Capitolo IV: Giornalismo 2.0

Talking Point 2

L’universo mediale emergente. 3

Il giornalismo partecipativo. 8

L’informazione on-line tradizionale. 13

Scrivere per il Web. 17

Quotidiani & Blog: verso la trasformazione del giornalismo. 20

 


Talking Point

Il 2003 è stato l’anno in cui gli studenti che furono i primi esposti ad Internet [nati nei primi anni Ottanta] sono entrati nel mondo del lavoro. Non hanno neppure idea di un mondo che non sia connesso. Ciò avrà conseguenze profonde sulla società. Il futuro è appena iniziato.

Il concetto di citizen journalism, benché sia nuovo, trova le sue basi molto più lontano nel tempo rispetto alle forme di comunicazione di massa di cui rappresenta un superamento.

Prima di quotidiani, radio e tv, la maggior parte delle persone riceveva le informazioni dal passaparola. Quando qualcuno arrivava da posti che non si trovavano nelle immediate vicinanze, veniva largamente interrogato per captare le informazioni provenienti dai villaggi e dalle regioni vicine.

Ora, l’accessibilità dei mezzi informatici, e di foto/videocamere digitali, rappresenta una nuova chance per ogni individuo che vuole raggiungere un uditorio.

La disillusione delle persone verso i tradizionali media come fonte di informazione di qualità, è molto ampia. Un recente sondaggio[1] ha mostrato come il 65% degli intervistati pensano che le organizzazioni d’informazione provino ad ignorare e a coprire ogni loro errore, ed almeno 4 su 5 sospettano che una media company esiterebbe a dare una notizia negativa su di una società da cui riceve delle entrate pubblicitarie.

Un numero sempre crescente, ed in rapido aumento, di persone sta cominciando a guardare e contribuire in altri “supermarket” della notizia: weblogs, chatrooms, wiki. Le immagini degli abusi compiuti da alcuni soldati americani sui detenuti iracheni rinchiusi nella prigione di Abu Ghraib, sono state portate alla luce da altri commilitoni. La maggior parte della copertura di immagini del disastro dello tsunami del 2004 provengono dalle videocamere dei vacanzieri. L’attentato terroristico di Londra, il 7 luglio 2005, ha prodotto, nelle sole prime 6 ore successive, 20mila e-mail, 1000 foto e 20 video, indirizzati al sito della BBC dai cittadini, alcuni dei quali intrappolati nella metropolitana.

Figura 1: Immagine scattata all'interno della metropolitana di Londra.

In primo piano un giovane sta riprendendo la scena con il suo telefonino.

 

I giornalisti che pensavano di avere nelle proprie mani il centro dell’universo informativo, si sono risvegliati nell’era di Internet, e si sono accorti che l’universo si è spostato.

 

L’universo mediale emergente

I media del futuro diverranno un ecosistema che sarà più vasto, ricco e diversificato da quello che abbiamo oggi. Una conversazione multidirezionale che arricchirà il dialogo civico ad livello locale, nazionale ed internazionale[2].

I quotidiani rappresentano le più vecchie e rispettate companies degli Stati Uniti. Ma, se l’esplosione della bolla delle dotcom sul finire degli anni Novanta, aveva fatto credere che l’impatto della Rete sulla società off-line fosse stato sovrastimato, ora si comprende quanto fu invece sottostimata l’influenza innovatrice di questo nuovo medium.

I tradizionali news media non sono ancora stati abbastanza coraggiosi da adattarsi ai cambiamenti. La lezione numero uno che viene da Internet, a detta di Jeff Jarvis, famoso critico dei media americani, è che “bisogna dare il controllo [agli utenti], per potere acquisire autorità”.

Oggi gli esperimenti di “giornalismo partecipativo” sono un fenomeno globale. L’universo mediale si sta muovendo verso un sistema conversazionale.

Figura 2: Le forme di interazione tra i media e i cittadini.

 

Se il telefono ottimizzò la comunicazione uno-a-uno, la radio(tele)trasmissione permise una comunicazione uno-a-molti, con contenuti di alta qualità e autorevolezza, veicolati ad una larga audience passiva. Con l’introduzione dell’interattività si assiste alla creazione di un contenuto personalizzabile, selezionabile, commentabile dai “lettori” che, usciti dalla passività dell’audience, sono divenuti “utenti”. L’innovazione di Wikipedia o di OhmyNews sta tutta nella creazione di un social media, cioè di una infrastruttura che si nutre dei contenuti e delle informazioni create da una comunità di utenti che partecipano alla pubblicazione on-line. I media stanno diventando delle entità sociali. Si può rimanere semplici spettatori, fruitori di un nuovo organismo informativo, “partecipato” e per lo più gratuito, in cui ognuno può entrare a far parte del processo informativo, rispettando la regola di contribuire alla verità. Oppure, armati di semplici “strumenti” per pubblicare direttamente sulle pagine web i propri contenuti prodotti anche grazie ai nuovi dispositivi digitali e mobili, diventare un citizen journalist  contribuendo con testi, foto, file audio e video.

