Rape

(Racconto d'Inverno)

Parte IV

 

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I giorni passavano. L'alcool era diventato l'unico rimedio per far rilassare o dormire Oscar. E André un complice scellerato. Ormai lei era in una specie di stato vigile, di crisi perenne, i nervi a pezzi. La notte non riusciva a dormire. Durante il giorno, per qualche istante, crollava, ma, subito, si svegliava. Avrebbe avuto un gran bisogno di parlare, mentre non riusciva in alcun modo a comunicare... Era bloccata. Avrebbe avuto bisogno di scaricarsi, mentre non riusciva neppure a piangere. Era terrorizzata. Che cosa sarebbe accaduto? Viveva in un limbo, rifiutando la realtà. André era preoccupatissimo. Aveva paura di lasciarla sola con se stessa. E, poi... Lei doveva reagire. Se avesse continuato così, sarebbe diventata madre prima ancora di capire se voleva o no quel figlio. André la conosceva bene. Lei stava cercando di farsi del male. Sapeva che, reagendo, comunque affrontando la situazione, sarebbe giunta ad una delle soluzioni, mentre stava, inutilmente, torturandosi. Decidere non era il suo forte, lui lo sapeva. Ma non poteva permetterglielo, stavolta. Era inutile rimanere in quella incertezza. Doveva decidere. Accettare, una volta per tutte, quel figlio, dimenticando l'onta ed il rancore, oppure abortire e dimenticare (si fa per dire!) la faccenda. Si sedette accanto a lei, sul letto. Lei era rannicchiata in un angolo.

"Oscar... dobbiamo parlare..."

Lei non reagiva. Guardava lontano.

"Oscar!!!" La scosse per le spalle. "Oscar!"

Lei riemerse dalla sua apatia. "Oscar... dobbiamo parlare..." ripeté, pazientemente. Lei lo guardava, disperata. "Devi decidere cosa fare..."

"Ma io non lo so..." protestò lei debolmente...

"Oscar... più passa il tempo, più la situazione peggiora. Non puoi rimanere così." Fece una pausa. "Ti prego, decidi una volta per tutte cosa vuoi fare. È inutile torturarti così... ti fai solo del male..."

"Ti pare facile, decidere..."

"Oscar, lo so che non è facile... ma lo devi fare."

"Aiutami..." disse lei piano... "Non so che fare..."

"Oscar... dobbiamo valutare sia l'ipotesi in cui tu decida di tenere il bambino, sia quella in cui tu decida di non averlo. E di entrambe dobbiamo considerare alcuni aspetti collaterali..."

Lei lo ascoltava.

"Se deciderai di tenere il bambino, dovrai essere preparata ad affrontare tuo padre... Non so se accetterebbe la situazione... forse proverebbe ad importi il matrimonio... con Girodel o qualcun altro..."

Lei chinò il capo. Aveva ragione lui.

"E dovrai prepararti anche a superare il fatto che, inevitabilmente, in lui rivedresti il padre e tutto quello che ti ha fatto."

Oscar respirava piano.

"Saresti disposta a farlo? Riusciresti a superare quello che ti hanno fatto?"

"Non lo so...credo che non riuscirei a non pensarci..." continuò, "Ogni volta... credo che mi ricorderebbe..." Si nascose il viso tra le mani. Tremava. "Dio mio..." Tutto le tornava in mente nitido. Le sensazioni. La vergogna. Il dolore.

André continuò, "La tua vita in parte cambierebbe, almeno fino alla nascita. Io... potrei starti vicino... se tu volessi... Io lo vorrei... Dopo, se tu decidessi di averlo... io ti aiuterei... potrei aiutarti a tenerlo, me ne occuperei...", i suoi occhi erano dolcissimi, "sarebbe bello...", sembrava sicuro di sé, "e tu potresti tornare al tuo incarico..."

