LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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8 SETTEMBRE 1943 

 LERO e SAMO ULTIME ISOLE

 

 

Dal 26 settembre al 31 ottobre 1943, quasi ininterrottamente (esclusi 6 giorni di pausa fra cui il 2/3/28/29 ottobre) i caccia bombardieri tedeschi si alternarono sull'Isola di Lero con 140 incursioni e 1190 aerei. Si stima che l'artiglieria da terra abbia sparato 150.000 colpi.

 

 

 

Operazione Leopard

 Il marinaio Pietro Cavezzale, elettricista, s'offrì volontario ai pezzi d'artiglieria sguarniti. Circondato, impugnò un'arma uccidendo l'ufficiale tedesco che gli intimava la resa. Veniva finito sul posto. Gli verrà conferita la medaglia d'oro

 

 

 

 

   

THE KOS MASSACRE (October 4,1943)
When the island of Kos (Coo) in the Aegean, fell to the German forces, a total of 1,388 British and 3,145 Italian troops were taken prisoner. Italy had signed an armistice on September 8 and the Italian troops were now fighting on the British side. On September 11, Hitler gave the order to execute all Italian officers who were captured. The officer in charge of the Italian troops was Colonel Felice Leggio. He, and 101 of his officers, were marched to a salt pan just east of the town of Kos and there, shot in groups of ten. They were buried in mass graves. When Kos was returned to Greece after the war, the bodies were dug up and transported back to Italy for burial in the Military Cemetery at Bari. 

Il massacro dell'isola di COO - Al momento della resa i 118 ufficiali del reggimento furono radunati in un campo e, ridotti di 15 che vennero a vario titolo non considerati coinvolti nella resistenza. A gruppi di 10 poi i restanti vennero avviati verso la costa per “imbarcarsi” cosi gli dissero. Le loro salme furono ritrovate anni dopo ma soltanto 66 recuperate. Il tenente generale Friedrich Wilhelm Muller, comandante della 22a divisione di fanteria tedesca, che ebbe l'incarico dell'operazione Eisbar (Orso Polare) prese alla lettera l'ordine di Hitler di uccidere, anche dopo la resa, gli ufficiali italiani ma non riuscì a far sparire le tracce.

 

LUIGI  MASCHERPA

Medaglia d'oro

 

Mascherpa

       

da analisi difesa  e http://www.dodecaneso.org/StoMilsett43.htm 

 

lettera di Mascherpa alla moglie prima di essere giustiziato

Frida mia, sii forte e coraggiosa. Iddio ti proteggerà... Ti abbraccio con tutta l'anima e con te mia Madre, i miei fratelli, la nonna tutti. Prega per me nelle tue preghiere come io dall'alto. dove Dio vorrà mettermi, ti seguirò sempre. Ti lascio un nome intemerato che ha una sola colpa: avere amato la Patria! Addio, Frida mia, perdonami dei dolori - di tutti i dolori - che ti ho dato nella vita. Il Padre Abate De Vincentis mi ha assistito fino all'ultimo - ti dirà di me. Coraggio ancora, Frida mia: Iddio ti farà sopportare tutto....tuo Luigi  

 