La partecipazione è stata la componente fondamentale di Internet sin dalla sua concezione. Newsgroups, mailing list, BBS sono stati i primi cugini dei forums, blogs, e communities che fioriscono oggi. Quelle prime forme sono ancora prospere, quasi un testamento del nostro bisogno di rimanere connessi ai network sociali.

Figura 3: L'ascesa dei citizen media

Grafico di Shayne Bowman e Chris Willis[3].

 

Gillmor ricorda come la prima regola in una comunicazione è saper ascoltare.

I miei lettori conoscono più di quanto ne possa sapere io. Essi mi dicono cose che non conosco. Essi migliorano il mio lavoro […] l’audiance può aiutare a capire meglio, dare fatti che non si conoscono, richiedere interrogativi, sottolineare gli errori.[4]

La relazione tra i citizen media e i media mainstream è simbiotica. Le comunità di informazione e i weblogs discutono ed estendono le storie create dai media di diffusione. Queste  community e la blogosfera producono “giornalismo partecipativo”, storie popolari, racconti di testimoni oculari, cronache di appuntamenti, commenti, analisi, controllo e verifica dei fatti.

Figura 4: Il sistema mediale emergente.

 

Il punto cruciale è quello di coinvolgere direttamente le persone nel processo informativo. Soprattutto in campo hyperlocal, sono importanti i contributi dei cittadini, per soddisfare il bisogno di specifiche informazioni di cui si nutre una comunità. Siti come MyMissourian e The Northwest Voice incoraggiano gli utenti a non essere dei semplici lettori, ma a servire i bisogni della realtà locale di cui fanno parte. Clyde Bentley, professore della scuola di giornalismo del Missouri, nota come molti cittadini non vogliano essere giornalisti, ma solo contribuire in modo piccolo, ma significativo. La motivazione è ciò che li identifica:

la grande differenza fra il giornalismo tradizionale e il giornalismo partecipativo, è che il giornalista tradizionale è spedito fuori dalla redazione per coprire cose su cui non ha un vero interesse […] ma un citizen journalist non è sul posto per coprire qualcosa per un giornale, ma per condividerla […] Loro voglio dire a tutti della loro passione.

L’azione di lettori, non più passivi, ma impegnati insieme all’organizzazione dei media locali, nella produzione di news, porterà alla costituzione di una piazza virtuale. Le persone inizieranno ad utilizzare il potere che è stato consegnato loro per diventare cittadini migliori. La BBC ha un progetto web chiamato “Azione di Rete” con il quale offre strumenti per aiutare i cittadini a creare campagne sociali, per ricercare notizie e dar vita a delle community.

Ecco un altro esempio di come una radio statunitense, la Minnesota Public Radio,  ha cominciato a sfruttare l’interazione con il proprio pubblico. Non è una novità che gli ascoltatori di una radio partecipino attivamente all’interno dei programmi, ma qui si assiste alla creazione di una redazione virtuale, che produce analisi, racconti, espandendo le fonti di informazione oltre i consueti confini del giornalismo tradizionale. Lavorare con l’audiance può aprire le redazioni giornalistiche ad una maggiore diversità, slegandole dall’influenza di esperti manipolatori delle informazioni. I redattori usano il sito web per sondaggi on-line e per ascoltare le reazioni delle persone on-the-street. “Condividi quello che sai. Non vogliamo opinioni, noi vogliamo conoscenza[5]”. Questo il motto del Minnesota Pubblic Radio Newsroom. E la conoscenza proviene dal lavoro degli utenti, dai loro hobby, dalle loro relazioni, dalle loro esperienze di vita.

Figura 5: L'esempio della Minnesota Public Radio.

Da Michael Skoler in Nieman Reports.

 

La collaborazione è la forza guida dei media dei cittadini. I siti di photo-sharring, come Flickr, sono diventati degli importanti punti di raccolta, degli hub, per coloro che si dilettano con il foto-giornalismo. Gli stessi mainstream media stanno cominciando a servirsi delle immagini degli utenti di Flickr per le loro storie.

Gli attentanti di Londra sono diventati una pietra miliare del giornalismo partecipativo. Questa fotografia ha fatto il giro del mondo. A catturare l’immagine è stato un giovane londinese.

Figura 6: Tawistock Square. Londra. 7 Luglio 2005.

