In vino veritas

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

Questa fanfic in realtà ha più di un annetto sulle spalle. Per vari problemi non è mai stata pubblicata finora, e la presento quasi nella sua forma originale, nel caso questi dettagli interessino a qualcuno. L'idea di partenza mi è venuta una notte, distesa su un divano dopo una festa a casa di amici, mentre tentavo di smaltire una discreta sbronza… Non ho potuto fare a meno di pensare a quanto ci diano dentro col vino i personaggi di Lady Oscar, per cui è stato giocoforza reinventare le situazioni appena vissute (anche se di strettamente realistico è rimasto ben poco, se non gli effetti dell'alcol)… Oddio, spero di non stare facendo la figura dell'alcolizzata! ^o^

 

"Di’ un po': chi è che si sposa?"

"Luc Marthouret."

"E che fa?"

"Se ne va in Provenza, lascia i soldati per andare a lavorare dal suocero."

"Il suocero! Bella croce!"

"Sempre meglio che questa croce. Vorrei, io, fare il contadino" concluse Alain sputacchiando i resti del filo d'erba che aveva masticato.

"Eccolo là, il nostro uomo" disse un altro soldato indicando un commilitone basso, con la faccia da ragazzino.

"Marthouret! Dì addio alla tua bella libertà!" rise Alain, e l'altro rispose, sempre ridendo:

"Va’ là. Daresti oro per fare cambio!"

"Oro? Ma mi hai visto?"

Il gruppetto di soldati rise di gusto, nel cortile della caserma. Era quasi ora di pranzo; mangiando il rancio, continuarono a parlare.

"Quando parti, Luc?"

"Giovedì prossimo. Ho pensato che potremmo uscire tutti insieme a bere lunedì sera, che siamo in licenza."

"E' un'ottima idea" approvò Alain "ehi, André, che ne dici, lo invitiamo anche il nostro comandante?"

"Sì, dai, voglio che venga" aggiunse Luc.

"Perché lo chiedete a me?" si schernì André "Chiedeteglielo direttamente, no?  Sarà sempre lei, a decidere!"

"Oh, non te la prendere" rispose Alain "vado io, se vuoi. Certe volte… bah, sei proprio irritante." Tuttavia il giovane concluse con un'altra risata, e si avviò tutto contento verso l'ufficio del comandante.

 

"Tutti insieme a bere in osteria?"

Oscar osservava Alain con un sorrisetto divertito.

"Di quando in qua un comandante si va ad ubriacare coi propri soldati?"

"Era solo una proposta, ma al piccolo Luc farebbe davvero piacere, così come a tutti noi" ribatté Alain, tranquillo.

"Davvero tutti sarebbero contenti della mia presenza? Non prendiamoci in giro, so che c'è ancora qualcuno a cui non va giù di essere comandato da una donna" disse scettica Oscar.

"Ma sono pochi" insistette l'altro. "Per favore, comandante, fatelo per noi… vi divertirete."

"Ah, per questo non c'è dubbio" scoppiò a ridere Oscar.

"Ci penserò, Alain. Te lo saprò dire."

"Ci conto, comandante. Agli ordini!"

"Vai, vai" gli disse Oscar esaurendo la risata. Aveva già deciso di andare, era dalla notte dei tempi che non si prendeva un momento libero e quasi non ricordava più quand'era stata l'ultima volta in cui era uscita a bere in compagnia.

"Forse sono troppo vecchia per queste cose" pensò, e poi si rimproverò per questo. Però molti dei suoi soldati erano avvilentemente più giovani di lei.

"Al diavolo." Mormorò "non sono vecchia, sono adulta, che razza di discorsi."

 

Arrivò il lunedì sera. Luc Marthouret offriva il primo giro di birre che fu servito in grandi boccali.

"Un urrà per Luc!"

"Urrà!"

"Un urrà per il comandante!" urlò Luc felice.

"Urrà!"

