Nelle mani

parte V

 

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Sette giorni. Soltanto una settimana per vivere quell’amore al limite della gioia, della libertà. Sette giorni da soli, in una casa vuota, senza che il mondo e le persone intorno potessero intromettersi a separarli.

Poi sarebbe ricominciato tutto come prima: le loro condizioni diverse, gli impegni di Oscar, convenzioni insopportabili che avrebbero diviso di nuovo le loro esistenze unite con tanta fede e ostinato dolore.

Lo sapevano tutti e due, e sapevano che la vita reale, quella cui non poter sfuggire, comunque, non era sulle spiagge deserte della Normandia, e nelle stanze di un palazzo vuoto nelle quali inseguirsi e amarsi lontano dagli sguardi di tutti.

La vita reale non era quella, non lo dimenticarono mai. E compresero, tenendosi tra le braccia, che avrebbe dovuto essere quella. Fu per questo che quei sette giorni li cambiarono per sempre.

 

Non era la prima volta che Oscar congedava tutti i domestici, quando andava in Normandia, perché il palazzo di Normandia era per lei un luogo in cui stare sola, dove si rifugiava quando aveva bisogno di pensare. Di piangere, a volte.

Restava sola giorni, tagliando fuori tutto. Anche André, sebbene quella fosse la lontananza che le pesava di più. Rimaneva nella sua camera a leggere, a scrivere. A volte aveva scritto anche a lui, da lì, delle lettere semplici e tristi che non aveva mai inviato, in cui gli raccontava le sue giornate: poi le bruciava nel camino, la sera.

Usciva a cavallo. Smontava, davanti al mare, e passeggiava sul bagnasciuga, guardando le conchiglie sparse sulla sabbia.

 

Lo aveva fato altre volte, e nessuno si stupì, anche questa volta, che volesse rimanere sola senza domestici. Nemmeno la presenza di André destò sospetti.

Anche se la presenza di André cambiava tutto.

 

 

“Oscar…”

Lo aveva detto quasi con tristezza, mentre le cingeva la vita, dietro di lei, e guardavano il tramonto stemperarsi nel cielo, dalla finestra della sua stanza. Aveva sentito le sue labbra posarsi sulla spalla scostando appena la vestaglia di seta, e le erano venuti i brividi, avvertendo quella pressione leggera sulla pelle nuda.

“Che c’è…”, disse a voce bassissima, senza muoversi.

“Oscar… dimmi che non mi lascerai mai, ti prego…”

“Ma cosa dici, André…”

“Dimmelo, per favore”.

“Non ti lascerò mai”, mormorò carezzandogli le braccia con le mani.

“Ti amo, ti amo…”, sospirò baciandole il collo, con un gesto lievissimo. “Oscar, dimmi ancora che mi ami, voglio sentirlo ancora”.

“Ti amo”, rispose in un gemito, stringendosi nel suo abbraccio. Si morse le labbra quando avvertì la sua mano insinuarsi sotto la seta, a sfiorarle il seno.

“E dimmi che mi vuoi… e che non smetterai di volermi, quando torneremo a casa”.

Sentì il proprio corpo aderire al suo, sempre di più.

“Oh… no… non smetterò… io ti vorrò sempre, André…”

“Come adesso…”

“Come adesso, sì…”

“Oscar… Oscar… io non potrò mai ritornare a vivere come prima. Lo sai… Lo sai, vero?”

“Sì. E neanch’io, amore. Neanch’io…”

“Amore… sì… chiamami ancora così…”

“Amore, amore… oh… amore… sì… accarezzami…”

Quelle carezze la fecero sciogliere, stretta contro di lui, col suo respiro addosso, e mentre il cielo si faceva scuro portò indietro le braccia, per cingergli il collo, gemendo piano quando si riempì le mani del suo seno.

“Oscar…”

“Sì… sì, André…”

Lo aspettava fremente di desiderio quando risalì con le labbra a baciarle il collo, fino ai capelli, e con un sospiro quasi improvviso le sollevò la veste, e stringendole con più passione le mani sui fianchi la portò al suo corpo. Ebbe un gemito ansioso e stupito quando la prese così, dietro la finestra, entrando in lei in un unico movimento febbrile, e la tenne ferma trattenendo il respiro, mentre le si muoveva dentro, pianissimo.