Oscar reagì. Aveva paura di lasciarsi trascinare da quel folle nuovo istinto paterno che lui mostrava. Provò una sensazione insieme di rifiuto, di amarezza, di dolcezza, di tenerezza, al pensiero di quel lato di André che non conosceva e nemmeno immaginava. Lei non avrebbe mai potuto condividerlo così apertamente. Aveva paura di mostrare i suoi sentimenti. Di avere gli istinti di una donna normale.

"No!" rifiutò, impaurita.

Poi, si rese conto di aver esagerato.

"Tu devi occuparti di me!" continuò, protestando energicamente, tra il serio e lo scherzoso, prendendogli una mano.

André sorrise... Forse lei iniziava a reagire...

Poi tornò seria. "Ma non considereresti che sarebbe il figlio di Girodel?"

"No... per me sarebbe tuo figlio..." ammise, serio.

Oscar arrossì. Lui parlava terribilmente chiaro. E quelle parole la imbarazzavano. La mettevano di fronte ad una eventualità non ventilata, ad una realtà che lei voleva tenere nascosta, anzi, negare. Anche se, in qualche modo, le suonavano dolci.

"Ma..." André esitava. "Oscar... Io..."

Non voleva aggiungere una ulteriore, pesantissima, considerazione, ma, in quel momento, quelle cose andavano valutate. Tutte.

"So che non è piacevole dirlo... ma... da alcune cose che mi hai raccontato... Temo che... lui... lo abbia fatto apposta. E temo che non esiterebbe a rivendicarti in moglie o, almeno, a rivendicare il bambino..." Aggiunse "Saprebbe chiaramente che è suo..."

"Sì..." sussurrò lei, "Può essere..."

Oscar dovette ammettere che lui poteva aver ragione, sia sulle motivazioni, sia sul rischio ulteriore di rivendicazione. Mille pensieri le si affollarono nella mente. Pensò istintivamente, con terrore che, se davvero avesse deciso di avere il bambino, non sarebbe riuscita a sopportare che glielo portassero via. Pensò che sarebbe davvero stato estremamente drammatico.

"Sarebbe troppo." Si prese la testa tra le mani. "E se decidessi di abortire..." lei esitava.

"Affronteresti subito una situazione difficile..." André parlava piano, triste, serio, "forse te ne porteresti dietro comunque le conseguenze... è una scelta... non facile...", cercava le parole, "...che non si dimentica... per quanto possa essere necessitata..."

Oscar lo guardava. La scena di loro due, disperati, era penosa. I loro occhi pieni di tristezza, le loro voci, sommesse e intense, le loro figure, che si stagliavano vicine, così sole, distanti, separate da troppe convenzioni...

Lui continuò. "Però, forse, eviteremmo le conseguenze... diciamo... materiali... oggettive" respirò a fondo. "Significherebbe chiudere definitivamente la questione con l'esterno... con gli altri... e rimanere a fare i conti solo con se stessi..." La guardò negli occhi. "D'altra parte, praticamente non hai quasi scelta..."

Lei sospirò. André aveva delineato un quadro molto chiaro della situazione. E lei non poteva più sfuggire alla realtà. Era un intrico di confusione. La sua mente era chiarissima ed, insieme, presa da mille pensieri. Ma le cose, terribilmente, stavano prendendo una propria consistenza. Sentì la necessità di parlare, per definirle ulteriormente. Più per se stessa. E la sua voce le risuonò quasi estranea. Troppo giovane. Troppo sperduta. Lei si sentiva infinitamente più vecchia.

"Però... a questo punto... forse, sarebbe la soluzione meno complicata..."

"Avresti tutte le ragioni per farlo, Oscar."

"Tu non lo approveresti..." un tono di ansia, nella voce. "Tu..." esitò, "vorresti questo bambino... vero?"

