I just like you

part 5

 

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E così, poco per volta, era entrata a far parte del suo mondo…

 

Erano usciti presto di casa. Non avevano impegni in caserma, quel giorno, e Oscar pensò alla fortunata coincidenza che allontanava, finalmente, la burrasca che l'aveva accompagnata negli ultimi tempi.

Uscendo in strada il sole aveva colpito in pieno gli occhi ed i capelli di Oscar, e André non aveva potuto fare a meno di carezzarglieli, istintivamente, un gesto che racchiudeva nella sua spontaneità il senso di ciò che erano diventati. Passeggiarono a lungo per le strade di una Parigi insolitamente mite in quel periodo e, liberi, in mezzo alla gente, si tenevano per mano senza cercare riparo da sguardi perplessi. Ma cercando la luce per guardarsi, ancora, negli occhi.

Si erano trovati a parlare di loro, forse per la prima volta. Pur avendo profonda conoscenza delle rispettive vite, l'emozione di esprimere parole fino a quel momento intuite attraverso sguardi fuggevoli, e sorrisi interrotti, rendeva quei momenti carichi di un tono che sapeva di magico, di inspiegabile.

Senza riserva alcuna, André le aveva spiegato le motivazioni che l'avevano spinto ad intraprendere quella strada per niente facile. E, come per effetto di una medicina miracolosa, le parole stavano pian piano guarendo i solchi aperti dalle ferite che avevano accumulato nell'animo per tutto il tempo che erano rimasti chiusi, ognuno, dietro il proprio muro. Lunghi ed interminabili mesi, senza parole, senza gesti, che facessero ricordare loro qual era  la natura del legame che li univa, la profondità della loro amicizia: sarebbe bastato guardare con un po’ più di attenzione ai fatti invece di accettarli così come erano. Durante quella separazione Oscar aveva pensato, oziosamente, che il distacco di lui fosse esclusivamente legato ai sentimenti che, malgrado tutto, provava ancora per lei. Scoprire improvvisamente un uomo diverso da quello che aveva sempre creduto di conoscere, le permetteva di valutare aspetti del carattere di lui nemmeno immaginati. L'amicizia restava, ma aveva cambiato specie e in essa si svelavano adesso gesti mai esistiti in passato.

L'aria si era fatta improvvisamente fredda, e André le propose di fermarsi a pranzo in un posto che conosceva lui.

Il locale era piuttosto pieno. Dando un'occhiata in giro, Oscar  intravide solo gruppi di giovani ai tavoli, che parlavano animosamente, brindavano al successo della prossima libertà con vino caldo, pieni di un fervore che s'insinuava poco per volta anche nel suo sangue. E, rapita da quell'atmosfera – insolita, per lei - si lasciò condurre da lui, per mano, al tavolo.

Avevano assaporato il cibo con lentezza, studiando nei minimi particolari i sapori noti, che, in quella circostanza, assumevano un gusto diverso, come se s'imprimessero nella memoria, nel ricordo di un momento che stava segnando ancora il percorso delle loro vite.

Spesso si ritrovavano l'uno negli occhi dell'altra, ricominciando quella ricerca clandestina di sguardi che li riavvicinava sempre di più.

Non si era dilungato molto, e, nella brevità del suo discorso, Oscar aveva ritrovato André, riservato e laconico, e come sempre pronto ad ascoltare. Soprattutto ad ascoltare lei.

"Stasera è previsto un incontro con i miei amici: mi piacerebbe che ci fossi anche tu", le aveva chiesto sfiorandole il dorso della mano. E Oscar,  stupita, imbarazzata, innamorata, si era persa nei suoi occhi trasparenti, che continuavano a crearle disagio per come sapevano spogliarla della corazza soffocante che, ancora, le programmava gli istinti.

Gli rispose di sì, che le avrebbe fatto piacere stare con lui, e André, non poté nascondere il brivido del suo cuore, e ricavò passione dalle dita che si intrecciavano alle sue.

"Come mi presenterai?", gli chiese con un delizioso accento provocante.

"Come la più grande rompiscatole mai esistita…"

Oscar sentì un calore crescente invaderla, e addebitando, con se stessa, le cause al vino, non riuscì a fare a meno di ripensare al bacio che si erano scambiati la sera prima.

Notò che parecchi dei ragazzi in sala lo conoscevano, e per un momento ci fu un vero e proprio pellegrinaggio al loro tavolo; tutti  gli chiedevano pareri, scambiavano idee, facevano commenti. Lei ascoltava con serio interesse, attenta a non perdere nemmeno una frase di quei discorsi, e André la guardava, perdendosi nel suo sguardo scintillante, nella mimica del suo volto angelico, in quel suo modo sensuale di sistemarsi la lunga frangia sulla fronte, quando le ricadeva sugli occhi, che lo faceva impazzire.

Erano seduti fianco a fianco, adesso. Sentivano la pressione dei loro corpi accostati; era una sensazione piacevole e André, con un gesto tutto naturale, passò il braccio sopra lo schienale della sedia di lei, lasciando che la mano le sfiorasse appena i capelli.

Nessuno s'accorse di niente, e Oscar lasciò correre, assaporando una per una le emozioni che le provocava quella nuova situazione, così intima, che a tratti le toglieva il respiro.

Lo aveva accompagnato nel suo mondo di rivoluzionario clandestino, e ben presto si era affacciata ad una realtà di cui aveva solo sentito parlare e di cui, ora, voleva fare parte.

Quando Bernard l'aveva vista entrare con André, con un gesto amichevole l' aveva preso da parte chiedendogli di svelargli il segreto.

"Di quale segreto parli, Bernard?" aveva sorriso lui, intimamente imbarazzato.

E Bernard aveva continuato ad assillarlo con domande  personali, che, avevano sortito in André la necessità di defilarsi con una leggera pacca sulla spalla seguita dalla frase: "…Anni ed anni d'esperienza, amico mio…". Con buona pace della curiosità.

 

Nel corso di quel primo incontro col gruppo, era rimasta ad ascoltare, in silenzio, tenendo per sé le sue riflessioni.

Era un'aristocratica, osservò aspramente e, allo stesso tempo, provò la solita insoddisfazione verso se stessa. Al di là di qualsiasi giustificazione, sapeva che si sarebbe scontrata, in ogni caso, con il risentimento che quella gente aveva per i nobili. Ma ciò che temeva maggiormente era il non essere in grado di poter valutare le dimensioni dei disaccordi seppur minimi che regnavano all'interno del gruppo stesso, e quanto avrebbero influito sulla loro capacità di guardare a lei  con obiettività.

Sentiva parlare di uguaglianza, di libertà. L'uso di quelle loro espressioni le permise di spingere oltre la sua intenzione di rimanere solo ad ascoltare.