Lero (Leros) e una isola molto lunga (15 km) con costa alta e frastagliata e con pochi ma buoni punti di approdo (Portolago-Lakki e Parteni a nord con baie profonde e frastagliate). Proprio in queste insenature gli italiani erano costretti ad ancorare il loro naviglio maggiore per l’inadeguatezza del porto e l'assenza di rade chiuse a Rodi (Portolago è una piccola Pearl Harbour e solo dal cielo, come vedremo, poteva essere presa) come in tutte le altre isole dell'Egeo Italiano. All'inizio della guerra qui erano dislocati, oltre al naviglio di superficie, per lo più MAS e siluranti, numerosi sommergibili tra i quali il "Gemma" il "Neghelli" lo "Jantina" l'"Ondina" lo "Zeffiro" il "Perla" lo "Sciré" l'"Anfitrite" il "Foca" il "Naiade". Difendevano l’isola un battaglione del 10° Fanteria Regina e 102 batterie di cannoni, per lo più miste, navali e contraeree dal 152 mm al 76. Il personale degli altri servizi (marina, difesa Dicat, Carabinieri etc) era di qualche migliaio di unità. Non c'era aeroporto. Alle 18,30 dell' 8 settembre 1943 il radiotelegrafista addetto alle intercettazioni comunicò che Radio Algeri aveva trasmesso la notizia dell'armistizio. La prima direttiva del Capitano di Vascello (poi vice ammiraglio) Mascherpa, fu di assumere l'assetto d'emergenza con la precisazione di reagire immediatamente a qualsiasi intimazione e offesa, "anche se tedesca" (pur se di tedeschi sull’isola ve ne eran veramente pochi). Rodi cadde il mattino del giorno 11 trascinando nella disfatta il Comando Superiore delle Forze Armate dell'Egeo, il Comando Marina e tutti gli aeroporti vitali per mantenere il controllo di alcune isole. L’unica cosa che gli Inglesi riuscirono a fare fu quello di mandare un messaggio personale di Maitland “Jumbo” Wilson con la promessa di aiuti. I giorni 16, 17 e 20 settembre 1943 gli Inglesi diedero il via a sbarchi: in tutto un migliaio !!! di fucilieri. In momenti successivi, di notte, il contingente inglese raggiunse i 4.000 uomini, tanti quanti ne potevano disporre operativamente gli italiani a Lero. Il Comando in Capo del Medio Oriente (Maitland), infatti, aveva ricevuto da Churchill in persona precise istruzioni di dare il massimo appoggio agli italiani, contrastando in ogni modo possibile le azioni tedesche. Il controllo dei cieli era però in mano tedesca e non era il caso per gli inglesi di avventurarsi in quel ginepraio di isole senza copertura aerea. Il rischio era comunque che qui si generasse una nuova Cefalonia (o Coo vedi sotto). I rapporti di formale correttezza, instaurati dagli inglesi si complicarono poi durante la compresenza fino ad arrivare alla nostra totale esclusione dalla battaglia difensiva. Li comandava il Generale Brittorous (Francis G. Russell, 1896-1974), un Irlandese cattolico  sostituito poi da Tilney per cercare di recuperare la fiducia degli italiani. I tedeschi non avevano fretta: una per una le isole vennero occupate dopo aver catturato la guarnigione e Lero, la più rognosa, venne tenuta per ultima. Ripescaggio di Junker a lero Solo il 26 settembre cominciò l’attacco. Venticinque bombardieri bimotori Ju 88 giunsero inavvertiti sull’isola da ovest e demolirono sistematicamente tutto ciò che sporgeva dal terreno o dall'acqua. Le navi furono i primi obiettivi e ne fecero le spese due caccia inglesi. Non c’era possibilità di ricevere rifornimenti: anche le truppe inglesi erano ora nella stessa condizione degli italiani post armistizio. Bella azione !!. Il 12 novembre, a 2 mesi dall’Armistizio, i tedeschi tentarono uno sbarco ma vennero ributtati a mare. La situazione era però destinata a complicarsi quando il 14 arrivarono dal cielo i paracadutisti tedeschi diretti subito alle postazioni di artiglieria. Le postazioni in montagna (minaccia alle navi in avvicinamento e agli aerei) non avevano una difesa ravvicinata e per i tedeschi fu facile eliminarle una ad una. Gli sbarchi poi andarono avanti incontrastati e il giorno 16  un commando di 20 uomini, guidato dall’Oberleutnant Max Wandrey, irruppe nel tunnel sede del comando inglese catturando Tilney. Poche ore dopo anche gli italiani confinati nelle caserme cedevano le armi. I tedeschi perdono 2.000 uomini, 116 aerei (nella foto sopra il recupero di uno di essi) ed una ventina di mezzi navali. Le perdite inglesi: oltre 600 caduti, un centinaio di feriti, 5 unità maggiori e numerosi natanti affondati. Per gli italiani ci furono 300 caduti, 12 Ufficiali passati per le armi, 120 feriti, nonché la perdita di 12 unità navali. I prigionieri italiani ed inglesi, superavano i 9000 uomini (fra militari e civili); avevano avuto salva la vita perché i tedeschi, dopo gli eccidi di Cefalonia e di Coo (Kos), si astennero inopinatamente dal perpetrare un altro massacro (erano finiti sulle pagine di tutti i giornali del mondo). Si limitarono per ora a giustiziare i 12Ufficiali italiani presi armi in pugno e a consegnare l’Ammiraglio Luigi Mascherpa alla Repubblica di Salò. L’impressionante numero di riconoscimenti concessi ai difensori (7 Ori al V.M., 65 d’Argenti, 194 di Bronzi, 289 Croci di Guerra e Encomi per tutti) basta, da solo, a riassumere l’eccezionale prova di valore dell’intera guarnigione. 

