LA SECONDA GUERRA MONDIALE

 H O M E

Vai ai primi 100 anni di storia

       IMMAGINI

        MEZZI

         DIARI

        SCRIVI

KOS - 8 SETTEMBRE/4 OTTOBRE 1943

DOPO LA BATTAGLIA 

Il rapimento del Generalmajor Karl Heinrich Georg Kreippe da parte di un Commando inglese

THE KOS MASSACRE (October 4,1943)
When the island of Kos (Coo) in the Aegean, fell to the German forces, a total of 1,388 British and 3,145 Italian troops were taken prisoner. Italy had signed an armistice on September 8 and the Italian troops were now fighting on the British side. On September 11, Hitler gave the order to execute all Italian officers who were captured. The officer in charge of the Italian troops was Colonel Felice Leggio. He, and 103 of his officers, were marched to a salt pan just east of the town of Kos and there, shot in groups of ten. They were buried in mass graves. When Kos was returned to Greece after the war, the bodies were dug up and transported back to Italy for burial in the Military Cemetery at Bari. 

Il massacro dell'isola di COO - Al momento della resa i 118 ufficiali del reggimento furono radunati in un campo e, ridotti di 15 che vennero considerati non coinvolti a vario titolo, a gruppi di 10 vennero avviati verso la costa per “imbarcarsi” cosi gli dissero. Le loro salme furono ritrovate anni dopo ma soltanto 66 recuperate. Il tenente generale Friedrich Wilhelm Muller, comandante della 22a divisione di fanteria tedesca aerotrasportata (Luftlande), che ebbe l'incarico dell'operazione Eisbar (Orso Polare) prese alla lettera l'ordine di Hitler di uccidere, anche dopo la resa, gli ufficiali italiani ma non riuscì a far sparire le tracce.

Didascalia alle immagini: La signora Eleni Klonari vedova Sciatore presso la palude di Linopoti, località dove furono trucidati 103 ufficiali italiani. La signora Eleni provvede volontariamente ai fiori ed alla pulizia delle lapidi dei caduti italiani ancora sepolti a Kos. Le salme riesumate degli ufficiali italiani caduti (66) sono state trasferite al Sacrario Militare di Bari. Foto archivio Diego Zandel http://www.diegozandel.it/ 
Eleni Klonari quasi tutte le mattine si reca al piccolo cimitero cattolico di Kos.........

Io, Diego Zandel, sono nato in un campo profughi, quello di Servigliano, anche se il certificato di nascita porta come località la vicina città di Fermo. Era il 5 aprile 1948. I miei genitori, Carlo e Maria (Ucci) Zorco, provenivano da Fiume. La città, insieme all’Istria e alla Dalmazia, era appena stata ceduta alla Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947. Per me, che sono stato allevato da una nonna istriana di dialetto ciakavo croato, Maria Miculian, che conosceva poco l’italiano, che mi chiamava nel suo linguaggio “sine moj” (figlio mio) e che io ho molto amato, queste differenze tra italiani, croati e altre etnie mi sono sempre state estranee... Per questo non mi sono mai stati molto simpatici i nazionalisti e razzisti di qualsiasi risma e colore. Tanto più che, pur continuando a vivere, dopo il campo profughi di Servigliano, in una comunità di esuli, quella del Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma (v.i miei luoghi), dove sarei approdato all’età di 3 mesi, avrei avuto presto diversi amici croati, sloveni, serbi. Li avrei conosciuti durante le vacanze scolastiche che per 15 anni, dal 1954 al 1969, avrei trascorso continuamente a Fiume nella casa dei nonni materni. Questi trascorsi biografici costituiscono materia e scenario dei miei romanzi. Ma il mio sguardo, da uomo e da scrittore, è rivolto anche alla Grecia, per essere sposato con Anna, di madre greca, dell’isola di Kos, luogo dove continuo ad andare da oltre trent’anni, cioè dal giorno in cui mi sono sposato, e dove adesso vivo parte dell’anno. Ho scritto sei romanzi: “Massacro per un presidente” (Mondadori, 1981), “Una storia istriana” (Rusconi, 1987), “Crociera di sangue” (Mondadori, 1993), “Operazione Venere” (Mondadori, 1996), “I confini dell’odio” (Aragno, 2002) e “L’uomo di Kos" (Hobby & Work 2004). Ho scritto anche il saggio “Invito alla lettura di Andric’” (Mursia, 1981), con Giacomo Scotti, scrittore della minoranza italiana in Croazia, e due libri di poesie “Primi giorni” (O.E.L. 1965) e “Ore ferme” (SAL Trieste, 1968). Il mio ultimo libro è "Verso Est - racconti di oltre il confine orientale e dell'Egeo" (Campanotto, 2006). Oltre a scrivere libri (v.nel sito), ho collaborato e continuo a collaborare con articoli, recensioni, interviste a vari giornali. Attualmente collaboro a "Il Piccolo" di Trieste e, soprattutto, a "La Gazzetta del Mezzogiorno" di Bari.

