Pazienza

Capitolo Primo

 

Traduzione: Annarita Giannelli, Revisione: Laura Luzi

 

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Note: Non mi appartengono, tranne la Contessa di Roussel e qualche altro.

Questa non segue completamente le linee temporali della storia, ma si può far collocare quando Rosalie è ancora ospite presso i Jarjayes e Oscar, divenuta Colonnello, è sempre più occupata a Versailles.

Fersen non è realmente presente in questa storia, ma Oscar ha cominciato a sviluppare dei sentimenti nei suoi confronti .E André? Come sempre veglia su di lei…

 

“Quand on n’aime pas trop,on n’aime pas assez” Bussy-Rabutin.

 

Era un giorno perfetto. Il sole splendente investiva l’intero maniero del chiarore e del caldo opprimente del mattino. Era tuttavia un tempo ideale per esercitarsi e per uscire all’aria aperta, e Oscar,alzatasi subito dopo l’alba, sperava di approfittarne il più possibile.

“Bene”-si disse con aria felice- “non mi resta che trovare quel furfante di André. Si fa desiderare con un giorno simile. Sono già le Dieci passate…dove si sarà cacciato?”.

Arrivò alle stalle con passo deciso e bussò violentemente alla porta.

“André! Dove ti sei cacciato” gridò. Ma le risposte solo il nitrito del suo cavallo.

“Lo so”, disse accostandosi alla sua cavalcatura,”allora usciremo non appena avrò trovato quel pigrone”.

Dopo aver accarezzato lo stallone, proseguì la sua ricerca nel cortile dei Jarjayes. Il ragazzo non sembrava trovarsi da nessuna parte. Non trovava nemmeno tracce della sua governante, la nonna di quest’ultimo, che senza alcun dubbio non avrebbe certo esitato ad aiutarla a scovare il “disperso”.

Essendo anche suo padre uscito di buon mattino a parte il canto degli uccelli che si divertivano un mondo in questa rara giornata di fine inverno, il castello sembrava immerso in un silenzio insolito; non pesante, in quanto Oscar apprezzava questa tranquillità, lavorando a Versailles dove il chiasso non cessava mai, neanche nel cuore della notte, ma riposante e tutto sommato molto piacevole. Tuttavia, se avesse potuto mettere le mani su André, che sembrava fosse il solo in grado di rovinarle una tale giornata…

Si era alzata all’alba, già svegliata dai raggi del sole e dal canto degli uccelli che sembravano proprio aver sbagliato stagione, si era vestita in fretta e furia, benedicendo il fatto che non avrebbe lavorato per due giorni poiché le loro Maestà avevano stabilito così, si era infilata un semplice pantalone nero, delle calze grigio chiaro che non rischiavano di macchiarsi, una pesante camicia di lino tra quelle meno civettuole e meno preziose che possedeva, ed era corsa in corsa in cucina a prepararsi lei stessa il the di cui andava matta al mattino.

Non aveva l’abitudine di perdere tempo per svegliarsi, e così non aveva notato la sparizione di quelle creature a lei familiari che popolavano di solito il castello come un formicaio. Lei non amava molto “imbellettarsi” per rimanere nella propria tenuta e, aborrendo la civetteria- come gli altri cavalieri a Corte- come un difetto da “donnicciole”, preferiva dunque essere a suo agio per galoppare o tirare di scherma.

In seguito aveva realizzato che essendo il Generale assente, la casa sembrava sì calma, ma con qualcosa che mancava: la sollecitudine dei domestici. Solo alcuni sembravano assolvere in fretta e furia un qualche compito che essa ignorava, ma non vi era nessuno in cucina - cosa un po’ sorprendente a quell’ora del giorno con un po’ di bocche da sfamare - e, cosa ancor più importante, il suo amico sembrava aver ceduto a queste “misteriose sparizioni”.

Finalmente decise di ritornare in cucina. Era un posto centrale dove avrebbe potuto trovare, senza dubbio, qualcuno che giunto di passaggio le avrebbe indicato il motivo di tali assenze. In più André, quel ghiottone sleale, aveva forse rimandato la sua partenza per venire a rimpinzarsi delle buone cose che Martine, la cuoca, una brava donna che adorava il ragazzo, gli aveva lasciato là per più di una occasione.

La ragazza superò ancora la porta del castello, girò a destra e aprì il portone che la separava dalle cucine.

Tuttavia non vide niente. Niente di insolito almeno. Le grandi finestre facevano entrare la luce a grandi ondate. Di André nessuna traccia. La cucina era pulita e deserta.

“- Si direbbe proprio che mi si prenda in giro. E’ tipico da parte tua André farmi ricredere in questo modo sulla tua natura! Poco male, saprò scovarti!”.

Stava per allontanarsi e dirigersi verso la porta, quando credette di sentire un rumore provenire dal retro, presso i forni, una stanza dove di solito lei non si avventurava.

Fece qualche passo pensando che, forse, qualcuno le giocava uno scherzo e si nascondesse dietro un forno; ma il brusio si intensificò e questo la fece fermare di colpo.

Pianti. Qualche parola incomprensibile, e una voce nettamente femminile. Vi erano anche altre voci che volevano senz’altro essere rassicuranti, giudicando dal tono.

Almeno tre donne, pensò Oscar. Aveva deciso di non trattenersi per le lunghe, dicendosi che non c’era posto per lei in mezzo ai pettegolezzi di buone donne, le sue domestiche, che in più non avrebbero visto di buon occhio la loro padrona intenta a spiarle. Sarebbe già andata via se non avesse sentito una parola, la prima parola distinta in una conversazione visibilmente faticosa. D’altra parte si trattava di un nome: ”André”.

Si irrigidì. Cosa era successo che riguardava il suo amico? Questo avrebbe spiegato la sua assenza? Realizzò all’istante che conosceva poco la vita del suo compagno al di fuori dei suoi compiti. Aveva ingenuamente ritenuto che André non faceva altro che accompagnarla e occuparsi di lei. E dei cavalli. Questo era già abbastanza. Non aveva mai sospettato che il suo spirito potesse condurlo verso altri interessi e si accorse, con stizza, che non aveva la più pallida idea di che cosa si trattasse.

La ragazza che piangeva a calde lacrime doveva essere Mathilde, una giovane servetta che lei conosceva poco, essendo questa al servizio di sua madre, e avendo Oscar poco tempo da dedicare ai “ fronzoli”. La seconda voce, più matura e affabile, apparteneva senza dubbio alla grossa Martine, uno degli animi più gentili del castello, la terza era sconosciuta, ma sembrava giovane e dolce. Una nuova cameriera o probabilmente si trattava della nipote di Martine, che veniva ad aiutarla tre mattine a settimana e che viveva in un villaggio vicino, ragion per cui Oscar non l’aveva probabilmente mai incontrata o al massimo l’aveva adocchiata in un corridoio senza però dirle una parola.

Oscar si appiattì contro il muro più vicino, dietro un grande tavolo, dove non sarebbe stata in traiettoria se la cuoca e le sue amiche si fossero mosse, e coperta anche dall’altra porta che dava sul vestibolo.

“Martine, sono così infelice!” gemette la voce di Mathilde.

“Lo so angelo mio, ma purtroppo negli affari di cuore, non c’è che estrema felicità o estrema sofferenza!”. “Ma rifletti… amare una persona così speciale, non potresti trovare uomo migliore!”, rincarò la voce della “nipote”.

“Lo so bene bambine mie, ma tu Mathilde saresti dovuta venire a trovarmi, così ti avrei detto io ciò che ne era del cuore di André ,,,”

“Ero così disperata…gliel’ ho anche detto…" - soffocò dei singhiozzi -… "mi ero anche offerta a lui…" - ancora lacrime-…

La voce di Martine divenne severa: ”Come, che uomo orribile! Mai avrei potuto immaginare che il nostro dolce André si potesse approfittare della debolezza di un’innocente ragazzina! Se lo acchiappo!!!”

Oscar ebbe un tremito, ma si rifiutava di credere a ciò che, tuttavia, aveva sentito così chiaramente .

“No, Martine, no. La debolezza non c’entra niente. Infatti, si è comportato come un perfetto gentiluomo. E’ proprio questo il problema. Mi ha fatto sedere e mi ha detto…”- dei pianti, di nuovo -“mi ha detto che non poteva…e io che pensavo che se l’avessi amato ancora più intensamente allora si sarebbe reso conto… Ha aspettato che le mie lacrime si fossero un po’ asciugate, poi mi ha condotto in cucina e mi ha anche aiutato a fare il bucato affinché mi potessi riposare… E’ talmente affettuoso , e io l’amo con tutto il mio cuore!!!”-

“Non poteva trovare nessuno migliore da amare. O che lo amasse. Povero André, prova una gran pena. Sapete bene entrambe che il suo cuore è già occupato. Lui la osserva e lei non lo vede nemmeno; non ha nessuna speranza e soffrirà in silenzio. Ma mi ha detto, una volta che l’avevo sorpreso ad affogare il suo dolore, che il suo tormento vale di più del silenzio dei sentimenti. Egli ha un cuore talmente grande, ma è occupato da “lei”,e non la dimenticherà mai. Non c’è più posto per nessuno, ragazza mia, il dolore ha già corroso il suo cuore; non può più considerare nessuna altra donna. Ho visto i suoi occhi e sono già parecchi anni che non li riconosco più.”

