Alain

 

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Si era ormai alla metà giugno. I turni erano ruotati, e una volta, e ancora; tutto era cambiato, tutto era come prima, solo, più caldo.

 

-Comandante! La solita pausa pomeridiana, eh! -

-Già. -

 

-Salve Comandante, ci godiamo i primi soli, vero? -

-Sì, l’inverno è stato troppo lungo. -

 

-Comandante, ci scaverete la pozza su quel muro! -

Sorriso.

 

Le piaceva. Le piaceva rispondere ai saluti informali, impacciati e affettuosi dei suoi uomini in quella pausa che aveva imparato a prendersi, al sole. I suoi uomini; una donna che parla dei suoi uomini le faceva venire in mente altre idee che non la sudicia fatica di un plotone da due soldi. E invece lei... André: l’unico uomo cui avrebbe avuto forse l’ardire di associare l’attributo di “suo”. Il suo André... che non era affatto suo, mai, adesso meno che meno... così poi... figuriamoci.

Erano passati più di venti giorni da quella sera in cui aveva terminato un lungo sproloquio sull’amore con un “se solo...”. E non è che il suo ragionamento avesse fatto dei progressi da allora: se solo lei, se solo lui, se solo gli altri, se solo noi, se solo il padre, il lavoro, la Francia, la regina, la sua vita... se solo lei. Alla fine, tutto su di lei. Se solo potesse riuscire a sbrogliare quella sua matassa... Ecco! C’era ricaduta ancora! Se solo André si sbrigasse a tornare...

 

-Comandante, con tutto il sole che prendete vi verranno le lentiggini in viso! -

-Mi ci vedi andare in giro con l’ombrellino di pizzo? -

-No no, per carità! Non vi ci vedo proprio. -

-E allora? -

Sorrise. Ricevette in cambio un saluto con la mano.

 

E poi... e poi c’erano quel “ti voglio bene” e quel “mi piaci” che ancora le ronzavano in testa; e quando ci ripensava sentiva di nuovo una strana esaltazione. Pazzesco, pazzesco.

Non che non le piacesse, anzi. Per essere bello era proprio bello; personalmente non si riteneva un’intenditrice di uomini, però... le piaceva assai... molto... parecchio... da morire, constatò desolata. E non che non gli volesse bene, anzi. Neanche in quest’ambito si riteneva un’esperta, però... gli voleva bene, gli voleva bene, gli voleva bene... senza riuscire a spiegarselo a parole, se non con le semplici e ossessive ti voglio bene ti voglio bene ti voglio bene. Già le girava la testa e un vuoto assurdo di bisogno le si scavava dentro. E’ a stare al sole, Oscar, che ti gira la testa, deve essere per forza così. E se solo non fosse il sole?

Pigro d’un André! E arriva, dunque, arriva! Se ti sei fermato a perdere tempo col tuo Inseparabile dietro qualche gonnella giuro che ti strozzo. Se solo io non fossi così... Si odiò.

Arriva, arriva. O la mia pausa finisce...

 

-Comandante! -

 

Gli unici minuti delle sue giornate liberi dai “se solo” che lui stesso le aveva messo in testa e quella bella sagoma di André si perdeva in chissà che chiacchiere, chissà con chi, chissà dove a Parigi. Niente di meglio da fare che lavorare, eh, André? E io invece scema che non lavoro per aspettarlo!

 

-Comandante? -

 

Se solo fosse puntuale... Come se avessimo un appuntamento! E se solo sapesse che lo aspetto?

 

Il panico fu interrotto da una mano gentile sulla spalla. André!

-Comandante, dormivate? -

Oscar si voltò raggiante:

-A...lain?! - E... e... An...

-E chi pensavate che fosse? Gesù Bambino che porta il regalo di Natale? -

Alain sembrò non cogliere il guizzo di delusione smarrita che transitò sul volto del Comandante che, nonostante tutto, rientrò subito nei ranghi.

-Di solito Gesù Bambino ce lo mostrano un po’ più bello. - E lui dov’è, dov’è; non aveva il coraggio di chiedere.

-Non sono abbastanza bello per voi, Comandante? –

Con la mano sinistra appoggiata al muro e l’altra sul fianco, proteso verso di lei, la squadrava, ironico e indagatore.

Che cosa?!

-E a te cosa ne viene dall’essere o meno abbastanza bello per me? - Sorrise sarcastica: André che non arrivava e Alain che sembrava seriamente intenzionato a prendersi gioco di lei;  bella pausa, proprio una bella pausa.

-Nulla. Posso aiutarvi a reggere il muro? -

Il Comandante bofonchiò un:

-Ma fa’ come ti pare. -

Alain si accomodò contro il muro nella stessa posizione di lei: schiena appoggiata,  gambe leggermente accavallate e braccia conserte. Lei esaminava con la massima attenzione la disposizione delle pietre del  pavimento e di tanto in tanto buttava un’occhiata distratta verso il cancello; lui, dopo averla osservata per un po’ si stiracchiò, tirò le mani dietro alla nuca e disse:

-Sapete, da quando avete preso l’abitudine di prendevi una pausa alla fine del turno pomeridiano, avete scatenato un bel po’ di commenti. -

-Ah sì? - Perché non arriva? Perché?

-In parecchi si sono accorti che siete una bella donna. -

-E quindi? -E se gli fosse successo qualcosa? L’occhio! No, Alain non l’avrebbe assillata con quei discorsi oziosi, l’avrebbe presa a sberle, magari,  ma gliel’avrebbe detto... Sperò.

-Una bella donna fa sempre colpo su una caserma di uomini. -

-Interessante. - E chi se ne frega?

-Piacete a parecchie persone qui dentro. -

Basta, Alain, basta con questi discorsi: come se mi dovessi preoccupare di qualche soldato che si è preso la cotta per il Comandante, passerà, con una come me passerà, figuriamoci. Come se non avessi già abbastanza problemi col mio forse miglior amico che mi ama alla follia accidenti a lui.

Sbottò, acida:

-E, dimmi, piaccio anche a te? -

-Sì, parecchio. –

Oscar deglutì.

Lo fissò, incredula, sospettosa e stranita, sbarrando gli occhi e sbattendo ripetutamente le ciglia.

-Ah! -

Tentò di darsi un contegno, finse indifferenza, guardò altrove,  sciolse le spalle.

-Mi hai risposto come se ti avessi chiesto se ti piacciono le cipolle.-

-Più o meno. –

Oscar deglutì ancora.

Alain abbozzò una smorfia soddisfatta e competente, guardando per aria.

-Sono più o meno come una cipolla? -  Si era sentita paragonata a tante cose ma questa qui le batteva tutte.

-No: le cipolle puzzano. E poi una cipolla, una volta mangiata, è finita;  voi, invece, vi si può riutilizzare. -

-Ah, beh, certo, non avevo colto le sottili differenze. Sai, non ho molta  dimestichezza con le cipolle. -

Non sapeva se prenderlo a sberle o mettersi a ridere.

Rise lui per lei. Lei si sentì più sollevata: non era grave, allora. Le  sarebbe dispiaciuto che lui dicesse sul serio: anche se non lo conosceva benissimo, oltre che stimarlo lo trovava anche molto simpatico; se solo fosse  nata uomo forse avrebbe voluto essere come lui. E poi André gli voleva bene: era  l’unico amico degno di tale nome che si fosse mai concesso in tutta la sua vita per prestar fede al suo ruolo di “amico fraterno” e rimanerle accanto. Chissà  se le cipolle hanno amici e amici degli amici; probabilmente no, vista la puzza. Sorrise, si stava divertendo tutto sommato: decise che non lo avrebbe preso a sberle, per il momento.

-Questa è la dichiarazione più stramba che abbia mai ascoltato in vita mia. -

Sul volto di Alain si miscelarono, nell’ordine, una buona dose di sorpresa, un pizzico di delusione e qualcosa di simile al trionfo di chi risolve un indovinello.

Si sentì potente:

-Non avrei mai detto che una come voi potesse collezionare dichiarazioni. - poi,  il suo istinto di conservazione ebbe la meglio, e fece appena in tempo:

-E inoltre chi ve lo dice che la mia sia stata una dichiarazione? -  Vigliacco; vigliacco e scemo, pensò il Comandante: conoscendolo si sarebbe aspettata qualcosa  di più che questa sgroppata da ronzino. Le aveva fatto credere di voler...

Venne paralizzata dal suo stesso pensiero: le aveva fatto credere, e lei ci  aveva creduto, per un attimo solo ma l’aveva fatto; come una comune, oca, sciocca cortigiana quindicenne alla sera del debutto. Non poteva essere! Non poteva essere! Non lei! Ridicola! Ridicola! Sciocca e ridicola! Strinse i pugni lungo le gambe per trattenere la rabbia della vergogna. André. Che avrebbe pensato di lei, André? E il bestione qui accanto? Era certa che se la stava ridendo e strinse ancora di più i pugni. Gliene avrebbe assestato volentieri uno; anzi, due, uno per lei e uno per André.

Scrollò i capelli davanti al viso e dietro a quella maschera trovò il coraggio di dare una risposta, con parole bloccate in gola dall’urlo represso della vergogna e tirate fuori a forza da ciò che era sempre, sempre stata:

-Già, perché mai dovresti fare una sottospecie di dichiarazione al tuo comandante nonché alla donna amata dal tuo amico inseparabile? -

Nella mente ebbe un lampo, cattivo:

-E non dirmi che ti sei separato dall'inseparabile solo per venirmi a paragonare malamente ad una cipolla! –

L’aria soddisfatta del soldato scomparve, con lo stesso rimpianto e lo stesso rimorso del carnevale svanito d’improvviso in quaresima. Serrò la mascella, lentamente sciolse le mani da dietro alla nuca e fece scivolare giù le braccia, con la forza di chi non si abbandona mai del tutto al dispiacere e alla sofferenza perché li conosce; si scostò dal muro, sull’attenti, sostenendo il suo sguardo:

-Perdonate, Comandante. La noia fa dire e fare strane cose, pur di avere qualche cosa di nuovo, e possibilmente bello, a cui pensare. Perdonate: perché la voglia di novità non ha simili diritti sulla stima, sull’affetto e sull’amicizia. Prendete pure i provvedimenti che riterrete necessari. –

Lei rimase un po’ ad ingoiare l’amarezza. Poi, con un breve sospiro stanco, osservando il selciato:

-Ma quale provvedimento vuoi che prenda? Alla fine la colpa è la mia che ti ho dato corda. –

Siete proprio all’ABC, eh, mia cara Comandante. E quell’altro è messo quasi peggio di voi. Adesso capisco perché ancora siamo qui a sospirare al sole, al cielo e a tutti gli dei dell’Olimpo.

-Se questo vi può rassicurare, vi posso garantire che  le donne che mi danno corda non trascorrono le pause della conversazione pensando al mio amico. E che io non tollererei una tale cosa in una donna a cui sto parlando seriamente. – Tranne in un caso, forse, Comandante.

-Proprio un bello scherzo, allora. Complimenti, ottimo gusto. – le tremava la voce: André.

Alain rimase ancora un po’ sull’attenti, poi, nel silenzio, abbassò lo sguardo e si mise in riposo.

-Comandante, vado, se non c’è altro. –

Lei fece finta che fosse già andato via: con gli occhi chiusi e il volto tirato stava al sole nella sua posizione preferita.

-Comunque André è stato trattenuto in città. Vi spiegherà lui. –

Non c’era, non c’era già più per lei ormai e così si allontanò sul serio, all’ombra.

Oscar aspettò ancora, finché non scorse André oltrepassare il cancello, stava bene, ci vedeva; non resse e fuggì via.

André la cercò, sperando, ma non la vide al sole; con le spalle curve e un fiore in mano si rintanò nelle camerate.

 

 

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