 

Eleni Klonari quasi tutte le mattine si reca al piccolo cimitero cattolico di Kos,
Passi da - BRAVA GENTE NELLE "ISOLE DELLA PENURIA" - di Diego Zandel  di fianco a quello ortodosso, molto più grande, e pulisce le tombe degli italiani che vi sono sepolti. In particolare cura la grande lapide posta dal comune che riporta tutti i nomi dei 103 ufficiali che il 5 ottobre 1943, in seguito all'armistizio dell8 settembre, furono massacrati dai tedeschi negli acquitrini di Linopoti, a pochi chilometri di distanza, per poi essere gettati in otto fosse comuni dove restarono per oltre due anni, fino alla fine della guerra. Solo dopo fu possibile ai greci raccogliere pietosamente quei corpi che emergevano decomposti dalla terra per prima seppellirli lì, in quel cimitero, e poi, dopo alcuni anni, essere portati via, in Italia, a Bari dove ebbero definitiva sepoltura. A Kos, accanto al monumento, sono rimasti gli spezzoni delle vecchie lapidi, ciascuna con il nome e cognome e grado del soldato, quando non un laconico e ancora più triste "Fante ignoto", per non avergli trovato addosso nulla che identificasse il cadavere. Gli ufficiali appartenevano tutti al 10° Fanteria Regina, così come i soldati semplici che, dopo la strage, quando non si arresero per essere deportati in Germania, furono aiutati in tutti i modi dai greci a nascondersi o a fuggire, con mezzi di fortuna, nella vicina Turchia. Nata nel 1941, Eleni non ha ricordi personali diretti sul periodo della dominazione, se non quelli che le hanno tramandato i genitori. Il suo amore per gli italiani deriva dal fatto di aver sposato, quand'era emigrante in Svizzera, un operaio italiano, morto anzitempo, dopo 30 anni di matrimonio, e sepolto ora al suo paese, Tivoli, vicino a Roma. Una volta, ottenuta anche lei la pensione, Eleni ha preferito tornare nella sua isola natìa. "Curo le tombe degli italiani" dice "per stare così vicino, in qualche modo, alla buonanima di mio marito". Ma non è solo questo sentimento famigliare che nutre la sua simpatia per gli italiani. E' un'atmosfera, la sua, che si respira in tutta l'isola, con chiunque si parli e in particolare proprio con coloro, i più anziani, che hanno vissuto il periodo della dominazione italiana....
vedi link Dolce Egeo Guerra Amara (mediterraneo) in free time
Le motivazioni sono ampie, e partono da una parte dalla estrema povertà delle isole, chiamate "isole della penuria", per l'aridità del suolo, la carenza d'acqua, l'agricoltura primitiva, dall'altra dalla secolare dominazione turca che ha favorito incuria e arretratezza. L'arrivo degli italiani, con l'idea, cresciuta soprattutto durante gli anni del fascismo, di fare delle colonie nell'Egeo, come scrive lo storico Nicola Labanca nella prefazione al libro, "una vetrina italiana in Oriente", avrebbe portato a uno sviluppo impensato per la gente del posto e di quei tempi: strade asfaltate, meccanizzazione e colonizzazione dell'agricoltura, costruzione di nuovi edifici, alcuni di singolare architettura, inseriti in razionali progetti urbanistici, realizzazione di reti fognarie che sottrassero gli insediamenti più grossi, come Rodi città o Kos città, dai miasmi dei pozzi neri ed altre modernizzazioni, tra cui quella del censimento delle terre e delle proprietà che avrebbe dato vita a un catasto ancora oggi in uso. L'opera degli italiani si concentrò massimamente su Rodi, Kos e Leros, che divenne una importante base militare, e il suo capoluogo, Lakki o Portolago, un modello di urbanistica razionalista, anche se di tipica impronta fascista. Anche Kos, a causa di un terribile terremoto che avvenne nel 1933, fu oggetto di forti innovazioni. Alla popolazione colpita, che fino allora era vissuta in piccole case dai muri di pietre e fango, crollate al primo sussulto, furono date nel giro di pochi mesi case nuove, solide, ampie. Non solo: ciò che suscitò l'ammirazione degli isolani fu il prodigarsi immediato ed estremo degli italiani, l'interessamento personale e generoso del governatore d'allora, Mario Lago, il cui ricordo vive ancora e si contrappone a quello, estremamente negativo, del governatore successivo, quel Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, quadrumviro (quadrupede, lo chiamavano i greci) del fascismo, che diede subito prova, fin dai primi giorni del suo arrivo, nel 1936, di imbecillità ed arroganza. Diego Zandel Articolo del: 09/01/2004 Pubblicato su: IL PICCOLO

