Solo uno

parte 4

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 Nota della webmaster: questo racconto era presente sul sito di Alex, La leggenda di Versailles. Quando il sito, per una sofferta e dal mio punto di vista comprensibilissima, decisione di Alex ha chiuso, il racconto era rimasto senza finale, in particolare, senza uno dei finali. L'autrice si è rivolta al sito Little Corner per curare una nuova pubblicazione, con una nuova revisione del testo e noi siamo felici di accoglierla. Cogliamo anche l'occasione per un saluto affettuoso alla nostra Alex!

Erano passate alcune settimane. Le ferite di Oscar, quelle del corpo, si erano quasi completamente rimarginate. I suoi soldati erano rimasti scossi dalla sua decisione. All’inizio nessuno voleva accettare che non volesse più comandarli. Ma, quando avevano potuto vederla e parlarle, avevano cambiato idea. Dalla sua persona, senza che lei se ne rendesse conto, scaturiva una tristezza enorme, una tristezza che la schiacciava come un macigno, che le pesava addosso come una cappa oscura. Nessuno era in grado di attenuarla, di sollevare per un momento quella cappa, seppur momentaneamente.

Oscar aveva preso l’abitudine di camminare da sola per le strade di Parigi. Camminava a lungo, sia per recuperare le forze che per stare lontana dalla casa di Rosalie e Bernard. Per quanto fosse loro affezionata e riconoscente, spesso non riusciva a sopportare la loro vista. Loro rappresentavano per lei, infatti, quella situazione di felicità e serenità che le era ormai preclusa.

Che pena era per lei scorgere la figura di Bernard, magari di spalle, sentirsi il cuore accelerare scambiandolo per André, per poi ricadere in una disperazione ancora più nera e profonda, accorgendosi che non era lui, non era André, non era tornato da lei, ma era solo Bernard. In quei momenti, pur con tutta la sua volontà e la sua ragionevolezza, spesso in quei momenti, irragionevolmente, trattava Bernard freddamente, quasi incolpandolo di essere Bernard e di non essere André. E quando vedeva Rosalie, serena e indaffarata, non riusciva ad essere gentile come avrebbe voluto, perché vedeva in lei ciò che non era e non sarebbe mai potuta essere.

Si ritrovava così a fuggire da quella casa, sia perché si rendeva conto di non essere una buona compagnia, sia per risparmiarsi sofferenze e rimpianti.

Stava fuori molto tempo, anche se le sue forze limitate la costringevano a soste frequenti. Camminando pensava, ripercorreva col pensiero tutta la sua vita, e soffriva, perché in tutta la sua vita c’era sempre stato André, mentre ora non era più con lei, e la sua assenza rendeva tutto privo di senso.

Preoccupati per il suo umore i soldati avevano stabilito dei turni di guardia, seguendola dovunque, senza peraltro che lei se ne accorgesse. Le accadeva, talvolta, di notare qualcuno dei suoi soldati per la strada che lei stava percorrendo, ma preferiva ritenere che fossero solo coincidenze. D’altronde, stava sprofondando ogni giorno di più in un baratro di disperazione, che offuscava i suoi sensi e ottenebrava la sua mente. I piccoli particolari erano ciò che la teneva ancora legata alla realtà, impedendole di ritirarsi completamente nel mondo irreale dei suoi sogni, dei suoi desideri e dei suoi ricordi, quel mondo in cui lei poteva finalmente stare con lui, con il suo André, quel mondo in cui il suo cuore trovava riposo dal dolore straziante che lo attanagliava, e una serenità venata dall’amaro dell’impossibile.