"Oscar..." André la guardò. Intensamente. Dolcemente. "Io... ti starei accanto. Qualunque cosa tu decidessi." Le prese la mano. "Io sarò al tuo fianco." Abbassò lo sguardo, una tristezza indicibile negli occhi. "Non posso fare altro." Stava piangendo. È terribile vedere piangere un uomo. Oscar sentì una pena infinita. "Non ho potuto fare altro. Avrei dovuto proteggerti e non l'ho fatto. Come potrei chiederti, ora, di accettare le conseguenze di un errore anche mio? O, in ogni caso, di una violenza? Non ne ho il diritto. E voglio che tu superi questo momento..."

Oscar rimase in silenzio per qualche istante.

"André." Esitava. "Posso farti una domanda imbarazzante?"

"Dimmi."

"Se... il bambino... fosse... tuo, mi diresti le stesse cose?"

Lui rifletté. "Certo, Oscar...", le rispose, guardandola dritto in faccia.

Lei annuì. "Mhh.. Ho capito."

Rimasero in silenzio a lungo.

Poi Oscar si riscosse. "E tu... cosa faresti?" gli chiese.

"In che senso?"

"Se fossi tu a dover decidere al mio posto..."

Lui esitò. Abbassò lo sguardo. Poi la fissò dritto negli occhi. "Ti direi 'sposami' e ti porterei lontano..." disse lui, tristemente. "Ma so che non succederà..." aggiunse, subito.

"E pensi che questo risolverebbe le cose?" Il tono di Oscar era pieno di rimpianto.

"Forse, se tu accettassi di essere una donna... di poter vivere esperienze che anche le donne fanno... al di là di quello che è - e rimarrebbe - il tuo incarico... Ma... no, la violenza non la cancellerebbe..." ammise, con amarezza.

 

Era sera tardi. Oscar, sempre chiusa nella sua stanza, aveva mandato giù qualche cucchiaio di brodo. André era passato a vedere come stava e aveva trovato il vassoio quasi intatto. Lei era rimasta silenziosa, come se stesse pensando insistentemente a qualcosa. Poi trovò la forza di comunicare.

"Domani mi accompagni dal dottore?"

"Hai deciso..."

"Sì." La voce chiara, lo sguardo basso.

Lui la guardò. Sentiva di volerle un bene infinito. Coraggiosa, pensò. Lei sembrava aver bisogno di aiuto, ma non osava chiederlo.

"Oscar..." fece in modo di prevenirla. "Posso... restare un po' qui, con te?"

Lei annuì.

Si sedette sul letto, accanto a lei. Era penoso. Come la sera prima del duello. La paura sospesa nell'aria. La guardava. La sua Oscar... ferita ed orgogliosa. Bella. Incredibilmente bella.

"Domani sarà tutto finito..." considerò lei, la voce limpida. Piegò all'indietro la testa, la voce incrinata. Stava piangendo. "Continuo a dirmi che è la cosa più giusta..." ebbe un sorriso amaro, "ma non riesco a togliermi dalla mente che, forse, sarebbe bello avere un bambino... non questo, in questa situazione... ma... non riesco a spiegarmi... poterlo avere, in generale... poter scegliere di averlo... senza nascondersi... senza doverlo temere... come una persona normale..." sospirò. "Io non potrei farlo." Considerò. "Per me non potrebbe mai essere così." Pensava a suo padre, che l'avrebbe uccisa. Alle costrizioni, impartite dalla sua educazione stessa.

André la ascoltava in silenzio. Il privilegio di conoscere la vera Oscar. E lo strano effetto delle sue confessioni. Cose che, con difficoltà, avrebbe ammesso con se stessa, le stava condividendo con lui. Oscar sarebbe stata una madre dolcissima, piena di affetto. Un po' atipica, forse. Lui la conosceva. Lo sapeva. Ma non sarebbe mai accaduto. Chiuse gli occhi. Un'idea folle. Un gioco. Quasi per scherzo. Per distrarla. Tanto, ormai...

"Maschio o femmina?"