It was the last day of the battle. At 07:30 brigadier Tinley (ma Tilney T. Colonnello che era, ora era brigadiere generale provvisorio sempre per trattate gli italiani dal grado superiore) sends signal in the Cairo that describes the situation. From 04:00 the Germans strike Merovigli from the north and East and little by little with the support of aviation by afternoon they take over the English headquarters. At 17:30 lieutenant Max Vantray with 20 commandos arrests brigadier Tinley. Immediately afterwards Italian head admiral Mascherpa also surrenders. At 18:30 the English Italian forces orders to "ceased fire". That is how the resistance in the Leros finished after rough days of siege. The head of LRDG colonel Prendergast, major Lord Jelicoe of SBS. but also many English and Italian soldiers slipped into Turkey. Gli inglesi sono sepolti ad Alinda.
La situazione a Samo (non originariamente possedimento italiano in Egeo, da non confondersi con Symi) era la stessa; in quest'isola non c’erano tedeschi e l'8 settembre '43 quando arrivarono gli Inglesi per appoggiare l’occupazione di Lero gli italiani non frapposero problemi. Nell'Isola era di stanza la Divisione «Cuneo» (7°, 8° Rgt. fanteria e 27° artiglieria) e la 24a Legione ccnn. per un totale di circa 9.000 uomini al comando dei quali era il Generale di Divisione Soldarelli. Potendo gli italiani collaboravano, anche perché la cosa sembrava andare per le lunghe. Quando il 17 novembre cadde Lero, l’isola divenne il nuovo obiettivo dei tedeschi. Lo stesso giorno, verso le 12,30 i tedeschi sferrarono contro Samo un violentissimo attacco aereo. In questo e in altri campi gli inglesi del medio oriente lasciavano a  desiderare come elaboratori di strategie. Il 18 gli inglesi cominciarono l'evacuazione dell'isola, a cui si accodarono gli italiani con mezzi di fortuna. La breve distanza con la Turchia facilitò la cosa. L'evacuazione delle truppe continuò fino al giorno 23 in condizioni drammatiche. Lo stesso giorno i tedeschi entrarono a Samo. Sembra che la Turchia non spingesse per fermare i battelli nelle sue acque territoriali e richiedesse, come paese neutrale, l’internamento dei belligeranti, ma quasi sempre non avveniva dovendo mantenerli.  I campi di Aleppo in Siria poi della Palestina in mano inglese accolsero in modo riservato e silenzioso tutti, anche questi nuovi ospiti collaborativi italiani da mettere al seguito delle unità che venivano allestite per i fronti europei. La divisione Cuneo che si considerava ancora in armi e in piena potestà di comando venne sciolta ufficialmente molti mesi dopo. E' questa una delle tante fasi armistiziali che non seguì il tradizionale copione del 1943 "di italiani al fronte non ne vogliamo".
 