Così, i pochi oggetti che aveva erano tenuti in un ordine quasi maniacale, la sua uniforme, ormai l’unico vestito che possedesse, per quanto rovinata dai combattimenti, era sempre in ordine. Mentre lei era stata costretta a letto, Rosalie l’aveva lavata, togliendo le macchie di sangue e fango che aveva raccolto in quella tragica giornata, e aveva ricucito dei colpi che aveva ricevuto. Una sola macchia era rimasta, in corrispondenza del suo cuore, ma lei non se ne lamentava, perché quell’unica macchia era ciò che di più caro aveva al mondo… l’unica cosa che ormai le rimaneva di lui… di André: una macchia di sangue… dopo che l’avevano trasportato nella chiesetta, lei era rimasta con lui, l’aveva abbracciato… aveva abbracciato il suo corpo… conservava ancora un po’ di calore… quel calore che l’aveva avvolta quella notte… quel calore che aveva sognato di poter assaporare ogni notte… ogni notte… da quella notte…… ogni giorno… dopo quella notte… in ogni momento… dopo quella notte… dopo quella notte… aveva tanti sogni… cosa fare, come comportarsi… dopo quella notte… cosa avrebbe dato ad André… dopo quella notte… cosa le avrebbe dato André… dopo quella notte… il suo amore, il suo calore, i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze… e invece… dopo quella notte… tutto ciò che aveva potuto darle era un po’ del suo sangue, non tanto, ma abbastanza da macchiarle la divisa e offuscare le sue medaglie. Era giusto. Per lui, aveva rinnegato quella divisa e la mano che aveva appuntato quella medaglie. Era giusto che il suo sangue la macchiasse, era giusto che nascondesse le medaglie. Era giusto che sul suo cuore ci fosse una macchia di sangue, per indicare la ferita mortale che l’aveva segnato e che continuava a farlo sanguinare. Era giusto che fosse il sangue di André, perché lui aveva incatenato il suo cuore e per lui il suo cuore soffriva. E quella macchia di sangue, ormai, era l’unica cosa di lui che le restasse. Non aveva neanche una tomba su cui piangere. Il suo corpo era stato trasportato al cimitero dei Santi Innocenti e sepolto con gli altri, in fretta, senza nessun segno che indicasse dove riposava in morte il corpo di quell’uomo che era stato tanto straordinario in vita, senza nessun segno che guidasse il suo cuore afflitto verso la terra che le nascondeva il corpo del suo uomo.

 

Non aveva più pronunciato il suo nome, dopo la discussione con Alain. Era raro che parlasse anche di qualsiasi altra cosa. Si era come chiusa in se stessa, rifiutando ogni cosa dagli altri. Era come se il suo orgoglio, infrantosi davanti ad André, si ergesse ora più forte di prima, creando una barriera ancora più robusta, e le impedisse di accettare qualsiasi cosa somigliasse vagamente alla pietà.

Le affettuose cure di Rosalie, le attenzioni di Bernard, la sollecitudine dei suoi soldati… sfuggiva tutto questo come la peste, moralmente e fisicamente. E si ritrovava per strada, sola con se stessa, sola con i suoi rimorsi che, stesse dentro o fuori, non l’abbandonavano mai. Si ritrovava a percorrere le strade di quella città che amava e odiava, che le aveva dato e poi tolto tutto. Era pericoloso, lo sapeva: la città era nuovamente controllata e pattugliata dai reggimenti della Guardia francese e lei… beh, lei era una traditrice. Se l’avessero individuata, le avrebbero sparato a vista, o avrebbero almeno cercato di catturarla, per condurla a un destino molto peggiore della semplice morte. Lo sapeva, ma non le importava. Desiderava la morte come prima aveva desiderato la vita, perché tutto ciò che desiderava era André, e ora l’unico modo per raggiungerlo era la morte, come prima lo era stato la vita. Voleva che le guardie la trovassero, ma non andava a cercarle, né usciva per facilitare loro il compito. Semplicemente, se le avesse incontrate non si sarebbe difesa. Avrebbe sfoderato la spada, ma solo perché detestava l’idea di morire senza combattere, e perché così avrebbe ottenuto, forse, una morte più veloce e pietosa…

Ovviamente, Oscar non faceva coscientemente questi ragionamenti. Sorgevano in lei spontanei, sotto forma di decisioni che aveva in sé ma cui non pensava. Se l’avessero interrogata in proposito, forse non avrebbe saputo rispondere, non subito almeno. Ma se si fosse trovata dei soldati davanti, il suo cuore già sapeva come avrebbe reagito, già sapeva cosa avrebbe fatto il suo corpo.

Lo sapeva il suo cuore, e presto l’avrebbe saputo anche lei, avrebbe ricordato come si era comportata quando aveva incontrato i soldati guidati da suo padre.

pubblicazione sul sito Little Corner del maggio 2004

Continua...

mail to: florimonde@hotmail.com

 

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