Mathilde riprese a singhiozzare così forte che niente sembrava calmarla.

Ne aveva abbastanza. Oscar approfittò di questo vocio per fare un mezzo giro e precipitarsi fuori, sconvolta.

André? Quel pigrone bonario, era sconvolto da una passione tale che lo stava divorando? André, che lei immaginava sorridere alle cameriere per ottenere le sue famose informazioni che riceveva come nessuno a Versailles? André, infine, dal sorriso così solare, ospitava un cuore ferito dalla freddezza di una donna che non lo degnava di uno sguardo. Chi poteva essere una tale indifferente?

Oscar conosceva bene gli sguardi di attrazione delle giovani donne nei confronti del suo galante domestico, non era certo cieca.

Ma ciò che la feriva più di tutto era che André non si era degnato di parlarle del suo amore quando, era evidente che tutti i domestici ne erano al corrente. O forse non si perdonava di non essersi accorta di niente, di non aver visto” i suoi occhi”.

Tutto a un tratto, alla luce di questi ultimi avvenimenti, l’assenza del suo amico l’inquietò più di prima. André era così disperato?

S’incamminò a grandi passi verso il cortile quando scorse due cavalli avvicinarsi al trotto. Il primo era montato da un giovane dai capelli scuri e da un mantello color crema, il secondo da una ragazza con i lunghi capelli biondi vestita con un mantello nero, che cercava alla meno peggio di seguire il primo.

Subito la tensione di Oscar si allentò. “Che idiota sono stata”- si disse- “poco fa, andando a ispezionare le stalle e vedendo il mio cavallo, non ho pensato a guardare se la sella di André era al suo posto”.

I cavalieri ormai l’avevano raggiunta. André scese dal suo cavallo e le si avvicinò: ”Scusami, Oscar, ma avevo promesso a Rosalie di farla esercitare a cavallo, visto che si lamenta di non essere abbastanza brava a saltare. Non so cosa conti di far saltare ancora al povero Brunello, non è più così prestante, comunque penso che questa sia stata la giornata ideale. E poi" - continuò, incapace di trattenere quella frecciata - "tu non ti eri ancora alzata quando Rosalie ed io ci siamo preparati…abbiamo pensato che fosse meglio lasciarti riposare…”

Il sangue caldo della ragazza non fece una piega; già nervosa per quello che aveva appena saputo, scattò: ”Veramente, vorrei farti sapere che avresti dovuto avvisarmi, in quanto contavo, anche io, di approfittare della tua compagnia per tirare di scherma. Non si potrà, dunque, che esercitarsi fino a sera per recuperare il tempo perduto. E sicuramente dovrai pulire le stalle da cima a fondo per punirti di avermi così vigliaccamente abbandonata. Non penso che mio padre sarà al castello, perciò il tuo padrone ora sono io".

André non aveva pensato che quella sua piccola impertinenza avrebbe mandato su tutte le furie la sua amica, ma siccome il tempo era bello, addirittura gli uccelli cantavano, e lui aveva passato tutto sommato una piacevole mattinata, non arricciò il naso, e fermò anche Rosalie che, dopo averli raggiunti, stava per protestare contro quell’ingiusta punizione.

“No Rosalie, per una volta" - nuova frecciata, decisamente André era di umore istrionico in questo inizio di primavera,- "Oscar ha ragione, avrei dovuto avvisarla di ciò che avremmo fatto; se ci fosse accaduto qualcosa come avrebbe fatto a saperlo? Vieni andiamo in cucina, questa gita mi ha messo una gran fame.”

Rosalie abbassò lo sguardo e obbedì. Oscar restò immobile nel cortile, di faccia alle code dei due cavalli che André aveva legato a una piccola sbarra fissata a tale scopo.

Oscar non la tirò a lungo più di tanto in tutta la giornata, ma il suo buon umore era stato irrimediabilmente guastato e lei l’avrebbe fatta pagare ad André. Il duello durò a lungo, poi però finì per crollare e lo congedò, non senza ricordargli che le scuderie, loro, non potevano attendere. Niente però sembrava toccarlo in quella giornata magnifica e la sera che ormai si appressava, sarebbe stata anche lei stupenda. Così, anche se stanco morto, si trascinò verso l’edificio e cominciò imperturbabile il suo lavoro.

Per Oscar, tuttavia, era ben diverso, e si ritrovò seduta nel piccolo salone, con la solita tazza di cioccolata fumante davanti, e tuttavia non poté impedirsi di pensare alla scena che aveva visto, o meglio ancora, sentito quel mattino stesso.

Come poteva André mostrarsi così disinvolto se stava vivendo il dramma che aveva appena scoperto? Questo la incuriosiva più di tutto, e sentì anche un pizzico di gelosia per quella sconosciuta che faceva soffrire, senza evidentemente rendersene conto, il suo amico d’infanzia.

Come aveva potuto lei, Oscar, non accorgersi della pena di André? Era più taciturno, ma lei non si era mai posta il problema fino ad allora. Incuriosita, si mise ad immaginare i mille visi possibili della bella aguzzina. Era necessario che fosse bella, ed era necessario che ne valesse la pena . Non ce lo vedeva André soffrire per una pettegola senza cervello. Chi era, questa che lui non aveva alcuna speranza di conquistare… Sarà perché… no, non era possibile. Tuttavia quella le pareva la cosa più verosimile. André doveva essersi innamorato di una dama di corte. Lui passava come lei molto tempo a Versailles.

Ma allora chi? La moda cambiava in fretta e gli habitueé di Versailles  cambiavano ancora più velocemente. Tra tutte le dame che lei riusciva a riconoscere come quelle che la frequentavano da lunga data, la maggior parte aveva l’età di sua madre…E lei aveva capito che questa storia andava avanti da parecchi anni…

Soffrire dopo tanti anni? Ahimè lei lo sapeva fin troppo bene.

Sollevò la tazza per berne un sorso e si scottò il palato; posò bruscamente la bevanda “non dovrò far altro che domandarglielo. Al diavolo se mi fa dei misteri io lo conosco troppo bene … Tuttavia, devo riconoscere che è stato bravo questa volta. Non ti credevo così abile, caro il mio André.”

Vagamente impacciata a dover considerare il suo vecchio amico come un uomo nella sua interezza, Oscar si concentrò sul dolore che egli doveva provare. Ma l’idea di un amore senza speranza le aveva già portato alla mente l’immagine di un uomo lontano, che lei, tuttavia, si sforzò di cancellare.

“ Fersen…”- mormorò, e abbandonò ogni speranza di riuscire a dormire.

L’indomani mattina arrivò troppo velocemente, il tempo era piuttosto uggioso, il giorno tendente al grigio e il vento che gli dava una mano. Oscar, tuttavia, si alzò in fretta come al solito per fare colazione in santa pace.

Il castello sembrava aver ripreso il suo ritmo regolare, e lei incontrò la nonna per le scale: ”Comunque - mia piccola Oscar - so bene che siete in licenza, ma è proprio necessario che voi portiate addosso questi cenci? Se voi non avete più completi portabili, credo che potrei cercarvi…”.

“Lo so nonna”, la bloccò subito, sapendo già cosa quest’ultima stava per proporle, "ma penso che questa tenuta sarà molto comoda. Ho molto da fare e mio padre desidera che mi eserciti con la spada oggi!”.

Quella frase spense subito le speranze dell’anziana donna, che proseguì il suo cammino bofonchiando qualcosa a proposito di un padre indegno…

“Alla fine - si disse Oscar - tutto è tornato alla normalità!”.

Passando vicino al portone, per recarsi nelle cucine, Oscar notò André, che alzatosi anche lui all’alba, se ne stava seduto tutto solo su un muretto del cortile.

Si affrettò a raggiungerlo. Questa giornata, forse, sarebbe stata, dopotutto, migliore della precedente!

André si voltò di scatto.” Oh, Oscar sei tu. Aspettavo Rosalie, ma mi sembra che la cavalcata di ieri sia stata sufficiente per il momento e lei ha deciso di approfittare di un po’ di riposo”. “Molto bene André, allora forse vorrai aiutarmi a tirare di scherma, a meno che, naturalmente, tu non non abbia paura del ridicolo!”.

Il giovane si alzò prontamente.

“Se è una risposta alla mia impertinenza di ieri, è ancora un po’ presto, ma sarei incantato di accettare la tua offerta. Ho bisogno di fare un po’ di pratica… giusto in caso tu non riesca ad infilzare tutti i pettegoli di Versailles.”

Oscar lo guardò:” Pettegolezzi, perché dici questo?”.

“Va bene, in realtà, ho appena saputo le ultime chiacchiere di corte, che non sono affatto lusinghiere per la Regina, e temevo che tu te la fossi presa a cuore…”

“Io, prendere a cuore dei pettegolezzi, questa è buona…”

“Volevo dire che mi sei sembrata molto strana ieri, e mi domandavo se non avessi prestato orecchio a qualcosa a cui non avresti dovuto”.

Punta sul vivo, Oscar gli si avvicinò e lo prese per il collo con entrambe le mani:” Io non permetto a nessuno di insinuare simili cose, e a te meno di tutti, perché dovresti sapere che non ci tengo a questo genere di cose!”.

Gli mollò il collo, ma restò lì vicino, col suo viso piantato nel suo. André distolse lo sguardo e indietreggiò di un passo.

“Se te ne parlo, Oscar, è perché ho bisogno di confidarti una cosa. Non ne sono fiero, ma non vorrei che, giustamente, tu lo venissi a sapere da un’altra bocca: ecco, non so come dire, ma una ragazza, tra l'altro molto graziosa, e per la quale ho il massimo rispetto, si è… come dire… offerta…”

Oscar aveva spalancato gli occhi come se fossero dei piatti.

“ Naturalmente ho rifiutato e l’ho riportata in camera sua. Fa parte della servitù, ed è molto giovane. Sono sicuro che ha fatto quel gesto per passione ed inesperienza, così ti pregherei, se mai venissi a sapere qualcosa a riguardo, di non dargli importanza, e, soprattutto, di lasciar continuare a lavorare quella poverina. I suoi slanci d’amore non dovranno impedirle di nutrirsi. Ecco… non so cosa ti aspettavi.”

André aveva senza dubbio notato l’aria delusa di Oscar. Lei aveva, per un attimo, creduto che lui stesse per confidarle il mistero del suo cuore spezzato, e, invece, non si trattava che di un affare stupido e banale, e lei vedeva quotidianamente di peggio a Versailles. Fu presa da una gran risata, cosa che sorprese non poco il povero André che cominciò a fissarla.

“No, mio povero André, non ti preoccupare. Per un istante ho pensato che stavi per raccontarmi le tue pene d’amore. Lo sai che si vocifera che una donna ti provochi una passione così violenta, che tu non vivi che per i pochi minuti di felicità che lei può concederti a sua insaputa? E’ troppo ridicolo! Sapevo benissimo che tu avevi toccato il fondo ben più giù di così!”.

La sua risata impedì a Oscar di vedere lo sguardo mortificato che lui posò su di lei. Tutta la sua dignità di uomo sembrò scomparire in un secondo, e il dolore che gli strinse il cuore, gli tolse il fiato violentemente. Eppure non poteva correre un tale rischio; così fece finta di unirsi all’ilarità di Oscar, che si calmò a poco a poco.

“ Io, vittima di un grande amore? Davvero, Oscar tu sragioni! E dove avresti sentito queste voci di corridoio?”

Smontata, la ragazza riuscì tuttavia a mantenere il contegno: ”Bene questo è sistemato; personalmente, mi sarei sentita ferita se tu mi avessi lasciata in disparte in una questione seria come questa…”

“ Seria? I miei affari di cuore? Non ti vedo come un’esperta in materia!”

Con questo André se ne andò verso l’edificio delle stalle, certo della furia che stava per scatenarsi. Oscar, però, fu più veloce e lo spinse con il palmo della mano contro la porta che lui stava tentando di aprire, con i suoi grandi occhi pieni di rabbia.

André non sperando più di sfuggire a quella furia, si girò lentamente.

Oscar era livida di rabbia.

“ Come osi darmi delle lezioni, André! Tu non ne sai niente, hai capito, TU NON SAI NIENTE DI CIò CHE PROVO!!!”

Oscar aveva urlato.

Posò poi la sua fronte sul legno della porta come spossata dalla dolorosa confessione.

Le sue spalle erano scosse al ritmo di una rabbia che a malapena riusciva a dominare.

Oscar trattenne le lacrime e André, conoscendo la sua dignità non fece alcun gesto fintanto che lei non si fu calmata. Infine, le posò una mano sulla spalla e girò la ragazza che non opponeva più alcuna resistenza. La guardò intensamente. Si perdeva in quegli occhi blu che brillavano ancora delle lacrime che non aveva potuto versare, e André si chinò lentamente verso le sue labbra. Mormorò, il suo respiro sul collo di Oscar, passandole un dito fra i boccoli biondi: ”Comunque, Oscar, se vuoi saperlo, anch’io sono innamorato”.

André aveva lasciato la presa sulle sue spalle e Oscar aveva chiuso gli occhi. Quando li riaprì, lui era già scomparso.

 

Continua...

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Traduzione: Annarita Giannelli Mail to annyg@libero.it

 

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