Quella confusione festosa allentò come un nodo in Oscar, che si rilassò sulla panca cominciando a sorseggiare la birra saporita, densa. André la osservava da vicino, e pensò che nessun'altra donna sarebbe potuta sedere con tanta naturalezza insieme a una massa di uomini pronti ad ubriacarsi. Tacque e mandò giù la sua birra a grandi sorsate.

"Dopo la birra, che ne dite di un giro di vino?" propose Alain agli altri due "conosco un gioco carino da fare con le carte, e con il vino."

"Interessante" disse Oscar "spiegami." Alain si piegò in avanti per farsi sentire meglio - già alcuni cominciavano a cantare e a ridere sguaiatamente.

"Allora: si riempiono tanti bicchieri tanti quanti sono i giocatori, e si dividono tra loro tutte le carte del mazzo. Chi ha il re di cuori inizia il gioco e decide chi deve essere il primo a bere; ma chi ha il fante di cuori può dire 'No! Bevo io!', poi si ripete fino a finire i bicchieri. Insomma" ghignò "il fante vince sul re, naturalmente".

"Ne terrò conto" rispose ironica Oscar "ma quando finisce il gioco?"

"Quando si finisce la bottiglia, rifacendo le carte a ogni giro" disse Alain proprio nel momento in cui l'oste sbatté davanti a loro una bottiglia di vino rosso. Giocarono; Alain aveva il re, Oscar il fante e André niente. Alain fece bere ad André il primo e il secondo bicchiere, mentre Oscar volle per sé il terzo. Era un vino di cattiva qualità, asprigno e troppo forte; Oscar, pur reggendo bene l'alcol, se ne rese subito conto. Il giro seguente lei ebbe sia il fante, che il re, e fece bere tutto ad Alain.

"Ho capito il tuo sporco gioco" ridacchiò "vuoi farci bere e farti quattro risate a vedere noi due totalmente ciucchi. Beccati questi."

"Ce ne vorrà, prima di vedermi a gambe all'aria" rispose serafico Alain, trangugiando il vinaccio come acqua fresca.

Andando avanti, finirono la bottiglia e ne presero un'altra; era una gara a fare ubriacare gli altri.

Oscar cominciava a perdere la nozione del tempo, viveva in attimi dilatati, parlando mentre pensava se non prima. La luce giallastra delle lampade a olio non faceva che aumentare in lei il senso di straniamento.

"Fante" disse André "bevo io."

"André, basta bere" gli disse Oscar "ti sta abbattendo sempre di più, è chiaro come il sole."

"Non dire niente su come e perché mi abbatto, guarda, è meglio. Tanto sai benissimo perché" bofonchiò acido André bevendo tutto d'un fiato. Oscar si risentì.

"Ne parleremo, André."

"Sì, sì" disse l'altro finendo tutto il giro. Oscar intanto fu distratta da altro.

"Oh… ho bevuto troppo. Esco un attimo" e si alzò, rendendosi conto che corpo e mente erano in due posti differenti, pensando che era per puro caso che i suoi arti rispondevano ai comandi. Girò l'angolo dell'osteria e si infilò in un vicolo buio e stretto. Pensò che poteva esserci chiunque; pensò che non le importava affatto. Un ubriaco non ha pudore, un ubriaco è sincero, le cantilenava il cervello, andando per conto suo.

"In vino veritas" disse la donna ad alta voce, mentre si allacciava la cintura sentendosi più leggera di svariati chili. Forse la nebbiolina alcolica si diradava (forse).

 

Quando Oscar rientrò la bottiglia era finita, ed Alain si stava dirigendo verso il bancone dell'oste.

"Prendo una birra anche per voi, comandante?"

"Sì, grazie" rispose Oscar senza neanche pensarci, e tornò a sedersi vicino ad André.

"André" gli disse a mezza voce "cosa intendevi dire, prima?" André la guardava socchiudendo l'occhio sano. La luce artificiale e il fumo dei lumi nella stanza gli giocavano brutti scherzi.