Oscar sgranò gli occhi. "Cosa?"

"Cosa preferiresti?"

Lei arrossì fino alle radici dei capelli.

"E tu?" trovò lo spirito per reagire.

"Una bambina... che ti somigliasse..." si illuminò. "Ma il nome... Oscar mi piace... ma pensi che lei lo apprezzerebbe?"

Oscar stava per scoppiare. "Ma cosa ti viene in mente!?"

"E tu, allora? Non mi hai ancora risposto!" La provocò, facendosi più vicino.

Oscar gli oppose il fedele cuscino multiuso, ma lui le stringeva le mani tre le sue ed il cuscino puffò sulle coperte.

"Avanti! Confessa!"

Lei resistette. Inizialmente, perché davvero non sapeva che dire. Poi, invece, per l'imbarazzo di un'idea che le si era delineata chiara, nettissima, davanti agli occhi e nelle orecchie. Scosse la testa, sorridendo di sé.

André, incuriosito, insistette. "Dai..."

"Un giorno... te lo dirò..." fece lei, improvvisamente triste, alzandosi e dirigendosi verso la finestra.

André intuì che era ora di andare. Si alzò anche lui e si avviò alla porta.

"Oscar... a domani, allora."

"Aspetta!" Oscar tornò sui suoi passi. "Resta con me... stasera."

Lui la guardava.

"Ho paura."

Sola. Impaurita. Pallida e bella.[1] Così improvvisamente fragile.

"...Sì... va bene...". Guardò il divanetto. Il suo letto improvvisato... Soffocò il tormentoso pensiero della notte che lo attendeva, per di più alla vigilia di una giornata dura come quella che li aspettava, alla quale ne sarebbero seguite altre non meno difficili. La sua povera schiena...

Uscirono all'aria fredda del balcone. Oscar tremava. André ebbe l'impulso di stringerla a sé, ma si trattenne. Poi sentì qualcosa contro di sé. Oscar, di spalle, gli si era appoggiata contro. Lui, allora, la cinse da dietro. Era dolce. E caldo. Da allora, Oscar avrebbe sempre ricordato la sensazione calda degli abbracci di André. Lei gli si abbandonò contro. Lui affondò il viso nei suoi capelli. Oscar si sentì pervadere da una sensazione di affetto, di calore, di desiderio, attesa ed, insieme, appagamento. Sentiva il suo respiro sulle guance. Quanto sarebbe durato?

"Resta con me... non andare via.." gli disse. Piangeva.

André sentì le sue lacrime sulle mani. La girò per le spalle, se la strinse contro, sentì le sue braccia intorno al proprio corpo. "Oscar..."

Rimasero così. Avrebbe voluto dirle mille cose. Ma aveva ancora paura. Non credeva a quello che stava accadendo.

Poi, Oscar alzò lo sguardo verso di lui. Era bella.

Lui la guardò con dolcezza. Le accarezzò il viso. "Ti voglio bene." Disse, semplicemente. Tutto ciò che provava consegnato a quelle parole.

Lei, come liberata da un peso enorme, si strinse ancora di più a lui, il viso contro il suo petto, cercando protezione. "Anch'io ti voglio bene."

André lasciò andare tutti i suoi dubbi. Oscar! La sua Oscar! Le sollevò il mento. Lei lo guardava con gli occhi scintillanti. Si baciarono. A lungo. Con dolcezza. Affetto. Curiosi della sensazione delle loro labbra e dei loro volti vicini. Pieni di un sentimento, composto di tante cose, che li univa. Facendosi sempre più vicini l'uno all'altro.

Rientrarono, congelati.

Corsero davanti al caminetto, di fianco al letto di Oscar. Si abbracciarono di nuovo, al calore delle fiamme, abbandonati l'uno all'altro. Poi si sciolsero, i volti arrossati, gli sguardi accesi, ansimando. Si guardavano. Non potevano crederci. Rimasero mano nella mano. Nessuno di loro sapeva cosa fare. Si sedettero per terra. Come avevano fatto tante altre volte, davanti al fuoco. Solo che, ora, erano più vicini di prima, le loro anime accostate, quasi confuse.