Il Processo degli Ammiragli, come da subito fu chiamato, ha luogo nella sede delle Assise di Parma, il 22 maggio 1944. Al mattino il Pubblico Ministero sviluppa la sua tesi: gli Ammiragli sarebbero colpevoli in base ad un articolo del Codice Penale Militare approvato nel 1944, cioè successivamente ai fatti contestati. Nel pomeriggio l'appassionata quanto inutile difesa. A sera, poco dopo le 19.00, la sentenza: Inigo Campioni e Luigi Mascherpa sono giudicati colpevoli e condannati alla pena di morte mediante fucilazione al petto. Il 24 maggio 1944, i due prigionieri vengono svegliati presto. TilneyEssi comprendono immediatamente che il momento è giunto. Sono tranquilli, si vestono con cura, si confessano, ascoltano Messa e ricevono la Comunione. Scrivono alcune lettere e quindi, con un furgone, vengono condotti al poligono di tiro. Di fronte al plotone schierato, improvvisamente divenuto silenzioso nella tragica gravità del momento, gli Ammiragli rifiutano sia la benda che la sedia.  Campioni dice: "Auguriamoci che questa nostra Italia ritorni unita e bella come prima”. Dopo un istante gli fa eco Mascherpa: "Il mio ultimo pensiero va alla nostra Italia. Ricordatevi sempre dell’Italia”.  I condannati recitano ancora una preghiera, si scambiano un ultimo abbraccio, assumono la posizione di attenti e insieme gridano “Viva l’Italia”, poi le scariche. I busti degli Ammiragli, entrambi medaglia d'oro, sono stati posti sul Viale dei Pini dell'Accademia Navale di Livorno. 

LUIGI  MASCHERPA nacque a Genova il 15 aprile 1893. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1911, nel 1914 conseguì la nomina a Guardiamarina e nel 1916 la promozione a Sottotenente di Vascello. Partecipò al primo conflitto mondiale prima come pilota di idrovolanti e poi imbarcato sull'incrociatore San Giorgio sul quale, promosso Tenente di Vascello, svolse l'incarico di Ufficiale di rotta. Promosso Capitano di Corvetta nel 1926, ebbe il comando del Battaglione "San Marco" e nel 1931, conseguita la promozione a Capitano di Fregata, assunse l'incarico di Sottocapo di Stato Maggiore del Comando Marina di Pola. Nel 1936 fu Comandante in 2a del Deposito C.R.E.M. di Taranto e, promosso Capitano di Vascello assunse, nell'aprile 1942, la carica di Comandante della base navale di Lero e delle isole vicine. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, autonominatosi Contrammiraglio, in obbedienza agli ordini del Governo legale, oppose all'inizio tenace resistenza con le armi agli ex alleati tedeschi ed altrettanta agli inglesi per non farsi estromettere ed esautorare. Catturato il 16 novembre, venne prima trasferito in un campo di concentramento in Germania, poi consegnato alle forze della R.S.I. che lo rinchiusero in un carcere a Verona. Processato il 22 maggio 1944 dal Tribunale Speciale con una mostruosa motivazione giuridica, fu condannato a morte e fucilato a Parma due giorni dopo la sentenza (24-5-44). E stato promosso Contrammiraglio con anzianità 16 novembre 1943. Altre decorazioni e riconoscimenti per merito di guerra: Medaglia d'Argento al Valore Militare (Durazzo, ottobre 1918);

http://www.nzetc.org/tm/scholarly/tei-WH2-1Epi-c4-WH2-1Epi-l.html

 

La Kriegsmarine iniziò il trasporto degli italiani secondo le direttive impartite, con ogni mezzo dalle isole già liberate. Il 23 Settembre avvenne il primo disastro. I piroscafi "Donizetti" e "Dithmarschen" e la Torpediniera "TA 10" ex Pomone Francese vennero affondate. Si ebbero 1.584 morti fra gli internati in massima parte dovute alle inosservanza delle norme di sicurezza. Fu il primo disastro a cui fecero seguito quello del P/fo Leda con 720 morti; del p/fo Marguerita con 544 morti; della nave da carico Sinfra con 1.850 morti; della motonave Rosselli con 1.300 morti; del motoveliero Alma con 300 morti; del piroscafo Petrella con 2.646 morti; del piroscafo Oria con 4.062 morti. Dalle relazioni stese dal Comando Gruppo Armate appare chiaro che la vita degli internati valeva ben poco, "la perdita di quel tonnellaggio mercantile in effetti non trovava giustificazione" si osservava. A maggior riprova viene diramato un ordine di "effettuare sollecitamente" il trasferimento da Rodi degli internati "utilizzando tutti i mezzi disponibili, anche a costo del pericolo di perdere navi ed internati militari" in aggiunta di quanto si era già perso. Lo sgombero dell'isola di Rodi divenne tanto prioritario per l'alto comando tedesco che cominciò ad utilizzare anche aerei. Nel Gennaio 44 la situazione peggiorò. Alle carrette, vennero affiancati dei pontoni che non tenevano il mare grosso. Colarono a picco varie navi trasporto e con esse oltre 6.700 internati. Gli italiani superstiti sgomberati dalle isole sul continente greco furono quasi tutti avviati ai campi di transito di Atene - Dulag 136 - e di Salonicco - Dulag 166. dal sito http://www.giuseppemarchese.com/articoli/art_68/art68.html 
     

 

Testimonianza di Pietro Freschi della valle del Perino (Pc), dal quotidiano la Libertà  di Piacenza

….Come avete raggiunto l'isola di Lero? "A bordo di uno zatterone da sbarco tutti i 400 fanti del 7° Reggimento hanno risalito il tratto di mare davanti alla costa della Turchia e sono arrivati a Lero, una piccola isola di origine vulcanica abitata da pastori, pescatori e cavatori di marmo pregiato"

Che cosa accadde dopo l'annuncio di Badoglio dell'8 settembre 1943? "Da Alessandria d'Egitto - risponde il reduce - arrivarono subito in aereo a Lero 19 ufficiali inglesi, seguiti dallo sbarco da quattro incrociatori di quattromila soldati delle forze alleate, per lo più indiani, sudafricani e australiani. Si capiva che l'isola era considerata una base molto importante come lo era stato per l’Asse. Le forze germaniche attaccarono subito il presidio italiano e il porto. Gli Stukas si gettavano in picchiata nell'anfiteatro montano aperto sul mare e nascosti da una cortina fumogena presero terra reparti di paracadutisti tedeschi. La resistenza proseguì fino al 17 novembre. Un capitano torinese catturato dagli attaccanti quel giorno portò al nostro comando un tragico messaggio: se entro due ore non accettate la resa, sarete tutti fucilati. Ci sarebbe stata una seconda Cefalonia. Nell'impossibilità di continuare la difesa e per evitare una inutile carneficina, la resa fu accettata dal comando italiano e dal comando del corpo di spedizione inglese. Intanto dalla vicina isola di Coo arrivarono i carri armati tedeschi. I carristi ammainarono la bandiera italiana e quella inglese e alzarono la bandiera con la croce uncinata. Molti di noi piangevano.  

Poi la prigionia "Lavori forzati, pidocchi, crauti, rape, bucce di patate e bombardamenti hanno caratterizzato i lunghi mesi di prigionia in Germania e nei paesi baltici, in Bielorussia e in Polonia. Da Lero fummo trasportati al Pireo nella stiva di una carretta del mare, tra carbone e caldaie roventi. Si moriva di fame e di paura. Dopo tre o quattro giorni di sosta nella caserma n. 23, iniziammo la Via Crucis del trasferimento nei vagoni bestiame. In ciascun vagone da 8 cavalli e 40 persone eravamo chiusi in 56. Il viaggio attraverso tutta l'Europa orientale si protrasse per 28 giorni, dal 9 dicembre 1943 al 7 gennaio 1944. Un Natale e un Capodanno senza nemmeno un goccio d'acqua. Ci bagnavamo le labbra con la neve che filtrava nel vagone. In Bielorussia, in Estonia e poi in Polonia fummo costretti a sospingere barconi e camion sui laghi ghiacciati per far arrivare i rifornimenti al fronte orientale. Un anno dopo, il 20 gennaio 1945, arrivarono i russi.

     

L'ULTIMA BANDIERA

DEL 2° REGGIMENTO BERSAGLIERI

LE VICENDE , SULL'ISOLA EUBEA, CHE PORTARONO ALLA FRAMMENTAZIONE DEL VESSILLO NAZIONALE DEL REPARTO RICOMPOSTO  NEL DOPOGUERRA NEL PARAGRAFO