"Il popolo sta pagando il prezzo per essere stato tenuto, indebitamente, a distanza dalle decisioni che gli spettano". Esordì Oscar, con voce fresca e determinata, sollevando appena lo sguardo, in direzione dei presenti.

"Dite queste cose con molto sentimento. E per essere una nobile, parlate come una persona che comprende, a fondo, i problemi della gente. E questo m'incuriosisce" replicò pacatamente padre Clavel.

"E' vero, ho quotidianamente contatti personali con la realtà della gente. Gli uomini del mio comando appartengono al popolo e, con loro, ho avuto modo di conoscere i problemi di cui si sta discutendo. Non mi aspetto che mi accogliate come una di voi, ma, vi prego di non commettere lo stesso errore dei nobili rinchiudendovi dietro i pregiudizi".

E li aveva visti guardare a lei, con autentico interesse. Si rese conto di aver stabilito un contatto con loro. Lo capì dall'occhiata di assoluta ammirazione  che Bernard le rivolse quando tornò a sedersi di fianco a lui e le strinse la mano.

 

Oscar si fece un certo numero di amici nel gruppo e trascorse molte serate in loro compagnia. Ci andava anche da sola nelle sere in cui André assolveva al suo dovere di soldato della Guardia. Non era più solo una ospite, ma un membro effettivo. Col tempo, si era creato un sentimento di fiducia nei suoi confronti che l'aveva commossa. La semplicità di quella gente la metteva a suo agio, anche se, spesso, doveva faticare un po’ per abituarsi a manifestazioni esplicite di stima, che la mettevano seriamente in imbarazzo.

Inizialmente, Oscar non immaginava quale fosse il ruolo di André all'interno di quel gruppo, del suo scambio di rifugiati, di dati e prove accumulati nel corso della sua partecipazione attiva. Lui  credeva fermamente nel sogno di libertà, di uguaglianza, a dispetto delle difficoltà che quotidianamente incontrava. Spesso, chiuso in se stesso, distante anche dal suo cuore, continuava a credere in ciò che lui era, in ciò che avrebbe desiderato – voluto- per la gente come lui.

E nient’altro sembrava avere importanza.

Camminava affiancato dalla violenza, la paura come guida, ed Oscar scopriva d'avere per André un'apprensione particolare, e spesso, malinconicamente, pensava che lui fosse cambiato al punto di non considerare più lei il centro dei suoi pensieri. Erano solo sensazioni, dettate dall’insicurezza che nutriva per se stessa, e, forse, aver abbracciato la causa rivoluzionaria per primo, considerò Oscar, aveva allargato in André la percezione delle proprie capacità. Fino a quel momento, lui aveva marciato sul bordo dell'abisso da solo, senza destare sospetti. Avrebbe continuato a farlo, questo lo sapeva bene, e, appena l'avvicendarsi delle storie aveva coinvolto pure lei, si era guardata indietro con una sorta di sdegno per se stessa ed aveva, finalmente, compreso lui. Era vissuta, prima di quel momento, nella completa ignoranza, benché cosciente di tutti gli assurdi automatismi del suo mondo. Si era prodigata per soccorrere un bambino sconfitto dalla fame e dalla malattia, aveva accantonato sogni e speranze di donna prendendosi cura di Rosalie, insegnandole ad interpretare la parte che, forse, in fondo al cuore, avrebbe voluto per sé.

La ventata dell'odio e della violenza la circondava ma non riusciva ad avvolgerla, protetta com'era -nel suo mondo- dall'invalicabile  tracotanza aristocratica. Era stato così a lungo.

La sua sensibilità, infine, aveva perforato ciò che di più solido la sua casta aveva costruito per lei.

 

Una sera erano usciti per recarsi, con padre Clavel, nella zona più povera di Parigi, e qui Oscar aveva potuto constatare da sola fino a che punto era devastante la miseria della gente.

Avevano raggiunto il quartiere poco dopo il tramonto. Vagando per le strade, un po’ smarrita, era stata attratta dal bagliore di alcuni bracieri, che fiammeggiavano ai bordi dei muri, istoriando di rosso le carni troppo bianche, e troppo consunte, di distratte belle di notte. Sentì di soffocare.

Vide padre Clavel avvicinarsi ad una di quelle ragazze, e sederle accanto. Aveva un'espressione dolce, e, con un gesto premuroso, le asciugava le lacrime dal viso. Poi la invitò, con loro, e Oscar, senza nemmeno rendersene conto, cominciò a parlare con quella ragazza. Si scoprì a comprendere, perfettamente, i suoi sentimenti, le sue angosce, e fu pervasa da una pena infinita quando questa le confidò di avere un bambino, di cui si occupava il buon prete, e che quel giorno di felicità effimera le aveva portato la notizia della prossima adozione di suo figlio. Una coppia benestante di Parigi, le avevano detto.

"Starò male, lo so… ma, non posso permettere che mio figlio viva in questa miseria, che si vergogni di sua madre."

Le aveva stretto le mani tra le sue, e aveva provato ad immaginare cosa avrebbe fatto lei, se, per un motivo qualsiasi, fosse stata costretta a dover lasciare la persona che amava. E provò una stretta al cuore che le fece male, molto male.

 

A passi lenti proseguivano fino al luogo del  ritrovo. Oscar fissava l'allungarsi delle loro ombre in forme fluttuanti, come mosse da fili invisibili. Oltrepassato un vicolo, si ritrovarono su una delle strade principali; deserta e poco illuminata, era chiusa ai lati dal perimetro di due enormi palazzi signorili. In pochi metri erano divisi i quartieri poveri da quelli più eleganti.

"Si commentano da sole, queste storie…" anticipò André, stanando il pensiero che l'espressione del viso di lei gli rivelava con eloquenza.

"Ti sei abituato?" gli chiese senza sollevare lo sguardo.

"Non ci si abitua mai, Oscar… Si può prestare attenzione, e  non sempre soccorso…"

"Perché mi stai dicendo questo?"

Non le rispose: avrebbe compreso, da sola.

 

Voleva essere un'ombra, e, in alcuni momenti avrebbe desiderato poter fare di più, poter assecondare quella che sapeva essere la sua inclinazione. Guardava la sua realtà, come facente parte di un altro destino; importante ma ancora legato a quello che lei si preparava a seguire. Le pesava, ne sentiva la responsabilità. Per la totale cognizione, che, da sempre, aveva di se stessa, cominciava ad ammettere che quella altro non fosse che la fase preparatoria alla creazione di qualcosa veramente grande, per lei.

Si era avvicinata a lui con l'unica certezza, che, in ogni caso, sarebbero stati capaci di rimanere uniti, perché stimolati dalle loro diversità.

Nello scorrere troppo veloce di quei giorni vivevano sensazioni di estrema gioia, e quel condividere ogni momento del loro tempo, nel lavoro e nei rari momenti liberi, li spingeva a trovare sempre più frequentemente dei pretesti per poter rimanere assieme.

Spesso André la sorprendeva mentre lo scrutava con un’espressione di innocente incredulità, imparando a lasciarle lo spazio necessario per abituarsi a quella nuova unione nata tra di loro. Avevano sempre trascorso tutto il loro tempo fianco a fianco ma, adesso, aveva un sapore diverso condividere il passare delle ore, assecondare la voglia di essere vicini, imprimere tra le sensazioni il sapore delle loro labbra, che si incontravano in baci pieni di passione. I leggeri tremiti allo sfiorarsi improvviso delle loro mani, dei loro corpi. Il calore degli abbracci di André, sempre improvvisi e pieni della gioia che lui aveva dentro, e che giungeva a lei come il fresco dopo il sole, il tepore dopo il freddo. E si lasciava andare, abbandonandosi completamente, ai suoi abbracci che la facevano sentire importante.

Una mattina era passata da lui. Aveva aperto la porta mentre si infilava la camicia, e Oscar l'aveva guardato divertita per il suo modo caotico di infilarsi i vestiti. La casa era in perfetto ordine: spesso si chiedeva come facesse ad essere tanto ordinato un confusionario come lui. Si versò del caffè e si affacciò alla finestra da cui risalivano, sfumati, i suoni della strada, assieme all'odore dell'aria tersa dopo una notte di pioggia. Era felice e pensò, che sarebbe stato bello svegliarsi ogni mattina in quella casa, a guardare la città da quella finestra.

Lui le aveva dato un lieve bacio sulla porta ed era tornato in camera a finire di vestirsi; quella mattina li attendeva padre Clavel: Oscar aveva insistito per conoscere il figlio di quella ragazza, e, soprattutto, vedere chi aveva deciso di adottarlo.

André non era rimasto sorpreso da quella sua particolare richiesta, e vedere i suoi occhi accesi della passione sincera, che sempre la trascinava davanti a situazioni umane, gli aveva fatto abbandonare qualsiasi tentativo di dissuasione.

Era particolarmente raggiante, Oscar, e lui non era riuscito a trattenere un complimento di puro apprezzamento, quando, entrando in cucina, l'aveva trovata assorta di fronte alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto ed  un sorriso tenero che affiorava sulle labbra.

Le tolse la tazzina e bevve un sorso di caffè poggiando le labbra dove le aveva posate lei. Rimase confusa da quel gesto insolito, così intimo, e abbassò velocemente lo sguardo per non incontrare i suoi occhi che la scrutavano pieni di un amore che, a tratti, le pareva impossibile.

 

"Allora, sei pronta?" le fece, allontanandosi per prenderle la giacca.

"Forse…", si girò e  la vide con quell'espressione imbronciata cui non sapeva  resistere.

Tornò da lei per baciarla.

Padre Clavel li attendeva sulla soglia della piccola chiesa. Teneva per mano un bambino minuto, ma con un viso tondo, su cui spiccavano occhi neri, intensi. Somigliava parecchio a sua madre; aveva la stessa espressione vispa ed un naso piccolo con la punta all'insù. Oscar ne fu subito conquistata e, piegandosi sulle ginocchia, si presentò al piccolo, cercando di guadagnare la sua fiducia. André, allora, capì che Oscar avrebbe fatto di tutto per lasciare che il bambino continuasse a vivere con sua madre. Oscar convinse il prete a rinviare, ancora di qualche giorno, l'incontro con i futuri genitori adottivi, spiegandogli che si sarebbe impegnata lei per cercare una soluzione.

Padre Clavel fu sinceramente commosso da quella sua dedizione, e comprese immediatamente che Oscar agiva sempre così, mettendo totalmente se stessa in ogni cosa che faceva.

 

André visse quella giornata assaporando ogni gesto di lei, spesso, limitandosi a guardarla da lontano, lasciandole lo spazio, e il tempo, necessari affinché da sola potesse scoprire ed apprendere il significato di quell' impegno cui lei si era affacciata senza riserve.

Confermò quanto aveva sempre saputo e che non sperava fosse tanto radicato.

Poco prima di andare Oscar lo cercò e, vedendo la sua espressione, provò ad intuire quali pensieri gli passassero per la mente

"A cosa stai pensando?"  Appoggiò la fronte sul suo petto, passandogli le mani sotto la camicia per intiepidirle dal freddo, e fece scorrere la mano, sentendosi portare via dal calore della sua pelle.

Pensava a lei, André. E a cosa sarebbe stata la sua vita se lei non ci fosse stata, che adesso sentiva dentro di sé una forza sconosciuta prima di quei momenti.

Si chiedeva se davvero Oscar, la sua Oscar, si rendesse conto di vivere una doppia vita, sebbene si aggirasse per il suo mondo con la curiosità di un bambino che si affaccia alla vita. Sapeva che quei momenti di inestimabile felicità sarebbero scomparsi appena lei si fosse posta il dubbio morale. Nell'avvicendarsi di giorni solo sognati, assorbiva la sua presenza accorgendosi di non averne abbastanza, e temeva il momento in cui si sarebbero separati. Ma sapeva che il loro rapporto non sarebbe stato, mai più, contaminato dal silenzio e dal dubbio. Presto o tardi Oscar si sarebbe liberata, per sempre, dalle sue catene. Sapeva che sarebbe stata onesta, fino in fondo, con tutti. Soprattutto con lui.

 

"Rimani con me, Oscar…"

 

                                                                                     * * *

 

Erano sfiniti da quella giornata, nata come tutte e conclusasi in maniera tanto particolare.

Dopo aver lasciato la chiesa, lo aveva convinto ad andare a trovare la madre di quel bambino. Aveva speso poche parole, come sempre del resto, convincenti e cariche di un sentimento profondo.

L'aveva guardata muoversi tra i vicoli della Parigi dimenticata anche dal dio più accorto, completamente a suo agio come se in quei luoghi fosse cresciuta. Nella luce troppo fioca dei lampioni cittadini, André osservava la sua Oscar parlare con dolcezza, muovere le mani con gesti misurati ed ascoltare gli altri con espressione immemore di sé. L'amava da morirne, e si scopriva a voler guardare altrove, per prendere fiato, ricomporre i pensieri che, saettanti, lo spingevano sempre a lei.

Mentre tornavano a casa, gli aveva poggiato la testa sulla spalla.

"Sono stanca morta…" pronunciò con un tono buffo.

Le passò un braccio intorno alla vita, lasciando che si poggiasse completamente a lui, e camminarono così fino a casa. Pensò che sarebbe stato bello se avessero fatto l'amore. Sentiva di riuscire a dominare a stento il desiderio che aveva di lei, e quel suo modo di sfiorarlo, a volte inconsapevole, faceva crescere quella passione che gli toglieva ogni volontà.

Non le avrebbe fatto pressioni, era sicuro che sarebbe stata lei a cercarlo, non appena si fosse sentita pronta.

Quando André chiuse la porta rimasero per un attimo, lungo un'eternità, in silenzio, sospesi nello spazio occupato dai loro corpi. Era ormai sera. La stanza era appena illuminata dal riverbero dei lampioni in strada, ed entrambi sentirono la tensione allentarsi poco per volta. Oscar si fece coraggio e, avvicinandosi a lui, gli prese il viso tra le mani. Sorrise. Lui si sentì sollevato.

"Non so tu… ma io ho bisogno di dormire". Gli baciò una guancia allontanandosi subito.

André non aggiunse nulla e, dopo aver acceso un paio di candele, sedette al tavolo sfogliando alcuni documenti che gli aveva dato padre Clavel.

Dopo qualche ora la stanchezza ebbe ragione anche di lui, e, sorseggiando del cognac, andò a sedersi di fronte alla finestra.

 

Le candele erano ormai spente, ma al chiaro di luna lo vedeva benissimo, abbandonato sulla poltrona con le mani in grembo.

Quando non riuscì più a rimanere sdraiata, si alzò uscendo dalla piccola stanza e lo raggiunse.

Gli spostò delicatamente le ciocche di capelli sparse sul viso, con un movimento delicato.

Si chinò e gli baciò la fronte chiamandolo piano.

"Sai che, fino a qualche tempo fa, non mi addormentavo tanto facilmente…" le sussurrò con voce bassa.

Oscar rimase ferma con le labbra premute sulla sua pelle.

"Qui ti prenderai un malanno… vieni a letto…" Lo guardò negli occhi assonnati, e prendendogli le mani lo fece sollevare.

André la seguiva con una mano nella sua, stordito dal susseguirsi di emozioni crescenti che avevano il sapore di tanti sogni fatti ad occhi aperti per anni, e appena entrarono in camera  pensò che quella realtà fosse più evanescente. Seduto sul bordo del letto, abbassò un momento lo sguardo mentre lei era in piedi davanti a lui.

Gli passò una mano tra i capelli, piano sfiorò la sua guancia fino al mento. Gli sollevò il viso.

"Cosa c'è André?"

Le sorrise e passandole le braccia intorno alla vita, l'attrasse a sé sul letto. Rimasero abbracciati in silenzio per un po’.

Oscar ascoltava i battiti del suo cuore, con l'orecchio accostato al suo petto.

"Ti amo… tutto qui."

Provò un brivido inaspettato appena sentì risuonare la voce di lui.

"Tu… sei mio… per sempre…" gli rispose, stringendosi più forte contro di lui.

Si sollevò per guardarlo, gli sorrise mentre gli percorreva le linee del viso con dita lievi. Per un attimo si perse nei suoi tratti, studiandoli a fondo. Pensò che era bellissimo, e tutto quanto c’era di magnifico in lui, traspariva da quel volto aperto, sincero. Si soffermò sulle sue labbra morbide, e non seppe resistere alla tentazione di appoggiarvi  le proprie. In quel contatto entrambi sentirono il conforto d’essere vicini, un’emozione forte ed intensa che li faceva sentire l’uno dentro l’altra.

 

“Ti va di parlarne?” gli chiese lui, comprendendo la marea di pensieri che sconvolgevano la mente di Oscar.

"Sono confusa… Una parte di me vorrebbe abbandonare tutto, ma so che non è così semplice… André."

Chiuse gli occhi sperando di dimenticare per un momento l’altra realtà, ma non ci riusciva. Se fosse accaduto, il silenzio avrebbe interrotto nuovamente il loro rapporto. Era difficile in quel momento scegliere la parole giuste, che non avessero il sapore pungente del disincanto, prima che le carezze ed i sospiri sostituissero le loro voci in un linguaggio ignoto, che avrebbe distorto ogni significato.

"Sono stata bene in questi giorni… per la prima volta, mi sono sentita libera…" riprese a parlare lei, mentre col dito sfiorava il bordo della camicia di lui.

André colse nel suo tono una nota triste di malinconia, appena velata.

Avrebbe voluto risponderle e, magari, rassicurarla.Gli argomenti non mancavano, e lui li conosceva tutti. Sentiva che, da qualche tempo, erano stati particolarmente attenti ad evitarli. Avvertiva un senso di precarietà, sempre in bilico, nella realtà che pretendeva da loro responsabilità diverse.

Avevano entrambi voglia di specchiarsi l'uno dentro l'altra.

Tutte le emozioni legate a doppio filo con la paura di separarsi, come un'ossessione permanente in ogni attimo della loro vita. Il presente entro cui si aggiravano, tutti e due, come clandestini senza alcuna certezza. E, il futuro, lontano; come lo era diventato il passato.

Ed ora quelle decisioni improvvise riportavano entrambi alla loro solitudine.

"Oscar… è ancora troppo presto per prendere una decisione…"

"Io… sono proprio come te… André…"

Si sciolse dal suo abbraccio mentre lui, stupito da quel gesto, brusco, poggiò la schiena contro la spalliera del letto.

Era tornato nuovamente alla realtà, che stavolta gli apparve meno dura e crudele del solito. La consapevolezza del suo ruolo nella loro storia stava cambiando; Oscar l'aveva cercato spontaneamente, ed allo stesso modo si era lasciata andare senza esitazioni, facendolo sentire totalmente amato. Tuttavia sentiva di dover mettere da parte la propria gioia, e darle il tempo di abituarsi all'evolversi dei fatti che coinvolgevano l'uno e l'altro. A quel punto, si disse, le parole avevano aperto una strada tutta in discesa, ma adesso bisognava andare più a fondo per vedere quali sentimenti si celassero in loro stessi, e trovare sintonie più profonde.

Per un momento, Oscar, scorse nella mente le immagini della sua vita divisa tra due mondi che non erano mai riusciti a somigliarsi.

 

Si accostò alla finestra, esposta sulla Senna, a guardare oltre il viale dove camminava ancora qualcuno.

Quella visione la allontanò dai suoi pensieri.

Rimase lì diverso tempo ad ammirare lo scintillio lattiginoso della luna sull'acqua del fiume. Ebbe l'impressione che, in quella notte meravigliosa, fosse l'unica creatura a non sentirsi sola.

Sentì André muoversi sul letto, ma non ebbe il coraggio di voltarsi, temendo di scoprirlo addormentato. Sorrise di quel suo modo di trarre conclusioni precipitose: si era mosso per meglio sistemarsi, nient'altro.

Se avesse dovuto spiegare il senso di quell'amore reciproco non avrebbe saputo dare una risposta soddisfacente, perché sentiva quel legame molto profondo, intimo, legato alle radici che affondano nell'animo, nato in quel luogo dell'anima che l'infanzia custodisce per sempre. Questo era il loro segreto, quello che conoscevano solo loro due, che non avrebbero mai confidato al mondo. Lo amava da impazzire. Lo avrebbe sempre amato.

Repentina, si mostrò agli occhi della mente l'immagine di suo padre.

L'orgoglio che manifestava verso di lei, per l'abilità con cui sapeva muoversi tra uomini come lui, che lo aveva riscattato da ciò che egli definiva un fallimento personale.

Per una vita le aveva rivolto occhiate prudenti, affinché non fosse sprecato il suo lavoro, senza curarsi dei rischi cui si sarebbe esposta: "L' ho addestrata io, conosco il suo valore…" avrebbe risposto a chi tentava, invano, di proteggerla.

Sentiva che ormai, non gli doveva più niente, se non il suo affetto. Se mai l'avesse voluto.

 

André continuava a guardarla. Temeva di captarne i pensieri, velati di dubbi, che ora sembravano portarla via da lui.

Queste ed altre ipotesi più confortanti, sagomarono gli spigoli acuti della sua paura.

Si alzò dal letto e la raggiunse accarezzandole delicatamente le braccia.

"… Hai bisogno di fare chiarezza dentro di te… Io pretendo solo che tu sia, davvero, convinta. Prenditi tutto il tempo che vuoi."

 

In quel momento difficile, il pensiero di un rapporto come il loro le dava un senso di protezione cui non avrebbe mai rinunciato.

Oscar si voltò lentamente, e nel buio della stanza vide illuminato dal chiarore della luna il contorno della sua bocca in un sorriso dolce, pieno di comprensione. Non seppe resistere a quell'immagine di lui, la stessa che l'accompagnava da sempre, e dallo stesso istante volle fermarla nel ricordo di un abbraccio. Gli allacciò le braccia al collo, sentì il suo corpo desiderare il calore di quello di lui. Mentre risaliva lentamente con le mani i fianchi, André chiuse gli occhi visualizzando il suo corpo.

Il suo respiro caldo sul collo, tra le sue labbra.

André visse quei momenti con tutto se stesso: sapeva che non si sarebbero fermati, perché conosceva Oscar, e viveva con lei l'impeto di quella passione, a tratti disperata, nata dal bisogno di sentirsi pienamente libera.

 

"Ti amo, André…"

 

Sentì il desiderio avanzare come un'ondata, e il respiro trattenuto nel suo petto rendeva assordanti i battiti del cuore.

Oscar ne avvertì la variazione e sollevò il viso per guardarlo.

Si guardarono con sguardi carichi d'attesa, cercando, l'uno negli occhi dell'altra le promesse, le speranze…

 

"Ti amo… da impazzire."

 

Chiuse le palpebre e l'attirò a sé cercandole le labbra, in un bacio che sapeva di carezza.

Era sconvolto da quel susseguirsi di sensazioni crescenti che annullavano in lui ogni ragione.

Pensò di essere arrivato fino a quel momento solo per vivere quegli attimi con lei.

Persero la nozione del tempo.

Si spinsero sul letto con le labbra unite.

Sentì André sfiorarla, e lei, solo per un momento, si ritrasse.

Si fermò e si staccò da lei per porle la domanda che lo angosciava da tanto tempo.

"Hai paura di me…Oscar?" C'era come dolore nella sua voce.

Si alzò a sedere, posando i gomiti sulle ginocchia. Reclinò il capo verso lei, e la guardava con un'espressione arresa.

Oscar comprese, immediatamente, il senso di quella domanda, e,  posandogli una mano sulla bocca, gli impedì di parlare.

"No André… non dire più niente…" disse piano.

André le poggiò le mani sulle spalle, vincendo il timore di essere rifiutato. Oscar sfiorò con la guancia la sua mano posata sulla spalla.

"Ti amo. Sono sempre stata tua e lo sarò sempre. Da bambina ti ho amato come un fratello. Dopo, ho capito che non avrei potuto continuare ad amarti così…” Si protese per appoggiare la propria guancia contro quella di lui e lui sentì il suo seno premere contro il suo petto. “… E mi sono allontanata… da te che amo più di tutto al mondo… E avrei tanto voluto che tu mi avessi abbracciata così…" Lo strinse più forte a sé, gli baciò la pelle dietro l'orecchio, poi, mormorò:

"Amore… voglio farlo…"

Le mani di André scivolarono lentamente dalle sue spalle per accarezzarla e poi per stringerla in un abbraccio appassionato.

La tensione di Oscar si placò, si rilassò mentre la paura la lasciava, abbandonata, tra le braccia di lui. André sentì sulle proprie labbra le lacrime salate di lei, l'onda dei suoi capelli che lo avvolgeva e gli scivolava sulla pelle, e lo stringeva con ardore. Le sue labbra erano calde. Le baciò ancora e ancora, finché sentì il suo corpo tremare dal  desiderio.

La sdraiò sui cuscini, e i capelli di Oscar vi si sparsero morbidi mentre giaceva nel buio e sentiva le mani di lui sfilarle piano i vestiti, poi, calde, risalirle il corpo.

Si perse ad ascoltare le sue labbra che le sfioravano il corpo, immaginando, con gli occhi chiusi, la traccia che le lasciavano sulla pelle.

Sentì la lingua di lui lambire il suo grembo, e spingere, con passione crescente, dentro di lei.

Sulle sue labbra affiorarono i gemiti che lo travolsero.

La tenne delicatamente per i fianchi e, una lenta profonda sensazione di piacere si impossessò di lei.

Poi, i loro volti furono ancora vicini e, stavolta, fu lei ad attirarlo a sé, facendo scivolare le sue mani lungo la schiena.

Lo accarezzava con gli occhi chiusi..

Si fece scivolare i capelli di lei tra le dita mentre la baciava sugli occhi, sulla fronte, sulle guance, per ritornare alla bocca.

Visualizzava i gesti  di lei; gli apparivano rallentati, e , accoglieva, in essi, la sensazione naturale dell'appartenersi.

Un accarezzare che raggiungeva l'anima, senza disagio, senza vergogna. La convinzione totale che quella pelle, quel corpo, che ancora le sue mani cercavano con ardore, erano sempre appartenuti a lui.

La baciò sfiorandole il viso mentre, lentamente, arrivava a lei.

