LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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CAPPELLANI MILITARI

SECONDO di 5 CAPITOLI

Nella Grande Guerra

Padre Bevilacqua in marina (vedi sotto profilo biografico)

  Il 12 aprile 1915, nell'imminenza dell'entrata in guerra dell'Italia, il generale Cadorna (fervente cattolico), firmò una circolare per il ripristino dei cappellani e con il Decreto Luogotenenziale del 27 giugno 1915 (Luogotenente del Regno, duca Tommaso di Genova) si nominò Mons. Angelo Lorenzo Bartolomasi Vicario Castrense o Vescovo di campo, il quale ricevette le prerogative di Vescovo Ordinario dal Papa. I sacerdoti chiamati alle armi, molti dei quali destinati all'assistenza spirituale dei soldati al fronte, (ma non in prima linea) furono numerosi ed eroici.
Con un R.D. 1552 del 29 ottobre 1922, il loro servizio venne di nuovo soppresso, ad eccezione di quello svolto per la raccolta delle salme dei caduti in guerra e per la sistemazione dei cimiteri di guerra e per la Marina. Questi furono il germe che continuò la vita dell'organizzazione fino alla costituzione dell'Ordinariato Militare, eretto con Decreto della S. Congregazione Concistoriale nel 1925 e approvato all'unanimità dallo Stato italiano con la Legge 417 dell'11 marzo 1926 e confermato dai successivi Patti Lateranensi (1929). Legge 77 del 26 Gennaio 1936. “art.1 .. Il servizio spirituale presso le forze armate è istituito per integrare la formazione spirituale della gioventù …secondo i principi della religione cattolica “. (integrato nel 1984 - art. 11 La repubblica italiana assicura che l’appartenenza alle Forze Armate non può dar modo ad alcun impedimento nell’esercizio della libertà religiosa..). La Chiesa Madre è quella di S.Caterina da Siena a Magnapopoli in Roma. La festa del Corpo dei Cappellani Militari ricorre l’11 Marzo anniversario della loro istituzione (11 Marzo 1926). Il S. Patrono è il francescano S. Giovanni da Capestrano (1386-1456). Nel 1956 l’Ordinario Militare Mons Arrigo Pintonello fondò sul Grappa l’Associazione Nazionale Cappellani Militari d’Italia.
     

Infermiere era ad esempio Padre Pio nella  Grande Guerra. Nel 1915 il coscritto Giovanni Forgione (Padre Pio), nato a Pietrelcina (BN) il 25 maggio 1887, già sacerdote dell’Ordine dei Cappuccini, venne chiamato alle armi dal Distretto Militare di Benevento e inviato presso la compagnia di sanità di Napoli. Poco tempo dopo l’inizio del servizio, a causa delle sue precarie condizioni di salute fu inviato all’Ospedale Militare (come degente) per inidoneità al servizio.

  Padre Ernesto Balducci su ‘Il Giornale del mattino’ nell'articolo "La chiesa e la patria", Sarebbe desiderabile che una speciale legge fosse emanata, come è avvenuto negli stati più civili, a riguardo degli obiettori di coscienza. Tanto più che oggi il cristianesimo ci ha insegnato a mettere la coscienza al di sopra di ogni altro valore storico: quando in nome della patria si spregiano gli scrupoli della coscienza e si oltrepassano i superiori limiti tra il giusto e l’ingiusto siamo già nel paganesimo. Motivo di più, questo, per avere un attimo di silenziosa ammirazione per coloro che a proprie spese testimoniano un’assoluta volontà di pace... Un cattolico in caso di guerra totale ha, non dico il diritto, ma il dovere di disertare". Non risulta che la legge sia stata modificata ma l'Art. 52 della Costituzione dice ancora “la difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”e quella sulla Obiezione: art 1 - il Servizio Civile è “diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria”.. Balducci è nato sull'Amiata "Giurisdavidica" nel 1922 ed è morto nel 1992.
    Don Angelo Giuseppe Roncalli

Roncalli sedutoDon Angelo Giuseppe Roncalli (seduto, futuro Papa Giovanni XXIII) Cappellano Militare con i fratelli, sotto in divisa infermiere

  Dal suo diario:“..ho imparato, ho allargato, ho perfezionato quella fatica che in seguito avrei dovuto esercitare in così tante circostanze…noi sappiamo come i legami allacciati negli anni giovanili non si spezzano per tutta la vita. L’opera dei cappellani militari valse a guadagnare tanta stima al clero e ad avviare nuovi rapporti tra lo Stato (laico dei Savoia) e la chiesa”. Il 24 maggio 1915 - È richiamato in servizio militare con il grado di sergente di sanità, presso l’Ospedale Militare Principale di Milano ubicato presso l’attuale sede dell’Università Cattolica. Successivamente viene trasferito presso gli Ospedali militari sussidiari di Bergamo. Il 28 marzo 1916 - È nominato Cappellano Militare dell’Ospedale militare di riserva in Bergamo, detto “Ricovero nuovo” (l’attuale “Clementina”). I Superiori gli affidarono l’incarico di coordinare l’assistenza religiosa ai militari degenti o convalescenti presso gli altri ospedali della città.
    http://www.cimeetrincee.it/marini.htm  diario di un cappellano

  «Domani parto per il servizio militare in sanità. Dove mi manderanno? Forse sul fronte nemico? Tornerò a Bergamo, oppure il Signore mi ha preparato la mia ultima ora sul campo di guerra? Nulla so; questo solamente voglio, la volontà di Dio in tutto e sempre, e la sua gloria nel sacrificio completo del mio essere. Cosí e solo cosí penso di mantenermi all’altezza della mia vocazione e di mostrare a fatti il mio vero amore per la Patria e per le anime dei miei fratelli. Lo spirito è pronto e lieto. Signore Gesú mantenetemi sempre in queste disposizioni. Maria, mia buona mamma, aiutatemi “ut in omnibus glorificetur Christus”». (Sotto il Monte, 23 maggio 1915). 

Padre Agostino Gemelli laureato in medicina. Dal materialismo e dal socialismo passò alla fede cattolica entrando nell'ordine dei frati minori. Durante la guerra fu addetto al Comando Supremo, per l'assistenza religiosa nell'esercito e fondò il primo ospedale psichiatrico di guerra e il laboratorio di psicologia del Comando Supremo. Fondò l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.

     
Medaglia d'oro al V.M alla memoria
ARCANGELI Don Pacifico
Capitano Tenente ( Artiglieria , 40° reggimento artiglieria da campagna ) luogo di nascita: Treia (MC)
  motivazione: Eroica figura di sacerdote e di soldato, durante cruento combattimento, ottenuto, dopo viva insistenza, di unirsi alla prima ondata d’assalto, slanciavasi, munito soltanto di bastone, alla testa dei più animosi, giungendo per primo sulla trincea nemica. Colpito mortalmente al ventre da scheggia di granata, incurante di sè, rimaneva in piedi, appoggiato ad un albero, ad incorare i soldati. Trasportato a viva forza al posto di medicazione, sebbene morente, consolava, con stoica virtù, gli altri feriti e spirava glorificando e benedicendo la fortuna delle nostre armi. Monte Grappa, 6 luglio 1918.
Medaglia d'oro al V.M.
CARLETTI Don Annibale
Tenente Capellano 207° reggimento fanteria della brigata "Taro" luogo di nascita: Motta Baluffi (CR)  Data del conferimento: 26- 10- 1916 D.L.
  motivazione: Dal giorno in cui si presentò al reggimento, con opera attiva ed intelligente, seppe inspirare in tutti i militari i più elevati sentimenti di fede, di dovere e di amor patrio, dando, anche in azioni militari, costante prova di coraggio personale e di sprezzo del pericolo. In vari combattimenti, sempre primo ove più intensa infuriava la lotta, incurante dei gravi pericoli ai quali era esposto, incitava i soldati a compiere, fino all’ultimo, il loro dovere, mostrandosi anche instancabile nel raccogliere e curare i feriti. Ben due volte riunì militari dispersi, rimasti privi di ufficiali, e, approfittando dell’ascendente che aveva saputo acquistarsi fra i soldati, li riordinò e li condusse all’assalto. Intimatagli dal nemico la resa, vi si rifiutò risolutamente, ordinando e dirigendo il fuoco contro le forze preponderanti dell’avversario, al quale inflisse gravi perdite. Costa Violina, 15-17 maggio; Passo Buole, 30 maggio 1916.
Medaglia d'oro al V.M.
MAZZONI DON GIOVANNI
Cappellano 3° Rgt. Bersaglieri
luogo di nascita: Arezzo (AR) Data del conferimento: 7- 8- 1919 D.L.
  Motivo del conferimento: Quantunque dispensato dal presentarsi alle armi, allo scoppio della guerra vi accorse volontariamente dalla Siria, dove stava esercitando apostolato di religione e di italianità, e fu, nel proprio reggimento, costante e fulgido esempio del più puro amor di Patria e del più straordinario coraggio. Già tre volte premiato per distinte azioni di valore, primo fra i suoi soldati nel compimento della sua opera, non conobbe ostacoli e tenne il dovere mai come un limite da raggiungere, ma sempre come una meta da oltrepassare. In una speciale circostanza, messosi risolutamente alla testa di un manipolo di militari privi di comandante, nel momento più grave della lotta li trascinò arditamente contro il nemico, più forte di uomini e di armi, e, con irresistibile impeto, lo debellò e lo costrinse alla resa, facendo prigionieri e catturando materiale. Ferito, rimase al combattimento finchè non ebbe visto assicurata la vittoria. Già distintosi, per elette virtù militari, in numerosi combattimenti, sempre impavido nelle zone più fortemente battute dal fuoco avversario, sempre intrepido di fronte ai più gravi pericoli. Carso, 23 maggio - 5 giugno; Comarie (Carso), 30 agosto 1917.
Padre Giulio Bevilacqua

BRESCIA ORATORIO DELLA PACE
Padre Giulio Bevilacqua, ultimo di dieci figli, nasce ad Isola della Scala (Verona) il 14 settembre 1881. Nello stesso anno la famiglia si trasferisce a Verona e qui Giulio inizia la carriera scolastica. Terminati gli studi liceali, Giulio si reca a Lovanio (Belgio) dove si iscrive all’Istituto di scienze sociali. Qui conosce ed ha come insegnante il futuro Cardinale Desiderato Mercier, una personalità che incide sull'animo e sulla sua formazione. Nel 1905 si laurea in Scienze sociali, discutendo la tesi sui sindacati in Italia, tesi che viene pubblicata nel 1906 dall'Editore Bocca con il titolo: "Saggio sulla legislazione operaia in Italia". Tornato in Italia si presenta dai Padri Filippini di Brescia chiedendo di poter entrare a far parte della Congregazione. Viene ordinato sacerdote da S. E. Mons. Corna Pellegrini il 13 giugno 1908. La sua vita filippina lo porta in due direzioni: l'istruzione religiosa dei giovani studenti (tra gli uditori Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI) e il decoro del culto liturgico. Quando l'Italia entra in guerra nel maggio 1915, padre Bevilacqua chiede più volte di arruolarsi. Gli viene negato. Il vescovo di Brescia Giacinto Gaggia lo manda a Precasaglio, in Val Canonica dove ha occasione di incontrare le truppe impiegate nella zona del Tonale-Adamello. La sua insistenza non si ferma e all’ennesimo rifiuto ottiene di dividerne le sorti come Ufficiale degli Alpini dal 1915. Nella Battaglia dell'Ortigara, dal 19 al 26 giugno 1917, fu fratello e padre del suo battaglione, sempre pronto a consolare e ad incitare, dimostrando grande sprezzo del pericolo. Due medaglie di bronzo sono il riconoscimento ufficiale. Nel 1917 la sua Compagnia viene accerchiata dagli austriaci e, dopo una lunga resistenza, fatta prigioniera. Dopo undici mesi di prigionia (campo di Hart e poi castello di Horovice), il 6 novembre 1918, Padre Bevilacqua torna a casa. Dalla sua esperienza scrive il libro "La luce nelle tenebre", pubblicato nel 1921. Un suo compagno di prigionia in Boemia lasciò scritto: "Solo due cose contano per Bevilacqua: Cristo e la realtà. E bisogna farle incontrare". Nella sua polemica antifascista padre Bevilacqua scrisse la frase che rimarrà forse la più celebre di tutte: "Le idee valgono non per ciò che rendono ma per ciò che costano. Nel 1922 organizza a Brescia il primo Congresso Nazionale liturgico nella Chiesa della Pace, da cui prenderà le mosse tutto il movimento liturgico pastorale in Italia. Nel frattempo viene nominato Preposito della Congregazione bresciana dei preti dell'Oratorio.
Nel 1928, il giorno dell'Epifania è costretto a lasciare Brescia per sfuggire alle minacce fasciste. Arriva a Roma e trova asilo nelle casa di don Battista Montini. Anche qui Padre Giulio comincia subito a lavorare come Segretario dell'Opera Propaganda Fide. Nel 1933 può ritornare a Brescia, alla "Pace". Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Padre Bevilacqua (59enne) lo troviamo cappellano militare in marina, prima sulla nave ospedale "Arno", poi sulla corazzata "Andrea Doria". Riceve ancora una medaglia al valor militare oltre a nuovi entusiasmi e nuove amicizie. Negli anni fra il 1944 e 1945 a Roma ritrova l'amicizia di Mons. Montini, ormai Sostituto della Segreteria di Stato di Pio XII. Ritornato a Brescia nel 1945 riorganizza le attività educative dell'Oratorio filippino. A 68 anni si trova ad essere parroco di una nascente parrocchia della periferia di Brescia. Quella di S. Antonio è una parrocchia di pionieri. La nuova chiesa, costruita su disegno dell'ing. Vittorio Montini, viene aperta al pubblico nel 1950. Il 22 agosto 1960 viene nominato membro della Commissione preparatoria liturgica del Concilio. Segue con costanza e con perizia i lavori della commissione e partecipa alla elaborazione, con un contributo determinante, alla Costituzione "De Sacra Liturgia" approvata il 4 dicembre del 1963. E’ intanto salito al soglio pontificio il suo amico Card. Montini (Paolo VI). Nel 1965 Paolo VI tiene il suo primo Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali e costringe Padre Bevilacqua ad accettare la porpora lasciandolo pure parroco a S. Antonio. Quando il papa, dopo averlo fatto cardinale, gli telefonò dicendogli confidenzialmente: "Le faremo una grande accoglienza a Roma. Le manderemo la banda alla stazione", padre Bevilacqua ripose prontamente: "Allora non si dimentichi i tromboni, visto che lì ne avete tanti". Il 15 febbraio 1965, nella Chiesa dei Santi Patroni Faustino e Giovita, viene consacrato Vescovo e il 22 Cardinale. Mentre il neo-eletto era tempestato dai rallegramenti e salamelecchi di circostanza, il vescovo di Alessandria di allora, Almici, che era bresciano e gli voleva bene sinceramente, telefonò alla parrocchia di padre Bevilacqua, parlando col vice-parroco: «Domanda al padre cosa potrei regalargli, qualcosa che gli serva tutti i giorni, che mi faccia ricordare sempre». Il vice-parroco lo chiese a Bevilacqua, che rispose: «Digli che mi regali un culo d’acciaio, così non me lo consumano a furia di leccarmelo!». Ma poi torna ad essere il parroco di sempre, con la sua solita veste nera e con le stesse preoccupazioni. Profondamente minato da un male, muore il 6 maggio 1965.
http://www.oratoriosanfilippo.org/brescia/bevilacqua1.html 

Don Carmine Cortese di Antonio Pugliese 
Diario di guerra (1916-1917) Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 1998
……cambia ancora reparto e passa all’11° bersaglieri, di nuovo sul Carso, tra q. 144 e Iamiano. Preso nel vortice dell’11a battaglia dell’Isonzo assiste a massacri spaventosi e viene di nuovo ferito il 20 agosto. Dopo la convalescenza per espressa richiesta ritorna al reparto, in Valsugana, dove rimane fino alla fatidica prima decade di ottobre, che vede i bersaglieri in trasferimento verso il Cadore, e subito impegnati nei combattimenti di retroguardia durante la ritirata della 4a armata. In questa occasione viene fatto prigioniero ed internato nel campo di Josephstadt (Boemia) fino al 24 dicembre 1918. Non basta, perché in seguito, fino al febbraio 1920, è in servizio in vari ospedali militari per la riabilitazione dei mutilati, nella zona di Firenze. Siamo dunque di fronte ad un sacerdote indomito, che ha superato coraggiosamente tante prove e ne ha viste i tutti i colori, a contatto con le truppe in prima linea o nelle immediate retrovie, negli ospedali militari o negli interminabili viaggi in treno durante le licenze, verso la Calabria, uno che, per l’amore per i suoi soldati e l’avversione per gli “imboscati“ ha più volte rifiutato le possibilità di passare ad un servizio meno rischioso. Il diario non è stato scritto per essere pubblicato ma per il semplice bisogno di annotare fatti, stati d’animo e osservazioni che potevano essere utili nell’attività pastorale e per la crescita spirituale di Don Carmine, anche come sfogo di fronte al dolore e alla follia della guerra. Ma proprio per la sua immediatezza, assoluta sincerità e a volte crudezza, è di estremo interesse e regala il punto di vista di un prete che, cercando fra mille difficoltà di esercitare il proprio ministero, impara a conoscere uno per uno i suoi soldati e ufficiali, e mentre ne riconosce incondizionatamente il valore e lo spirito di sacrificio, vivendo con loro ogni momento spesso non esita a dare giudizi di una franchezza davvero inconsueta su fatti, parole ed azioni, tanto che molti ufficiali o interi reparti davvero non potrebbero andare fieri del ritratto che ne esce. Giudizi in gran parte riferiti alla condotta morale e religiosa che più stava a cuore a Don Carmine, ma, anche in riferimento alle osservazioni sulla vita nelle retrovie della truppa e dei civili, danno un quadro generale che spesso sorprende il lettore, abituato a pagine ben più celebrative. Comunque ci troviamo di fronte ad un uomo che sempre critica sé stesso per primo, e che arriva a dire, tra le baracche immerse nella neve alle falde del Cardinal, di rimpiangere il suo 19° fanteria perché come sacerdote si sarebbe sentito molto più utile nei posti di medicazione del Carso. Lo spazio di ogni giornata è diviso abbastanza equamente in riflessioni personali sul proprio ministero, a volte molto ripetitive, annotazioni sulla corrispondenza con parenti ed amici, e la cronaca degli eventi bellici della zona e il quadro sui fatti salienti del giorno. Impressionante in particolare lo stillicidio di morti e feriti sul S. Michele ed il senso di pericolo continuo che riempie le pagine scritte sui fianchi della montagna maledetta. Il periodo con l’11° bersaglieri, attraverso la 10a ed 11a battaglia dell’I-sonzo, è di estremo interesse, le annotazioni e le osservazioni dell’esperto cappellano combattente sono preziose per ricostruire spostamenti, azioni e specialmente il clima nelle immediate retrovie in preparazione di quelle offensive che dovevano essere sulla carta decisive.  Non mancano testimonianze di processi e fucilazioni, le sofferte pagine scritte davanti all’Hermada offrono un quadro di una tragicità raramente riscontrabile, e danno un’idea della spaventosa potenza di fuoco espressa da entrambe le parti sul Carso nell’agosto 1917. La parentesi alpina di Don Carmine, per quanto breve, rappresenta una delle rarissime testimonianze diaristiche di parte italiana sulla catena del Lagorai nel 1917: il paesaggio montano grandioso, le interminabili nevicate e le condizioni di vita degli alpini su posizioni così difficili, lasciano una grande impressione nell’autore ed in molti casi esaltano la sua vena poetica. Viene fuori un quadro abbastanza veritiero di come doveva essere l’esistenza e la lotta con gli elementi dei battaglioni del 3° raggruppamento in alta val Vanoi. Tra l’altro affiora dall’oblio la chiesetta costruita dal Val Natisone sotto il Cardinal proprio su direzione di Don Carmine, ormai da tempo completamente perduta. L’opera è ben lontana da ogni esaltazione, la consapevolezza dell’inutilità del sangue versato, dell’immenso spreco di vite umane, del valore degli umili, non permettono al cappellano di dilungarsi molto sui tanti episodi di valore di cui pure è testimone. Tuttavia è un’altra validissima testimonianza del soldato italiano in guerra ed anche gli spunti per le ricerche sul terreno non mancano, in particolare per i numerosi riferimenti a località, quote e doline carsiche, spesso di difficile identificazione. Di grande interesse anche perché testimonia il valore di questo coraggioso sacerdote, al quale va la mia assoluta ammirazione. S. De Dorigo. http://www.guerrabianca.org/html/recensioni.htm 

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