"Lascia stare quel discorso, Oscar" disse bevendo gli ultimi residui di vino dalla bottiglia "mi è presa la sbronza triste e dico cose del genere. Poi mi passa."

"Smettila di bere, André, peggiori le cose."

"Se bevo può darsi che mi dimentichi che questa è una sbronza triste" concluse André afferrando il boccale di birra che Alain, di ritorno, gli aveva passato. Il soldato appoggiò davanti a Oscar la sua birra e poi si mise ad affettare un salamino, offrendolo ai suoi commensali. Sembrava al settimo cielo. Usava il suo coltello, perché, per una precisa scelta dell'oste, in quella bettola non si davano coltelli per non aumentare la densità, già alta, di armi da taglio nel locale. Alain prese una fetta, levò con cura il budello e la mangiò, felicissimo.

"Dio, potrei piangere da quanto è buono questo maledetto salame. Stagionato e compatto al punto giusto… E' così che deve essere. Quello fresco e tenero è buono cotto, ma da mangiare così… santo cielo… Birra, pane e salame… Nemmeno tutti i cuochi del re potrebbero sistemarmi meglio."

Oscar osservava divertita Alain, preso in uno slancio lirico nei confronti dell'insaccato, mentre André perseverava, stoico, nel trangugiare litri d'alcol a buon mercato. Lei stessa si attaccò al proprio boccale, stupendosi della velocità inaudita con cui arrivò a svuotarlo per metà, ma per poco non le andò tutto di traverso quando sentì urlare:

"PUTTANEEEEEE! Voglio le puttaneee! E' un addio al celibato e non c'è neanche mezza troia zoppa da sbat…"

"HENRI" lo bloccò Luc Marthouret "sta' calmo… E' la mia festa e se ci volevo le puttane le chiamavo, però io volevo venisse anche il comandante e non mi sembrava gentile verso di lei, ecco."

Sempre attento a queste cose, il piccolo Luc, pensò Oscar sorridendo.

"Ma era più divertente se c'erano le puttane" piagnucolò Henri risiedendosi al suo posto. Oscar fece un sospiro voltandosi verso la tavolata, e disse:

"Ragazzi, non vorrei essere di peso… la festa è vostra e se volete chiamare qualche… professionista… che vi devo dire… fate voi, io non posso mica favorire."

"Ma comandante…" disse Luc, ed Henri lo afferrò per un braccio dicendogli:

"Hai sentito quello che ha detto? Almeno parliamone, cazzo!" e i soldati cominciarono a parlottare fitto. Intanto Oscar era tornata a dedicarsi alla sua birra. Alain la guardava incredulo.

"Uhuh… Cos'è che avete detto? 'Professioniste' ?"

"Sì… Professioniste" scoppiò a ridere Oscar, e Alain con lei.

"Porcogiuda! Porcogiuda! Porcogiuda! Giuro che non ho mai sentito chiamare una puttana 'professionista', è stupendo!" si sganasciava Alain battendo la mano sul tavolo. André ridacchiava anche lui, un po' spento, alzandosi per uscire ad "alleggerirsi" un po'.

"Occhio a dove fai acqua, che poi la Senna straripa" gli urlò Alain guardandolo uscire; André per tutta risposta lo mandò a quel paese.

Oscar aveva le lacrime agli occhi per quanto stava ridendo.  La birra ormai era quasi finita e sapeva che ne avrebbe bevuta ancora.

"Dio mio" pensava "stasera sono proprio stupida… rido per niente… ma in fondo sono venuta qua apposta… non ho voglia di pensare… sto già facendo fatica…"

Altra birra apparve davanti a lei e scivolò indolore nel suo stomaco. Oscar non sapeva di preciso che ora fosse, e aveva quasi paura a chiederlo. Davanti a lei si profilò la certezza che avrebbe passato il giorno seguente a letto nutrendosi di tè.

Si voltò di nuovo, e vide che, magicamente, ai soldati si era unito un discreto numero di "professioniste". Restò per un tempo indefinito con gli occhi socchiusi a tentare di metterle a fuoco, finché non ne vide una staccarsi dal gruppo e dirigersi verso di lei.

"Ciao, bel comandante" disse la ragazza -Cristo, com'era giovane- dondolandosi maliziosamente "non si vedono spesso da queste parti dei militari così belli ed eleganti."

Oscar corrugò le sopracciglia, continuando a fissare la prostituta che sfoggiava un sorriso smagliante.

"Io" disse Oscar "io."

"Abbiamo bevuto troppo? Vogliamo farci passare la sbronza? Eh?" continuò l'altra imperterrita, chinandosi verso Oscar e offrendole la vista della sua generosa scollatura. Alain, che si godeva la scena, si mordeva la lingua per non ridere, mentre André, stravaccato sulla sedia, osservava tutto con un mezzo sorriso, sornione. Oscar intanto metabolizzava l'ultima battuta della sua interlocutrice, sempre continuando a guardarla in faccia, perplessa.

"No" disse "Tu. Mi. Accompagni. Fuori. Ho. Bisogno. Di. Pisciare."

L'espressione della prostituta non cambiò di molto, finse solo una smorfia schifata.

"Certo che avete dei gusti strani, comandante… Oh, non i più strani, questo è poco ma sicuro." Oscar si alzò in piedi e la guardò negli occhi da vicino; ancora le servì del tempo per mettere ordine, e infine disse:

"Cretina. Sono-una-donna."

Alain stramazzò sul tavolo soffocandosi di risate, e André riprese a bere. La ragazza aveva spalancato gli occhi e la bocca in un'espressione di incredulità spettacolare.

"… Donna?" ripeté sgomenta.

"Eh!" tagliò corto Oscar stringendosi nelle spalle. "Dai, esci così guardi se arriva qualcuno. Ti pago, anche, se ti sto facendo perdere del tempo."

"No no" rispose l'altra ancora allibita.

 

"Sylvie? Hai detto che ti chiami Sylvie. Non sei di Parigi, vero?" chiese Oscar nel buio pesto del vicolo.

"No. Sono della Bretagna" rispose Sylvie. Abbandonato il tono da abbordaggio, aveva una parlata più pacata, e con un forte accento.

"Lo immaginavo" disse Oscar avvicinandosi.

"Ci dovrebbe essere una fontana, in fondo a quella via" aggiunse "vado a rinfrescarmi un po'. Vieni con me?" Sylvie annuì, e seguì Oscar, che camminava relativamente ferma sulle sue gambe, tenendo conto dell'ubriachezza. Trovarono una piazzetta con, al centro, una piccola fontana dove le donne andavano a lavare i panni.  Oscar pompò l'acqua e mise la faccia sotto al getto freddo, incurante di bagnarsi anche i capelli. L'aria fresca della notte primaverile, e ora l'acqua, la aiutavano a tenere a bada gli effetti dell'alcol. Già sentiva di avere le idee più chiare. Aveva voglia di parlare, e chiese a Sylvie:

"Da quanto tempo sei a Parigi?"

"Da quasi tre anni."

"Ma quanti anni hai, tu?"

"Diciotto."

"E come sei venuta, qua?"

"Dovevo venire ad aiutare mia zia al lavoro, ma quando sono arrivata… era morta, così non ho avuto altra scelta che fare la vita."

"'Fare la vita'" rimuginò Oscar. Si era seduta sul bordo della fontana, mentre Sylvie camminava avanti e indietro, osservando la luna e il cielo limpido. 

"Avete sentito?" disse la ragazza voltandosi di scatto.

"Cosa?"

"Le campane… Sono le tre, credo." Oscar ci pensò un attimo e poi rise.