Sentì i suoi gemiti mormorati dietro l’orecchio, le sue mani percorrerla, e la vestaglia completamente aperta, adesso, e quell’abbraccio appassionato con cui la teneva a sé, e la portava come se non avesse peso a seguire il ritmo del suo corpo.

“Ancora… ti prego, ancora…”

“Oh… sì… Oscar… Oscar…”

Non avevano mai fatto l’amore così, e li fece impazzire di piacere. Persero completamente la testa, insieme, con brividi e gemiti più pieni che nacquero gli uni dagli altri, senza altro controllo che quello dettato dall’istinto. Si abbandonarono totalmente alla forza di quella passione, senza negarle nulla, e si diedero tremiti intensissimi, e voci frementi e spezzate, senza pensare a niente, solo all’abbraccio che univa i loro corpi e all’unione completa delle loro anime, in quell’istante.

 

Poi si rifugiarono a letto, sotto le coperte, abbracciati in silenzio per tanto tempo. Si fece notte. Oscar posò il capo su di lui, totalmente affidata al suo corpo.

“André…”, la sentì mormorare. Avvertì il tocco leggerissimo della sua mano sul petto, sfiorarlo a lungo, indugiando con la punta delle dita.

“Dimmi…”

“André, tu lo sapevi tutto questo?”

“Che cosa, Oscar?”

“Che sarebbe stato così…”

“Vuoi dire… che tra noi sarebbe stato così bello?”

“Sì”.

Sospirò, e le carezzò un braccio con la mano, delicatamente: “No, Oscar, non lo sapevo. Non avrei mai osato nemmeno sognarlo. E’ tanto bello che in certi momenti non riesco a crederci”. La strinse di più a sé: “Tu eri sempre tanto lontana, quasi irraggiungibile… e invece ora… sei così…”

“Come…”

L’abbracciò, e sospirò di nuovo. Le baciò i capelli. “Mia, Oscar. Sei così mia. E’ come se lo fossi sempre stata, e dovessimo solo fare il primo passo per capirlo”.

Lei gli posò le labbra sul petto, lentamente. “Oh, André… io non sapevo cosa volesse dire… è bellissimo…”

“Cosa…”

Fece una pausa, come se quasi avesse pudore a dirlo: “Fare l’amore con te – mormorò infine -. Fare l’amore con te è bellissimo, André”.

“Davvero, Oscar?”, chiese a bassa voce, emozionato. Chiuse gli occhi al suo bacio, tenerissimo.

“Sì, davvero. E’ come se ogni tuo gesto fosse quello giusto… e anch’io… io non lo so spiegare, André… non sapevo niente prima, eppure… è come se quando sei con me io sapessi ogni cosa. Non lo so spiegare…”

“Ho capito, Oscar”. La carezzò commosso. “E’ così anche per me. Mi sembra di sapere tutto quello che pensi… quello che desideri, quando facciamo l’amore. E poi…”

“E poi?”

“Io lo sapevo, lo sentivo… eppure è una sorpresa, una sorpresa lo stesso. Tu mi fai impazzire di desiderio ogni volta che mi tocchi. E quando ti tengo tra le braccia e ti guardo, mentre fai l’amore con me, e vedo quanta gioia riesco a darti, e come ti trasformi, in quei momenti…”

Lei sorrise: “Mi trasformo, André?”

“Sì… sembra… è come se venisse fuori tutto di te, tutto quello che sei. Quello che conoscevo senza averlo mai toccato. Sei così donna, amore, sei così donna…”

Lei tacque, e pensò che sentirglielo dire la rendeva immensamente felice, e che era la prima volta. Gli sfiorò ancora il petto con le dita.

Era buio, completamente buio nella stanza, e André si affidò alle sensazioni che il suo corpo gli dava, a quelle carezze. Non si stancava mai di lei, della sua pelle profumata, della sua voce che nell’amore diveniva diversa, intima e dolce, come un segreto svelato solo per lui. Immerse i sensi in quell’oscurità, e rispose con altre carezze alle sue carezze.

“Oscar…” disse mormorando al buio, insieme a lei, ascoltando il desiderio rinnovarsi, nella propria carne, con la gioia e la sorpresa di una scoperta ogni volta diversa.

L’abbracciò forte, quando la sentì farsi più vicina, e la sentì girarsi sopra di lui, e cercare la sua bocca.

