BK's Night

 Parte VII

 

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Per Oscar, invece, presa tra gli spostamenti ed il lavoro, quel periodo era passato quasi senza che se ne rendesse conto, con un lieve senso di fastidio per tutte quelle interruzioni che venivano a turbare i suoi pensieri. Del sentimento per André aveva fatto la sua forza. Non notava gli sguardi ammirati che la seguivano. Girodel non era il solo. Non si rendeva conto di quanto apparisse bella. Per lei era semplicemente naturale vivere quel suo amore, ripararlo dalle meschinità, dalle aggressioni, proteggerlo dal tempo, che, ne era sicura, lo avrebbe cambiato. Si chiedeva, incuriosita, come sarebbe stato, negli anni successivi, ma era certa che non sarebbe stato meno bello. Se considerava quanto giovane fosse quell'amore, aveva voglia di scoprire gli aspetti di André che, per forza di cose, non aveva potuto conoscere, quella dolcezza che, finalmente, lui poteva ora permettersi di riversare su di lei, senza più timore di perderla, di allontanarla da sé, di ferirla…[1] quegli stessi sentimenti che ora lei poteva permettersi di sperare da lui… Se pensava al poco tempo trascorso insieme, rispetto a tutta la loro vita, provava come un senso di smarrimento, per l'infinitesimo che rappresentava tra di loro. Eppure era tanto. E completava tutto. Avrebbe voluto, ora, averlo accanto, abbracciarlo stretto, proporgli di fare un viaggio, tanti viaggi. Dovevano recuperare il tempo perduto. E non vedeva l'ora di ritrovarlo, sebbene il pensare a lui, che lui ci fosse e fosse per lei, la aiutava a sopportare meglio quel periodo. Oscar era luminosa, leggera, sebbene dentro di lei stessero maturando decisioni dalle quali sarebbe stato impossibile tornare indietro e forse avevano solo bisogno di un'occasione esterna per palesarsi.

"Siete diversa, in questo periodo", notò Victor, una sera, all'improvviso.

"Dite?", fece Oscar, con la consueta noncuranza. Aveva assolutamente altro a cui pensare, in quel momento, tutt'al più poteva occuparsi di completare alla perfezione il suo compito per affrettare la chiusura della missione ed anticipare il ritorno a casa.

"Ad essere sincero, l'avevo già notato..."

Oscar rimaneva in silenzio, senza sapere bene cosa aspettarsi, e lui continuò.

"Siete…" Una pausa studiata. "… più bella."

Oscar rise, imbarazzata.

"No, aspettate, non stavo scherzando…"

Oscar lo squadrò in viso. Sorrise piena di commiserazione, mentre si alzava, scuotendo la testa.

"Problemi alla vista? Sono sempre io", continuò.

"Già… ma, se non mi inganno, sono cambiate parecchie cose…" Di nuovo quel tono triste…

"Migliorate, forse…" lo corresse Oscar, intuendo dove il discorso andava a parare e cedendo.

Lui si versò da bere e gliene offrì.

"Grazie…"

Oscar si allontanò per guardare la sera avanzare fuori dalla finestra. Sentiva approssimarsi la fine dell'inverno. Ogni anno, in quel periodo, iniziava a percepire l'aria farsi come più calda, portare in sé una energia che le dava l'impressione di essere più forte e vitale.

Poi, si accomodò sul davanzale della finestra, da lì si sentiva più sicura. Tutto sommato, non c'era niente di male a parlare un po' con lui, da quello che le pareva un rifugio adeguatamente lontano.

"Che ci fate, lì? Prenderete freddo…" Stanata… "Venite qui…" Il tono era divertito.

"No. No… sto bene qui." Uno starnuto. Un altro. Una serie, che costrinse Oscar ad abbandonare la postazione per cercare precipitosamente un fazzoletto.

E, mentre apriva, l'uno dopo l'altro, i cassetti della scrivania, qualcosa di caldo le si posò sulle spalle.

"Copritevi…", fece lui suadente, sistemandole il mantello addosso.

