie e le stanike,
centurie, cadetti, i cori, gli stati maggiori, le bande militari,
ospedali da campo, le infermiere, i popi e tanti generali tra i quali
spiccava il Principe Sultan - Girej Klve comandante della Dikaja
Divizija, la "divisione selvaggia". Avevano anche una loro stampa
periodica. Per i carnici fu un inverno molto lungo e duro nelle case che
erano spesso costretti a condividere. I giovani di leva alpina erano quasi tutti caduti
sulle montagne della Grecia e dell'Albania, nelle steppe della Russia
con lla Julia; i pochi uomini rimasti si erano dati alla macchia
coi partigiani; i
ragazzini poco più che scolari erano costretti a lavorare per la Todt.
I reggimenti degli occupanti avevano bisogno di molto fieno per
foraggiare i tanti cavalli, oltre 6.000 e a questo provvedevano
sequestrando e rubando, così che era diventato drammatico poter
alimentare le poche vacche rimaste nelle stalle al fine di avere un po'
di latte per i bambini ed i vecchi. Il 12 febbraio 1945 arrivò in Carnia
il generale zarista Krasnov, già dell'Armata bianca in esilio a Parigi.
Venne in grande uniforme con tutte le decorazioni sul petto ed una
leggendaria sciabola per prendere il comando di tutte le forze e
marciare alla loro testa per la riconquista della Russia degli zar...
Negli ultimi giorni d'aprile e nei primi giorni di maggio del 1945, con
l'avvicinarsi della disfatta del Terzo Reich i caucasici prima, i
cosacchi dopo partirono dalla Carnia lasciando alle loro spalle una
terra desolata e insanguinata. Anche tra loro vi furono scontri: alcuni,
tra i georgiani, avevano deciso di entrare nella Resistenza, altri
di restare in Carnia; un battaglione russo, formato da prigionieri
fuggiti dai campi di concentramento, operava con i partigiani già dal
'44. Ma il grosso, sotto l'incalzare degli avvenimenti giunse in Austria
sperando di essere accolto come alleato. Andò invece diversamente: furono internati in un
Lager nei pressi di Lienz dove rimasero sotto controllo inglese. Con un inganno gli ufficiali furono tradotti nel carcere di Spittal per essere consegnati ai sovietici. I generali furono processati
e condannati a morte per tradimento, gli altri deportati in Siberia.
Nel
tentativo di fuga, alcuni furono uccisi dalle sentinelle, altri
annegarono nelle acque della Drava. È pura fantasia quello che dopo si
scrisse, che si annegarono in massa nel fiume piuttosto che ritornare in
URSS.
In quel tempo avevo 24 anni, scendevo a piedi dalla Carnia per
ritornare a casa, finalmente, dopo venti mesi di lager. Incontrai quelli
che scappavano verso l'Austria, i partigiani che li inseguivano, le case
bruciate che ancora fumavano. Ma ero vuoto, insensibile, con l'istinto
dell'animale selvatico che cerca solo la sua tana per leccarsi le
ferite.
Asiago 1.7.2004 Mario Rigoni Stern
Piotr Nikolaevic Krasnoff Atamano verrà consegnato
come gli altri ai Russi, nel maggio 1945 e impiccato a Mosca il 16
gennaio 1947. |
Nel 1934 l'NKVD iniziò a compilare liste
proscrizione per un'eventuale deportazione, mentre le istituzioni
culturali (scuole, giornali), furono chiuse una dopo l'altra.
Nel 1939 ne rimanevano, di queste, solo alcune nella Repubblica Autonoma dei tedeschi del
Volga. La
deportazione totale arrivò il 22
giugno 1941 all'indomani dell'operazione Barbarossa. Iniziò dalle regioni
occidentali dell'URSS e da agosto anche dalla Crimea.
Il piano prevedeva la deportazione in Siberia (regioni di Krasnojarsk, dell’Altaj, di Omsk e di Novosibirsk) e in Kazakhstan. Il
decreto del soviet supremo che sanzionava la deportazione la giustificava come un mezzo per
difendere la popolazione dalle severe misure che il governo avrebbe
dovuto adottare "contro tutta la popolazione tedesca del Volga", se
nella repubblica si fossero verificati atti di sabotaggio o di violenza.
Tra il 3 e il 20 settembre l'NKVD, la milizia e i reparti dell'Armata
Rossa (10.000 persone circa) radunarono tutti i tedeschi della
Repubblica del Volga e delle regioni di Saratov e di Stalingrado. Ogni
casa tedesca fu perquisita, e i suoi occupanti trasportati su camion e
automobili alla più vicina stazione ferroviaria: sui binari convogli di
carri bestiame attendevano i deportati. Il viaggio in treno assomiglia
più ad un viaggio di dannati che ad una deportazione.