La baciò a lungo, in quel buio completo, senza quasi respirare, tenendola stretta a sé, immobile e fremente, finché non fu la passione di lei a prevalere, impossibile da frenare, e la sentì cercarlo, in quell’abbraccio, e risalire il suo corpo nell’oscurità, e unirsi a lui con un gemito.

Fu bellissimo ancora fare l’amore così, al buio, senza una parola, abbandonandosi solo alle sensazioni che si donavano. La tenne a sé in un abbraccio muto mentre l’amava, la tenne ferma, la bocca unita alla sua, senza lasciarla anche quando la sentì ansimare più forte, e quasi sfuggirgli per il troppo piacere, la possedette con tremiti trattenuti e sempre più intensi che cercò di dominare fino allo stremo, respirando il suo respiro quando si fece affannoso e veloce, e la tenne ancora più stretta, imponendole di rimanere avvinghiata a lui mentre la faceva godere, e di riversare il piacere che la travolgeva in gemiti tremanti, tra le sue labbra.

 

Una donna, una donna bellissima in un’esplosione di femminilità. In uno sbocciare di tenerezza, di sentimenti delicatissimi, tutti donati a lui. La sua donna. Questo era Oscar, era davvero questo. Non riusciva a dormire guardando il suo viso addormentato, non riusciva a non pensare a quel viso com’era quando si batteva con la spada, quando comandava soldati o gridava ordini. Le cose che le aveva sempre visto fare, da una vita.

E che faceva bene, molto meglio di chiunque altro avesse mai visto.

Sorrise pensando al colloquio che aveva avuto con lei pochi giorni prima. “Cosa pensi della vita che faccio?”, gli aveva chiesto, quasi con timore. Come se avesse un’improvvisa paura che quell’uniforme, solo quell’uniforme che indossava da sempre, potesse impedirgli di amarla.

“Penso che è la tua vita – le aveva risposto carezzandole il collo -. E che amo tutto di te, anche la tua vita”.

Lei era stata felice, eppure non le era bastato ugualmente. Aveva insistito, come se si stesse sentendo in colpa: “Ma tu non pensi che sia una cosa che ci ha diviso per tanto tempo?”. Quasi non riusciva a credere che lui non li odiasse, quell’uniforme e quell’appellativo “comandante” che si sentiva rivolgere da sempre.

Gli era sfuggito un sospiro triste, mentre le rispondeva: “Non è stato questo che ci ha diviso, Oscar”.

“Non è stato questo - aveva detto ancora -. Non è stato il fatto che tu svolgessi delle mansioni maschili. E’ stato l’averti voluto far sentire un uomo, per questo. Averti spinto a negare la tua natura. E che tu lo accettassi. Questo sì, l’ho odiato”.

A lei erano venute le lacrime, e André l’aveva tenuta stretta, allora, e l’aveva consolata. “Ma non ci sono riusciti, visto?”, aveva detto sorridendo con tenerezza. “Non c’è riuscito nessuno, nemmeno tu”.

E poi le aveva detto che l’ammirava, per come svolgeva il suo ruolo. E che non gli era venuto mai in mente di considerarla un maschio, mentre la vedeva battersi con la spada: “Tu sei una donna e un bravo comandante. Io non credo che le due cose si escludano”.

E aveva scherzato, carezzandole i fianchi in modo sensuale: “Mi hanno sempre fatto impazzire i tuoi pantaloni aderenti…”, aveva detto.

Lei aveva riso, divertita e grata, e si era stirata contro il suo corpo provocandolo a farle altre carezze. Si era lasciata fare il solletico, mentre giocavano sul letto.

Poi era stato lui a smettere di ridere, e i pantaloni glieli aveva sfilati.

 

Ora dormiva, e, vegliando il suo viso addormentato, André sentì il proprio cuore fragilissimo.

 

*

 

Furono giorni che non avevano mai avuto, e che li cambiarono per sempre.

 

 

“Perché mi guardi così, André?”

La stava osservando, seduto a un passo da lei. Aveva appena terminato il bagno e si era alzata in piedi nella vasca, il corpo gocciolante, i capelli fermati sulla nuca. Gli dava le spalle, e aveva girato un poco il viso, per sorridergli.

Non riuscì a risponderle. Prese un asciugamano di lino e andò da lei. L’avvolse tutta, la tenne stretta in silenzio. Poi la prese in braccio, sollevandola dalla vasca, e sedette lì accanto, con lei sulle ginocchia. L’asciugò con cura, senza parlare.