Quella noncuranza che metteva nel parlare, quell'accentuare così particolare di alcune sillabe piuttosto che di altre.[2] Oscar provò un brivido. Cercò, per una sorta di estrema autodifesa, di non guardare dietro di sé, ma notò i riflessi che il fuoco accendeva tra i lunghi capelli castani, la luce negli occhi verdi, quello strano alone che, quella sera, pareva circondarlo, rendendolo diverso dal solito. Si chiese se dipendesse da lei, dal fatto che lui avesse già solo accennato ad André e che lei, in qualche modo, avesse confermato, lasciando trasparire, per quanto velatamente, i suoi pensieri più intimi. Si chiese se lui potesse rendersi conto di qualcosa e se ne allontanò immediatamente, per sedersi nel rifugio sicuro di una delle poltrone accanto al fuoco. E lui la raggiunse, per accomodarsi soddisfatto di fronte a lei, deciso a non mollarla, per quella sera.

"Si sta bene, qui…" aveva un tono meditabondo.

"Abbastanza…" Oscar non voleva lasciargli troppo spazio. Non poteva ammettere di stare bene e non poteva neppure ammettere il suo disagio.

"Intendo dire che non mi dispiace stare lontano dalla Corte, da tutti gli obblighi, dal cerimoniale…"

Oscar lo squadrò, sorpresa, riconsiderandolo. Non era l'unica, allora… ma dove voleva andare a parare? Annuì.

"Non avete mai pensato di allontanarvene?"

Uno sguardo perplesso la risposta.

"Sì, insomma, di prendervi una pausa, di…" Si interruppe. Non voleva che pensasse che il suo discorso suonasse come una proposta di avvicendamento di incarichi…

"A voi non è capitato di pensarci?" Girò la domanda.

Victor sorrise.

"Sì, certamente…" Abbassò lo sguardo. "Ci penso…" Un lampo di malinconia negli occhi. "A volte… mi sento stanco di una vita brillante, sì, ma vuota…"

"Vuota?" Lo guardò interrogativa.

Lui appoggiò il bicchiere sul tavolo. Si fece avanti. La guardò dritto negli occhi. Oscar si fece indietro, ma sostenne il suo sguardo.

"Già…" Continuava a guardarla. "Vorrei una persona da amare…" Osservò la faccia di Oscar. Impassibile. Tentò un altro affondo. "Magari dei figli… magari più in là…"

"Con calma", commentò sarcastica lei. "Dovete prima trovare qualcuno che sia d'accordo, no?" Le visioni edulcorate della vita non erano fatte per lei…

"Voi non ci pensate mai?" Insistette.

"A cosa?"

"Cambiare vita…"

"Certo." Vide una luce accendersi nello sguardo dell'interlocutore. "Ho in programma di prendere una vacanza appena possibile." E subito spegnersi.

"Una vacanza non è una vita…"

"Faccio quello che posso… ad essere sincera, non è l'unico cambiamento che ho in programma. Diciamo che è il meno drastico, finora." Un viaggio con André… lasciare la corte…

"E… a dei figli… non ci pensate?"

Oscar lo fissò come se avesse detto un'eresia. E dire che lei dogmatica non era…

"Ah, già, la vostra educazione maschile…" tentò una ritirata pietosa, lui.

"Non direi", infierì Oscar, "dato che credo sia lo stesso tipo di educazione che avete ricevuto voi." Lo guardò, con somma soddisfazione, incassare il colpo. "Semplicemente, non mi ci sento portata…"

"Volete dire che non dipende dal fatto che dovete vivere come un uomo…"

"E perché dovrebbe?" Dio, la banalità, quanto la infastidiva… "Voi vivete come un uomo, eppure li desiderate. Un uomo ha, normalmente, dei figli… per un nobile, poi, è quasi un dovere…" Lui era assolutamente stravolto. "Come vedete, è una scelta mia…"

Si era alzata e, col bicchiere in mano, percorreva la stanza. Un atteggiamento da oratore, pensò Victor, ammirato. Quanto fuoco, Oscar…

"Capisco.."

"Vedete", cercava le parole giuste, "non intendo dire che la mia vita mi piaccia… se potessi cambierei alcune cose… questo sì… ma a come sono, alla mia autonomia, non rinuncerei."

"Nemmeno per amore?"

"No." Ma qui occorreva puntualizzare. "E, comunque, non è detto che io debba stravolgere la mia vita per essere accettata da un uomo…"

"Ma non è da tutti…" provò ad obiettare lui.

"Pazienza… qualcuno ci sarà…" Un'occhiata rapida all'orologio. Era tardi, chissà cosa stava facendo André. "Sarà meglio andare a dormire…"

"Ancora un bicchiere", propose lui. "Avanti, non dite di no… non capita mai di chiacchierare un po' tranquilli…" Le sorrise, incoraggiante.

Oscar ricambiò il sorriso. Decisamente, se solo avesse voluto lasciargli spazio nel suo cuore, forse avrebbe potuto provare interesse per lui.

Victor avrebbe voluto non parlarle di André, tenere quei momenti solo per lui… eppure c'era qualcosa che lo spingeva a farlo.

"Mancate da casa da parecchio…"

Oscar annuì.

"E… vi manca…"

Lo guardò perplessa. Chi? Cosa?

"Pensavo… André è sempre stato con voi, ne sentirete la mancanza…" Ecco, l'aveva detto.

"Non meno di quanto lui senta la mia…" Risposta enigmatica. Ma vera.

Lui rise. Toccato!

"Però, dovete concedermelo, voi siete stata il suo lavoro, finora, ma non potete sapere cosa faccia nel tempo libero…"

"Sono stata anche il suo tempo libero." Oscar ringraziò se stessa di avere la risposta pronta. Se ne dice un'altra, lo ammazzo, pensò. Lavoro, eh? Vigliacco damerino incipriato… Come? Come posso aver pensato…

Lui incassò il colpo. Se non altro, questo diede ad Oscar la soddisfazione di vedere la sua espressione stravolta e la riconciliò col mondo.

"Quindi, sostenete che voi due siete stati sempre insieme…"

"Esatto…"

"Dal che deducete che André non abbia mai avuto una donna o, che so, una storia, una relazione…" Girodel la stava tormentando.

Penso che, se sapessi una cosa del genere, lo strangolerei, si disse Oscar, tremando di rabbia all'idea. "Penso che siano affari suoi", concluse, invece, brusca. "Ma, voi, invece, ditemi…" Sentì scattare dentro di sé l'impulso a sapere, dissimulato sotto la maschera dell'indifferenza. Anche se poteva essere una cosa dolorosa. "Lo avete mai visto nei vostri circoli per ufficiali? Nei lupanari che frequentate?" Lo incalzò. "O qualcuno dei soldati lo ha mai visto in qualche bordello? O con qualche dama disponibile? O qualche cameriera?" Non lasciò fuori nessuna delle ipotesi.

"No…" Scosse la testa. "Almeno non mi è stato riferito."

"Ecco…" Per Oscar la questione era conclusa.

"Voi lo idealizzate troppo, Oscar..."

"No", rispose lei a voce bassa, "lo conosco troppo bene..." O, almeno, si augurò che fosse così. "Ed ora, Victor", gli disse amabilmente scherzosa, mentre gli porgeva il mantello, "andate…" Lo accompagnò alla porta. "Quest'ultimo bicchiere vi sta rendendo troppo… investigativo…" Avrebbe voluto buttarlo fuori a calci, ma non le pareva molto… urbano…

Victor… lo aveva chiamato per nome con un tono assolutamente canzonatorio e femminile. Oh, Oscar…

"Buonanotte, mia Oscar…" le disse, ammirato, con una strana luce negli occhi.

Congedato Girodel, Oscar fu finalmente libera di dedicarsi a se stessa e ad André. Al tavolo, alla luce di una candela, il pesante mantello gettato sulle spalle, gli scrisse una lunga lettera, che avrebbe spedito, via corriere, la mattina successiva. "E' l'una di notte", cominciava… Quella stessa notte, sognò se stessa fare l'amore con un altro. Era una cosa senza piacere, piena, da parte sua, di ansia e di costernazione, piena di sofferenza per lui. E, già nel sogno, sentiva una pena tremenda per se stessa, per aver chissà come accettato quella situazione, per il dolore che avrebbe provato lui, chiedendosi come aveva potuto fare una cosa del genere… Si svegliò col sollievo di scoprire che era stato solo un sogno, ma con la spiacevole sensazione di dover fare i conti con quelle immagini della sua mente, con l'angosciante dubbio di come aveva anche potuto solo sognarlo. Si disse che doveva affrettare il ritorno. Non voleva rischiare un giorno di più, lontana da lui…

Guardò fuori dalla finestra. Aveva preso a nevicare.

 

Anche quella notte l'aveva sognata. Ma non era stato un sogno consolatorio. In quella fantasia notturna, lui, lontano, scopriva che Oscar era di un altro. Era già di un altro, perché lui aveva atteso troppo. Si svegliò quasi con sollievo, lui che amava dormire, oppresso da quelle immagini così realistiche che non se ne volevano andare. Oscar di un altro… Gli mancava il respiro al solo pensarci… Anche se, razionalmente, sapeva che le cose non potevano essere cambiate, era in agitazione. Si lavò quasi con ostinazione, concentrandosi in quel gesto quotidiano, a scacciare i fantasmi di quel sogno. C'era qualcosa, che sarebbe dovuto accadere quel giorno… non riusciva a…

Bussarono alla porta.

"André il dottore…"

Oddio, ecco cosa c'era!!! Gli avrebbero tolto le bende! Probabilmente questo spiegava il nervosismo di quella notte. Mentre tentava rapidamente di asciugarsi, sentiva i passi dell'uomo e della nonna farsi più vicini.

"Un momento!"

 

André temeva quel momento. Anche se sapeva che le crisi, se fossero venute, non sarebbero state immediate… E, poi… avrebbe voluto che la prima immagine che gli si fosse presentata, una volta tolte le bende, fosse stata Oscar, invece, gli toccò il dottore, grata visione, dato che era ben a fuoco e passabilmente nitida, ma niente a che vedere con quello che aveva in mente lui.

Poi, congedatosi il dottore, la visuale fu occupata dalla nonna, piena di apprensione, ma con l'aria complice e… una sorpresa per lui.

"Tieni, è per te…" gli disse, sorridente. "E' arrivata stamattina…" Piena di curiosità, gli porse la busta, continuando a gironzolargli intorno per capire chi fosse il mittente.

Le mani che gli tremavano, gelate, una fitta al cuore, emozionantissimo, in realtà era come se già sapesse quello che stava accadendo, come se già conoscesse quello che stava per leggere.

"Oscar…"

Non poteva credere ai suoi occhi e, nel contempo, l'aveva sempre saputo senza osare sperarlo. Lesse lentamente, il cuore pieno di un calore dolce. cercando di frenare l'impazienza di correre avanti, le righe scritte in una grafia minuta, in color seppia. Poi, come al rallentatore, ripiegando con cura la lettera, si avvicinò alla finestra e guardò fuori. Un panorama abbagliante di neve candida lo costrinse a stringere gli occhi ed a distogliere lo sguardo immediatamente. Stai guardando la stessa neve anche tu, amore mio, si chiese… Sorrise.

La decisione era già presa. Gli amori giovani vivono di entusiasmi, non conoscono le stanchezze e le disillusioni degli amori antichi. Il suo amore era in parte antico, in parte giovane. E lui non ebbe dubbi.

"Nonna, parto."

 

Galoppò per ore, in mezzo alla neve ed al freddo, avvolto nel pesante mantello.

Oscar, ignara di tutto, svolgeva il suo servizio abituale in mezzo alla neve, le guance arrossate dal freddo, mentre lui spronava il cavallo e quasi il respiro stesso gli feriva i polmoni per il freddo.

Doveva vederla, ora che poteva! Non voleva stare lontano un attimo di più, ora che aveva paura di perderla, ora che sapeva che poteva essere di un altro. Corse, corse come un pazzo, senza fermarsi alle stazioni di posta, di luogo in luogo, mentre a sprazzi le immagini del sogno tornavano a tormentarlo e rendevano penosa quell'attesa. Alla locanda del villaggio si fermò solo per chiedere informazioni, poi, di nuovo a cavallo, giunse alla guarnigione, i capelli grondanti di neve, il mantello zuppo. Arrivò che era sera fatta. Cercò di lei.

Bussò.

"Avanti." La voce di lei le giunse da dietro la porta, ovattata. Una fitta al cuore. Quanto tempo era, se ne rese conto solo in quel momento, che non poteva udirla. Sembrava stanca. Oscar, ancora un attimo, si disse.

La mano sulla maniglia gli tremava. Mille pensieri per la mente. Come avrebbe reagito, lei? E, poi, cosa sarebbe accaduto?

Oscar sentì il mantello frusciare al di là della porta.

"Avanti", insisté.

Non poté più attendere. Aprì quasi con paura. La intravide nel riquadro della porta, bella, alla luce della candela, mentre sollevava dai fogli la testa che si sorreggeva con una mano. Infinitamente bella. Più ancora di come la ricordava. Anche se gli tornarono in mente le mille e mille volte che l'aveva vista sollevare lo sguardo da un libro e tutte le volte l'aveva trovata meravigliosa, stupendosi di quella bellezza. Lei lo guardò, in silenzio, incredula. Lui non sapeva che dire. La sua attesa, il silenzio di lei. Le mille parole che aveva immaginato durante il viaggio, quella insistente ragione che l'aveva spinto, la mattina, a partire per cercarla, ora non gli erano d'aiuto. Sapeva solo guardarla con occhi che forse parlarono per lui.

Lei si alzò dalla scrivania, lentamente. Si avvicinò.

"Ma… ma che ci fai qui?" Non sapeva che dire. "Le ferite…" Non fu certo un'accoglienza particolarmente dolce, ma non riusciva ad impedirsi di sorridere, felice e stupita. Era lì, era lì per lei, questo pensava.

Lui trovò solo la forza di dirle, quasi giustificandosi, "Volevo vederti…"

Allora lei, quasi con forza, lo serrò a sé, come cercando rifugio in lui.

Rimasero abbracciati a lungo, senza sapere bene cosa dirsi, come bloccati dalla separazione, come se dovessero reimparare i gesti dell'amore.

Poi, sorridendo, finalmente, lei sollevò il viso fino a sfiorare il suo, aspirando l'odore ed il freddo della sua pelle. Le distanze iniziavano ad annullarsi. Gli sfiorò in una carezza le guance gelate, la linea del mento, il collo, i capelli bagnati. Ne contemplò gli occhi pieni d'amore. E lui ricambiò quella carezza.

"Sei tutto bagnato." Lo portò vicino al camino. "Vieni qui…" lo fece sedere, ironia della sorte, sulla stessa poltrona sulla quale era solito abbandonarsi Victor durante le loro conversazioni serali. Gli passò un asciugamano. "Hai di che cambiarti?" gli chiese con voce dolce. Il suo tono, ora, non era più sorpreso. Si era pentita di quell'accoglienza poco romantica - d'altra parte non era abituata a cose del genere.

Lui annuì. "Veramente, ero venuto per restare con te…" disse semplicemente. "Se mi vuoi", aggiunse.

E lei, allora, gli volò letteralmente tra le braccia, coprendolo di baci e lacrime. Tutta la tensione accumulata in quei giorni, corse via in quelle lacrime.

 

 

Continua...

Mail to laura_chan55@hotmail.com

 

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[1] Un grazie infinito a Camille. Questa parte la devo ai miei scambi con lei.

[2] Giorgio BASSANI, Il giardino dei Finzi-Contini, Milano, Mondadori, 1980.