A Strange Story

parte II

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

Doveva essere da poco sorto il sole, pensò André osservando le lame di luce grigia che, sfuggendo alle persiane, si riflettevano sulla parete opposta.

Che casa era mai quella? Ricordava poco della notte precedente: alla riunione quel giovane biondo lo aveva invitato a bere. Avevano parlato un po’ delle condizioni della Francia, ma poi? Avevano bevuto… doveva essersi ubriacato.

Tirò fuori le braccia dalle coperte e si stiracchiò. Poi, con un balzo, si alzò.

Fu solo allora che si rese conto di essere completamente nudo.. ma come mai? No… possibile che fosse andato con una di quelle donne da taverna? Non lo aveva mai fatto… non poteva averlo fatto ora! Si avvolse una coperta intorno alla vita e girò intorno al letto. Con la mano, timoroso, tastò le coperte…

Chiuse gli occhi. Ebbene sì, c’era qualcuno addormentato sotto le coperte.

Come era sceso in basso, pensò, anche se era ubriaco… Pensò ad Oscar, ma subito volle scacciarla dalla sua mente, non voleva mescolarla con tanta sordidezza.

Si avvicinò alla finestra e spalancò le imposte. L’aria pungente gli riempì i polmoni. Osservò le strade intorno: che quartiere era? Forse il Marais?

Si girò, doveva farlo, affrontare la donna con la quale aveva ingannato la sua solitudine per una notte…

La vista del letto lo lasciò senza parole. Aprì la bocca… la richiuse.. la riaprì… ma nessun suono emerse in maniera intelligibile.

Quell’uomo con cui era andato a bere la sera prima era lì, tirato a sedere sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera, che lo guardava. Ad André non sfuggì alcun particolare: il sorriso curioso e beffardo che aleggiava sulle sue labbra, il petto nudo e pallido che le coperte aggrovigliate lasciavano scoperto, il letto completamente disfatto, i vestiti gettati per terra…

“Buon giorno, André”, gli disse St Just.

André non rispose. St Just vide l’espressione di dolore che riempiva i suoi occhi. Non era ancora rabbia verso di lui, non gli sarebbe saltato addosso per strangolarlo, anche se, forse, sarebbe stato meglio… meglio di quella espressione di angoscia, di disperazione che si era impadronita del suo viso. Lui sapeva che sarebbe stato così… ma aveva sperato… aveva bisogno di ingannarsi per sperare di riprovare la sensazione delle sue braccia intorno al collo, delle loro bocche unite…

André si rigirò verso la verso la finestra… non vedeva niente, un ronzio assordante gli riempiva le orecchie.. non riusciva a respirare, boccheggiava come se l’aria non gli bastasse… si lasciò scivolare su una sedia. Doveva… doveva sapere cosa era successo… non poteva far finta di nulla!

“Chi sei? Cosa ci faccio qui… perché sei… eravamo… parla…” balbettò faticosamente.

“Mi chiamo Louis St Just… Ci siamo conosciuti ieri, alla riunione nella chiesa di St Jacques, siamo andati a bere insieme”, gli rispose, gli occhi fissi sul suo bel viso.

André si prese la testa tra le mani. St Just udiva i suoi gemiti sommessi, ed un groppo di tristezza gli impedì di assumere l’aria sprezzante che usava di solito come difesa.

“Questo lo ricordo. Ma… poi…. poi cos’è successo?” Mormorò André.

“Siamo venuti qui. Eri troppo ubriaco per cavalcare, quindi ho pensato di ospitarti per la notte. Sei crollato sul letto… ma il tuo sonno era agitato. Mi sono avvicinato per sentire se avevi la febbre.” A questo punto si interruppe. Non voleva dirgli che lui pensava che fosse Oscar. Poi riprese. “E poi abbiamo fatto l’amore… più o meno”, concluse distogliendo lo sguardo.

André mandò un urlo, poi si premette le mani sulle orecchie:

“No! Non è vero! Stai mentendo…” si alzò dalla sedia e guardò St Just con occhi da cui si sprigionavano fiammate di odio. “Sei un vile… mi fai schifo!”

“Ieri sera non la pensavi così, mentre mi abbracciavi e mi baciavi”, fu la perfida replica.

André si riabbatté sulla sedia. “Non è possibile”, mormorò. “Cosa… cosa è successo esattamente?” Gli chiese, arrossendo.

In realtà le cose si erano limitate a carezze e baci molto spinti, ma sufficienti per il reciproco appagamento. St Just non aveva osato andare oltre, quindi se era per la propria verginità che André temeva… Eppure questo terrore di André gli dava troppo vantaggio per sprecarlo raccontando subito tutta la verità.

“Te l’ho già detto. Abbiamo fatto l’amore”, rispose.