Oscar si lasciò andare, appoggiata a lui, che le cingeva le spalle. Rimase così, gli occhi chiusi, accoccolata contro di lui.

Lui restò un po' in silenzio a contemplarla, poi la sollevò tra le braccia e la depose sul letto. Si era fatto davvero tardi. Oscar aprì gli occhi. André rimase qualche istante accanto a lei, poi si allontanò verso il divano. Non era quello che avrebbe voluto fare. Ma non aveva scelta.

"André..." lo richiamò Oscar. Sembrava ferita. Lo guardò con aria di rimprovero, quasi sentendosi tradita.

André comprese il suo sguardo e tornò indietro, guardandola con amore.

"Vieni qui."

Lui era perplesso. Si avvicinò. "Il bacio della buona notte?" cercò di indovinare e la baciò sulla fronte, un po' imbarazzato dalla nuova situazione.

"Intendevo... a dormire..." precisò lei, rossa in volto, ma consapevole di dover fare il primo passo. "C'è spazio..." aggiunse, "...se ti va bene..." osservando, divertita, la faccia di André, con un'espressione incredula.

Lui, un'aria indecifrabile, scomparve a passi rapidi verso l'anticamera. Lei, allarmatissima, scornata, non capiva. Lui chiuse entrambe le porte a chiave e tornò da lei.

"Non sarebbe una situazione facile da giustificare, no?"

Oscar lo avrebbe strangolato con le sue mani. "Tu... brutto..." Cominciò a picchiarlo, ma lui la prese per i polsi.

"No! No! Pace, ti prego..."

Lei gli rovinò addosso. Si guardarono negli occhi per un lungo istante. Poi lui l'attrasse a sé, tenendola per la vita e per un polso, e la baciò. In maniera diversa da prima. Oscar era completamente sconvolta. Si scoprì a desiderare André. Non stava ragionando. Lo sentiva. Lo voleva. Immediatamente. Però... aveva paura. Anche se le era molto chiaro quanto provava, temeva di avere paura, di nuovo... In quel momento non era così, ma dopo?

André si staccò da lei, che si era irrigidita. "Scusami..." si rialzò a sedere.

"Non ho paura..." spiegò lei, lentamente. "Ho... temuto di aver paura..." precisò. Guardava da un'altra parte. Si girò verso di lui. "Che il mio corpo potesse provare... le stesse... cose..."

"Oscar..." André la guardava. "Io non ti farei qualcosa che non vuoi."

"Lo so." Ammise lei.

Rimasero in silenzio. André si distese al suo fianco e Oscar si rannicchiò contro di lui. La circondò con un braccio. Il letto era freddo. André tirò su una delle coperte. Oscar avrebbe voluto parlare di quello che sentiva, ma le parole non volevano uscire. Dentro aveva una tempesta di sentimenti. Poi, si decise. Non era giusto nei suoi confronti.

"Io... ho voglia di... baciarti... e non solo, credo.... ma ho paura... di ricordare..."

Lui rimase in silenzio, pensieroso.

"Ma non è un rifiuto fisico... capisci? E neppure mentale, al momento..." Non sapeva se riusciva a spiegarsi. "Credo sia solo paura...", precisò.

André la girò verso di sé, "Allora, facciamo così. Quando senti che c'è qualcosa che non va, mi fermi. Va bene?"

Ragionevole, pensò lei.

"Però..." e la baciò con un'aria malandrina, "ti consiglio, da amico, di non distrarti e di concentrarti solo su noi due... vedrai che funzionerà!"

