Gli anni che verranno  (1790-1791)

Parte V

 

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Revisione: Laura Luzi

Fine ottobre 1790

 

Il temporale

 

Su Parigi era sceso precocemente il buio, il vento forte e umido aveva costretto i cittadini a ritirasi, la scarsità di luce aveva paralizzato ogni attività. Parigi era un animale nero addormentato, steso. Dal cielo cadevano lunghi fulmini, che sembravano aggrapparsi al paesaggio come unghie, frutti di nuvole possenti e gonfie di pioggia.

- Sembrano mongolfiere…- disse Robespierre, guardando fuori dalla finestra.

Bernard rimase in silenzio. Quelle osservazioni così candide, alle volte uscivano spontaneamente dalle labbra dell'Incorruttibile.

- Vogliamo tornare a noi?-

- Sì, Bernard…- si voltò. Il viso era illuminato dal lampo vivido, le parole si mescolavano al borbottio del tuono. - Io non posso fidarmi e non vedo di buon occhio questo tuo legame con loro. Tua moglie fu ospite dei Jarjayes, non è vero?-

- Come fai a saperlo?- Bernard impallidì.

- Non sono solo un avvocato di provincia… Se qualcosa dovesse andare male, se qualcuno dovesse avere comportamenti inadatti, tu, la tua famiglia e i tuoi amici sareste i primi sospettati. Sei sicuro di voler continuare a fidarti di loro, Bernard? -

- Certo. Non vedo perché non dovrei. Trovami qualcosa da ridire su Oscar.-

Robespierre guardò di nuovo fuori dalla finestra. La luce dei lampi, frequentissima, era addolcita da un costante scorrere d'acqua sui vetri delle finestre. Lui amava quel tempo. Bernard, invece, si sentiva teso dentro, come se il suo corpo temesse i lampi, la loro violenza lontana che si scaglia all'improvviso sul mondo.

- Io… non so, prima di tutto è comunque aristocratica di nascita. E poi è una donna. Sono attratto dalla sua capacità di ragionare, ammirato… ma… Non posso fidarmi, Bernard. Ecco tutto.-

- Io mi fido, invece. E non vedo neppure perché farne una questione, tanto mi sembra una cosa naturale. Mi ci gioco quello che vuoi!-

- Sai cos'è in gioco, Bernard? La nostra collaborazione. Io ho bisogno di persone fidate attorno a me, che non possano neppure essere sfiorate dal sospetto. Mi intendi, vero Bernard…? Ma forse i concetti di stabilità, di fermezza estrema non possono essere compresi appieno da un giornalista…- concluse la frase assorto. Bernard, invece, si risvegliò. Quasi ruggì.

- Che hai da ridire sui giornalisti?!?! Non sono l'unico che conosci e comunque sono il meno prestigioso. Non per questo sono meno bravo, anzi ci metto più passione!- stringeva i pugni. La pioggia scrosciava.

Robespierre rise, imbarazzato, e si scusò con Bernard. - Noi non faremo andare a rotoli la nostra amicizia e la nostra collaborazione per queste piccolezze, vero? Certo, dipende anche da te…-

"E' l'uomo più contraddittorio che io abbia mai incontrato, ma riesce a trasformare i suoi problemi in forza. Nessuno lo può ingabbiare. Amici, amici… alle volte mi lascia interdetto. Alle volte mi fa quasi… paura…"

 

Ai piedi delle scale, André lo aspettava. Nell'udire i passi di Bernard si alzò. Strinse gli occhi, cercando di vederne meglio il viso.

- Hai la faccia più nera del cielo..- commentò.

- Bah… andiamocene a casa, André. Rosalie mi avrà di certo cucinato qualcosa di buono. Lo fa sempre, quando Robespierre mi chiama per parlare "in privato": mi consolo col cibo. Già dai tempi del Cavaliere Nero sono ingrassato, se ci si mette pure Robespierre…-

André non chiese nulla: erano questioni nelle quali non voleva entrare, che preferiva trattare con molta discrezione e circospezione.

- Tu, invece,- Bernard aveva ripreso un po' di colore, forse anche grazie al passo spedito che tenevano, saltando flussi d'acqua piovana, grondaie gocciolanti e scrosci di pioggia sferzati dal vento - tu sei strano da un po' di giorni, André!-

- Io?-

- Sì, ne parlavo con Rosalie. Mi sembri un "lampione umano"! Anche quando sei serio, sembra che tu sorrida… Come vorrei essere nella tua testa e sapere cosa pensi… hai un sorriso che mi fa effetto, devi essere del tutto matto… Così …gioioso!-

- Matto non credo di esserlo. Se poi ti sembro un lampione umano, non so dirti… non mi guardo allo specchio. Anche volendo, non mi vedo un gran che…-

Bernard strinse le labbra. André ci scherzava, ma a lui, ogni tanto, bruciava il ricordo di quei tempi coraggiosi e disperati. E ricordava con responsabilità gli errori compiuti. Errori che, tuttavia, avevano allacciato i fili del destino.

"Ma so perché sorrido sempre", pensava André. "Non lo faccio apposta: ho promesso ad Oscar di non parlarne con nessuno… ma sono così felice! Mi sembra così incredibile che proprio noi due…"

 

Rosalie, pensosa, guardava la pioggia scendere. Vide Bernard e André salutarsi e poi André correre via, verso casa. Pensò cosa potesse significare, per lui, la parola "casa". Lui, che, per una vita, era stato ospite e servo. Pensò alla solitudine che, probabilmente, si portava nel cuore. Si chiese se mai Oscar sarebbe riuscita a riempire un simile vuoto, che doveva somigliare ad un abisso, ad una voragine piena di spunzoni di pietra, che ti straziano mentre precipiti. Poi si pentì del pensiero. Lei e Oscar erano diverse, ma sapeva che la sua madamigella era capace di gesti di amore immenso, autentico, da lasciare senza fiato.

"Ci vuole una buone dose di follia per accogliere in casa una ragazzina che irrompe in casa tua con un pugnale…" pensò, sorridendo. Decise che quella sera si sarebbe fatta forza, e sarebbe andata a trovare Oscar.

 

André rientrò di corsa, felice. Oscar lo aveva preceduto di poco. La sollevò, la strinse a sé. Lei si lasciava andare, si sentiva sciogliere, in uno stato di grazia tanto raro per lei. Gli porse un pacchetto, felice come una bambina, emozionata dal fare una sorpresa. Proprio Oscar, che le sorprese le odia.

Ad André venne da piangere. Oscar non sapeva blaterare fasi melense, ma aveva sacrificato un ricordo della sua vita per donargli un prezioso aggeggio per aiutare la sua vista.

Era questo il suo modo d'amare. Forte, concreto, assoluto. E dolcissimo.

- Sei più bella così!- disse André guardandola attraverso quei vetri, gonfiati ad arte dall'ottico.

La strinse di nuovo, poi iniziò a parlare di molti argomenti che difficilmente Oscar affrontava. Del futuro che si prospettava per loro, del figlio che sarebbe nato, del viaggio che avrebbero fatto non appena fosse stato possibile. Rimasero a parlare davanti al fuoco per ore, come non facevano dai tempi di Arras.

Poi venne Rosalie, che fu ben accolta. Lo sguardo di Oscar era sereno, ricco di luce e calore, era aperto al mondo. Parlarono solo del futuro, nessun accenno alla politica, a palazzo Jarjayes. Rosalie rincasò contenta. Evidentemente l'unica medicina per l'animo di Oscar era solo e soltanto André.

 

dicembre 1790

 

Freddo, freddo. Fame e freddo. Cosa vuol dire libertà se si soffre la fame e il freddo? Il popolo se lo chiedeva, si lamentava, davanti ai negozi c'erano code lunghissime, dall'alba al tramonto.

"Impressionate", pensava Oscar, un'occhiata ad una macelleria. "E' molto più facile comandare un esercito…" Passò davanti alla vetrina nella quale si era specchiata due mesi prima. Era infagottata, ma qualcosa iniziava a vedersi. Eppure non le faceva piacere. Non totalmente. Non quando era lontana da André. Lo stava raggiungendo in ufficio. Quell'attrezzo infernale che aiutava la sua vista aveva tanti svantaggi - pesava sul naso, gli piagava dietro le orecchie,[1] ma lui ci scherzava "Se mi vengono le branchie mi puoi portare al mercato del pesce e mi vendi a peso. Sono abbastanza grande da valere una fortuna!"- ma almeno riusciva a leggere i documenti. Poi li toglieva. Sosteneva di preferire un mondo sfumato ad un mondo nitido ma innaturale.

Per Oscar era comunque un piacere sederglisi a fianco, leggere carte, discuterne, finire per accapigliarsi o ridere. Finché Rosalie e Bernard entrarono trionfanti con uno scatenato François al seguito. Babbo Chatelet aveva fatto un bel colpo giornalistico, gli era fruttato un buon compenso ma, soprattutto, una grande soddisfazione. Entrarono così per festeggiare. Era un bel po' di tempo che non si incontravano in luoghi chiusi, perché il lavoro era stato impegnativo per tutti. In quel periodo Oscar e André erano più complici, più felici del solito, quindi la vitalità di Oscar era spontanea. Scattò in piedi, per stringere la mano a Bernard. E mentre il piccolo Chatelet continuava a battere le mani al papà, tra gli adulti calò il silenzio. Un rimbalzare di sguardi da una faccia all'altra, per finire inevitabilmente su Oscar. Che, per qualche istante, non si rese conto "cosa" guardassero tutti.

- Ma… Oscar… voi… ehm… tu…- balbettò Rosalie.

Oscar gelò: - Rosalie, stammi lontana. Non dire niente. Non fare commenti. Non ti avvicinare. Non parlare. Non…- "In guardia, sull'attenti, presentat arm… ma stai dicendo, Oscar?!"

Rosalie si incupì. La sua Oscar madre… la sua povera Oscar, cresciuta nell'esercito, come un uomo. In quel momento, stava combattendo contro il passato, lo stava vincendo, ma la battaglia non era evidentemente indolore…

- Beh... cos'è quest'aria? - André cercò di rompere quel clima assurdo che si era creato. - Mica veniamo dall'altra faccia della luna! Vedete qualche abitante della luna qua dentro?-

- Già… è… normale… solo che vorremmo dire… ma non vogliamo essere morsi! Possiamo dire "congratulazioni" senza rischi?- Bernard che balbetta. Un giornalista che ammutolisce. "Colpa di Rosalie", pensò. "Mi ha insegnato ad avere una profonda comprensione per gli altri. Una profonda ammirazione per chi, come Oscar, dà un senso profondo a tutto."

- Su, Oscar! Non ti hanno detto niente di male… lo sapevi, no, che sarebbe successo!- le portò un braccio attorno alla schiena, per darle sicurezza. Una sicurezza diversa da quella dell'attendente, del soldato: era qualcosa di più, in quel momento: era la sua metà.

Oscar si fece forza. Si sentiva buffa, spaesata, imbarazzata, ma proprio per questo fiera e forte. Perché andava avanti nella vita, oltre le strade già battute, i sentieri già tracciati e scopriva ogni giorno la sua verità. Rosalie aveva visto giusto: Oscar combatteva con il passato, con André dalla sua parte si sentiva invincibile, ma gli attacchi dei ricordi, delle remore, delle paure… i vuoti… punti vulnerabili alle aggressioni dei pensieri nemici.

- Scusatemi… scusatemi vi prego. Sono una persona particolare, ormai lo dovreste sapere. Se da una parte sono felice, dall'altra preferirei passare tutto sotto silenzio. Come se essere felici così fosse una colpa. Forse nell'ottica della mia vecchia educazione… che è caduta con la Bastiglia, ma lascia sempre la sua polvere. Ma non è giusto che io mi comporti così nei confronti di chi mi sta intorno, di chi mi vuole bene… vi prego solo di… di non credere che io diventi una persona debole o passiva, perché altrimenti io…- la voce riprese quota. André la bloccò.

- Il comandante sta per iniziare la sua sparata.- disse.

- Tu?! Tu debole o passiva?! Naaa… tu sei troppo forte, Oscar!- disse Bernard. - E siamo fortunati, alla faccia di tanti altri che credono di fare la rivoluzione davvero. Sapete una cosa?! Con il nuovo cittadino, io già ci vado d’accordo! Saluta lo zio!- Oscar, che arrossì e fu sul punto di troncarlo con qualche battuta gelida e sardonica, o addirittura di prenderlo per il bavero della giacca se non fosse stato per Rosalie. Anche perché André non sapeva cosa inventarsi. Sapeva che Bernard, fuori dall'ufficialità, era un gran giocherellone… forse lui avrebbe dovuto dire qualcosa, qualche frase importante… ma i fatti gli toglievano la voce, erano già così belli di per sé!

La "piccola" Rosalie aveva capito tutto, bloccò le rumorose congratulazioni del marito, evitò di coinvolgere la figliolanza al seguito, e disse solo che comprendeva ogni paura e preoccupazione, che non si sarebbe mai azzardata ad essere importuna ma sarebbe corsa da Oscar ad un semplice cenno del capo o schiocco di dito, che era felice e che toglievano il disturbo. La ciurma Chatelet rientrò in casa

 

- Ecco, lo sapevo… Io mi arrabbierò da morire. Litigherò con ogni parigino, li sfiderò a duello se necessario. Perché nessuno deve pensare che io sia debole, passiva o…- In fondo, Oscar si sentiva più leggera. Essere forti da soli è complicato, e neppure molto bello. E' più umano condividere la forza e la gioia, come le preoccupazioni, con chi ci vuole bene. Anche se lei non era abituata. Avrebbe preferito non ammetterlo anche se André lo capiva, le scandagliava l'animo con un sorriso divertito, guardandola dalla testa ai piedi, così bella e particolare, dentro e fuori, la sua Oscar.

- Bla bla bla…- la provocò. - Comandante!! Vuoi forse diventare una comare?-

- Ma... André?!-

- Ci caschi sempre… Voi militari avete un senso dell'umorismo assurdo! Guarda che ti capisco totalmente: non hai segreti, per me. Non ho le parole adatte per dirti che, adesso, ti sento tanto, tanto mia…- L'avvicinò a sé e la baciò con la passione, la totalità, l'assoluto amore della prima volta.

 

Fine gennaio 1791

 

La proposta

Oscar non usciva più. Aveva saputo il vero motivo per cui i suoi pareri non erano ben accetti. Aveva saputo dei sospetti di Robespierre. Era così arrabbiata, così offesa, ma anche così piena di voglia di reagire che, per evitare problemi ben più gravi e non sopportando quella calma forzata, si era rifiutata di andare in ufficio. Quel posto la deprimeva, la mortificava.

André, una sera, l'aveva presa vicino a sé, l'aveva accarezzata con lo sguardo. E parlandole la fissava.

In quel momento, prima di aprire bocca, ripensò alle case di Parigi, alle corse tra portoncini e panni stesi, ai prati intorno a palazzo Jarjayes, al cielo sempre brumoso, ai tramonti pallidi… gli si strinse il cuore: lui era legato a quei posti, profondamente. Abbandonarli, per lui, era un sacrificio pesante, perché gli uomini del popolo, nel loro paese, sono come piante d'edera. Ma Oscar… vederla così… non poteva sopportarlo!

- Oscar, ascolta. Io non voglio vederti così. Mi sento come se fosse colpa mia.-

- Ma non è colpa tua.-

- Shh, fammi parlare. Lo so che non è colpa mia. Ma… non posso sopportare di vederti così. Tornando a Parigi sapevamo a cosa saremmo andati incontro. La libertà, come mi hai detto tu, deve prendere forma. E i nostri rappresentanti hanno un concetto di forma un po' squilibrato. Oscar, io ti voglio felice. Se tu vuoi, se lo desideri… vuoi venire in America?-

- In America?!-

- Sì! Partiremo insieme quando sarà nato il bambino. Dicono che lì la libertà appartenga a tutti, che si può partire da zero… che c'è posto per ogni persona, uomo o donna, povero o ricco… Se tu vuoi, Oscar, partiamo… Se tu vuoi, io sono disposto a lasciare tutto e partire. Mi dispiace, non lo nego, ma…-

Lei aveva chinato il capo, per non mostrare la commozione. Si era morsa il labbro. Era troppo dolce, André, l'amava troppo. - André… Quello che tu mi dici è meraviglioso. Ma io sono francese, André. Io vivo con la Francia, con il mio Stato. Ne sono parte, ne seguo le sorti. La Francia è parte di me.[2] Sarebbe bello vivere in America, ma sarebbe anche come fuggire… Siamo forti abbastanza da costruirci la nostra libertà a Parigi. Insieme nessuno può privarcene… Quello che tu hai detto, André, è così grande, che io vorrei saperti dire, davvero, quanto ti amo…- Lo abbracciò, sfogò la sua rabbia e la sua delusione piangendo e inveendo contro più di qualcuno. Quante volte aveva fatto così, Oscar? Infinite. E André l'aveva sempre ascoltata. Ma ora erano così vicini da sentirsi una cosa sola.

 

- Tu hai fatto un gravissimo errore, Bernard. Dovevi dirglielo subito: Oscar avrebbe fatto una sfuriata delle sue e…-

- … E io che ne so come reagisce quello? Guarda, André, io non lo capisco più… davvero, non lo capisco più. Da quando sta facendo carriera non è più lui. Ha tirato fuori la parte più forte, ma non per questo migliore, di Robespierre.-

- Da quando Oscar ha saputo quelle idee che Robespierre ha verso di lei, come donna e come Jarjayes, si è rifiutata di mettere piede nell'ufficio. D'altronde prima o poi sarebbe successo. E' stata un'ottima copertura, ci ha dato da mangiare, ma è giusto che troviamo la nostra strada . Quello che mi preoccupa è che Oscar non esce più. Si è chiusa in sé. Non ce l'ha con nessuno, se non con se stessa. Io… la vedo nei suoi occhi: quella voglia di gridare al mondo intero "Mi chiamo Oscar, sono una donna e decido io della mia vita".-

Rosalie raccolse il piccolo François, che le stava tirando la gonna da tutte le parti e lo mise a sedere su un cuscino. - Bernard,- disse,- perché non gli fai quella proposta che avevamo pensato tu ed io?-

- Hai ragione, Rosalie. - Si scambiarono uno sguardo d'intesa molto forte, strettissimo.

- Ascolta, André, io posso dare ad Oscar il modo di vivere che lei desidera. Oscar non è fatta per vendere fiori o cucinare. Oscar per me è il miglior cervello di Parigi, checché ne pensi Robespierre. L'ho sempre sostenuto e continuo a sostenerlo. Visto come si mettono le cose, io sto tornando al giornalismo in maniera molto più attiva. Grazie a questo, posso fare una proposta ad Oscar. Guarda, non è nulla di pericoloso. Con un po' di razionalità, e Oscar ne ha da vendere, non si fa male nessuno. Ma è una cosa molto più concreta e importante di tutte quelle chiacchiere che si fanno in politica. Io ci credo fermamente. Però lo chiedo anche a te. Sai, non è un impegno di tutto riposo…-

André si sedette e prese il piccolo François sulle ginocchia, pensando che ognuno deve seguire la sua vera vocazione, e lui in mezzo ai bambini ci stava divinamente. Senza perdere l'espressione serena e consapevole che aveva assunto da tempo, spiegò a Bernard le sue ragioni. - Ascolta, Bernard… io amo Oscar, non una donna qualsiasi. Con questo non sto sminuendo le altre donne, affermo solo che so come Oscar sia particolare. Spesso è anche faticoso capirla. Ma io non posso sopportare che si spenga, si intristisca… non posso sopportarlo. Io non decido della sua vita: ne discutiamo insieme. Secondo molti, dovrei comandarla… ti rendi conto che assurdità? Io, comandare il comandante! E' ridicolo… Bernard, io non posso fare molto, in certi casi, per Oscar. Posso solo sostenerla, esserle vicino. Se tu, invece, ora puoi fare qualcosa per lei… vieni. Starà sicuramente leggendo.-