Un cittadino, Toby Manson, catturò questa istantanea, poi usata dalla BBC e dai circuiti media internazionali.

 

La BBC ha raccolto tutte le e-mail provenienti dai cittadini e le immagini migliori sono finite sul sito e, da lì, sui telegiornali di tutto il mondo. Ecco come una immagine catturata nell’underground finisce in pochi minuti sulle pagine della Rete.

Figura 7: Esempio dell'uso delle immagini da parte della BBC.

Una foto catturata da un sopravvissuto all’attentato nella metropolitana scatta una fotografia con il suo cellulare. Il sito della BBC raccoglie le istantanee direttamente dai testimoni oculari e, si legge in basso a destra, chiede a “chi possiede video dai luoghi in cui sono avvenuti le esplosioni, di inviarle alla BBC spedendole per e-mail all’indirizzo yourpics@bbc.com.uk o per sms al +44(0)7921648159.

 

Il giornalismo partecipativo

Oggi stabilire cosa sia il giornalismo è difficile, e del suo aspetto giuridico me ne occuperò nel capitolo seguente.

Per voler tracciare un’immagine stereotipata, il “giornalismo” richiede una struttura di supporto, di tipo gerarchico, composta di successivi gradi di scrittura, revisione e controllo.

Con le recenti innovazioni tecniche nel campo della telefonia mobile, molti di noi possono produrre una qualità accettabile sia di immagini che di video, e diventare una nuova fonte visiva per il giornalismo. I filmati amatoriali sono sempre stati prede dei news media, come con l’assassinio del presidente americano J.F. Kennedy, o nei vari programmi di Real TV, format di successo in tutto il mondo, ma mai con la pervasività che contraddistingue il tempo contemporaneo. Queste immagini digitali possono essere spedite e pubblicate da tutto il mondo, in un volume che mai è stato possibile avere in passato.

Nel 2000, Oh Yeon Ho, un giornalista coreano, lanciò una “rivoluzione” che investì al tempo stesso la società e il giornalismo: “ogni cittadino è un reporter”, eccolo il suo grido di battaglia. La sua pubblicazione on-line OhmyNews si serviva delle storie spedite da cittadini volontari, rivedute da giornalisti professionisti. Il sito funzionò talmente bene da sfidare i dominanti quotidiani conservatori e contribuire alla sconfitta del governo conservatore alle successive elezioni.

Figura 8: www.OhmyNews.com

 

Il concetto di partecipazione di OhmyNews fu abbracciato da Mary Lou Fulton[6], che creò The Northwest Voice, un sito internet che combinava le caratteristiche di una pubblicazione on-line a quella delle edizioni dei quotidiani locali. Esso nasce infatti dalla redazione del Bakersfield Californian, funzionando come un raccoglitore dei contributi dei cittadini, che poi possono essere pubblicati.

Nel gennaio 2001 nasce Plastic[7], un “esempio di collaborazione in diretta tra i più svegli lettori e i migliori giornalisti del web” come recita la presentazione. Un impegno di due riviste on-line di cultura e satira, Feed e Suck, ma anche di altri partner editoriali del calibro di Wired, per dare origine ad una operazione di meta-giornalismo: i lettori segnalano alcune notizie apparse in rete che ritengono interessanti, i redattori passano al vaglio le proposte, per poi pubblicare on-line un articolo che può essere valutato e commentato dagli altri utenti.

Dobbiamo incoraggiare i lettori a pensare il web come il luogo in cui coinvolgere i nostri inviati e redattori in discussioni più estese sul modo in cui una particolare notizia è stata riportata o costruita o presentata. Allo stesso modo dovremmo sperimentare l’uso dei blogger per integrare la nostra copertura quotidiana delle notizie[8].

Iniziando a considerare il periodo “più caldo”, cioè dal dicembre 2004 quando più di 20mila fotografie dello tsunami sono state inviate sul sito Flickr.com, si può registrare un vorticoso aumento dei contenuti user generated. Se con l’attentato di Londra del 7 luglio 2005 i media hanno scoperto il nuovo standard dei video ripresi tramite i cellulari, l’uragano Katrina ha aperto le porte delle redazioni a qualsiasi contributo proveniente dai cittadini.