"In un vagone,
dotato di panche attaccate alle pareti su ambo i lati, venivano
rinchiuse fino a 40 persone. Ad ognuno veniva data ogni giorno
un'unica razione, costituita da 0,3 litri d'acqua e una sardina. Si
viaggiava per giorni, settimane, mesi”
Le altre grandi città russe furono "ripulite" della popolazione tedesca
senza particolari intoppi (quasi 9.000 furono deportati da Mosca, e più
di 21.000 dalla città e dalla regione di Rostov sul Don). In settembre
le persone di "etnia tedesca" furono rimosse anche dall'Armata Rossa e
dalle accademie militari. I soldati smobilitati furono inquadrati in
unità di lavoro e spediti in Siberia. Queste unità formarono il primo
nucleo di quella che fu chiamata l' "Armata del Lavoro"
(Trudarmija). Entro
la fine di ottobre del 1941 era stata completata la deportazione di
tutti i cittadini sovietici di etnia tedesca che si trovavano ad Ovest
degli Urali e nel
territorio ancora sotto il controllo di Mosca (gli altri, erano
300.000, finirono nell’esercito del Fuhrer). In totale 840.000
persone presero la via della Siberia e del Kazakhistan: 344 convogli
avevano attraversato l'URSS, scaricando nei luoghi di esilio circa
800.000 tedeschi, mentre i rimanenti erano morti durante il
trasferimento. Le autorità del Reich fornirono ai tedeschi locali speciali carte
d'identità che garantivano loro migliori stipendi, tasse più basse e
razioni di cibo più abbondanti. In aggiunta, sia in Ucraina che in Transnistria (Moldavia orientale) i tedeschi del luogo furono inquadrati
dalle SS in "unità di auto-difesa" che parteciparono alla lotta
anti-partigiana e ai massacri di ebrei. Nel 1943 quasi 20.000 tedeschi
sovietici servivano in tali unità. Dopo la riconquista dell'Ucraina da
parte dell'Armata Rossa, la maggior parte dei tedeschi sovietici fuggì
ad ovest, seguendo la "Wehrmacht" in ritirata. Tuttavia, alla fine della
guerra, gli Alleati occidentali rimpatriarono la maggioranza di coloro
che erano fuggiti, consegnandoli alle autorità sovietiche. In base agli
accordi presi a Yalta Britannici e americani rispedirono in
URSS 2.270.000 cittadini sovietici, il 10% dei quali erano "tedeschi
etnici". Questi ultimi, così come buona parte degli ex-soldati
dell'Armata Rossa prigionieri di guerra, dopo essere passati attraverso
i campi di "verifica e filtraggio", furono spediti in Siberia e Kazakhistan. In questo modo i tedeschi deportati raggiunsero il numero di
1.200.000.
Il Kazakhistan fu la principale terra di arrivo, con circa 444.000
deportati. Nel dopoguerra la riabilitazione dei tedeschi sovietici fu
lenta. Una risoluzione del Consiglio dei Ministri liberò i primi
tedeschi dai "villaggi speciali" nel luglio 1954. L'anno dopo fu la volta dei rimanenti 700.000
tedeschi . Tuttavia, il decreto di
liberazione proibiva di ritornare nei luoghi
dai quali erano stati deportati. I tedeschi sovietici
beneficiavano di un'amnistia, ma rimanevano traditori della patria. Si
dovette attendere il 1964 perché l'accusa di tradimento (possibile) fosse
ufficialmente cancellata, senza che però fosse riconosciuto il diritto
al risarcimento o al ritorno. Solo dal 1972 fu permesso ai
tedeschi sovietici di stabilirsi in qualsiasi zona del territorio
sovietico, ma ormai le loro regioni, villaggi e case di origine erano
abitate da 30 anni da altri russi spostati.
Se nel censimento del 1926 quasi il 95% dei tedeschi
sovietici indicava come lingua madre il tedesco, nel 1970 questa
percentuale era scesa al 67%, e al 49% nel 1989. Inoltre, se all'inizio
del secolo i matrimoni erano per la stragrande maggioranza interni alla
comunità, negli anni '70 più della metà dei tedeschi era sposato a
persone di nazionalità russa o ucraina e avevano come unico obiettivo
andarsene definitivamente dalla Russia, possibilmente in Germania, con
le leggi che favorivano questa immigrazione.
http://www.rollintl.com/roll/volga.htm
mappa degli insediamenti
Molti se ne erano
andati nel periodo prerivoluzionario sulla scia dei milioni di persone
che emigravano verso il nuovo mondo In the late 19th Century the Russian
government began to rescind the exemption from military service, and
concern over other issues of autonomy were raised. The Russian
government tried to re-inhabit the area with Russian people. Problems
continued until the first World War which brought many persecutions to
the lives of the Germans who remained in Russia. In the United States
the opening of the Midwest by the Homestead Act in l871 offered
opportunity. Open spaces, new growing towns and villages required
settlers. The railroad companies sent agents and posters to Russia
offering work and the possibility of land to all who came.
http://iagenweb.org/montgomery/egroups/germ-russia.htm
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Per la popolazione della montagna
questa occupazione fu un vero martirio. Cacciata dalle case o costretta
alla coabitazione con quella marea di gente di usi ed abitudini tanto
diverse, depredata quotidianamente, privata delle già scarse risorse
alimentari ed agricole, essa affrontò quell’ultimo inverno di guerra in
condizioni di indicibile miseria e paura. Drammatica fu l’espulsione
totale degli abitanti dei paesi di Alesso, Bordano e Trasaghis: almeno
7.000 profughi, con poche masserizie, dovettero abbandonare le case,
attraversare il Tagliamento in piena e rifugiarsi a Gemona, Osoppo,
Buia, San Daniele. Vennero saccheggiati i paesi di Cadunea, Cedarchis,
Illegio, Invillino, Sutrio. I loro capi erano Andrei Andreievic Wlassow,
generale russo fatto prigioniero dai tedeschi e passato agli ordini di
Hitler, Piotr Nikolajevic Krassnoff e l’atamano Damanov. In campo
militare erano tuttavia subordinati all’autorità di Odilo Globocnik,
comandante delle SS del Litorale Adriatico. Le formazioni garibaldine ed
osoviane si arroccarono dopo il rastrellamento nelle Valli Tramontina e
d’Arzino, dopo che anche la Val Cellina era stata perduta.
In un nevoso 3 maggio del 1945, risaliranno mestamente incolonnati il
passo di M. Croce nella vana speranza di formare un insediamento alpino
in Austria. Sosteranno a Peggetz, tra Oberdrauburg e Lienz. Qui, nel
fondato timore di essere riconsegnati dagli inglesi alla Armata Rossa,
in un suicidio collettivo, si getteranno, con famiglie e cavalli, nelle
gelide acque della Drava, preferendo la morte ad un ritorno nella patria
ormai divenuta bolscevica (circostanza smentita da Rigoni Stern, che
non cambiava però il loro destino).
Tutti furono adoperati quale merce di scambio - baratto dal quale,
peraltro, gli Alleati ricavarono apparentemente ben poco - e
incontrarono la tortura, il Gulag e la morte. Ma in questo triste
commercio di esseri umani eccelle per assurdità il trattamento
riservato, fra maggio e giugno del 1945, ai russi bianchi arruolati fra
i cosacchi, nonché ad altri anticomunisti croati, sloveni, serbi e
montenegrini consegnati rispettivamente a Stalin, e a Tito. Questa doppia operazione
segreta, contraria alle direttive ufficiali dei governi alleati, venne
attuata illegittimamente e ingiustificatamente da un pugno di uomini
senza lasciare nulla di scritto.
Lunghe e accurate ricerche su questo vero e proprio "complotto" hanno
consentito al conte Nikolai D. Tolstoy d'individuare l'artefice e il
responsabile della colossale tragedia: "Ora sentivo di sapere
- ha
scritto lo studioso - chi fosse il mio uomo! [...]."Pazientemente
costruii un caso circostanziale che provò, almeno per mia soddisfazione,
che Harold Macmillan [divenne primo ministro, dal 1957 al 1963] aveva
lui stesso architettato l'intera vicenda”.
La sorte dei prigionieri venne segnata il
13 maggio 1945, allorché Macmillan volò da Napoli a
Klagenfurt per concordare con i sovietici e i vertici del 5° Corpo
d'Armata britannico la consegna di circa 40.000 prigionieri -
combattenti e civili - cosacchi. La stessa sorte toccò anche agli
anticomunisti slavi meridionali, riparati in Austria: fra il 17 e il 31 maggio,
circa 30-35 mila persone fra sloveni, croati, serbi e montenegrini
vennero consegnati agli uomini di Josip Broz detto Tito. Finirono tutti
infoibati. Uno dei luoghi del loro martirio è
nelle foreste di Koc'evje, in Slovenia, dove i rimpatriati, spogliati di
abiti e di oggetti preziosi, vennero uccisi a colpi di armi automatiche
e gettati in vaste grotte naturali, poi fatte esplodere.
Nel 1990, lo
storico anglo-russo - recatosi per la prima volta di persona sul luogo
dell'eccidio - ha stimato in circa 10.000 i croati e i "domobranci"
(uomini dell'esercito volontario anticomunista sloveno, Slovensko
Domobranstvo, radunato nel settembre 1943 dal generale Leon Rupnik).
http://www.marvel.it/marchetti/Sito con Frame/cosacchi_a_cavazzo.htm
http://www.donneincarnia.it/ieri/cosacchi.htm
http://www.donneincarnia.it/ieri/raveo-battaglia.htm
http://www.carnialibera1944.it/documenti/occupazionecosacca.htm
http://www.soldatinionline.it/leggiarticolo.asp?id=121
russi in divisa tedesca |
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