"Le tre… Non tiravo così tardi da… chi si ricorda più da quando… che razza di festa…"

Sylvie continuava a muoversi, pensierosa, poi prese coraggio e disse:

"Sapete… ci sono rimasta davvero male quando mi avete detto di essere una donna… Ho visto tanti uomini, ma nessuno bello come voi… Voglio dire, bello se foste un uomo… Ma siete bella anche come donna…" Oscar rise ancora, comprensiva, dell'imbarazzo di Sylvie.

"Non ti preoccupare, sono abituata fin dalla nascita ad essere considerata un maschio… Anzi, una volta ero convinta di esserlo."

"Sapete" continuò Sylvie "molte di quelle come me, alla fine hanno una tale nausea degli uomini da innamorarsi tra donne. Non che io... oddio, non mi è mai successo… Non provo ancora disgusto per gli uomini, ma nella maggior parte dei casi mi sono indifferenti, così per me è un lavoro come un altro."

"Certo sarebbe più strano se comandassi un battaglione."

Sylvie non disse nulla e si limitò a sorridere. Oscar le metteva una certa soggezione. Nonostante il tono cordiale con cui le si rivolgeva, ne era intimorita: la bellezza, la statura, la voce, la divisa, tutto faceva gioco. A Oscar, invece, Sylvie stava decisamente simpatica. Era una ragazza semplice e pratica, abbastanza carina. Le venivano in mente tutte quelle cortigiane che si atteggiavano a grandi signore, senza avere il coraggio di ammettere di avere, alla fine, molta meno dignità di una come Sylvie.

"Ma tu… se potessi scegliere, invece di 'fare la vita', cosa faresti?"

"A me basta avere di che vivere" si strinse nelle spalle Sylvie "va bene tutto, non lo so, un banchetto al mercato… Un orto… E' più faticoso, ma almeno non ho la preoccupazione delle malattie… il brutto è quello, una si becca la sifilide e se anche non muore poi rimane rovinata, è finita, poi magari muore di fame perché non riesce più a lavorare, né come puttana, né in altro modo. E' che, insomma, ora come ora preferisco battere per mia scelta piuttosto che non averne altra e trovarmi a mendicare per la strada." Sylvie parlava tranquilla, appoggiata alla pompa dell'acqua guardando un po' Oscar, un po' la luna. Aggiunse:

"E voi? Non foste un militare, che cosa fareste?"

"Io… non lo so" rispose Oscar mettendosi a pensare "Non credo che sarei in grado di fare altro… anche se sono stata obbligata, a me piace essere un militare."

"Davvero?" disse Sylvie stupita "Non avete mai voluto sposarvi, avere dei figli… Stare con un uomo…"

"No."

Oscar era seria e stringeva le labbra; Sylvie capì di aver detto qualcosa che non andava, avrebbe voluto scusarsi ma sapeva che sarebbe solo sembrata goffa, per cui non disse nulla. Ma intanto nel cervello di Oscar, che l'alcol aveva trasformato in un campo libero, si sovrapponevano immagini che credeva di aver rimosso. André che le diceva che non poteva evitare di essere una donna. Fersen che la stringeva al ballo. La freddezza con cui aveva trattato Girodel e che lui non meritava. Ancora André che le strappava un bacio con la forza.

Oscar si rinfrescò ancora alla fontana e poi tornò indietro, con Sylvie che la seguiva a rispettosa distanza. Di fianco alla porta dell'osteria, videro una figura piegata in due. Avvicinandosi, Oscar si rese conto che si trattava di Alain che vomitava.

"Ecco quello che regge tutto l'alcol del mondo!" ridacchiò Oscar, per niente impressionata "Vuoi che ti tenga la testa?"

"No, grazie, comandante" disse Alain pulendosi la bocca con la manica "penso di aver finito."

"Vedi tu" rispose Oscar scettica. Aveva "prodotto" troppo poco rispetto a quanto aveva bevuto. Rientrarono insieme, trovando un panorama semidevastato. Le prostitute erano andate via con alcuni dei soldati, mentre i superstiti erano per lo più spalmati sui tavoli. L'oste stava buttando la segatura su di un'altra pozza di vomito.