Al NECN[9] abbiamo cominciato un esperimento nel luglio 2005, invitando i nostri telespettatori a inviarci delle video news. All’inizio la risposta dell’audiance fu lenta, ma quando in Ottobre il New England fu colpito da grandi temporali ed inondazioni, come esondarono i fiumi, così fecero i contributi video dei nostri telespettatori. […] noi avevamo dato ai nostri telespettatori l’incarico di raccontarci la storia. E lo fecero. Noi chiamiamo quello che facciamo “giornalismo partecipativo”.[10]

I citizen journalist possono fare molto per arricchire il giornalismo tradizionale: essi possono funzionare sia come “guide dogs”, indirizzando e fornendo informazioni preziose per le redazioni, sia come “watchdogs”, controllando cioè l’operato dei vari news media nel riportare le notizie. Esistono anche sentimenti di reazione al giornalismo, non di collaborazione. In questo nuovo ecosistema collaborativo, non tutti vogliono essere giornalisti, anzi, lo stesso termine pare intimidirli.

Noi siamo soliti chiamarlo citizen journalism, ma non dovremmo usare quel termine, poiché intimidisce le persone che non sono giornalisti. Ora i contributi dei cittadini al sito sono semplicemente categorizzati come “non filtrato”[11].

Procedendo verso gradi maggiori di emancipazione, se Plastic, insieme agli esempi precedenti, descrivono un rapporto di collaborazione tra giornalisti e lettori, il fenomeno dei blog può fare totalmente a meno dei primi. La maggior parte dei contenuti dei weblogs, può essere tranquillamente chiamato “opinione”, benché siano presentati come fatti. Forse sarebbe meglio chiamarlo meta-giornalismo, cioè un raccontare qualcosa, esprimere un opinione, un punto di vista su di un altro racconto.

Milioni di utenti della rete, giovani e istruiti in particolare, si sono assunti il ruolo di editorialisti, reporter, analisti ed editori edificando i loro personali network di trasmissione.[12]

Anche molti giornalisti hanno aperto delle vetrine on-line, dalle quali avere un dialogo aperto e costante con i proprio lettori. Un fenomeno in costante crescita, che ha, tra le sue star, personaggi pittoreschi e di grande impatto sul pubblico come Matt Drudge e Beppe Grillo.

Me-zines sono stati ribattezzati i loro siti-giornale. Questi non rispecchiano altro che il loro personale punto di vista sul mondo.

Figura 9: Matt Drudge Report

http://www.drudgereport.com

 

Zibaldone di anticipazioni e scoop sulle miserie della classe politica e delle celebrità, da qui è scoppiato il caso Lewinsky, Drudge è un terreno di dibattito tra chi lo considera paladino della libertà, o un irresponsabile che non nasconde il proprio motto: “prima pubblica, poi controlla”.

Figura 10: Il blog di Beppe Grillo è tra i siti più linkati e visitati della Blogosfera italiana

 

I toni sono spesso esasperati e folcloristici, connessi alla costante ricerca dello scoop, non denotano certamente un giornalismo di qualità, ma quantomeno un grido di denuncia che trova poco, o mai, spazio nei mass media tradizionali. L’essere slegati da organizzazioni editoriali, il dovere rispondere solo al proprio pubblico, spinge una presentazione della realtà molto più diretta e uncensored.

Figura 11: Professione Reporter

http://pinoscaccia.splinder.com

 

La velocità del rete, la possibilità di aggiornare i propri blogs anche attraverso devices di telefonia mobile, consente uno spazio di espressione sempre a portata di mano per i vari inviati in regioni di conflitti. Internet diventa un personale palco di espressione, libero dai condizionamenti redazionali, per descrivere ciò che essi vedono sul campo. Questi blogs contengono informazioni rilevanti che spesso non vengono veicolate, per questioni di spazio/scelte editoriali, dagli stessi news media  che avevano inviato il giornalista/blogger come corrispondente.

Sotto il neologismo di personal journalism possiamo poi raggruppare tutti quei tentativi spontanei di documentare, sulla rete, rilevanti fatti di cronaca. È successo dopo l’11 settembre 2001 in America, quando, dopo l’attentato, migliaia di americani hanno usato, o creato ex novo[13], i propri siti personali per esorcizzare[14] le immagini, gli avvenimenti e le paure della guerra.

Non intendo dire che il racconto in prima persona in sé sia garanzia di accuratezza, riflessione e imparzialità. Alcuni sono gravemente deficitari. Ma chi li leggerà imparerà che ci sono tante voci là fuori e questa era una delle principali premesse del web.[15]

Tanti filmati hanno trovato ospitalità non soltanto nei circuiti internet, ma come abbiamo già visto, sono diventate le prede delle TV istituzionali.

 

L’informazione on-line tradizionale

Il contesto del giornalismo on-line possiamo quindi suddividerlo in due paradigmi: uno ufficiale e uno “amatoriale”.

Attorno al giornalismo definito come ufficiale, di categoria, legato alle grandi testate, si è sviluppata una rete vastissima di giornali locali quotidianamente aggiornati, costituiti da piccole redazioni spesso vicine al mondo dell’associazionismo, del volontariato e di gruppi culturali o di piccoli cittadini che, nel quotidiano e gratuito lavoro di aggiornamento di contenuti hanno ritrovato un senso civico nel fare informazione.[16]

Consideriamo ora l’universo di quelle che sono chiamati, nel mondo anglosassone, mainstream media, ovvero quelle testate editoriali che hanno un forte apparato redazionale, organizzativo e finanziario, e che non esauriscono la propria pubblicazione nelle pagine di un sito web, ma possono contare sui canali di comunicazione tradizionali, come quotidiani, riviste, frequenze radiofoniche e televisive. Questi news media hanno cominciato ad utilizzare il web solo da pochi anni: nel 1996 il New York Times pubblica il primo numero on-line; nel 1997 nascono repubblica.it[17], corriere.it[18] e RaiNews24.it[19], nel 2001 inizia l’avventura di Tgcom[20]. Tuttavia, soprattutto nei primi anni 2000, l’avventura on-line si esaurì nella tecnica del repurposing, riversare cioè, al minino costo possibile, i medesimi contenuti del prodotto cartaceo, “con la speranza di poter fare qualche soldo piazzando i banner pubblicitari in testa[21]”.

Fare soldi con le pubblicazioni on-line si è dimostrata un impresa difficile. Solo giornali specializzati come il Wall Street Journal, che offre un servizio ritenuto indispensabile per i broker del mercato borsistico, riuscivano a farsi pagare un abbonamento per i propri contenuti. La maggior parte dei quotidiani optò per la scelta di offrire gratuitamente gli articoli, per poi fare pagare i “servizi a valore aggiunto”, come editoriali esclusivi e la consultazione degli archivi. Altri siti, come nel caso del New York Times, richiedono una registrazione degli utenti. Questa serve per individuare meglio il target per i banner pubblicitari che coprono il costo della messa on-line.

La domanda di informazione negli USA è forte, come mai prima. Internet ha largamente rimpiazzato l’immediatezza della radio e della televisione per le notizie della ultim’ora. Il 30% degli americani passano meno tempo a leggere quotidiani e magazines, il 13% guarda meno TV e il 19% spegne la radio per navigare sul Web. Un’indagine del 2005[22] mostra come più del 26% degli utenti Internet adulti usa la Rete come fonte di informazioni per le notizie nazionali ed internazionali, un incremento significativo rispetto al 19% del 2001.

I quotidiani hanno perso 1milione di lettori in sei mesi, toccando quota 45milioni e mezzo di clienti, a favore della crescita dell’utenza di quotidiani on-line che ha raggiunto i 56 milioni. Anche il sensibilissimo mercato dei settimanali è in difficoltà. Time, Newsweek e U.S. News stanno avendo un calo di acquirenti. Al capo opposto The Economist e The NewYorker sono in crescita, così come The Week, una pubblicazione iniziata appena nel 2001, che, come gli aggregatori di news on-line, raccoglie le notizie dalle altre pubblicazioni.

Le notizie radiofoniche si sono ridotte a un piccola gamma di format: stazioni di news ed intrattenimento, servizio pubblico o, recentemente, radio satellitare ad alta definizione. Benché gli ascolti siano costanti, i migliori 25 gruppi di industrie radiofoniche non dovrebbero raggiungere un incremento di entrate pubblicitarie superiori al 2%. La pubblicità, che contribuisce al finanziamento per il 75% delle pubblicazioni quotidiane, e per il 100% in quelle televisive, sta andando on-line sempre in modo maggiore, toccando quota 4miliardi di dollari[23] nel solo primo trimestre del 2006.[24]

La crisi della freelosophy è scoppiata con i conti in rosso di molte redazioni web e anche il patron di Tiscali, Renato Soru, da sempre sostenitore della gratuità dei servizi Web[25], ha rilanciato la possibilità di fare pagare i contenuti on-line. Questo contrasta fortemente con il radicato assioma di “Internet gratis” e, a mio avviso, potrà produrre l’effetto di un aumento della qualità dei contenuti. Il modello di business a pagamento richiede, infatti, la creazione di contenuti validi, tali da poter concorrere nel ricevere l’attenzione, e quindi l’acquisto, da parte di un utente.

L’attuale crisi del giornalismo ha a che  fare con l’omogeneizzazione, il fatto che stampa e tv rincorrono nel catturare il minimo comune denominatore di un pubblico indifferenziato, peggiorando la qualità di quello che producono. Tra gli altri vantaggi del medium elettronico ci sarebbe quello di non doversi vergognare più di essere intelligenti: rivolgendosi a nicchie ben individuate si potrebbe presumere che queste sappiano già alcune cose e che non sia necessario rispiegargliele da capo ogni volta.[26]

Se la rete, nel corso degli anni[27], ha raggiunto il titolo di mass media, la situazione attuale[28] delle pubblicazioni italiane on-line conta 103 quotidiani, 1388 riviste, 1581 webzine.