“André…”

Ma non aveva frasi per dirle quello che stava provando. Posò il viso nell’incavo della sua spalla e sospirò piano. Ripensò a quel mattino che aveva visto sorgere da solo, appoggiato al bordo della fontana di palazzo Jarjayes, dopo aver fatto l’amore con lei per la prima volta. La gioia che gli colmava il cuore, lo stupore incredulo per ogni cosa che si presentava ai suoi occhi, tutti i ricordi meravigliosi di quella notte che si affacciavano senza sosta alla sua mente sovrapponendosi gli uni agli altri, rendendolo ebbro di felicità. Il pensiero che l’avrebbe rivista dopo un’ora, e l’attesa, e la nostalgia di lei che era in una stanza in cima alle scale. E tutto quello che aveva provato guardandola, poi, mentre facevano colazione insieme. E nelle ore, nei giorni dopo.

In quel momento, che la teneva sulle ginocchia e sentiva la fragranza della sua pelle uscita dal bagno. E il profumo della sua pelle nell’amore che avevano fatto un’ora prima, impresso ancora nella memoria e nei sensi.

“Io ti amo”, disse quasi in un lamento, consapevole che non bastava a spiegare.

Ma lei capì, e rispose abbracciandolo, raggiungendo il suo viso con le labbra in minuscoli baci che non finivano mai. Lasciò che l’asciugamano scivolasse dal suo corpo, mentre le scioglieva i capelli.

 

Poi rimasero uno sull’altro sul pavimento, ancora ansanti, su quel telo di lino. Oscar gli carezzò il viso sfiorandogli le labbra con le dita.

“André…”

“Sì…”

“André… sai, io… io vorrei…”

“Cosa, amore?”

“Vorrei… che ti dessi a me completamente, André… che…”

L’ascoltò in silenzio, sfiorandole appena la spalla. Lei abbassò le ciglia un istante.

“Io vorrei sentirti totalmente mio, quando facciamo l’amore. Vorrei che… rimanessi in me… Perché non lo fai mai, André?”

“Oh, Oscar…”. Sospirò e si girò su lei. Sorrise. “Anch’io lo vorrei, amore, sapessi quanto”. Il suo sguardo divenne serio e profondissimo. Le parlò con dolcezza: “Ma tu sai perché non lo faccio, Oscar? Lo sai?”

Lei voltò il viso da un lato, chiuse gli occhi. Poi lo guardò di nuovo: “Sì… credo di sì, André”.

Rimasero in silenzio alcuni istanti.

“Però… però, André… io lo vorrei lo stesso. Non m’importa. Io lo vorrei lo stesso”.

Si volse al viso di lui ancora, e vide la sua bocca schiudersi per lo stupore, i suoi occhi pieni di gioia: “Dici davvero Oscar? Davvero lo vorresti?”

“Sì… sì, André. Davvero”.

“Oh, amore, amore…”. La stava abbracciando, adesso, la teneva stretta tra le braccia come una cosa preziosa. Le baciava le guance. “Oscar, tu non sai quanto mi hai fatto felice, amore, non sai…”

Tacque, e lei avvertì il suo cuore battere forte, in quell’abbraccio.

“Ora che mi hai detto questo, Oscar, è come se lo avessi fatto ogni volta. Davvero. Non lo posso spiegare, ma è così”.

La guardò, quasi a perdersi nell’azzurro dei suoi occhi.

Quanto tempo era passato? Tre settimane? Un mese? Quanto dalla prima volta che l’aveva baciata, al fiume?

Giorni.

Una manciata di giorni.

E ora lei stava dicendo questo.

Quanto tempo era passato da quando la guardava con desiderio, e non aveva il coraggio di toccarla, e pensava soffrendo terribilmente che lei non l’avrebbe mai amato, che non sarebbe mai stata sua? Quanto tempo?

Mille anni.

Sembravano mille anni.

 

Mille anni erano passati in pochi giorni. Era successo questo.

 

“André… io ti amo, André…”

“Lo so – mormorò pieno di commozione -. Lo so. Non l’ho mai saputo come in questo momento, Oscar”.

Chiuse gli occhi, e gli venne alla mente l’immagine del volto di lei quando l’amava. Le parole che si dicevano in quei momenti.

Era  amore. Era vero amore quello che in pochi giorni aveva cambiato le loro vite. Si era donato a loro perché avessero cura di lui, aveva fatto conoscere a entrambi la felicità, e adesso chiedeva che lo accogliessero in tutto il suo significato, che ne fossero responsabili. Non potevano avere quell’amore e continuare a vivere come prima: ora doveva cambiare tutto.

 

“Oscar…”

“Sì, André”.

“Oscar… quello che hai detto prima…”

“Sì”.

“Significa, Oscar… io… non lo dico perché voglio farlo, ma… se un giorno decidessimo di farlo davvero… tu ne saresti sicura, Oscar? Saresti pronta a…”

“Cosa, André?”

“Oh, amore, amore… adesso niente sarà più come prima, lo sai, vero? Lo senti anche tu? Io non potrò viverti accanto tutta la vita come facevamo prima e lasciare che tutto resti così per sempre”.

“Lo so, André”.

“E tu? E tu, Oscar?”

“Neanch’io, André. E’ così anche per me”.

L’abbracciò, la strinse forte con gli occhi chiusi. Poi la guardò, invece, e capì che doveva dirglielo.

“Oscar, lo so che è presto, che è successo tutto così in fretta… lo so che è una decisione enorme per te, che avrai bisogno di tempo… e io sono disposto a dartelo, Oscar, tutto il tempo che ti serve, ma…”

“Ma?”

“Ma se un giorno io ti dicessi: «Andiamocene, vieni via con me, Oscar». Se ti chiedessi di lasciare tutto e di stare con me… Io voglio stare con te, amore. Io voglio vivere con te, non voglio che dobbiamo nasconderci per sempre, come se quello che c’è tra noi fosse vergognoso, sbagliato. Non so come, non lo so ancora, ma ti giuro che troverò il modo: posso affrontare qualunque cosa, chiunque, per te, Oscar… ma, Oscar… tu cosa risponderesti?”

Lo guardò intensamente: “Risponderei di sì, André”, disse con semplicità.

“Oh, amore… davvero, Oscar?”

La vide alzarsi a sedere, e i suoi occhi si posarono sul profilo del suo viso, che sembrava guardare lontano, adesso. E poi sulle linee del suo seno nudo, disegnate dalla penombra soffusa della stanza.

“Sì, André – la sentì dire senza che si voltasse verso di lui, con un’espressione consapevole e venata di sofferenza -. Sì, io voglio stare con te”. L’ascoltò mentre si abbracciava le ginocchia e vi posava sopra il viso: “E’ vero, dovremo trovare il modo”, la udì mormorare in un sospiro.

Allora un pensiero turbato gli attraversò la mente. “Dobbiamo stare attenti – disse -. Dobbiamo stare attenti, Oscar”.

Si alzò accanto a lei, e le cinse la vita con le braccia. La baciò delicatamente. “Dobbiamo prepararci, o sarebbe la fine. Io non voglio rischiare di perderti perché non sono stato abbastanza attento, perché ho avuto troppa fretta. Non posso rischiare di perderti. Non posso, lo capisci, Oscar?”

“Sì, André, certo che lo capisco – sussurrò girandosi verso di lui -. Quello che dici è vero”.

Lo fissò. Fissò i suoi occhi pieni d’amore e di fede, e pensò al suo mondo che l’avrebbe distrutta, se avesse saputo di André. A quello che potevano fare a lui. Pensò alle persone che la circondavano, alla sua vita di tutti i giorni fino a quei giorni. Sul suo viso passò uno sguardo tristissimo.

“Oscar… cosa c’è…”

Non gli rispose subito.

“Ho paura – disse infine, quasi con disagio -. Ho paura di ritornare”.

La strinse di più, e la tenne così, tra le sue braccia: “Sì, lo so. Ho paura anch’io. Anch’io”.

Non riuscirono a parlarsi, per minuti. Poi fu André a trovare il coraggio.

“Ma… Oscar, noi supereremo tutto, te lo prometto. Andrà tutto bene. C’è solo una cosa di cui ho paura davvero. L’unica che mi ha fatto sempre paura. Che tu non voglia stare con me. Ma se tu vuoi stare con me, Oscar, io posso lottare contro qualunque cosa, te lo giuro”.

Lei lo guardò, gli occhi lucidi. “Ti amo”, riuscì a dire, carezzandogli il viso.

 

 

Continua...

mail to: imperia4@virgilio.it

 

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