Donna

parte III

 

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La accarezzò per un tempo che parve infinito.

Le sue braccia la stringevano e le sue mani sembravano non sapere fare altro che percorrere i suoi capelli con movimenti lenti e leggeri. Le sue dita affondavano in quei riccioli ribelli cercando a volte di districarne i nodi. Di nuovo, come la sera precedente, i singhiozzi le scuotevano le spalle, sotto l'abbraccio di André, il suo respiro era affannoso e rotto. Lui sentiva il calore delle sue lacrime che gli bagnavano la camicia.

Rimasero in silenzio, entrambi, abbracciati. Oscar gli si rifugiava contro cercando conforto e lui accoglieva docilmente quell'ondata di dolore. Lei non osava alzare gli occhi verso di lui. Si stringeva a lui con tutte le forze, come se avesse paura di cadere in un baratro, come se solo lui in quel momento avrebbe potuto salvarla dalla vergogna che provava. André capiva tutto questo e non riusciva a dirle niente. Avrebbe voluto chiederle cosa era successo, avrebbe voluto sapere ogni cosa nei dettagli, ma sarebbero state domande troppo intime alle quali lei non avrebbe risposto.Troppo intimo è il dolore di chi ama in silenzio, lui stesso non aveva mai confidato a nessuno i suoi sentimenti per Oscar.

Lei si era nascosta, non aveva avuto il coraggio di indossare quel maledetto abito da sera mantenendo la propria identità, si era creata un personaggio che le consentisse di essere un'altra, per una sera.

Ma dove sarebbe voluta arrivare? Perché non presentarsi a quel ballo come "Oscar François de Jarjayes" in abito da sera? Davvero aveva avuto tanta paura di manifestare i propri sentimenti? Davvero aveva voluto comunque riservarsi quella zona d'ombra che le avrebbe consentito di fuggire in qualunque momento?

Sì, non c'era altro da dire.

Avere quel margine di sicurezza le aveva consentito di superare degli ostacoli che altrimenti sarebbero stati insormontabili.

Era innamorata di Fersen e non era facile fare i conti con questo sentimento. L'idea che avrebbe dovuto fare lei il primo passo, se avesse voluto provare a conquistarne l'attenzione, l'aveva inquietata. Ma troppo grande era stato il desiderio che aveva provato nei suoi confronti, troppo forte la voglia di essere guardata da lui come un uomo guarda una donna...

Aveva sperato che lui potesse ricambiarla. Era sempre stato molto gentile con lei, sembrava che la stimasse molto e che tenesse molto al suo giudizio... Inoltre... le era parso proprio che la considerasse il suo principale punto di riferimento: tornando dall'America la prima persona a cui era andato a fare visita era stata lei... e poi... le aveva chiesto notizie della regina e... aveva detto che non sarebbe andato a Versailles per non suscitare pettegolezzi...

Eppure, in seguito, rendendosi conto di quanto fosse difficile il momento che Maria Antonietta stava attraversando, odiata dal suo popolo e circondata da amicizie disoneste, aveva cercato di mettersi al suo servizio. Un gesto che aveva profondamente turbato Oscar, suscitando la sua gelosia e accrescendo la sua ammirazione per quell'uomo che era arrivata a definire "magnifico".

E proprio a quel punto, quando ormai la sua indole femminile si era manifestata a lei così prepotentemente, aveva deciso di venire allo scoperto. Ma era successo tutto troppo velocemente, tanto da non darle il tempo di imparare a gestire i suoi sentimenti e la propria femminilità.

Lei non sapeva comportarsi da donna, non conosceva gli artifizi che una donna mette in atto quando vuole un uomo. Era assolutamente sprovveduta da questo punto di vista. Anche le sue aspettative, quando aveva deciso di partecipare al ballo, non erano state molto chiare. Lei stessa non sapeva come si sarebbe comportata con lui. Gli avrebbe svelato la propria identità? Quando? Come avrebbe reagito tra le sue braccia se le avesse chiesto di concedergli un ballo? Sarebbe riuscita a sostenerne lo sguardo? E se lui l'avesse riconosciuta, lei che avrebbe fatto? Per un momento aveva avuto la tentazione di mandare tutto per aria, però poi... il desiderio...

E alla fine aveva ceduto, aveva indossato quell'abito e per una volta era stata donna, aveva provato cosa significasse essere al centro dell'attenzione per la propria bellezza, aveva provato l'emozione di danzare con un uomo che sembrava essere rimasto affascinato da lei, ma aveva anche provato il dolore della sconfitta.