Funzionò a meraviglia. Lui la baciò. Infinite volte. Lei lo ricambiava. I loro corpi si spingevano sempre più l'uno verso l'altro. Con forza. Con trasporto. Lui si fermò. La guardava negli occhi, sollevato su un gomito, accanto a lei. Non osava proseguire. Temeva di non riuscire a controllarsi. Oscar gli sciolse il nastro,[2] che gli legava i capelli e la massa bruna gli ricadde sul collo e sulle spalle. André, nonostante quello che stava accadendo tra di loro, fu sorpreso da un gesto così intimo. Oscar lo contemplava. Era davvero bello. Da togliere il fiato. Non della bellezza appariscente di Fersen. Di una bellezza quieta, tranquilla, profonda. Da scoprire, da apprezzare giorno per giorno.

"Sei bello..." Gli accarezzò il viso. Gli passò le dita tra i capelli. "Perché non porti i capelli sciolti?" La sua mano scese lungo il collo. André provò un brivido. Lo guardava, estasiata.

"Sono troppo lunghi..." le spiego lui.

"Invece ti stanno benissimo..."

Fu lei a ricominciare. André si lasciò completamente andare. Oscar era senza fiato. Era fantastico. Un insieme di brividi e calore. Lo attrasse maggiormente a sé. Lui la stava facendo impazzire. Ma, poi, lui si fermò. Rimase immobile, le mani di lei tra i capelli. Ansimava.

"Scusami, Oscar... non sarei dovuto andare tanto avanti..."

Oscar era stravolta. Non sapeva che dire. Sapeva solo che lo voleva. Che lo desiderava da impazzire ed in quel momento niente altro aveva importanza. Un pensiero le aveva attraversato la mente, come un lampo. Quello che stava accadendo tra loro era fuori da ogni previsione. Ma... lei si rendeva perfettamente conto di desiderare André. E non voleva che lui smettesse. Si trattava di un bisogno fisico, a quel punto, sicuramente. Ma non riusciva a togliersi dalla mente un'altra idea. Un'idea forse molto ingiusta nei confronti di André.

"André..." fece una pausa. Prese coraggio. Poi, sparò. "Faresti l'amore con me?".

"Oscar..." André non si aspettava una domanda del genere in una situazione del genere con obiezioni del genere...

"Completamente, intendo..." precisò lei.

"Oscar, io desidererei moltissimo farlo con te... ma credo sia meglio fermarci..." Soppesava le parole. Si sollevò sulle braccia e le si avvicinò al viso. "Credo che dovremmo aspettare... " sospirò.

"No." lo interruppe lei, "Voglio farlo." La sua voce tremava, ma era limpida. "Per più di una ragione." Fece una pausa. "Non voglio più ricordare quel corpo, quei momenti..." André ascoltava, sorpreso. Oscar parlava a voce bassa. Stava cercando di spiegargli quello che provava. "Io me lo sento ancora addosso. Non ora, mentre siamo insieme... ma ogni momento, quando resto sola, nelle situazioni più normali... Non ora, capisci?"

"Hai ragione, ma non credo che..."

Lei lo interruppe "Non voglio avere un ricordo così orribile..." aveva la voce incrinata. "Ti prego! Togli ogni traccia di quell'uomo da me!" Era sul punto di crollare. "Cancella ogni segno! Fammi dimenticare tutto! Ti prego..." Gli occhi le si riempirono di lacrime.

André le accarezzò il viso. Delicatamente, guardandola con estrema dolcezza.

Oscar si tranquillizzò. Sorrise. "E poi..." Gli occhi le brillavano. "Ho voglia di fare l'amore con te..."

Lui non sapeva che dire. "Oscar... io non ho neppure..."

Lei lo guardava con due occhioni sbarrati... "Mh?"

"Insomma... non ho... nessuna precauzione..."[3]

Lei sorrise, con amarezza "Tanto, ormai, non serve più..." Chinò il capo. Lui le passò una mano tra i capelli, sfiorandoli. "Ma, per le prossime volte, procurateli!" gli disse, gli occhi che brillavano di un lampo malizioso, ma, nella voce, un tono di burla.

"Oscar!" la implorò lui.

Non poté dire altro. Oscar lo attrasse nuovamente a sé, abbracciandolo. Era un abbraccio che era una richiesta di affetto, ma il contatto dei loro corpi rimise tutto in gioco.

Fu molto dolce.

Oscar provò una miriade di sensazioni, insieme. Quella preponderante, forse, a dispetto dell'eccitazione di entrambi, fu la dolcezza. La dolcezza di condividere con André quel momento. Ma c'era anche quel profondo senso di vicinanza, che li aveva sempre uniti, e che, ora, si era fatto più forte. E c'era l'affetto, che, da sempre, provava per lui. Oltre che l'amore, che, pure, fortissimo, occupava solo una parte dell'intera faccenda. Si volevano un gran bene. E si amavano. Per André fu lo stesso. Fece l'amore con tutto se stesso. Con l'affetto, con l'amicizia, col desiderio, che, insieme, provava per la sua Oscar.

Oscar lo guardava, gli occhi scintillanti. Era davvero lui che, ora, con dolcezza e trasporto, le stava così vicino, che la faceva impazzire. Che le faceva desiderare qualcosa d'altro, di più intenso e forte ancora. Forse era questo, fare l'amore. E, poi, lui era dentro di lei. E questo pensiero era dolce ed, insieme, eccitante. Lui sentì una Oscar nuova, intensa, lasciargli graffi sulle spalle, sulle braccia,[4] le sue mani premere lungo il suo corpo. Era fantastico.

Si abbandonarono, l'una nelle braccia dell'altro, spossati. Rimasero così per un po', ansimando. Poi, lui fece in modo di girarsi su un fianco, trascinandola con sé.

"Sei fantastica...", le disse, cingendole, protettivo, le spalle con un braccio e guardandola con dolcezza.

Lei alzò il viso verso di lui, gli occhi lucidi. Piangeva.

"Ehi, che ti succede..." sussurrò André, preoccupato, accarezzandole il viso.

Oscar cercò di sorridere... in effetti la sua reazione era buffa... "No... Niente... solo... sono felice!" Abbassò lo sguardo e lui la abbracciò con trasporto, stringendola ancora più a sé.

Rimasero abbracciati. A lungo. Oscar stentava ad addormentarsi. Non poteva credere a quello che era accaduto. Stava all'erta, registrando ogni sensazione, memorizzando ogni contatto. Pensava alla sensazione di André così vicino a lei, dentro di lei. Al fatto che avrebbe voluto che lui lo facesse ancora. Ma c'erano altri pensieri. Non avrebbe mai voluto lasciarsi andare al sonno. Avvicinarsi all'indomani, che la terrorizzava. André sembrava addormentato. Pensò a lui.

"Non riesci a dormire..." Aveva aperto gli occhi. La stava guardando. Lui era sempre così tranquillo. No. Non era tranquillo. Era calmo. Se lui le avesse confessato che, dopo essersi lasciato andare a quella breve (!) parentesi, la paura lo aveva preso di nuovo, Oscar non ci avrebbe creduto. Era un'ansia sottile, che gli gelava le mani e gli mozzava il respiro. Ma non poteva lasciarglielo sapere.

"Sono stanca. Ma..." fece una pausa. "Non riesco ad impedire alla mia mente di pensare... E, poi, ho paura..." Lui le accarezzò il viso. "è... come se la tensione del mio corpo mi tenesse all'erta..."

Lui sorrise "Non ti sei rilassata abbastanza..." La guardò con aria molto ispirata. "Hai bisogno di un altro po' di moto..." La baciò.

Oscar, gli occhioni sbarrati, obiettò "Ma... ma tu... non vorrai mica..."

Lui le appoggiò le mani sulle spalle. "Scherzavo... stai tranquilla..."