André rimase per qualche istante immobile, in silenzio, poi gli replicò, furente:

“Amore? Come osi nominare la parola amore! Non confondere quello che è solo il risultato della solitudine con un sentimento alto e nobile come l’amore… tu non sai neanche cosa sia!”

“Perché, tu pensi di conoscerlo?” ribatté St Just beffardo.

André arrossì.

“Lo conoscevo, ora non sono più degno neanche di provarlo… ora non sono più niente.”

Rimasero in silenzio.

André si rivestì e, senza dire una parola, o lanciare uno sguardo alla figura nel letto, se ne andò.

 

Amore? Sì, lui l’aveva provato… lo aveva provato, imprevisto, improvviso, quel giorno di due mesi prima nella chiesa di St Jacques, lo aveva provato, doloroso e lacerante, quando aveva capito che l’uomo che Bernard aveva ferito era André, e lo aveva provato quella notte, quando, appoggiata la testa sul petto di André, le dita dell’amico avevano accarezzato i suoi capelli.

Gli occhi gli si velarono di lacrime: André amava un’altra persona. Quella donna che comandava i soldati della Guardia… chissà se il suo amore era corrisposto? Aveva detto “Oscar, è una vita che ti amo, possibile che tu…” Quindi lei non lo amava… sorrise. Era poco, ma costituiva l’unico motivo di soddisfazione di quel freddo mattino invernale.

 

“André, dove sei stato questa notte? Tua nonna era preoccupata per te.”

La voce fredda e inquisitoria di Oscar lo colpì non appena entrò nell’atrio di Palazzo Jarjayes.

“Nevicava… mi sono fermato in una locanda…” mentì André, parlando a bassa voce.

Oscar lo guardò: André aveva un’aria strana. Il suo sguardo era spento e sfuggiva gli occhi di lei. Sembrava stanco, malfermo sulle gambe, impaziente di troncare quella conversazione.

“André, ho paura che tu abbia bisogno di un po’ di riposo. Per oggi riposati… ti farà bene” gli disse, più dolcemente.

“Grazie Oscar”, le rispose lui, voltandole la schiena e avviandosi verso la sua camera.

Steso sul letto fissava il soffitto. Perché era dovuto succedere proprio a lui? Perché… lui era sicuro di avere amato sempre e solo Oscar. Non aveva mai avuto pensieri per altre donne. Figurarsi per altri uomini! Il suo viso assunse una espressione disgustata: come era stato possibile fare sesso, tanto sapeva che non era stato altro, con un uomo? E’ vero, era ubriaco… ma, possibile, invece, che non si conoscesse come credeva? No! Non era così! La persecuzione di quella voce beffarda era inutile. Le sue certezze non erano intaccabili. Sapeva di non aver propensione per certi… ecco, rapporti. Aveva vissuto nell’esercito, sapeva che certe cose succedevano, ma non lo avevano mai nemmeno incuriosito. Non aveva mai capito come il desiderio di calore umano potesse scindersi dall’amore. Tutto quello che aveva desiderato, e di sogni ne aveva fatti anche lui, come qualsiasi uomo, aveva riguardato solo Oscar.

Si alzò con un balzo: questa solitudine lo stava facendo impazzire. Sentiva le parole di quell’uomo… possibile… possibile che lo avesse abbracciato… baciato? Non poteva crederci! Scacciò l’immagine di quel volto dalla sua mente. Doveva dimenticare, pensare di aver fatto un brutto sogno. Avrebbe smesso di andare alle riunioni… mai e poi mai avrebbe rivisto quell’uomo. Forse… forse così la sua vita sarebbe potuta riprendere come prima. Come prima? Si sentiva sporco, impuro. Non riusciva a sostenere lo sguardo delle persone a cui voleva bene… era indegno del loro affetto e della loro considerazione.

 

“Che ti succede oggi?” Gli chiese Robespierre. “Mi sembri più rabbioso del solito.”

“Non ho niente. E’ la tua inerzia che mi indispettisce, sono stanco delle mezze misure. Ho voglia di passare all’azione”. Le parole gli uscirono meccanicamente. Erano giorni che non riusciva a concentrarsi sui discorsi che si tenevano nell’appartamento di Robespierre.

Guardò fuori dalla finestra: la neve copriva tutte le strade, nascondendo e purificando le loro miserie. In parte era la neve di quella notte: quell’unica notte che non riusciva a dimenticare. Chissà cosa stava facendo André? Probabilmente pensava al loro incontro con disgusto, mentre seguiva ovunque quella donna in uniforme.

“St Just, mi stai ascoltando?” La voce di Robespierre irruppe di nuovo tra i suoi pensieri.

“La situazione è ancora difficile” riprese Maximilien. “Abbiamo ancora bisogno di quelle armi. La fuga di Oscar de Jarjayes è stata un duro colpo alle nostre speranze di ottenere in tempi brevi un grosso quantitativo di armi… dobbiamo pensare a qualcos’altro. Hai qualche idea?”