 

Oscar era seduta accanto alla finestrella. Quel posto era ormai suo. Un angolino da cui, tra i tetti di Parigi, si vedeva il cielo. Le tegole sotto la neve erano un delizioso ricamo di bianco e di grigio, gusci candidi di tartaruga. Aveva letto a lungo, con attenzione, per cercare di capire cosa fosse successo a Parigi nei mesi di sua assenza. Poi si era appisolata. L'ultima immagine prima di addormentarsi era stata la danza dei fiocchi di neve. Dormendo, aveva sognato… la leggerezza del fiocco di neve, un candido abito e il viso di una donna che non poteva dimenticare: Maria Antonietta. Quando fu svegliata dai passi di Bernard, rumorosissimi, e da quelli cauti di André, cancellò subito quell'immagine.

- Beh? Che volete dirmi?-

Loro rimasero un po' perplessi: come faceva a capirlo?

- Guardate che ve lo leggo in faccia, eh? Come credete che si faccia a capire i segreti di intere brigate? Dovete dirmi qualcosa di importante. Su, parlate: detesto le sorprese.-

- Ecco Oscar… Bernard…-

- Oscar, voglio farti una proposta che per me è molto importante. Tu conosci la vera Rivoluzione. Eri con me sotto la Bastiglia. Avevi gli occhi estasiati nel Palais Royal, quando cercasti di catturarmi… Io posso darti la possibilità di lottare, come piace a te. Di combattere in maniera molto più proficua. Facendo pensare la gente. Io so che tu ci riuscirai. Anche André ne è sicuro. Sei fortunata: un altro marito ti avrebbe murata viva in casa… Ci sono trecentotrenta testate giornalistiche a Parigi. Trecentotrenta, e solo quelle grandi, dichiarate. Nascono e muoiono come mosche. Io non collaboro certo con le più importanti, ma nel mio mestiere ci metto passione. Vuoi girare Parigi? Libera, senza orari. Decidi tutto tu. Vuoi ascoltare, pensare e scrivere quello che pensi? Cosa c'è di più libero, al mondo? Per me, Oscar, nulla: se penso, se scrivo sono libero. Ti pongo, se accetti, solo una condizione: non dovrai mai firmarti con il tuo nome.-

- Perché sono una donna?-

- No. Perché sei Oscar François de Jarjayes.

Lei sorrise. La luce della figlia di Marte brillò sul suo volto. Si rivolse ad André: - Ma perché quest'uomo parla tanto?-

Lui rise: - Perché Bernard è fatto in un certo modo, io in un altro e tu in una altro ancora. Solo che sappiamo rispettarci.-

- Bernard… certo che accetto. Anche domani. Anche subito, se vuoi. Anzi… vado a fare un giro. André, vieni con me.-

- Certo, Oscar. - Si coprirono e, sottobraccio, uscirono.

Bernard rimase con un palmo di naso. "Non finiranno mai di stupirmi quei due…"

 

Camminando per Parigi, vicini sotto il nevischio , si guardavano negli occhi.

- Non hai rimproveri da farmi?-

- Macché. Sono io che ho spinto Bernard.-

- Oh, André… Io vorrei tanto fare qualcosa di concreto per ringraziarti. A che servono le parole sciocche?-

- A me basta solo una cosa, Oscar. Ma neppure te lo chiedo, perché so che lo farai. Se dovessi sentirti stanca, se potesse esserci qualche problema per nostro figlio… allora… ti prego…-

Lei sbuffò platealmente, più con ironia che con aria di rimprovero. - Quante volte devo ripeterlo. Sono una guerriera cinica, ma non sono egoista… E tu, signor Grandier "marito - perfetto" parli anche troppo!-

 

 

Continua...

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[1] Giuro che succede: ti vengono piaghe simili a branchie e temi di essere un mutante… Lo dico perché mi è capitato!

[2] Più o meno lo dice nel manga, quando Bernard le suggerisce di scappare.