I BERSAGLIERI
NELLA PRIMA CAMPAGNA DI LIBIA
Gli ori di Purrello, Toscano e Fusco
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Benchè
gli inglesi non dispongano di materiale adeguato, in linguaggio più
semplice, superiore al nostro, si impegnano in puntate offensive notturne,
scomparendo poi di giorno alla nostra vista. A fronteggiarci hanno solo 2
brigate corazzate con 134 carri leggeri e 114 medi da 14 tonnellate
(scadenti), contro i nostri 339 L3 non migliori. Ci superano invece in autoblindo
(anche antiquate come la Rolls Royce, che è pero sempre una Rolls Royce e
non una topolino, perché nel deserto si vedrà anche questa) ben
38 contro nessuna italiana. Lo scontro si trascina in una inutile caccia
al topo per mesi. Poi verso la metà di settembre del '40, con due Compagnie piumate (una è la
17a del 6°) la prima in avanguardia del XXIII C.A. e la seconda in
avanguardia della 1° Div. Libica, parte quello che dovrebbe essere il
nostro colpo di grazia. Gli inglesi intanto si rinforzano anche nel
settore aereo, dopo che la grande paura dell'attacco all'Inghilterra è
passata. Le nostre colonne vengono assalite dal cielo ad ogni ora del giorno.
Facciamo incetta di ogni materiale catturato, camion, autoblindo più
idonei al deserto su cui montare le nostre armi migliori. Succederà
anche per loro quando catturate le nostre armi le monteranno contro di noi.
Il 28 ottobre con l'attacco alla Grecia si capisce che il fronte Africano
non interessa più: sarà lasciato al suo destino (oblio). In campo inglese
intanto è
arrivato un castigamatti, il Generale Richard O Connor. La sua VII
divisione corazzata (i topi del deserto-desert rats) si prepara, bussola
alla mano, a considerare il deserto come un grande mare. l'operazione in
grembo si chiama infatti "Kompass": infiltrazione fra le linee e fra
i campi minati che hanno larghi vuoti. |
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I convogli arrivano ad
Alessandria giornalmente scaricando 152 carri fra cui i pesanti Matilda da
fanteria.
Diranno gli italiani, come dicevano una volta i coloniali
"Io
sbarato, ma colpo rimbalzado". Agli inglesi, deficitari di uomini,
si affiancano, Indiani, Greci, Polacchi, Francesi liberi, Sudafricani,
Australiani, Neozelandesi etc.... L'attacco inglese necessitava della massima
segretezza. Se gli uomini (36.000 contri i nostri 100.000) potevano
mascherarsi i mezzi nò. La fase di spostamento dalle basi di partenza
avvenne in due notti consecutive di novilunio. Lungo il percorso stabilito
erano già stati interrati viveri e carburanti per il successivo balzo.
Il
primo ad essere impegnato è quel Pietro Maletti già incontrato nel 1936 durante
la Campagna per la conquista dell'impero. Lui è una fra le più belle
figure del bersaglierismo coloniale. Nato con il calore dell'Africa nelle
vene, otto volte decorato al valore, sostiene l'urto principale delle
forze inglesi ad Alam el Nibejwa in mezzo ai suoi bersaglieri motociclisti
(di scorta) che si
battono senza risparmio. Attacca e respinge senza tregua, contrattacca
alla baionetta in furiosissimi assalti l'irrompente furia dei mezzi
cingolati che travolgono tutto. E' ferito e non si arrende; ordina al
capitano Sigfrido Burroni, ex bersagliere del 1° battaglione libico, un nuovo attacco alla baionetta;
Burroni si
slancia all'impazzata e trattiene l'avanzata nemica ma non tanto da non
cadere prigioniero: medaglia d'Oro!
Con lui vi è il V Battaglione libico comandato dalla medaglia d'Oro del
Piave Umberto Visetti, bersagliere diciannove volte ferito e dieci volte
decorato e più tardi francescano con il nome di Padre Agostino di Cristo
Re. Burroni
finirà a Yol in India al campo 25 chiamato Repubblica nera dell'Himalaya. Il 9 dicembre, dopo tanti sacrifici, dopo tanti assalti e lotte
cruentissime solo i morti restano a guardia delle sabbie conquistate, fra
essi, la magnifica figura di Pietro Maletti mantovano di Castiglione delle
Stiviere, medaglia d'Oro, uno degli 84 ufficiali generali
caduti combattendo accanto ai loro soldati. |
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Pietro Maletti
Nato a Castiglione delle Stiviere- (Mn) nel 1880 uscì sottotenente dalla
Accademia nel 1906 destinato al 12° Bersaglieri. Tenente e poi Capitano
nella Grande Guerra al 10°. Nel 1917 con la promozione a Maggiore fu
trasferito al Regio Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica con comando a
vari reparti tra cui il XIII Eritreo. Dopo un breve periodo in patria
ritornò in Libia dove nel 31 comandò la colonna meccanizzata Sahariana
per la conquista della Senussia. Nel 1935 raggiunse l’Africa Orientale
per prendere il comando del Rgt. Arabo Somalo. Dopo l’attentato a
Graziani, al generale Pietro Maletti venne affidato l'incarico di
punire i religiosi della città conventuale di Debrà Libanòs, sospettati
di aver favorito l'attentato ospitando i due esecutori
materiali, gli eritrei Abraham Debotch e Mogus Asghedom (o i fiancheggiatori). Con il reparto Musulmano ai suoi ordini la repressione
si spinse a pesanti livelli. Promosso Generale di Divisione rimpatriò
nel 1938 al comando della Divisione Aosta. Nel 1940 ritornò in Africa
Settentrionale al
seguito di Graziani. Fu al al comando di una formazione meccanizzata per
contrastare l’attacco Inglese del 9 Dicembre 1940.
Sorpreso alle prime luci dell'alba ad Alam el Nibeiwa, non gli restò molto da fare che
contrastare coi pochi uomini dello stato maggiore a disposizione il
soverchiante nemico goà penetrato nella cinta fortificata. Ferito mortalmente decedeva subito dopo. Alla memoria
veniva decorato di Medaglia d’Oro. |
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Alla ridotta Capuzzo il
copione non cambia. Tra i caduti v'è il Maggiore
Fusco Vincenzo ex del 10°
ora in forza a un battaglione lavoratori del genio, rimasto
intrappolato nella sacca. Nel flusso della battaglia
intervengono anche i reparti dei colonnelli Criniti e Gloria, bersaglieri
di vecchia scuola, ma anch'essi non riescono a contenere la manovra
inglese sorretta da decine di mezzi corazzati e di modernissime
attrezzature e si sacrificano per alleggerire la ritirata dei camerati
spinti dal peso prepotente dell'8ª Armata inglese.
A Bardia il 3 Gennaio
cade Cavadini Francesco ex
bersagliere del 10°
ora in forza alla Div. Marmarica e Purrello
Michele altro ex del 10°
in forza ora alla Div. Cirene. Tobruk ha resistito per oltre un mese e la 22ª Compagnia motociclisti
del 10° che è stata l'epicentro della lotta nei dintorni di El Adem
mentre il Reggimento si batteva per contenere la pressione, ripiega su
Tripoli con il minor numero possibile di perdite e con l'onore intatto.
Durante la manovra a Ghelise Agedabic
il 5 febbraio del '41 il messinese
Oreste Toscano che protegge il
fianco del Reggimento è ripetutamente attaccato da mezzi corazzati
avanzanti e riesce a contenerli. |
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Si aggrappa
alla torretta di uno di essi e tempesta l'interno di colpi di bombe a
mano; una raffica gli strappa la mano destra, alza il moncherino
sanguinante ed incoraggia i suoi bersaglieri alla lotta. Solo più tardi
si lega l'arto mutilato e a stento è portato al posto di medicazione.
Lungo il cammino è fatto prigioniero e schernito. Fugge con una
motocicletta avventurandosi nel deserto verso le nostre linee, verso la
libertà. Incontra autocarri abbandonati colmi di feriti e moribondi
d'ambo gli eserciti e forma una Colonna con oltre trecentocinquanta nemici
abbandonati morenti nel deserto e dopo una marcia di due giorni, fra
sofferenze inaudite e centinaia di chilometri giunge ad El Ageila sfinito
e sorridente per la vita salvata a tanti compagni ed a tanti nemici:
medaglia d'Oro! Di questo spirito sono nutriti e ne vanno orgogliosi i
bersaglieri d'Italia sempre pronti al rispetto dell'onore della Patria e
della vita del soldato di tutte le Bandiere! Il 10° reggimento vien
sciolto per la prima volta. Durante l'arco della guerra sarà ricostituito
altre due volte e sciolto.
A Meterh il tenente Ranelli dell'8° soccorrerà un ufficiale inglese agonizzante e con lui starà fino alla morte per coprirgli il petto squarciato con la Bandiera del suo paese.
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PURRELLO Michele Maggiore di
cpl. Div. Cirene
luogo di nascita: San Giovanni Gemini (AG)
Data e motivo del conferimento: 1941
Oro alla memoria
Comandante di battaglione più volte decorato al valore, in sette
mesi di guerra combattuta nelle più difficili condizioni, sapeva
infondere nell’animo dei suoi fanti la sua ardente passione per il
rischio, la sua grande devozione per la Patria, il suo grande
spirito di sacrificio e di abnegazione. Durante 23 giorni di difesa
di una piazzaforte seppe tener testa, sul tratto di fronte del suo
battaglione, alla strapotenza degli opposti mezzi in condizioni di
blocco assoluto. Avuto ordine di ristabilire la situazione su un
importante tratto di fronte che stava per cedere, condusse con somma
perizia ed audacia i suoi reparti al contrattacco. Ferito gravemente
alla gola, non volle lasciare il suo posto di comando fino a che
esausto e dissanguato dovette allontanarsi. Mentre accompagnato
cercava di raggiungere il posto di medicazione reggimentale, fu
sorpreso da carri armati che gli intimavano la resa. Debole e
grondante ancora sangue, con un ultimo grandioso, sublime sforzo
lanciò l’ultima bomba ed immolò la sua vita per la grandezza della
Patria. Africa Settentrionale, 3 gennaio 1941. |
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TOSCANO Oreste Sottotenente di
cpl. Bersaglieri , 10° reggimento
Toscano, nato a Messina nel 1915, fu ammesso alla scuola allievi ufficiali
di complemento di Bassano da dove uscì per l'incarico all'11°
reggimento. Richiamato nel 1940 venne destinato al 10°. Dopo i fatti
narrati trascorse diverso tempo fra gli ospedali e una volta dimesso
ottenne l'abilitazione magistrale e la laurea in lettere. Dopo l'8
settembre ottiene il reintegro nel Corpo di Liberazione prestando servizio
nel gruppo di combattimento Cremona.
Data e motivo del conferimento:
1941
Comandante di un plotone di testa di un battaglione autotrasportato
in ripiegamento, sottoposto al tiro di mezzi corazzati nemici,
attaccato frontalmente e sui fianchi, balzava a terra e con lancio
di bombe a mano muoveva all’assalto di autoblinde avversarie. Ferito
da raffica di mitragliatrice alla mano sinistra, non desisteva dalla
lotta, animando e rincuorando i dipendenti. Colpito una seconda
volta da proiettile d’artiglieria che gli maciullava l’altra mano e
lo feriva al viso, si fasciava il braccio per frenare l’emorragia e,
agitando il moncherino insanguinato, gridava: « Avanti, bersaglieri
d' Italia". Portato all’ospedale sopportava con superbo stoicismo
l’amputazione dell’arto, intonando l’inno del corpo. Fulgido esempio
di virtù militari. Ghemines - Agedabia (Africa Settentrionale), 5
febbraio 1941. |
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FUSCO Vincenzo Maggiore di cpl.
dei Bersaglieri , VIII battaglione lavoratori
luogo di nascita: Civitavecchia (RM)
Medaglia d'oro al valor militare alla memoria
Data e motivo del conferimento: 1940
Comandante di un battaglione dislocato in regione desertica,
rimaneva volontariamente presso una compagnia impegnata in urgenti
lavori di difesa in una zona priva di reparti e soggetta a continue
offese. Nella prima fase di una violenta battaglia essendo la
compagnia minacciata da forze terrestri e mitragliata dall’alto, si
recava spontaneamente nei punti più battuti per condividere con i
suoi soldati i rischi e soccorrere i feriti e per portare ad ogni
costo a compimento i lavori, che avevano assunto carattere di
arresto. Mitragliato da un apparecchio nemico, pur gravemente ferito
persisteva nel generoso tentativo di raggiungere il più esposto fra
i suoi reparti. Ferito una seconda volta, non desisteva dal suo
proposito e, conscio della probabile fine impartiva disposizioni per
la ultimazione dei lavori. Mentre incitava i suoi soldati a compiere
il loro dovere, colpito a morte da una nuova scarica esalava
l’ultimo respiro trovando la forza di gridare « Viva l’Italia ».
Capuzzo (A.S.), 9 dicembre 1940. |
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