“Sai bene quali sono le mie idee. Se me le chiedi vuol dire che hai deciso di agire a modo mio. Cosa vuoi che faccia? Come devo fare il lavoro sporco da cui tu vuoi mantenerti estraneo?” Gli rispose, sarcasticamente.

Robespierre lo fissò adirato: “St Just, oggi sei proprio insopportabile! Forse è meglio che affrontiamo questo argomento un’altra volta…”

“No”, lo interruppe lui. “Decidiamo subito. Dimmi qual è il tuo nuovo piano per ottenere le armi.”

 

“André… André!” la voce agitata della nonna gli giunse attraverso la porta aperta della stalla.

“Nonna, sono qui. Cosa succede?” le rispose, uscendole incontro.

“Oh André! E’ successa una cosa terribile…”

“Oscar!” esclamò immediatamente André.

“No, non si tratta di Madamigella Oscar, anche se lei è in uno stato pietoso… si tratta del Generale”, disse, piangendo, l’anziana governante.

“Il generale de Jarjayes? Cosa gli è successo? Nonna… parla!”

“Ieri sera stava andando con il generale Feraud al Quartier generale, quando sono stati attaccati da una banda di briganti. Il generale Feraud è morto, è stato ucciso a sangue freddo, mentre il nostro generale è stato ferito e portato via. Hanno dato a Pierre una lettera con una richiesta di riscatto da portare ad Oscar… Pierre non ha potuto fare niente per aiutarlo.. ha tentato…ma è solo un anziano cocchiere... Oh… dove sarà ora il nostro Generale!” Concluse la nonna tra le lacrime.

“Dov’è Oscar adesso?” Le chiese bruscamente André “Devo parlarle…”

 

“Oscar, la nonna mi ha detto tutto… non fare così, Oscar… lo salveremo…”

Oscar era seduta su una poltrona, nel suo boudoir. Aveva una lettera tra le dita, ma non la stava leggendo. Le lacrime rigavano il suo viso, mentre gli occhi, pieni di dolore, si posavano sul volto di André senza vederlo.

Oscar mostrava, in questa circostanza, quello che era un suo tratto caratteristico: l’incapacità di affrontare con la stessa decisione e determinazione che aveva quando era in gioco solo la sua vita, situazioni pericolose che coinvolgevano le persone che amava. In questi casi era presa da dubbi… dalla paura di sbagliare e di non potersi, poi, perdonare per questo. Se poteva salvare qualcuno, rischiando la propria vita, lo faceva senza pensarci, ma quando le sue azioni comportavano rischi non superabili solo grazie all’audacia personale, temeva sempre di agire avventatamente.

“Oscar! Reagisci. Dobbiamo trovare tuo padre. Cosa dice la lettera?” Insistette ancora André, con tono deciso.

Oscar non rispose nulla, solo allungò il braccio porgendogli il foglio.

Era una richiesta di riscatto. Si chiedevano una somma in denaro ed un quantitativo esorbitante di fucili. La scadenza per la consegna era fissata ad una settimana da quel giorno, in caso contrario, si ricordava la fine del generale Feraud. La firma era di un generico “Comitato rivoluzionario”.

André diede una seconda occhiata ai termini del riscatto. La somma in denaro non sembrava un problema, ma la quantità di fucili costituiva uno scoglio difficilmente superabile. Era chiaro che i rapitori facevano affidamento sul ruolo ricoperto dal generale Jarjayes all’interno dell’esercito… ma come poteva Oscar disporre di tutte quelle armi? Inoltre, accettare queste condizioni avrebbe significato armare la mano a uomini privi di scrupoli, bastava pensare alla fine del generale Feraud, consentendo loro di commettere chissà quali altre efferatezze.

Chissà se Oscar aveva già pensato a tutto questo?

“Oscar… Oscar, mi senti? Dobbiamo parlare, dobbiamo decidere cosa fare…”

Oscar volse i suoi occhi velati di lacrime verso di lui:

“André, non capisci? E’ mio padre… ma io non ho tutti quei fucili… devo procurarmeli, ma non so… devo… devo… oh, André! Aiutami!” esclamò, scoppiando in singhiozzi.

André si chinò di fronte a lei. Le prese il mento con la mano e la costrinse ad alzare la testa. I suoi occhi erano pieni di comprensione, erano gli occhi di un amico sul quale si poteva sempre contare. A quel punto Oscar no riuscì a resistere ad un impulso intenso quanto improvviso: gli gettò le braccia al collo ed affondò il viso rigato di lacrime nella sua spalla.

“Oscar… sfogati” le sussurrò André, accarezzandole i capelli “io sono qui con te… riusciremo a risolvere la situazione… presto tuo padre sarà a casa”.

 

Continua...

Mail to i.grimaldi@tiscalinet.it

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage