Alain

parte V

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Scena 5

Oscar si sentiva frustrata, non riusciva a capire appieno i suoi soldati e farsi capire da loro. Umanamente si sentiva un disastro, specie la sera. Il momento peggiore era - per lei- quando il sole si avvicinava all’orizzonte: il momento della resa dei conti con se stessa. Oscar François de Jarjayes, un rottame sotto ogni punto di vista: non riesce più a farsi stimare dai soldati, sembra diventata incapace di fare il proprio lavoro, non parla con nessuno perché non ha nessuno con cui parlare e, pur avendolo, non saprebbe che dire.

Il tragitto da Parigi a Versailles era penoso, si guardava dentro e sentiva freddo. Anche se faceva caldo, se il sole arrossava l’orizzonte, il mondo le sembrava cupo. Quante volte aveva galoppato, accompagnata da sentimenti peggiori, persino sotto la pioggia? Ma qualcuno le aveva sempre offerto un mantello per ripararsi. E, più che il mantello, la sua vicinanza, le sue parole… invece, quando sei solo, la pioggia ti cade anche nel cuore. Cade anche se rosseggia un tramonto di fine primavera.

E poi vedere Diane, la sorella di Alain, raccontare anche a lei, raggiante, di quelle nozze imminenti che sono “la felicità per una donna”. Diane parlava sul serio? Era giusto il mondo in cui viveva Diane? Era giusto il mondo in cui viveva Oscar?

Tutti quegli eventi l’avevano turbata, riempita di inquietudini. A Diane poteva augurare la felicità, ma lei… non era felice. Assolutamente no. Ovunque fosse la felicità, non era lì.

Due giorni prima il generale Bouillet l’aveva costretta a prendere ufficialmente atto di una realtà scomoda, che lei avrebbe preferito tacere: i soldati vendevano le loro armi. Oscar capiva che non si trattava di avidità ma di fame, l’aveva intuito, più di una volta aveva rimproverato i suoi uomini, senza avere il coraggio di punirli. “Non voglio che le vostre armi si vedano in giro, se non siete voi a imbracciarle, mi basta questo. Per il resto, fate ciò che è giusto”. Invece il generale l’aveva messa alle strette: uno dei suoi soldati – Gérard Lassalle, indifeso, minuto, lentigginoso- era stato scoperto.

Qualcosa, questa volta, sarebbe accaduto. E lei non avrebbe potuto fare nulla. Si erano già create tensioni tra suo padre e Bouillet: non erano mai andati d'accordo, l’episodio del ballo con i pretendenti – organizzato da quest'ultimo - era stato la goccia che aveva fatto traboccare i vaso. Oscar si sentiva offesa: perché Bouillet voleva che lei si sposasse? Per farle lasciare il comando? Perché la giudicava inadeguata, perché era una Jarjayes o per tutte queste ragioni?

Per motivi gerarchici e familiari, Oscar aveva le mani legate: poteva solo sperare che il generale dimenticasse la faccenda di Lassalle. Come sperava che Diane raggiungesse la felicità, che il fragile equilibrio che la legava ai soldati non venisse reciso. Ma poter solo sperare, senza agire, senza un lume, la innervosiva e la frustrava maggiormente.

 

Poi, in una sera di pioggia, vennero delle guardie. Lassalle era seduto di spalle alla porta, non le aveva viste, continuava a giocare a carte ridendo, con gli occhi castani pieni della spensieratezza di un momento. Lo chiamarono, scandendo il suo nome con voce fredda, e lo prelevarono, per la faccenda dei fucili. Alain rimase immobile. Una parte di lui avrebbe voluto rovesciare un tavolo, un’altra parte piangere… un’altra parte ancora, la più stupita, la più sconvolta, sapeva già cosa fare. L’unica cosa che, dopo anni di sopportazione, di piccole disobbedienze, era giusto fare. Corse, in silenzio, lungo i corridoi. André lo seguì, domandandogli dove stesse andando. Glielo chiedeva perché gli leggeva negli occhi che, in quel momento, tutta la rabbia che il giovane teneva in corpo stava per scaricarsi su Oscar. Alain gli parlò con voce calma. Andava solo a chiedere chiarimenti, nel modo più civile ed educato possibile. Parlava senza guardarlo negli occhi.

–Allora vengo con te- rispose André. Alain non disse nulla, e si avviò verso l’ufficio di Oscar. Bussò perfino. Calmissimo, con un sorriso di circostanza che si contraeva spesso, pronto a diventare beffardo e aggressivo.

- Comandante, volevo dirvi una cosa…-

Oscar alzò pigramente gli occhi dal rapporto che stava stilando: era stata una giornata faticosa, e la stanchezza le aveva creato una sorta di tranquillità o, meglio, di anestetico disinteresse.

-         Parla pure, Alain.-

-         Ecco, volevo farvi sapere che André ha deciso di sposare mia sorella, Diane. - sorrise, con aria provocatoria. Provocazione che Oscar non raccolse né percepì.

-         Ebbene? Perché lo dici a me?-

-         Perché?!- il volto di Alain si incupì ferocemente.

-         Per me André è libero di fare ciò che preferisce. Con i miei migliori auguri, ovviamente…-

André, imbarazzato, prese Alain per la spalla, protestando per la falsità della notizia. Ma l'amico era partito per un ragionamento tutto suo e André ne vide la schiena gonfiarsi, per far uscire dai polmoni un urlo grande quanto la sua rabbia.

“Bastarda!!! Come tutti i nobili. Come tutti i prepotenti che schiacciano i più deboli.”-

-         André, sta' zitto! Sta' zitto e guarda!- Sbatté la mano sulla scrivania, Oscar sobbalzò. - Comandante, voi sarete anche una persona in gamba, ma della vita non avete capito niente!- La prese per il bavero.

-         Alain cosa fai?! Metti giù le mani!-

-         Ma lo vedete quest’uomo?!- le gridò, volgendole la testa verso André. – Vi chiede solo affetto, e voi fate finta di niente! E noi, noi soldati, chiediamo solo di poter sfamare le nostre famiglie, non ci importa dei fucili, se venderli ci dà la possibilità di non morire di fame! E voi, che fate?! Fate finta di niente! I fucili per voi nobili sono arnesi da collezionare, per noi sono l’unico modo per non morire di fame!!- Alain era fuori di sé. Gridava come un ossesso, lo sguardo fisso sugli occhi di Oscar. Fuori il temporale era già scoppiato. Al rumore battente della pioggia si aggiungeva il vociare dei curiosi che avevano sentito le grida.

-         Alain, ti ho detto di lasciarmi!- Oscar cercò di liberarsi, ma le mani del soldato erano come due morse ruvide.

-         Zitta comandante, zitta! Oggi t’insegno a vivere!.

La scaraventò fuori dal suo ufficio e, sotto il diluvio, sguainò la spada. Incuranti della pioggia, i soldati si accalcarono a gustarsi lo spettacolo. “Il capo sfida il comandante” si passavano voce entusiasti, febbrili. André si trovava nella penosa condizione di dover assistere, immobile, a quel duello. Come si poteva definire quello che vedeva? Un sentimento grande, che fa soffrire, e che si definisce a seconda della persona a cui è rivolto… amore, amicizia, fratellanza, stima. E anche rabbia e tristezza, per la frustrazione di questi sentimenti. Alain si era sentito tradito da Oscar, nella stima che riponeva in lei, e la stava sfidando. André  stesso si era comportato così, con Oscar, quando aveva visto infrangersi il loro strano legame d’amore mascherato. Il modo era stato ovviamente diverso, ma l’impulso a cui rispondeva era lo stesso: provocare per chiarire. Per uscire allo scoperto, anche a costo di soffrire.

André, nervosissimo, si ripromise di fare chiarezza con Alain, perché, qualsiasi motivo avesse avuto, non avrebbe dovuto permettersi di trattare così la sua Oscar! Aveva detto cose sacrosante, Alain, covate per chissà quanto, scatenate dall’arresto di Lassalle… ma intanto non c'era prova che Oscar avesse a che fare con quell'arresto e, inoltre, con quel suo modo di fare aggressivo, quella sua rozza sincerità, avrebbe rischiato di far colpire Oscar in ciò in cui la sapeva più fragile, la stima verso se stessa.

“Idiota”, pensava, mentre dentro si sentiva morire, appena Alain incrociò i fendenti di Oscar.

La pioggia appesantiva i capelli, le gocce rimbalzavano sui corpi.

-         Io non vendo i miei uomini! Io non calpesto la gente!- gridava Oscar con voce chiara, fiera, eppure incrinata. “Invece sto calpestando le persone, solo per calpestare me stessa…”

Alain non parlava, come se ascoltasse lo scroscio dell'acqua - o i propri pensieri confusi. Infangato, bagnato, faceva impressione mentre lottava. Uno stile grezzo, ma aggressivo: il combattere di chi si è difeso per una vita, non potendo attaccare. In ogni fendente, la rabbia di anni.

“Questo è per la malattia di mia madre!” Si gettò alla destra di Oscar. Lei parò il colpo, scivolando. Alain ne approfittò e rincarò. “ Questo, invece, per le fatiche di Diane!”

Oscar recuperò l’equilibrio, aggirò Alain con leggerezza e rapidità. Lui, più lento ma più forte, non riuscì a prevenirla, ma solo a bloccarne il colpo.

“Questo è per la sofferenza di André!” pensò Alain, mentre cercava di chiudere lo scontro - non si sarebbe potuto chiamare duello -. Oscar stava indietreggiando. “Questo è… per  il mio cuore… se da qualche parte… è rimasto…” fece una mossa azzardata, un passo d’agilità. La bravura, la tecnica vollero che lo stesso passo facesse Oscar, nel medesimo momento. Lei era concentrata, leggera e, in quel momento, la sua mente era tutt'uno con la spada. Il pensiero che Alain associò a quell’ultimo colpo, invece, ne frenò la rabbia, ne appesantì il movimento. Gli parve di sentire male al petto, forse al ricordo del suo cuore,[1] che chissà dov’era.

Oscar scivolò a terra, Alain si piegò su un ginocchio. Rimasero un attimo immobili.

Silenzio, intorno, se non per la pioggia. André era impietrito. Perché Oscar non parlava?

-         Mi avete sconfitto, comandante…- Alain aprì la giacca, un lungo taglio gli attraversava il torace. - Ma questo non vuol dire che voi abbiate vinto. Noi siamo esseri umani, e come tali vogliamo essere trattati. TUTTI… Fate qualcosa per Lassalle. In qualsiasi caso, fate qualcosa…- Alain si voltò, con il capo basso, e se ne andò seguito dai sui amici, spaesati anch’essi.

Oscar non si era mossa. Restava in ginocchio, sulle pietre bagnate, quasi curva sotto i colpi della pioggia. Una mano si posò sulla sua spalla.

-         Oscar… va tutto bene…?- lei si voltò piano, lo sguardo triste.

-         André… sei qui?-

-         Oscar… - fece per parlare, ma gli era difficile, dopo quello che era accaduto. - Oscar, quello che ti ha detto su di me… non è vero, credimi... - Le prese la mano, accompagnò i movimenti di lei. - Ti prego di perdonarlo. Ti aiuto ad alzarti. Sei ferita?- Oscar lasciava fare, con gli occhi bassi, la luce dello sguardo infranta nella desolazione. - Coraggio, Oscar… hai vinto tu… anche se ho avuto tanta paura, per te…-

-         No, io… ho perso André… -

André scosse la testa. - Cosa dici? - Quasi le sorrise, perplesso. - Perché dovresti aver perso?-

-         Perché… non riesco a dirtelo, André… non riesco a farmi capire. Non riesco a dire quello che provo, quello che penso. E, oltretutto, neppure posso. Mi è vietato. Anche questa è una sconfitta, per un essere umano…-

-         Avanti, ti accompagno al tuo ufficio…- "Dirmi cosa", si chiedeva…

“Ho perso di nuovo, André. Ho perso perché non potevo, non sapevo dire ad Alain che se tu sposassi Diane, anche solo se tu la guardassi, la considerassi, io sarei smarrita, disperata… Ho perso perché non ho potuto proteggere Lassalle, perché per anni ho servito una società che indurisce il cuore degli uomini, che li riempie di amarezza… Ho perso perché non ho saputo capirlo subito, e- una volta capito- non ho saputo né potuto fare qualcosa…”

Alain era in un angolo dell'armeria, dove i soldati nascondevano gli alcolici. Si gettava cognac sulla ferita, per disinfettarla senza andare in infermeria. Il liquore scendeva come un fiume di rame, misto al sangue che impregnava la camicia. La sagoma di André oscurò la luce della porta.

-         Spostati, amico- disse Alain, tranquillo. – Non vorrei sprecare questo prezioso liquore…-

-         Sto venendo da te. – la voce di André era dura, risoluta.

-         Beh?-

-         Beh cosa, Alain?! Come… come ti sei permesso di fare una cosa del genere ad Oscar?! Sei impazzito? Sei un idiota! Cosa ottieni a ferirla, ad umiliarla… a sfidarla in duello?! -

-         Oh, già… dimenticavo il tuo amore impossibile per una donna senza cuore. Per una divisa che cammina. Tu certi sentimenti non li conosci nemmeno, André… Per un amore impossibile vale la pena di mettere in gioco la propria vita, solo se l’oggetto d’amore è un essere con qualcosa nel petto…-

André strinse i pugni. – Alain, il tuo problema è che sei, in fondo, un bambino. Parliamo della stessa cosa, ma tu non te ne accorgi. Anche tu vivi un sentimento forte, no? Che ti riempie la vita… pensi che io non possa capire l’amore che ti lega a Diane?!-

-         Cosa?!-

-         Sì, Alain. E’ la stessa cosa che lega Oscar e me. Se Diane fosse nata in un’altra famiglia, tu l’avresti sposata. Se fosse nata uomo, sarebbe stato il tuo migliore amico. Se fosse stata il tuo maestro, ne avessi seguito le orme. E’ un sentimento grande a legarvi e ha preso la forma della fratellanza. Io lo chiamerei tranquillamente amore, senza ipocrisie: non è amore quello che lega fratello e sorella, quando è vero e sincero? E, quindi, non può esserci un sentimento forte che lega una donna e un uomo, anche se la donna è il comandante e l’uomo un suo soldato? Se la donna è un conte e l’uomo è il suo attendente? Credi che non sia amore? Credi che non si possa? Allora, lasciatelo dire, sei un ipocrita.- La sua voce suonava esasperata. - Oscar non è come ti fa comodo dipingerla ora! Se, come hai detto, TUTTI gli esseri umani devono essere rispettati, allora questo deve valere anche per lei! La prossima volta, saremo noi due a sfidarci!- Il suo tono si fece più disteso. - Come ti saresti sentito, se io avessi aggredito Diane come hai fatto tu con Oscar? -

-         André… va' al diavolo!- gli urlò Alain, innervosito dal trovarsi, per una volta, faccia a faccia con debolezze e verità celate, confuse dentro sé chissà da quanto.

-         Dopo di voi, soldato de Soisson!- fu la risposta secca che André gli diede prima di uscire dall’armeria.

 

Il giorno dopo i due erano un po’ più silenziosi e molto più calmi. Ognuno per conto proprio si era sfogato, aveva fatto i conti con se stesso. A mensa si sedettero vicini.

-         Sai, riguardo a ieri… pensavo che non hai tutti i torti, André…- disse Alain, distrattamente, bevendo del vino e guardandolo in tralice.

-         Io ho premesso che neppure tu avevi tutti i torti. Solo che tu sei un gran "testa di legno".- fece André, sottolineando di proposito le ultime parole.

-         Piantala. Testa di legno è solo e soltanto D’Agoût!- rise di rimando Alain. Poi riprese, serio. - Credi che Oscar potrà fare qualcosa per Lassalle?-

-         Penso di sì. Sicuramente ci proverà…-"In fondo, ti fidi di lei", avrebbe voluto dirgli.

 

Continua...

Mail to sonia_78@virgilio.it

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage

[1] Forse da come lo scrivo io non si capisce, ma il dolore lo sente davvero perché Oscar l’ha colpito nel duello. Vd. Anime.