Nicholas Doumanis ("Una faccia, una razza " ediz. Il Mulino 2003)

Nelle testimonianze raccolte da Doumanis c'è una netta distinzione tra italiani, brava gente, e fascisti, nemici. Anzi, proprio De Vecchi, con la chiusura delle scuole greche, la proibizione di parlare italiano nei luoghi pubblici, la imposizione del cattolicesimo, rappresentò una delle cause che favorì il sorgere dell'irredentismo greco nell'arcipelago e del desiderio di unione alla "Madre Grecia" (Mitera Ellas), che proprio per l'assuefatto, secolare distacco, non era stato mai particolarmente vivo da quelle parti. Ma proprio in questo assopimento del sentimento nazionale, a differenza che altrove in Grecia, ad esempio a Creta, sta, secondo Doumanis, la interpretazione in senso nazionalista degli storici greci che per dare più forza al filo neoellenismo della popolazione ha messo in evidenza il carattere oppressivo della occupazione italiana e, quindi, gli aspetti maggiormente resistenziali dei greci. Che ci furono, comunque, anche se più riservati alla parte colta della popolazione, i professionisti, gli insegnanti, gli intellettuali, cioè i cosi detti morfoméni, dei più rappresentativi dei quali Doumanis traccia le significative biografie e influenza tra la popolazione. A livello più generale, la resistenza maggiore agli italiani venne soprattutto in due isole, Simi e Kalimno, che avevano conosciuto durante la dominazione turca un grande sviluppo commerciale con la pesca delle spugne, che entrò in crisi proprio negli anni dell'insediamento italiano, e durante i quali comunque fu data ad esse poca attenzione rispetto a Rodi, Kos e Leros. A Kalimno ci fu addirittura un moto popolare a colpi di sassi contro i carabinieri intervenuti con le armi a sedare la manifestazione, incidentalmente così provocando la morte di un pastore innocente, trovatosi per caso nel mezzo. Non è azzardato aggiungere che la reazione dei calimnioti, oltre che nazionalista, sia stata dettata da una sorta di gelosia nei confronti della dirimpettaia Kos. Non a caso, scrive Doumanis: "Se si chiede a qualcuno di Kalymnos che cosa pensi di Kos città, egli esprimerà ammirazione con risposte tipicamente ruvide come 'Sono stati fortunati perché gli italiani l'hanno ricostruita per loro', lasciando intendere che la gente di Kos non sarebbe mai stata capace di edificare da sola tali meraviglie". E così, loro malgrado, elogiando ancora una volta gli italiani. Diego Zandel

 

In Crete, Müller became notorious for his brutality, and he was responsible for many of the atrocities committed on the island (e.g. the holocaust of Viannos, the destruction of Anogia and the Kedros villages of Amari, the execution of civilians in Damasta, etc.). During the autumn of 1943, he led the German forces in their victory over the Italian-British forces in the Dodecanese Campaign. On 13 August 1944 he replaced Bruno Brauer as Commander on Crete. By 1945, Müller commanded the German 4th Army on the Eastern Front. Müller ended the war in East Prussia and was captured by the Soviets. Friedrich Wilhelm MüllerIn 1946, Müller was tried by a Greek court in Athens for the massacres of hostages for reprisals. He was sentenced to death on 9 December 1946 and executed by firing squad 20 May 1947, along with former General Bruno Bräuer, on the anniversary of the German invasion of Crete. Müller preso dai sovietici fu consegnato ai Greci che non andarono tanto per il sottile. Wagener per contro una volta catturato venne consegnato agli italiani che lo condannarono a 15 anni di prigione. Dopo 5 anni inspiegabilmente una amnistia mise fuori lui e altri, ad esclusione di quelli che avevano commesso reati in Italia (Kappler, Reder) come se i morti italiani del Dodecanneso non contassero nulla. Anche questo era il nuovo atteggiamento della politica italiana del dopoguerra quella che comunque diverrà famosa per l'armadio della vergogna.

I'll met by Moonlight (Colpo di mano a Creta)
Directed and Produced by Michael Powell- Emeric Pressburger
Written by W. Stanley Moss (novel) Michael Powell Emeric Pressburger
Starring Dirk Bogarde, Marius Goring, David Oxley, Cyril Cusack
Music by Mikis Theodorakis

  Non c'era quindi solo Otto Wagener ad avere il pugno duro nelle Isole ma anche Il tenente generale Friedrich Wilhelm Müller, comandante della 22a divisione di fanteria. Contro di lui gli Inglesi tentarono nel 1944, e portarono a buon fine, un rapimento che s'incentrò pero sulla figura del suo sostituto Il Maggior Generale Karl Heinrich Georg Kreippe promosso il 15 febbraio 1944 al comando della divisione. Müller se ne era già andato e diciamo sopra della sua fine come di quella di Wagener. Nel gennaio del 1944 la sezione del Soe inglese al Cairo (East section of the British Special Operations Executive) pianificò un progetto per il rapimento di Müller. L'azione era guidata dal maggiore Patrick Leigh Fermor, uno strano personaggio proveniente dalla vita civile, archeologo, viaggiatore etc. multilingue e dal suo secondo Captain W. Stanley Moss (later author of Ill Met by Moonlight, a book made into a film of the same name), e due agenti greci. La sera del 26 aprile mentre Kreippe faceva ritorno in macchina col suo autista dal Casinò, Fermor e Moss vestiti da tedeschi improvvisarono in una strettoia un posto di blocco. Nessuna reazione (la solita non vedi le insegne del comandante cretino) da parte degli occupanti della vettura e tutto risultò più facile alla scontata formula del "lei è prigioniero degli Inglesi" con un mitra alla gola. Questo non voleva dire nulla perché se catturati avendo vestito divisa tedesca venivano fucilati sul posto. Con Moss al volante e Fermor dietro che faceva il generale (il generale nel baule) la macchina riprese il suo viaggio. Quale soldato tedesco avrebbe mai osato fermare l'auto del generale di divisione Karl Kreipe? E infatti la limousine filò dritta lungo la costa di Creta attraverso 22 posti di blocco, mentre tutti si affrettavano a spostare i cavalli di frisia, e il generale salutava burbero i suoi uomini. Il generale venne fatto camminare nelel montagne verso un punto di imbarco che risultò poi controllato. Tutti i tedeschi dell'Isola si misero in caccia dei rapitori ma l'Isola è grande e ha grandi montagne. Finalmente l'appuntamento presso Rodakino per il 14 maggio ebbe esito positivo e il generale, in una notte di tempesta, venne prelevato da un vero commando e imbarcato per Marsa Matruh. DSO per i due agenti. il racconto di Fermor  http://www.adelphiana.it/pdf/Fermor.pdf 
     

INDIETRO