Il sito web diventa un arricchimento/aggiornamento permanente della versione stampata, permettendo ad un lettore di seguire l’aggiornamento di notizie pubblicate nel quotidiano della mattina, o nel telegiornale dell’ora di pranzo.

 

Figura 12: il sito web del Corriere.it e Tgcom

 

Questi portali condividono una identica formattazione dello spazio: le notizie sono suddivise per canali e con le top news del giorno in primo piano.

 

Figura 13: www.cnn.com, www.tg5.mediaset.it

 

Vi si trova un’area dedicata alle previsioni del tempo e la raccolta di materiale multimediale; i filmati on-line, quando non possono essere prodotti da una redazione indipendente, sono gli stessi andati in onda sul network di riferimento.

Figura 14: www.rainews24.it

 

Questa è la home page di RaiNews24, che sfrutta la redazione del canale satellitare all news della Rai e i servizi di vari uffici di corrispondenza. La presenza di spazi di contatto con la redazione si rifanno ad un approccio “arcaico” al medium Internet.

La rivoluzione del web 2.0 sta investendo gradualmente le redazioni giornalistiche. La gran parte delle testate che hanno una pubblicazione on-line rendono disponibili ai propri utenti gli ormai insostituibili Feed Rss; un news media che non consente questa tecnologia è destinato a rimanere ai margini dell’attenzione degli internauti. La stessa apertura ai contenuti generati dagli utenti è cosa della seconda metà del 2006. Se ormai è usuale trovare fotografie provenienti da Flickr sulle testate on-line, stanno proliferando gli inviti a spedire in redazione i contributi che gli utenti, pardon, collaboratori del sito, ritengono pertinenti ed interessanti. Per non parlare poi dell’acquisizione di intere piattaforme di blogging da parte di grandi compagnie editoriali[29].

Ecco l’obbiettivo: la creazione di un Network. I news media hanno imparato la lezione di Amazon[30], “tante più persone partecipano, tanto più si crea valore”, come recita la legge Metcalfe[31]. Permettendo ai lettori di commentare gli articoli, partecipare a sondaggi e a valutazioni sulla bontà dei singoli pezzi, si verrà a creare un circolo virtuoso che farà crescere la fiducia del consumatore/coproduttore di notizie verso la redazioni di giornalisti.

Scrivere per il Web

L’informazione in Rete è, o meglio, dovrebbe essere: veloce, interattiva, credibile e glocale.

Le dinamiche di Rete impongono infatti di svolgere il lavoro di individuazione, selezione e gerarchizzazione delle notizie nel minor tempo possibile, per riuscire ad essere competitivi con le altre testate che si muovono al “tempo continuo” di Internet.

La scarsità di tempo del lettore, la molteplicità di fonti e il rapporto di contemporaneità che la redazione on-line può instaurare con l’utente suggeriscono una delle caratteristiche fondamentali per l’attività giornalistica: la velocità.[32]

L’interattività consente al giornalista di conoscere il proprio pubblico, seppure in maniera virtuale, di comprenderne i gusti e conoscerne le impressioni e le riflessioni.

Un altro elemento che sta rivoluzionando la professione del giornalista è l’opportunità di dialogo fra autore e fruitore offerta dalla Rete grazie all’interattività […] è un elemento di interscambio culturale e un importante metodo di feedback che lo scrittore può avere sul suo pubblico.[33]

Se è vero che sul web circolano informazioni di ogni tipo, è tuttavia un dato di fatto riscontrabile come, con il tempo, solo le fonti più credibili riescono ad ottenere una fidelizzazione del proprio pubblico. Gli “scoop” possono essere strumenti per ottenere visibilità, ma risultano sterili se non supportati da un lavoro costante in termini di ricerca della verità.

L’ansia di non farsi battere sul tempo non deve mai allentare gli standard del buon giornalismo, azzardando la pubblicazione di notizie appetitose soltanto sulla base del “circola voce sul web”. L’esercizio della ragione e l’assunzione di responsabilità non devono mai mancare […] nell’osservanza della deontologia professionale e a tutela del “contratto di fedeltà” tacitamente stipulato con i propri lettori.[34]

Per quanto riguarda la caratteristica di una informazione glocale[35], ovvero “localizzata globalmente”, si può empiricamente analizzare come le notizie locali siano le più seguite dal popolo di Internet. Il sito web riveste la funzione di pubblicare le breaking news, che, ad esempio, una redazione di un quotidiano locale non potrebbe permettersi di stampare in una edizione straordinaria. Un po’ un ritorno al passato, in cui, in assenza dei telegiornali, i quotidiani informavano il pubblico grazie a pubblicazioni serali.

Figura 15: Il sito web del TG Regionale della Rai

 

Se il mondo dell’informazione off-line è caratterizzato da alcuni limiti insormontabili, quali la possibilità di aggiornamenti live e i limiti fisici di distribuzione, in Rete lo spazio a disposizione per approfondire una notizia diviene pressoché infinito. A ciò si deve associare la possibilità di raggiungere tutta la popolazione connessa al Web usando le potenzialità espressive del linguaggio multimediale, grafico e sonoro, statico e dinamico.

L’uso dei link fa parte della grammatica della rete. Essi rendono ogni testo incredibilmente profondo, lo arricchiscono di particolari e di percorsi di fruizione e di significato. Il web è un ambiente ipertestuale e la forza di un testo pubblicato in Rete sta proprio nella sua possibilità di generare percorsi, digressioni ed approfondimenti. Il testo di un articolo, giornalistico o meno, non finisce all’ultimo punto, ma si divincola dalla singola pagina html, per seguire le infinite associazioni, gli infiniti rimandi che ogni concetto suscita nella mente dell’autore. Un lettore esigente può approfondire una storia, verificarne le fonti.

Il testo diventa, perciò, uno strumento per tenere insieme immagini, video, grafici, link e file audio. Tuttavia, contrariamente a quanto farebbe supporre la dimensione sconfinata del web, lo spazio a disposizione per presentare una notizia è molto limitato. I lettori on-line scandagliano molto rapidamente il video effettuando una sequenza di movimenti oculari a forma di F: un movimento orizzontale solitamente nella parte superiore dell’area dei contenuti; un secondo movimento orizzontale poco più in basso, anche più corto del primo; un movimento verticale sul lato sinistro, a volte lento e continuo altre volte più veloce e discontinuo.

Figura 16: eyetracking condotto da Jacob Nielsen[36]

Le aree rosse rappresentano quelle maggiormente fissate dagli utenti, quelle gialle e quelle blu le aree fissate di meno, le aree grigie appaiono completamente all'esterno del campo di attenzione.

 

L’utente nella stragrande maggioranza dei casi non è intenzionato a leggere il testo parola per parola. Per attrarre la sua attenzione è utile fare in modo che i primi due paragrafi contengano le informazioni più importanti. Saranno infatti intercettati dai due movimenti orizzontali. Di seguito l'inserimento di sottoparagrafi, paragrafi ed elenchi puntati, infarciti di parole significative, potrà essere utile per colpire il lettore quando effettua il movimento sinistro-verticale.

Formattazione e spaziatura, ma anche chiarezza, brevità e linearità di esposizione. L’impaginazione riveste un ruolo fondamentale: a sinistra il menù di navigazione, con le vie di accesso alle sezioni interne, nella parte centrale le notizie principali, più a destra rubriche, approfondimenti e strumenti per comunicare con la redazione o per le ricerche. Gli articoli sono composti dal titolo, l’attacco e un link che rimanda dall’abstract al testo intero, con l’essenziale sitografia.

La lettura di un testo su uno schermo risulta, inoltre, più difficoltosa e lenta di quanto avviene sulla carta. Si devono cercare di dire le cose nella maniera più densa e compatta possibile, facendo entrare il maggior numero di idee nel minor numero di parole[37]. Paragrafi corti, frasi brevi. elenchi, sommari, link ad approfondimenti, grassetti e colori per mettere in evidenza le chiavi di lettura. Ecco le regole per una pagina web. Keep It Simple, “semplificare”, è questo il principio guida per trattare on-line una storia. Partire dalla conclusione, dalla descrizione ultima e stringata, per poi allargare il campo di indagine anche con collegamenti a pagine di livello successivo.

 

Quotidiani & Blog: verso la trasformazione del giornalismo

Si è parlato molto dell’opportunità di considerare i blog come una forma di giornalismo. Negli Stati Uniti questa domanda è al centro di un dibattito che dura ormai da tempo, con posizioni che ripropongono quella che Matt Welch ha definito come “l’ennesima declinazione della querelle des anciens et des modernes[38], una battaglia tra elitari e populisti.