Oscar puntualizzò "Non che non ne abbia voglia...", sorrise, "ma sono davvero a pezzi..."

André sembrava preso da qualcosa. "Oscar... tu hai bisogno di rilassarti... Hai le spalle tesissime. Incordate..."

Lei sentì la tensione che scorreva, sotto le mani di André. Già... Altro che tesa... "è vero...", convenne.

"Cerca di rilassarti, di lasciarti andare anche fisicamente..."

Oscar provò a rilassare i muscoli. Riusciva, per un po', nel suo intento, poi quelli, allenati com'erano, se ne tornavano per i fatti loro.

"Sicura che non vuoi fare un po' di moto?" si informò André.

Oscar lo guardò implorante.

Poi, lui si illuminò. "Aspetta! Ho trovato!" Scese dal letto. Si vestì. Uscì a razzo.

Oscar, perplessa, si accovacciò al posto di André, sotto le coperte. Era tiepido. Sentiva ancora il suo odore sulle lenzuola. Le piaceva. Erano stati così vicini... Desiderò per un attimo poter condividere con lui quelle piccole esperienze quotidiane che legano due sposi. Come una coppia normale. Come se lei avesse potuto vivere un'esistenza comune! Sapeva che non era possibile. Se, anche, a Corte, avesse potuto sistemare le cose, suo padre non glielo avrebbe mai consentito. Un uomo, dedito alla carriera militare, poteva avere moglie e figli. Perché una donna no? Sarebbe bastato un congedo di qualche mese prima e dopo la nascita... per il resto? Dov'era la differenza? Anche il fatto che André non fosse nobile... E chi lo voleva, un ridicolo nobile impomatato ed incipriato! André era figlio di borghesi. Era cresciuto con lei. Aveva studiato con i suoi stessi precettori e maestri d'armi. Cosa c'era di diverso rispetto ad un nobile? Forse, che aveva meno boria? O meno denaro? Ma c'erano nobili che andavano comportandosi come Girodel e, ancora, nobili molto più poveri di un borghese! I suoi pensieri furono interrotti dal rientro di André, che, di nuovo, si chiuse dietro le porte. Poggiò qualcosa sul comodino, si sedette sul letto, scostò delicatamente le coperte, sotto le quali si era rintanata Oscar. Sorrise, intenerito, quando la trovò al suo posto, con l'aria imbronciata. Le diede un bacio sulla fronte. Lei si rasserenò.

"Che hai combinato?"

Lui le indicò il comodino, su cui troneggiavano una bottiglia di cognac e due bicchieri.

"Ottima idea!" fece Oscar, entusiasta, sollevandosi a sedere, riparandosi con la coperta.

"Oscar..." André esitava. "So che sono congelato, quindi non sono una buona compagnia... ma... ti dispiacerebbe se... tornassi a letto?"

Oscar lo prese per le braccia e lo attrasse vicino a sé. "Spogliati", gli disse, mentre versava da bere per entrambi, "ti ho tenuto caldo il posto..."

Gli porse il bicchiere. Bevvero. L'alcool entrò in circolo subito, scaldandoli. André si accoccolò di fianco ad Oscar, che lo avvolse con le braccia. Poi, la stanchezza li vinse.

 

 

Continua...

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[1] Da L'isola non trovata, sempre di GUCCINI.

[2] Questa citazione è un voluto e, insieme, inevitabile, date le circostanze, omaggio a Leçons de s'embrasser 1 di Narumi!

[3] Per la documentazione in materia, si vedano LEBRUN F., La vie conjugale sous l'Ancien Régime, Paris, Colin, 1975, pp. 161-167; MC LAREN A., Reproductive rituals: The Perception of Fertility in England from the Sixteenth Century to the Nineteenth Century London and New York, Metuen, 1984, pp. 57-87.

[4] Mi ricorda il DE ANDRé di Verranno a chiederti del nostro amore.