 

Soltanto per un attimo provò una fitta di dolore, ma svanì in fretta e Oscar serrò le braccia intorno a lui, completamente felice.

Posò la testa sul suo torace, che si muoveva al ritmo del suo respiro, accompagnandolo fino a che non tornò regolare.

Piano si voltò, la schiena poggiata contro di lui. Gli prese le mani passandosele intorno alla vita, e guardò la luce argentea della luna, bassa, sfidandola con lo splendore del suo sorriso radioso.

 

                                                                                  

                                                                                    * * *

 

Non le fu difficile addurre al dovere la causa del mancato rientro a casa.

Sua madre lesse sul suo viso una luce sfolgorante che Oscar cercava con ogni mezzo di mascherare. La seguì con lo sguardo fino a che non la vide scomparire in cima alle scale, per poi riapparire lungo il ballatoio che conduceva alla sua stanza.

Si sdraiò sul letto sfinita.

Si sentì in colpa per non essere rimasta a far compagnia a sua madre, ma era troppo stanca per parlare, troppo stanca per dissimulare i pensieri, che improvvisi le avrebbero segnato sul volto espressioni svagate. Troppo stanca.

La testa le girava, e dovette chiudere gli occhi per cercare di vincere la sensazione di venire risucchiata da un vortice.

Era stata travolta dagli avvenimenti, non avrebbe mai pensato che tutto potesse prendere quella piega, all'improvviso.

In un mese la sua vita era cambiata, al punto di chiedersi se non fosse sempre stata così.

Da quella sera era tornata a casa dei suoi genitori solo per pochi giorni. Nessuno le aveva fatto domande scomode: in ogni caso sarebbe stato semplice legittimare tutto con i suoi impegni militari.

 

*

 

"Voglio darvi una mano anch' io…" gli aveva detto un pomeriggio, mentre passeggiavano nei vicoli di Parigi.

Fissò il cielo, rincorrendo con gli occhi i bordi svolazzanti di una nuvola, che i colori indistinti del tramonto rendevano più evanescenti.

Lui non aveva detto niente, ma dalla sua espressione Oscar intuì che la loro vita stesse assumendo ancora una metamorfosi.

Si era fermato e, trattenendole la mano, delicatamente le aveva baciato il palmo.

"Ti sei mai chiesta perché ti amo?"

L'aveva detto serio, con una profondità nello sguardo che le aveva fatto battere forte il cuore.

"No”, sorrise, “…però… puoi farlo solo tu."

 

Era cominciato il suo viaggio verso la comprensione e la rivelazione di un mondo ignoto che le faceva meno paura, forse, sorretta dalla spinta dei suoi ideali.

Ritornare in caserma equivaleva per lei ad un arretramento dello spirito, e le riusciva difficile impartire ordini, che parevano insensati a lei per prima.

Prima di quei giorni non le era mai pesato obbedire agli altri, e reprimere e ignorare se stessa. Poi, quell'effetto dirompente che lasciarsi andare aveva assunto nella sua esistenza aveva annullato quelle che aveva sempre visto come verità innegabili, ma non sue.

Non si chiese più se quella fosse la scelta giusta. Sarebbe rimasta al suo posto, con la speranza di poter arginare, in parte, le ingiustizie di cui era testimone.

Una doppia vita, ancora. Dentro di sé cresceva il desiderio di poter avere la sua libertà, e a volte sentiva come se il percorso del suo cammino fosse stato già noiosamente delineato dal senso del dovere e dal rispetto che, nonostante tutto, sentiva nei confronti della sua famiglia. Era pienamente consapevole che la disciplina militare non aveva assopito la sua coscienza, soprattutto ora che il suo paese attraversava una delle fasi più importanti della sua storia. I gruppi di sprovveduti, forniti di armi, stavano confondendo il significato di rivoluzione con quello di violenza rivoluzionaria, dimenticando che solo il risveglio della coscienza, da parte del popolo, avrebbe potuto segnare la vittoria della libertà.

Per una volta, nella sua vita, aveva deciso di sfruttare pienamente i privilegi della sua classe, per metterli a disposizione della causa popolare e guidare i suoi uomini in aiuto del popolo nel caso in cui se ne fosse presentata la necessità.

Nelle settimane precedenti erano riusciti a contattare una delle guardie accusate da Valerie. Preso dal rimorso aveva confessato tutto a padre Clavel e, di comune accordo, avevano deciso d' informare Bernard.

Figlio di un nobile in declino, quell'uomo era entrato a far parte della guardia reale subito dopo le dimissioni di Oscar, e gli avevano assicurato che appartenere a quella compagine gli avrebbe senz'altro garantito dei vantaggi.

Ma poi la coscienza aveva avuto ragione, e il senso di disgusto e di odio per se stesso l'aveva spinto a confessare quelle azioni.

"… Ha detto che conserva appunti dettagliati su persone, fatti e luoghi: se riuscissimo ad avere quelle informazioni, potremmo fare molto…", disse padre Clavel versandosi una generosa dose di vino.

"Davvero ammirevole da parte sua…", commentò André.

"… Avete detto che si nasconde in Normandia. Ora, non resta che andarlo a cercare",  aggiunse con un accento sfinito nella voce mentre poggiava la fronte sui pugni.

Oscar era rimasta in silenzio per il resto della serata. Ascoltava attentamente i fatti, elaborando nel contempo una strategia, e quei pensieri l'avevano allontanata dal resto del gruppo.

André la stava osservando: era nervosa e la sua espressione perplessa comunicava qualcosa che stava tra l'ira e il terrore.

"… Non è così Oscar?" le aveva chiesto Bernard che aveva cambiato discorso, parlando della compatibilità tra giusnaturalismo ed empirismo, presenti in Locke.

"… Lascia stare Bernard…” Era intervenuto André sfiorando la mano di lei. “… finge di ascoltare…" Con un tono intimo.

Oscar l'aveva guardato come se si fosse destata in quel momento. Rivolse un'occhiata imbarazzata agli altri, lasciandosi andare ad un sorriso dolcissimo.

 

Ed era solo passato un piccolo, breve mese.

 

Non volle tornare a casa quella sera, le pesava sempre di più staccarsi da lui, e lo faceva impazzire di gioia e d'amore, sorprendendolo con la sua disarmante femminilità, in gesti che aveva scoperto dentro di sé all'improvviso e dominavano, completamente, la volontà di lui.

Aveva chiuso male la porta della piccola stanza da bagno, di proposito.

André si era sdraiato obliquo sul letto, leggendo nell'attesa qualche riga del suo libro Candide, ovvero l'ottimismo di Voltaire. Si rese conto di non riuscirci davvero senza i suoi occhiali, sapientemente nascosti dietro alcuni tomi sulla libreria.

Il suono dell'acqua che cadeva sulle assi di legno gli lasciò intuire che Oscar stesse provvedendo alla sua toilette, e all'improvviso, come se la terra bruciasse sotto i suoi piedi, raggiunse in pochi passi la libreria senza guardare. Poi tornò indietro sdraiandosi nuovamente sul letto. Si coprì il volto con il libro.

Cavolo… sono un ottimista… non fino a quando immagino di diventare una spugna… da bagno…Oscar, Oscar!

Rimase con gli occhi chiusi, sperando che quel turbamento gli passasse allo stesso modo in cui era apparso. Dormivano assieme, sempre più frequentemente. Giorno per giorno scoprivano il piacere di carezze sconosciute sui loro corpi. André la seguiva in quel gioco nuovo, lasciando che fosse solo il suo cuore a gioire di quei contatti, spesso imprevedibili, che lo lasciavano senza fiato. Assecondava ogni sua curiosità, con l'amore, l'amicizia e l'ironia di cui si sapeva capace, concentrandosi sulle sue parole, disarmanti, che avevano l'effetto di curare la sua sete di lei.

Sentì Oscar entrare nella stanza dall' impercettibile scricchiolio delle assi calpestate dai piedi nudi.

Trattenne il respiro: aspettava uno dei suoi rimbrotti per essersi sdraiato sul letto con i vestiti, ma non lo fece.

Lei sollevò piano il libro che gli copriva la faccia, e si chinò sul suo viso a guardarlo. André aprì subito gli occhi e, in un attimo, realizzò di avere ancora gli occhiali. Si lanciarono un'occhiata indecifrabile che sfociò in una risata liberatoria.

"Sei peggio di un bambino…” Disse Oscar ridendo. “… Si può sapere perché non me l' hai detto?"

L' attrasse a sé e nascose il viso nell'incavo della spalla di lei.

"… Ti danno un'aria… sofisticata…" riprese Oscar con dolcezza, carezzandogli i capelli sulla nuca.

Si staccò da lei, sfilò gli occhiali, e tornò con la schiena sul materasso a guardare il soffitto, con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Oscar, distesa su un fianco, guardava il profilo del suo viso, accarezzando lentamente, con gli occhi, il resto del suo corpo.

Era bellissimo e sapeva che non sarebbe mai riuscita a dirglielo, tanto meno lui l'avrebbe presa sul serio. Tenne quelle osservazioni per sé, anche se prepotente si affacciava il desiderio di sentirlo, suo.

Posò una mano sul petto lasciandola scivolare sotto la camicia, aprendola piano.

Lo carezzò lentamente e sentendo il suo respiro trattenuto, si lasciò prendere da quel gioco sottile che stava trascinando anche lei, in un mare di sensazioni sconvolgenti.

Le bloccò la mano, delicatamente, e intrecciò le dita alle sue passandole sulle labbra.

"Fermati…", mormorò, "…dobbiamo svegliarci presto", sorridendole con infinita dolcezza.

Si sollevò su di lui e si chinò sulle sue labbra.

"Hai ancora i vestiti addosso… spogliati ed infilati sotto… senti che freddo?" gli baciò la punta del naso.

La guardò serio, e sfiorò le ciocche dei suoi capelli che gli toccavano appena il viso.

Oscar scorse una luce arresa nel suo sguardo che l'attraeva, travolgente. Gli sorrise, e piano gli accarezzò il viso con le labbra. Non la fermò: seguì le sue mani scorrergli sul corpo, con il respiro trattenuto. Gran parte del carattere di Oscar, pensò André, si poteva leggere in quelle mani. Le osservò, appoggiate con grazia sul suo petto, aprire la camicia lentamente: quelle dita lunghe, dalla punta tondeggiante.

Risalì con la punta delle dita le gambe, fino a sfiorare insistentemente la pelle sotto la cintura dei pantaloni. I suoi capelli si aprirono sull'addome solleticandolo, le sue labbra, ne percorsero la pelle tesa fino all'ombelico che carezzò con la punta della lingua.

I loro sguardi, proiettati l'uno dentro l'altra, i respiri, sospesi come parole mute, che narravano l'emozione di essere lì.

Passò a sfilargli la camicia con un movimento lento, assaporando poco per volta la sua pelle calda. Lo esplorava con dita lievi, coprendolo di carezze che scopriva insieme a lui.

André era totalmente travolto dai suoi gesti, soggiogato dal profumo di lei, che, piano, si mescolava al suo.

Le raccolse i capelli con entrambe le mani, passandoglieli sulla testa, appagato della naturalezza di quel gesto intimo.

Si sollevò e le baciò il collo percorrendolo con le labbra socchiuse, carezzandolo con la lingua.

Scese fino ai suoi seni.

Li baciò lentamente, sfiorandoli con la punta delle dita, e lei lasciò sfuggire un sospiro profondo appena sentì le sue labbra accostarsi ad essi, piano.

Lo teneva stretto a sé.

Oscar s'abbandonò a lui, trattenne il respiro quando lo sentì più vicino,  il desiderio di lui aumentare, e gli cercò la bocca in un bacio imperioso.

Poggiò le mani sulle sue ricevendo le stesse vibrazioni provate da lui nel toccarla.

Attimi eterni scanditi dal suono dei  respiri, dal frusciare delle lenzuola, dalle loro voci.

La distese sul letto.

Chiuse gli occhi alla fusione della loro pelle.

Si sollevò per guardarla; i capelli sparsi sul cuscino, le guance arrossate, le labbra umide, socchiuse appena.

La camicia, aperta sul corpo, morbidamente abbandonata, lungo le braccia distese sul letto. La guardò, sospeso sulle braccia, e i capelli gli scivolavano sul viso coprendolo appena.

"Ti amo… dimmi solo… che mi vuoi".

Sollevò le mani spostando i capelli delicatamente. E lui, con le ciglia basse, si perse nel suo sorriso quando l'attrasse a sé. Seguì con occhi ardenti le linee del suo volto, che si distendevano in un’espressione rapita, felice.

"Ti voglio…"

Lei lo accolse e lui s'abbandonò, in lei, lentamente.

Sentì l'intimità profonda dei loro corpi uniti in quel cercarsi originario, e nell' intesa segreta ed emotiva che rafforzava il loro legame. Ogni gesto assumeva significati nuovi, la fiducia con cui si era donata a lui, la cognizione dell'amore che sapeva di  dargli. André dipendeva da lei, in tutto, l'aveva sempre creduto, ma rendersi conto che quella adesso fosse la sua realtà le fece provare un brivido di puro piacere. Si sarebbe occupata di lui, adesso, l'avrebbe protetto come dentro di sé aveva sempre sentito di poter fare. In quel momento non le importò di niente che non fossero i suoi abbracci, le sue carezze, lo scorrere inarrestabile delle loro voci nell'amore, il suono dei loro respiri, accordati, nello scambiarsi l'anima.