"Comandante, date un rancio più leggero ai vostri soldati, la prossima volta" disse ad Oscar, ma fu Alain a ribattere:

"Razza di stronzo! Siamo stati anche troppo educati, col patrimonio che ti abbiamo lasciato!"

"L'ultimo giro è ancora da pagare."

"Quello lo offre la casa" intimò Oscar sfoderando tutta l'autorità di cui si sentiva ancora capace, e per fortuna funzionò.

Si sedette di nuovo al suo posto, vicino ad André che stava coi gomiti sul tavolo e la testa tra le mani.

"Come va, André?"

"Mmmhpf."

"Vuoi venire a prendere un po' d'aria?"

"Uh… no, questa è la posizione buona, se mi sposto non so che succede."

"Non vuoi neanche sdraiarti?"

"Faccio peggio."

Alain intanto rideva e scherzava con Sylvie. Sul tavolo c'era ancora una bottiglia di acquavite e lui ci stava riempiendo i bicchieri di tutti, e quando Sylvie gli offrì i propri servigi, lui rise dandole il liquore, e disse:

"Stasera proprio no, bellezza. Sono talmente ciucco da essere fuori uso dalla testa ai piedi. Te li regalerei, i soldi, se potessi passare sopra al fatto che non ne ho… Quindi… sarà per la prossima volta."

"Oh… va bene" concluse Sylvie bevendo la sua acquavite.

Alain si alzò di scatto dicendo:

"Esco un attimo."

Lo videro uscire rapidamente e poi

"BWARF!"

soccombere di nuovo agli spasmi del suo stomaco, salvo rientrare disinvolto.

"Ci voleva", si limitò a commentare; si risciacquò la bocca con l'acquavite, per poi sputarla per terra.

"E' tanto che sta così?" gli chiese Oscar indicando André.

"Uhm, un bel pezzo, ormai."

"Ma quanto siamo state via?" chiese incredula Oscar a Sylvie, che disse di non saperlo. In quel momento André sembrò tornare tra i vivi.

"Hhhm" mugugnò alzandosi lentamente e dirigendosi a sua volta verso la porta. Oscar, Alain e Sylvie lo seguirono e naturalmente, non appena fu fuori, cominciò a vomitare copiosamente; poco dopo, Alain lo imitò. Oscar finì l'acquavite che si era portata fuori, poi si mise a tenere la fronte di André e a strofinargli la schiena. Sylvie decise di fare lo stesso con Alain e rimasero così per diverso tempo, finché i due uomini non espulsero tutto quello che avevano nello stomaco; dopodiché li trascinarono alla fontana. Si reggevano in piedi a malapena, ma ci arrivarono. Poi Oscar ebbe un'idea.

"Sylvie, vai a prendere un secchio dall'oste, bello grande." Sylvie corse e tornò subito col secchio; Oscar azionò la pompa e lo riempì fino all'orlo. Era davvero pesante.

"Hai capito cosa voglio fare? Dammi una mano."

La ragazza aveva intuito tutto, rise forte e aiutò Oscar a reggere il secchio.

"Pronta, Sylvie? Al mio tre. Uno, due…"

Alain e André erano seduti per terra, appoggiati alla fontana, semincoscienti.

"… Tre!"

Lavati da capo a piedi.

Adesso guardavano Oscar a bocca aperta, allibiti.

"Ma… ma…" farfugliò Alain.

"Silenzio" disse seria Oscar "vi fa solo bene. Vedrete se la sbronza non passa!"

Lei e Sylvie poi cominciarono a ridere a crepapelle, fermandosi solo molto tempo dopo, mentre André e Alain raggiungevano il massimo grado di passività a cui possono portare gli strascichi di una sbornia. L'alba non si fece attendere molto.

 

 

Fine

Mail to pollock_italy@hotmail.com

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage