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Due schiaffi violenti, inattesi. Poi quella stretta ferrea. La mente di Oscar era in subbuglio. Non aveva mai visto quello sguardo negli occhi di André, prima. Distante, remoto, quasi glaciale. Poi le labbra sulle sue in un bacio violento, rabbioso.

Non stava accadendo, non poteva essere.

Il suo corpo che la spingeva sul letto, il suo peso su di sé, e ancora quella stretta. Il suo tentativo di difesa, e poi la reazione di lui. Le aveva strappato la bianca camicia. La mente di lei si rifiutava di accettare l'evidenza. Chi era quell'uomo che premeva il corpo contro il suo? Non era André, non poteva essere. Non l'André che conosceva lei, l'amico, il compagno.

Lui la stava guardando, fissava la sua pelle bianca. Ma c'era dolore nei suoi occhi, un dolore che nonostante la rabbia le toccò il cuore. Si sentì sopraffare da mille sentimenti confusi. Paura, sgomento, disperazione.

- Bene… - mormorò distrutta, senza più opporre resistenza - E adesso cosa vorresti fare con me, André? -

Lui non rispondeva, lei non riusciva a guardarlo. Adesso non le teneva più le braccia bloccate, ma continuava a sentirlo su di sé.

- Oscar, guardami - disse la voce di lui con una calma che la sconvolse ancora di più.

Lei continuò a fissare il muro.

- Guardami - ripeté lui prendendole il mento ed obbligandola a girare la testa. Ancora quello sguardo pieno di dolore. - Io ti amo - disse lui lentamente.

Lei cercò di voltare il viso, ma lui la teneva ferma.

- Ti amo - ripeté - Credo di averti sempre amata. -

Lei iniziò a piangere, e lui disse:

- Non vuoi sentirlo? Non m'importa. In questo momento non m'importa di nulla, neanche se tuo padre entrasse da quella porta e mi uccidesse m'importerebbe qualcosa. Forse sarebbe meglio, smetterei di soffrire. -

- Smettila… - mormorò lei sconvolta. Ma lui sembrò non averla sentita e continuò:

- Della mia vita non mi importa, appartiene a te, è sempre appartenuta a te. Ma è vedere il male che stai facendo a te stessa che mi uccide. Tu non sarai mai un uomo, Oscar. Tu sei una donna, e saresti stata la più bella ed amabile delle donne, se tuo padre non ti avesse imposto quest'assurdità per soddisfare il suo orgoglio. Ma tu sei una donna nonostante tutto, e proprio per questo ti sei innamorata di Fersen. -

- Basta, non voglio più ascoltarti! - gridò lei disperata, tentando di alzarsi, ma lui la bloccò nuovamente con il suo peso e la immobilizzò.

- Ascolterai, invece - le disse avvicinando il viso al suo.

Lei si sentiva ipnotizzata dal suo sguardo, infinitamente triste ed acceso da una luce che non aveva mai visto negli occhi di nessuno.

Lui disse: - Avrei accettato di vederti con un altro, anche se questo mi avrebbe ucciso, pur di saperti felice, perché ti amo più di qualsiasi cosa al mondo, ma tu ti sei innamorata di un uomo che non potrà mai ricambiarti perché ama un'altra, e tu lo sapevi bene. Forse è proprio per questo che l'hai amato, vero? -

- Che vuoi dire? - mormorò lei confusa.

- Che sapevi di non avere speranza con lui, che in fondo non avresti mai dovuto affrontare davvero l'amore, che non avresti corso il rischio di venire ricambiata e disobbedire così a tuo padre… -

Oscar si sentì morire: percepiva confusamente che nelle parole di André c'era qualcosa di vero, ma questo la fece infuriare ancora di più.

- Tu non sai nulla! - gli gridò in faccia - Io ho amato davvero Fersen, con tutto il mio cuore! -

Vide l'espressione ferita sul volto di lui, ma non si fermò:

- Lui non mi avrebbe mai fatto una cosa come questa! Lui è quello che tu non sarai mai! -

Già mentre diceva quelle parole avrebbe voluto fermarsi, ma era troppo tardi. André sorrise, un sorriso che assomigliava ad una smorfia, poi mormorò:

- Già. Dimenticavo che io non sono un nobile come il tuo amato Fersen. Un uomo che espone la sua amante allo scherno, pur di soddisfare le sue voglie, un vero gentiluomo. Non come me, che mi sono tenuto dentro questo amore per vent'anni. Sono stato davvero un imbecille. Talmente imbecille da avere perso un occhio per te -

Quelle parole la colpirono come una frustata. Il ricordo della sofferenza di André dopo lo scontro con Bernard la sommerse. Si sentì tremendamente in colpa, ma proprio per questo reagì come un animale ferito e disse:

- Non te l'ho chiesto io di venirmi a salvare! - e mentre diceva quelle parole si odiava da sola.

- Hai ragione - disse lui amaramente premendo il suo corpo contro quello di lei. - Ma merito un premio o no? -

- Che stai dicendo? - esclamò Oscar incredula. Ma lui aveva poggiato le labbra sulle sue, impedendole di parlare. Stavolta il bacio non fu rabbioso, ma stranamente dolce, lento, sensuale; lei sentì l'impulso irrazionale di rispondergli, di attirarlo più vicino a sé, ma non lo fece. Lui abbassò la testa sul suo seno scoperto, e ne tracciò i contorni con le labbra, lentamente. - Guarda… - mormorò André indicando le punte dei suoi seni che si erano irrigidite. - Sei una donna, lo vedi? Non reagiresti così, se non lo fossi. -

Oscar non sapeva cosa dire. Sapeva solo che la sensazione delle labbra di lui su di sé era assurdamente eccitante, avrebbe voluto che smettesse e che continuasse allo stesso tempo, nonostante la rabbia furibonda che si stava impadronendo di lei si inarcò sotto di lui e sentì le sue mani lasciarle i polsi e percorrerle le braccia in una lenta carezza, e si rese conto confusamente di essere libera. Tese la mani per respingerlo, ma si fermarono debolmente sui capelli scuri di lui, in un gesto che assomigliava ad una resa, ed un gemito le sfuggì dalle labbra. Non riusciva più a pensare distintamente, le sembrava che le sensazioni del suo corpo stessero prendendo il sopravvento, la razionalità la stava abbandonando. Lui percepì il cambiamento in lei, e all'improvviso si distese sulla schiena, attirandola su di sé, mentre le sue mani le afferravano nuovamente i polsi. Adesso era lei a pesare su di lui, i loro corpi strettamente uniti. Oscar ansimava, il petto nudo schiacciato contro quello di lui, il viso a pochi centimetri dal suo. Sentiva chiaramente la durezza di lui premere contro il suo ventre, e la cosa la sgomentava e l'eccitava. I capelli di lei piovevano su di lui, che alzò una mano per scostarglieli dal viso e poterla guardare meglio. La fissava in silenzio. Lei poteva sentire distintamente il cuore di André battere violentemente contro il suo, e la cosa inspiegabilmente la riempì di tenerezza. Quel cuore stava battendo così per lei. Perché l'amava e la desiderava più di ogni cosa al mondo. Per un attimo sentì il suo potere di donna, il suo potere su di lui. André le aveva lasciato i polsi, adesso le sue mani erano carezzevoli sulle sue braccia, sui suoi fianchi. Restò immobile, fissandola, e poi disse:

- Avanti, Oscar… come vedi adesso non ti sto costringendo. Sei libera. Puoi andartene, se vuoi. -

Lei avrebbe voluto disperatamente farlo, ma non ci riusciva. Sentiva il calore di lui, il suo odore, il suo respiro affannoso. Si sentiva debole.

- Non posso - mormorò, e lui chiese: - Perché? -

- Non lo so… - rispose lei sentendo i suoi nervi sul punto di spezzarsi. - Aiutami - disse all'improvviso, - Aiutami - gli ripeté confusa. Lui le carezzò dolcemente il viso e poi disse:

-A fare che? -

- A capire chi sono.. - gli rispose in un soffio. Le mani di André giocavano tra i suoi capelli, la sua voce si incrinò quando disse: - Sei una donna meravigliosa, ecco cosa sei. Sei la donna più tenera e forte che abbia mai conosciuto. Per questo e per mille altre cose io ti amo. E ti amerò sempre. -

Le mise una mano dietro la nuca e la baciò dolcemente. Lei gli rispose, sentendo quel gesto come la cosa più naturale che potesse fare. Sentì la lingua di lui cercare la propria, prima delicatamente, poi appassionatamente. Non si ritrasse. Che strano… quel semplice contatto si ripercuoteva in tutto il suo corpo, i suoi muscoli erano tesi come una corda… Adesso lui era di nuovo su di lei, le labbra sulle sue, le sue mani che la sfioravano dappertutto. Una febbre… ecco cos'era, pensò Oscar confusamente. Era come essere preda di una febbre violenta. Lo sentì staccarsi da lei, vide che si stava spogliando, e quando fu di nuovo accanto a lei accarezzò la sua pelle. Non avrebbe mai pensato che potesse essere tanto liscia, tanto calda… gli baciò la spalla, il petto, il ventre. Lo sentì ansimare e questo la fece sorridere. Lei era in grado di dargli piacere, lei più di ogni altra, per lui era l'unica… anche se gli altri la vedevano come un uomo per André lei era la più desiderabile delle donne... André che in quel momento capiva di desiderare. Era assurdo? Forse, ma per la prima volta nella sua vita si stava dimenticando di se stessa, del comandante Oscar, della figlia di suo padre, della donna forte e padrona di sé che tutti ammiravano ma che nessuno forse amava davvero. Nessuno, tranne André. Le sue labbra scesero lungo il corpo di lui, ma sentì la sua mano fermarla, e la sua voce dire: "Aspetta… aspetta Oscar". La liberò rapidamente degli ultimi indumenti, e si fermò un istante a contemplarla. Un pensiero la colpì: forse André aveva visto già altre donne nude prima di lei, donne più femminili, più aggraziate, ed ora era deluso… non poteva sostenere il suo sguardo, e cercò di coprirsi con le braccia. Lui gliele scostò e disse teneramente:

- Ti imbarazza farti guardare da me? -

- Io… - mormorò lei con le guance in fiamme - io non credo di essere molto femminile… molto desiderabile… - e distolse lo sguardo.

Sentì le mani di lui percorrere ogni linea del suo corpo quasi con reverenza, e poi gli sentì dire:

- Oscar… sei straordinariamente bella. Io non riesco ad immaginare niente di più bello… di più puro del tuo corpo. Io ti desidero da morire, talmente tanto che di più non credo sia possibile… e sei così bella che mi sento mancare il respiro. -

Abbassò la testa e seguì la traccia lasciata dalle sue stesse mani, mentre lei si chiedeva come fosse possibile non riconoscere più il suo stesso corpo, che stava reagendo istintivamente, come se avesse una vita propria, rispondendo ad ogni bacio, ad ogni carezza. Sentì le sue labbra tra le sue gambe, sentì un calore esploderle nel petto, un'ansia insostenibile afferrarla, si morse le dita per non gridare, si mosse sotto di lui, si agitò disperatamente. Lui la teneva ferma e non smetteva, e lei disse ansimando, tentando di respingerlo: - Ti prego, André… ti prego basta… fermati… -

Lui alzò la testa e disse sorridendo: - Perché? Non ti piace quello che sto facendo? -

- Sì… - disse lei esasperata dalla frustrazione - lo sai bene… solo che io vorrei… -

- Cosa? -

Lei scosse la testa, incapace di parlare, e lui ripeté: "Cosa?". Si stese su di lei e mormorò nuovamente al suo orecchio: "Cosa?". In risposta lei lo attirò su di sé, e istintivamente premette i fianchi contro quelli di lui. Lo sentì contro di sé, avvertì una fitta di panico e disse:

- André… io non ho mai… non ho mai… -

- Lo so - disse lui baciandole una guancia con tenerezza. - Neanch'io - aggiunse piano.