 

Sentì verso di lei una tenerezza struggente, che lo commosse, per come gli sapeva dare amore, per gli sguardi caldi che aveva solo per lui, per come accoglieva i suoi slanci rassicurandolo, facendolo sentire completamente parte di sé.

A lungo, in una notte che non avrebbero mai più dimenticato, visse dentro lei fermandosi davanti allo scorrere di sensazioni travolgenti.

 

Lo sentiva muoversi con un' intensità infinita dentro di sé, le donava baci appassionati, e le sussurrava parole dolcissime, che le facevano dimenticare ogni cosa prima di quel momento. Si lasciò andare coinvolgendolo nei suoi ritmi, ripetendo a fior di labbra il suo nome, stringendosi forte a lui.

Quando sentì il corpo di lei vibrare e un gemito profondo affiorare alle labbra, fu pervaso da una scossa che gli esplose dentro, e capì che doveva lasciarla. Chiuse gli occhi per non perdersi nello specchio dei suoi.

Si spostò da lei che, con le ginocchia raggomitolate, cercò il tepore nell’incavo del suo braccio, e lui la strinse forte a sé ripetendole, per un tempo infinito, ti amo.

 

*

 

Assunse la stessa posizione nel grande letto a baldacchino della sua stanza. Strinse forte il cuscino, e, chiudendo gli occhi, ripensò alle sue dita che le carezzavano la schiena.

Le sembrò di sentire, librato nell'aria, il suo odore caldo rimasto imprigionato sulla pelle dopo l'ultimo abbraccio prima di lasciarsi.

"Oscar… devi promettermi che non farai di testa tua…"

La sua voce, calda, le risuonava in mente con le parole che le aveva sussurrato. Sorrise al ricordo della sua espressione mentre le parlava, le modulazioni che non avrebbe mai creduto di potergli ascoltare.

 

***

 

Erano seduti sui barili vuoti, poggiati contro il muro, nel retro dell'osteria. L'aria era mite e si sentiva, forte, l'odore del muschio, arrampicato sul muro grigio dell'edificio, smosso appena da un' insolita brezza leggera, sul finire di febbraio.

"… Se riesco ad avere quelle informazioni, potremo aiutare più gente…"

"E' la prima volta che…” sorrise abbassando un momento lo sguardo” …ci separiamo."

"Sì, ma non sarà per molto."

Allora lei gli aveva poggiato la testa sul petto, e i suoi capelli gli avevano solleticato le labbra.

"Ho paura…" mormorò Oscar.

"Non ci credo…" rispose lui, cercando di sollevarle lo spirito.

"… Adesso, è tutto diverso André." Lo strinse più forte.

"Cambierà ancora, amore mio, e tutto sarà diverso. Solo allora potremo fermarci." Le carezzò la schiena come per riscaldarla, e in quel movimento, fece scivolare la mano lungo la curva dei fianchi.

 

Cercavano di allontanare la paura infondendosi fiducia, ma Oscar dentro di sé scopriva sensazioni da cui non si era mai lasciata travolgere. Si ritrovava a parlare con lui della propria debolezza, mascherandone il più possibile l'intensità, e cercava di sentirsi meno sola in quel percorso nuovo, e quando le prendeva la mano  le trasmetteva le stesse vibrazioni. Erano in due, condividevano interamente la loro essenza, e Oscar imparava a convivere con i suoi sentimenti, di gioia e di dolore.

Poi erano rientrati infreddoliti. Bernard si era avvicinato porgendo loro due bicchieri di vino caldo.

"Non vorrai ammalarti proprio ora…" rivolgendosi, scherzando, ad André.

 

Erano rimasti nella locanda fino all'alba, a studiare la cartina dell'entroterra della regione, dove si era nascosto l'uomo che doveva dargli quelle informazioni.

André era chino sulla cartina, cercando di mettere a fuoco l'immagine e memorizzarla. Oscar lo guardò con il cuore pieno d'amarezza, e dovette mordersi il labbro per non piangere. Prima d'allora non aveva mai notato quali sforzi doveva compiere André per mascherare quel suo disagio. Sapeva che non avrebbe estratto dalla tasca della giacca i suoi occhiali, e, avvicinandosi a lui, gli poggiò la fronte sulla schiena.

"Va bene, per te, se traccio in rosso il percorso che dovrai fare?", gli disse con un tono carico d'affetto, e André, non poté fare a meno di rispondere, con un sorriso grato.

"Cosa farei senza di te…" le aveva mormorato scostandole il ciuffo, caduto sulla guancia, mentre si chinava sulla cartina.

Con mano ferma mosse la penna sul foglio, mentre i pensieri vagavano confusi. Sapeva che un solo passo falso sarebbe costato caro, non solo a loro due. Ma da quando aveva scoperto quelle atrocità, punire i responsabili era diventata per lei  un'ossessione.

Spesso, durante la notte, si svegliava piangendo, completamente sudata. Rimaneva per qualche momento con gli occhi sgranati, sfidando di proposito il terrore che le faceva il buio. Sognava le loro facce deformate dalla crudeltà, i loro risi beffardi, e poi mani che si muovevano dappertutto e tentavano di afferrare pure lei, trascinandola giù per un tugurio umido e viscido, senza uscita, senz'aria.

Le accadeva quando dormiva sola, durante le notti in cui, André era impegnato con i turni di guardia, e allora rimaneva sveglia fino a che non sentiva la chiave girare nella toppa ed i suoi passi avvicinarsi alla stanza.

Ritrovava il coraggio appena lo sentiva prenderla tra le braccia, e, respirando piano il suo profumo, ritrovava se stessa. Comprendeva la ragione di tanta sofferenza che era capitata a loro, in un mondo rovesciato dalla disarmonia di impulsi che allontanavano gli uomini dalla volontà di capire.

Rimaneva sveglio, nonostante il desiderio di dormire fosse forte, per rassicurarla, fino a che non arrivava per lei il momento di andare via, e rituffarsi nell'altra realtà della sua vita.

 

Quando sua madre entrò nella stanza, la trovò addormentata. Si chinò su di lei e le sentì pronunciare il nome di lui, mentre le lacrime le rigavano le guance.

 

 

 

Nota:

La stesura di questo capitolo è stata piuttosto sofferta, ma ho potuto realizzarlo, ed osare, grazie ai suggerimenti preziosissimi come pure i continui e sinceri incoraggiamenti di Alessandra.

Grazie di tutto.

 

 

Mail to mariassunta.paolillo@virgilio.it

 

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