E ora quel dolore le bruciava dentro. Tuttavia non voleva lasciarsene sopraffare. Sfogarsi le aveva fatto bene, ma ora:

"Scusa, André..." disse sciogliendosi da quell'abbraccio "... mi dispiace, la mia reazione è stata esagerata."

Singhiozzava ancora ma voleva smettere di piangere e sebbene quello sfogo le avesse giovato si sentiva in colpa per avere coinvolto André in quel suo momento di sconforto.

"Non ti preoccupare, non hai niente di cui scusarti" disse lui guardandola.

"Guarda che disastro!" fece lei gettando gli occhi sulla camicia di André tutta stropicciata e bagnata delle sue lacrime.

"Disastro questa sciocchezza? Ma no! E poi tanto a questo ci pensa la nonna. Pensa invece a tutte le volte in cui me le stracciavi durante gli allenamenti con la spada, le camicie!"

Già... Oscar sorrise ricordando i loro allenamenti. Quando erano bambini, suo padre li conduceva in giardino, dava ad entrambi due piccole spade e mostrava volta per volta i movimenti che avrebbero dovuto fare, confrontandosi poi con ciascuno di loro per osservarne i progressi.

Certe volte alla fine della lezione li faceva combattere l'uno contro l'altro ed era in quelle occasioni che si convinceva di avere fatto davvero la scelta più giusta educando Oscar come un maschio, vedendo con quanto impegno si confrontava col suo coetaneo e come si divertiva nel maneggiare la spada. Era fiero di... lui.

Suo padre era fiero di lui... di lui...

Si era persa nei suoi pensieri e la sua espressione si era fatta assente. Gli occhi fissi sulla camicia di André, quella camicia che aveva risvegliato i ricordi della sua infanzia, ma che neppure la vedevano. Le sue labbra indugiavano in un sorriso che lo stesso ricordo che lo aveva suscitato aveva poi fatto appassire.

... Di lui... di lui...

"Oscar... Oscar!... Oscar!!" la voce di André la raggiunse come un'eco lontana. Era proteso verso di lei, sembrava preoccupato.

"Sì, che c'è?" gli chiese riemergendo dai propri pensieri.

"Tutto bene?" fece lui avvicinandosi.

"Sì, André... sono ancora un po' stordita dalla nottata... però sto bene... che ne dici di rientrare a casa?"

Il sorriso era tornato più deciso sulle sue labbra. Era un po' forzato, ma lui si accontentò e finse di credere che veramente andasse tutto bene.

"Andiamo!" le rispose alzandosi.

Mentre tornava dentro casa Oscar continuava a pensare alla sua infanzia che ormai era tanto lontana. Tempo felice quello, in cui non sapeva nulla della crudele menzogna di cui era vittima. Adesso si ritrovava quasi a rimpiangerlo quel tempo spensierato in cui era convinta di essere davvero un maschio. Allora la vita non era complicata, lei si divertiva a dimostrare a suo padre di essere capace di maneggiare le armi con disinvoltura e di potere meritare un giorno di prendere il suo posto.

Che strano! Suo padre era riuscito perfettamente nel suo intento. Lei era sempre stata un maschio per lui, aveva dovuto essere un maschio, non avrebbe potuto essere altrimenti.

Solo una volta era stata libera di scegliere, quando suo padre le aveva chiesto di accettare di diventare Capitano delle Guardie reali. In quell'occasione era stata libera di scegliere. No... libero di scegliere..., di scegliere un destino che suo padre aveva segnato già al momento della sua nascita e che aveva continuato a costruire, pazientemente, giorno dopo giorno, impartendole quell'educazione militare con cui l'aveva formata.

La sua scelta era stata quasi obbligata, dunque, dall'educazione che aveva ricevuto. Educazione alla fedeltà alla famiglia reale, al sacrificio e alla sfida. Alla sfida, sì, perché aveva sempre dovuto dimostrare di essere capace di duellare con la spada come con qualunque altra arma, di sopportare la fatica e il dolore; aveva sempre dovuto dimostrare di essere un bambino coraggioso e forte nei duelli con suo padre come in quelli con André.

Le pareva di sentire ancora la voce di suo padre che la sgridava...

Da bambina Oscar, che era di un anno più giovane di André, era più piccola di lui e nei duelli a volte aveva la peggio. Suo padre non mancava di ripeterle che il fatto che André fosse più grande non era una buona scusa per giustificare le sconfitte subite. E lei si sentiva terribilmente mortificata in quei momenti! Veniva presa da sensi di colpa insopportabili e arrivava a desiderare di potersi vendicare, un giorno, con suo padre, per i rimproveri che era costretta a subire, e con André, per le umiliazioni che involontariamente le infliggeva davanti a suo padre.

Un giorno André l'aveva battuta per più contrasti di seguito. C'era poco da fare, era più grande di lui e per questo era più forte:

"Padre, perché non volete capirlo?" gridò disperata, dimenticandosi del rispetto che si doveva all'autorità paterna. La risposta che si meritò fu uno schiaffo.

"Da grande potrà capitarti di doverti confrontare con gente più grande di te, allora che farai? Ti farai uccidere forse? Non ci si può scegliere l'avversario su misura sul campo di battaglia!"

Quella sera pensò a lungo alle parole di suo padre. Aveva ragione! Era tutto vero e lei non poteva fare altro che constatare quella verità piangendo… Il generale la tartassava giorno per giorno con allenamenti estenuanti e parole taglienti. Vedeva in “quel suo figlio” una forza ancora non del tutto espressa, molto più grande di quella fisica: la forza della sua volontà. Era su quella che lui voleva agire, voleva plasmare quella volontà per rendere Oscar il figlio che aveva sempre sognato. Al di là di ogni altra dote, sarebbe stata proprio la sua volontà a permettere a Oscar di prendere un giorno il suo posto di generale.

Nonostante la rimproverasse spesso, si rendeva conto del fatto che Oscar era davvero una creatura formidabile, un essere meraviglioso che rispondeva splendidamente alle sue sollecitazioni, testarda come lui, ambiziosa come lui, ligiA al dovere come lui.

Ma bisognava essere inflessibili, farle capire che si pretendeva sempre di più, che qualunque sforzo facesse non era mai abbastanza. Così Oscar avrebbe dato il meglio di sé. E alla fine ci era riuscito. Punta nel suo amor proprio, Oscar aveva studiato, si era esercitata e aveva capito come trasformare un difetto in vantaggio: essere più piccola le avrebbe permesso infatti di muoversi con più agilità rispetto all'avversario.

Che soddisfazione provò la prima volta in cui riuscì a disarmare André davanti a suo padre! Da allora non aveva avuto più dubbi: anche lei come suo padre e suo nonno avrebbe tenuto alto il nome dei Jarjayes.

Sì, allora i suoi sogni riguardavano i reggimenti e i campi di battaglia. I regali più desiderati erano cavalli, soldatini in miniatura da schierare in assetto di guerra contro quelli che schierava André.

Non aveva mai invidiato le bambole delle sorelle, né i loro vestiti. Neppure quando l'appuntamento con l'adolescenza le aveva rivelato brutalmente la sua vera identità sessuale, aveva preso in considerazione l'ipotesi di potere vivere diversamente da come aveva vissuto fino ad allora. Eppure, era stato un trauma molto forte e il castello costruito da suo padre aveva rischiato di sgretolarsi, mentre lui stranamente sembrava non essersene reso conto.

Lei non voleva accettare quella realtà: la sua mente era troppo abituata a considerarsi maschio per accettare da un giorno all'altro di essere femmina. Il lavoro compiuto da suo padre era stato tanto perfetto da far sì che Oscar, pure davanti all'evidenza, rifiutasse deliberatamente la sua femminilità e ostentasse anzi un atteggiamento maschile.

Col passare del tempo si era abituata a quel segno fisico della sua sessualità. Ma la sua testa, almeno durante i primi anni, continuava a pensare da maschio.

Tuttavia, per quanto il generale avesse potuto fare un lavoro minuzioso su Oscar, per quanto avesse potuto renderla abile con le armi e con le strategie militari, c'era una parte della mente della figlia sulla quale la sua abilità non avrebbe avuto alcun potere: Oscar avrebbe pensato "da militare" per tutta la vita probabilmente, ma prima o poi avrebbe potuto innamorarsi di un uomo. A questo il generale non aveva mai pensato.

Ora Oscar si ritrovava innamorata non ricambiata. Quel sentimento l'aveva portata a pensare da donna eppure l'uomo che aveva acceso quello stesso sentimento non l'aveva riconosciuta come tale: con lei poteva avere solo un rapporto da uomo a uomo.

Che eterna condanna le sembrava: lei poteva vivere ed essere presa in considerazione solo essendo quello che non era!

Che confusione! Che incredibile confusione! Se il suo passato era stato assurdo ma tutto sommato sereno, il suo presente si mostrava addirittura angosciante.

 

 

Continua...

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