Lei lo scostò di colpo e lo guardò con gli occhi sbarrati, lui sorrise al suo sconcerto e disse:

- Perché sei così sconvolta? Non ti ho forse detto di averti sempre amata? Tu sei l'unica che abbia mai desiderato nella mia vita… -

Lei capì che era sincero, e la commozione l'afferrò alla gola, impedendole di parlare. André… un uomo giovane, sano, con i desideri di tutti gli uomini. Com'era possibile che non avesse mai fatto l'amore con nessuna? Possibile che avesse atteso lei per tutti quegli anni? Possibile che l'amasse tanto? Lui le sfiorò le labbra e disse:

- Non credevi che anche un uomo potesse aspettare la donna che ama? E perché? Io aspetterei ancora, se tu lo volessi… -

Era vero. Lei sapeva che lui avrebbe aspettato ancora, anche tutta la vita se fosse stato necessario. In quel momento lo capì con certezza assoluta. Lo fissò e chiuse la sua mano su di lui, senza più alcuna paura, e lo guidò dentro di sé; sentì dolore ma lo desiderava talmente tanto da spingere contro di lui per sentirlo ancora di più unito a lei, completamente. Lo sentì dentro di sé, spiò il suo viso e vide la sua espressione intenta, come se stesse pregando un dio sconosciuto, un dio che in quel momento si stava impossessando anche di lei, lui iniziò a muoversi lentamente, per non farle male, ma lei avrebbe voluto dirgli che non ce ne era bisogno, che nonostante il dolore qualcosa in lei adesso voleva solo perdersi, dimenticare il vero dolore, la solitudine… Il pensiero che quelle sensazioni incredibili fossero nuove anche per lui rendeva il piacere di Oscar ancora più intenso, sentiva il cuore scoppiarle di un sentimento sconosciuto, una tenerezza struggente, un desiderio quasi rabbioso.

- Sei una donna… - mormorò André al suo orecchio mentre le braccia di lei si aggrappavano alle sue spalle  - Lo vedi amore mio… sei una donna. Stiamo facendo l'amore, Oscar… siamo un uomo e una donna e stiamo facendo l'amore… -

Lei sentì l'ansia nel suo corpo aumentare, gli circondò i fianchi con le gambe e si sollevò per incontrarlo, e lui continuò: - L'ho sempre saputo che sarebbe stato così… l'ho sempre saputo. Ti avrei aspettata anche un milione di anni, amore mio… -

Sentì il corpo di lei tremare sotto il suo, fece uno sforzo per trattenersi, si sollevò sulle braccia fermandosi e la guardò: i capelli sparsi tutto intorno, gli occhi splendenti, le labbra dischiuse, le sue mani che lo attiravano disperatamente… le poggiò una mano sul cuore e lo sentì battere con violenza, sentì le gambe di lei stringerlo, la sua voce dire: "Ti prego.. ti prego, non fermarti… " Affondò in lei, lentamente, e mormorò:

- Oscar… è questo che gli uomini e le donne fanno da secoli, e non è meraviglioso? Non è meraviglioso, amore mio? -

- Sì… - rispose lei inarcandosi sotto di lui, tutto stava per finire, André mormorò febbrilmente:

- Ma non è sempre così… è così per quelli che si amano… io ti amo, lo sai… ma tu? -

I loro movimenti si fecero veloci, incessanti, lei gli morse una spalla per soffocare i gemiti, e lui ripeté: "Ma tu?" la costrinse a guardarlo e disse ancora: "Ma tu?"

- Non lo so… non so più nulla… - ansimò lei. In quel momento uno spasimo la prese, e pensò che se lui l'avesse abbandonata in quel momento sarebbe morta.

"André" mormorò sentendo il suo corpo esplodere "André" ripeté baciandolo con passione, "André" gridò alla fine, mentre sentiva anche lui lasciarsi andare dentro di lei, finalmente.

Restarono abbracciati per quella che ad Oscar parve un'eternità, prima di riuscire a riprendere fiato. Gli accarezzò la schiena e pensò che era strano non riuscire a staccarsi da lui. Desiderava ancora il suo contatto. Lui le accarezzò il viso e lei lo guardò. Non riusciva quasi a sostenere la tenerezza che c'era nel suo sguardo. Una tenerezza che probabilmente lei non meritava.

- André… - mormorò baciandogli la mano, - André… perdonami per averti detto quelle cose, prima. -

- Cosa? - disse lui sorridendo.

- Quelle cose su Fersen, su di te… lo sai che non le pensavo -

- Quali cose? Le ho dimenticate - mormorò lui accarezzandole i capelli.

- Come fai a sopportarmi? - disse Oscar intrecciando le gambe alle sue.

- A volte è dura… - disse lui passandole la mano su un fianco.

- Lo so… - mormorò lei, mentre osservava i loro due corpi vicini. Sembrava così naturale… forse avrebbe dovuto essere così da molto tempo. Era destino che fosse così, probabilmente. Ed ora? Che sarebbe accaduto nella sua vita? Provò un moto di paura, e si irrigidì.

- Che cos'hai, Oscar? - chiese André immediatamente.

Provò l'impulso di allontanarlo e gli disse: - Mi hai fatto male… -

Vide gli occhi di lui oscurarsi. Sapeva bene che il pensiero di averle fatto del male non l'avrebbe sopportato.

- Non è vero… - disse lui piano.

- Sì… mi hai fatto male. - Lui continuava a fissarla come se le volesse leggere dentro, e questo non lo sopportava, non in quel momento. - Ho bisogno di stare sola - gli disse alzandosi.

Prese i suoi vestiti e si diresse nel bagno. Iniziò a lavarsi mentre immagini di quello che era appena successo le danzavano davanti agli occhi. Non poteva credere a quello che aveva fatto. Aveva fatto l'amore con André, ed era stato bellissimo.

"Solo un bisogno fisico… " ripeté a se stessa con rabbia.

Le sue mani, le sue labbra… avvertì una fitta di desiderio improvvisa, poggiò la testa contro il muro e pianse. Non sapeva cosa fare, ed odiava sentirsi così. L'imprevedibilità della vita… la maledetta imprevedibilità. Forse lo amava, forse l'aveva sempre amato. In quel momento sentiva quasi di odiarlo.

"Sei un uomo, Oscar… ". La voce di suo padre.

Adesso doveva uscire. Pregò disperatamente che lui se ne fosse andato. Il letto era vuoto. Guardò la stanza. Vuota. Si sedette sul letto disfatto e vide l'impronta dei loro corpi. Capì di avere desiderato che lui fosse ancora lì.

Che avrebbe fatto adesso? Come avrebbe potuto comportarsi ancora da uomo?

 

Daniela, 2001, pubblicazione sul sito Little Corner maggio 2011

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

Nota: Daniela scrisse questo testo anni fa. Credo fosse il 2001. Il titolo non c'era, lo trovai io: "28". Daniela mi diede il testo, dicendomi di farne ciò che volevo, fosse la pubblicazione su Liberté o qui. Su Liberté, per varie ragioni, la cosa non è stata fatta, anche se è questa pubblicata ora la versione che revisionai per il fumetto. Ma pubblicarlo, ora, come omaggio a Daniela e come omaggio a Dezaki, mi sembra sia la cosa più giusta.

Laura

 

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