Motivazione: Cappellano militare del presidio di isola lontana dalla Patria e sottoposta a soverchiante e prolungato assedio, dava ogni propria energia superando disagi e pericoli, nell'assistenza spirituale e religiosa dei militari della guarnigione. Divenute precarie le condizioni del presidio frazionato in nuclei isolati dall'azione nemica, proseguiva a piedi - per vie dirette e battute dal fuoco - il proprio apostolato recandosi, anche allo stremo delle forze e sanguinante nei piedi, sui monti ove ferveva la lotta ed ovunque i morenti ed i sopravvissuti lo richiedessero, esponendo la vita con superba serenità e gravissimi rischi. Nell'imminenza dell'attacco decisivo all'isola, riusciva a raggiungere batteria circondata dal nemico, durante cinque giorni di aspri combattimenti, partecipando al combattimento come servente di cannone, era centro animatore di fede e di amor patrio per il personale duramente provato dall'impari e lunga lotta. Caduta l'isola, fisicamente sfinito, radunava i superstiti in attesa di feroce rappresaglia attorno all'altare e celebrava il servizio religioso levando alla presenza del nemico interdetto l'invocazione all'Italia, ripetuta dal presenti. Esempio altissimo di immacolata fede, di virile coraggio e di grande amore di Patria”.

 

DON IGINO LEGA

da caserta 24 ore- Il tenente cappellano Igino Lega nacque a Brisighella (Ravenna) l'11 novembre 1913. Seguendo la sua vocazione entrò in Seminario e nel maggio 1940 venne consacrato Sacerdote. Nel settembre dello stesso anno fu chiamato alle armi, nominato Tenente Cappellano e destinato all'Ospedale da Campo n° 515 posto nelle immediate vicinanze della città di Trieste. Collocato in congedo nel '41, nel febbraio 1942 (dopo quasi un anno), venne richiamato in servizio e posto a disposizione come cappellano della Marina: destinazione Lero per l'assistenza spirituale del personale di quella Base Navale comandata dal Capitano di Vascello Luigi Mascherpa. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, travolta la resistenza dell'isola da soverchianti forze tedesche, volle seguire la sorte degli sfortunati marinai nelle loro tappe verso i campi di concentramento in Germania. Dalle pagine del libro di Angelo Martelli "Una sigaretta sotto il temporale" pag. 14 segg. ... Prima che le navi cariche di prigionieri italiani e inglesi facessero rotta per i campi nazisti, pronunciò nel piazzale del comando Difesa un discorso - Egregi ufficiali, sottufficiali, eroici e carissimi marinai, è con intima e tremenda commozione che celebro per l'ultima volta la santa Messa davanti a Voi riuniti in adunata straordinaria prima che le navi salpino da Portolago e ci dividano per i vari campi di prigionia. Io che ho condiviso i vostri ardui sacrifici sostenuti prima in 2/3 anni di lotta fra queste rupi e, ultimamente, in 52 giorni di bombardamenti ininterrotti; vi grido e vi comando di tenere alta la testa e fiero lo sguardo. Avete combattuto da valorosi e se ora siamo prigionieri non è colpa nostra (allusione agli inglesi)....la misericordia di Cristo che , morto giovane come loro e con morte straziante ha offerto il suo purissimo sangue per noi tutti, conceda loro il premio dei forti, la gloria e la luce degli eroi. E adesso recito la preghiera del marinaio ...è pericoloso dice qualcuno...La reciterò anzi più forte del solito e la concluse con Viva L'Italia. I tedeschi si affacciarono per vedere cos'era successo e tutti gli inglesi balzarono in piedi accomunando al nostro il loro omaggio alla patria. Padre Igino Lega seguì i marinai a Menden, Hermer per poi tornare con i tubercolotici di Oeventrop. Rimpatriato fra gli ammalati nel settembre 1945, il 6 febbraio 1946 venne posto in congedo. Insegnò per oltre 4 anni, lettere e filosofia presso la Scuola Apostolica di Roncovero (Piacenza) e fu Direttore spirituale delle A.C.L.I. di Bassano del Grappa (Vicenza). Padre Igino Lega, tenente cappellano, è morto a Varese il 23 marzo 1951 in seguito ad incidente stradale.

Il 17 febbraio 1947 venuto a conoscenza del conferimento della Medaglia d'oro scongiurò di evitargliela. Dovette piegarsi all'ubbidienza dei suoi superiori e il 17 novembre nel piazzale dell'Accademia Navale di Livorno, il ministro Cingolani appuntò sul suo petto la medaglia d’oro al Valor Militare

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