Ancora nel 2004 i professionisti dell’informazione accantonavano il blogging come “rumore”. I “custodi dell’ortodossia giornalistica[39]” guardano alla blogosfera come ad un disordinato bazar. È soprattutto il tema della credibilità che viene contestato al giornalismo on-line, benché questa convinzione sia radicata soprattutto nei colleghi dell’informazione: dati di uno studio del 2001[40] mostrano come il 48% del pubblico interpellato pensa che i siti forniscano “un’immagine completa delle notizie”, ben di più del 17% registrato tra i giornalisti. Tuttavia la credibilità, on-line come off-line, deve essere conquistata giorno per giorno, moderando tra la richiesta di un’informazione continuamente aggiornata, e i requisiti di accuratezza e completezza delle stesse. Lasica sostiene come in realtà “Internet aggiunge credibilità al giornalismo anche perché dà la possibilità ai lettori di seguire il percorso della notizia, di accedere a documenti originali[41]”, ma è bene ricordare come le leggende metropolitane abbiano trovato nella Rete un prospero terreno di coltura, connettendo alla facilità di “fabbricazione” di notizie verosimili, la velocità di distribuzione di notizie necessariamente stuzzicanti e curiose. Tuttavia, se sul web attecchiscono e prosperano moltissime “bufale[42]”, vi trovano ospitalità anche molte organizzazioni il cui mestiere è smontare tali macchinazioni.

Quello che preoccupa i giornalisti professionisti sopra ogni altra cosa è se il cambiamento che sta rimpiazzando le redazioni di oggi, possa sostenere il giornalismo di domani. “La questione non è più se il mondo dei quotidiani durerà, ma se il tipo di informazione che è essenziale al funzionamento della democrazia sopravvivrà[43]”.

L’informazione che rivela le segrete prigioni nell’est-Europa o le intercettazioni telefoniche o i pericoli di dighe mal costruite in un’area soggetta ad uragani, sono costose, necessitano di tempo e provocano problemi. L’audiance per queste news è molte volte bassa e non sono facili da vendere ai pubblicitari. Bene, quasi nessuno di questi siti di news on-line investe in indagini originali, profonde e scrupolosamente confezionate.

Per ora, le redazioni stanno tentando di trovare l’ideale bilanciamento tra la richiesta di informazioni istantanee ed interattive che i lettori desiderano, e il giornalismo in-profondità che fa la differenza in una società.[44]

Chi afferma che i blogs possano essere considerati una forma di giornalismo partecipativo, sostiene come credibilità e attendibilità dell’informazione non siano in funzione di un ruolo e di regole codificata, ma dipendano dalla trasparenza della propria opinione e dal confronto aperto con i lettori. Lasica parla di “atti casuali di giornalismo” ad opera di singoli individui che pubblicano in rete informazioni che possono diventare di utilità per una specifica nicchia di lettori. I blogs raggruppano i contenuti per persona, fornendo agli individui uno strumento di identificazione nel Network globale. I blogger ricoprono un ruolo di ricerca e di filtro delle informazioni, affiancandosi ai media tradizionali, diventano un canale per quelle notizie che, per motivi di tempo e/o spazio e/o scelte editoriali, non vengono trattate. Tuttavia, la regola generale dei blogs, cioè “mettere on-line tutto ciò che si ha da dire”, rende difficile iscrivere i weblog in un modello già noto. Essi non sono giornalismo con la G maiuscola. “Informano, ma non sono giornalismo[45]”. Essi sono forme di distribuzione della conoscenza.

Chiedersi se il blog sia uno strumento utile risulta un dibattito sterile, poiché ormai lo strumento esiste e viene usato da molti giornalisti come spazio libero per discutere di qualsiasi argomento. Una terza via all’aporetica alternativa tra il conservatorismo di certi ambiti redazionali tradizionali e il desiderio di una maggiore democrazia informazionale, si può ritrovare nella creazione di una sinergia, di una collaborazione tra web e carta/radio/tv: i gruppi editoriali potrebbero far partecipare i giornalisti della carta alla produzione per l’on-line, coniugando risparmio nella produzione e prestigio nell’iniziativa digitale. Per Marco Pretellesi, responsabile del corriere.it, per salvare la carta stampata occorre “limitare i desk e rimandare i giornalisti per strada, a far il loro mestiere, reportage, inchieste, investigazioni, approfondimento […] ora bisogna dire che anche la carta è complementare all’on-line[46]”. Il giornalista/blogger, facendo esso stesso parte del circuito di produzione dal basso e di circolazione orizzontale dell’informazione, sarà poi in grado di portare all’interno della cultura redazionale, nuovi punti di vista, temi e sensibilità che raccoglie dall’esterno.

The guardian è uno dei migliori quotidiani on-line del mondo […] ma se si guarda al numero dei commenti ai post in relazione al numero totale dei visitatori, si conclude che la supposta interattività del blog è fallita. Meno di un decimo del 1% di tutti i lettori postano un commento [e] nel momento in cui i commenti divengono “ostili” i media richiedono l’ultima parola. Alcuni sociologi hanno rilevato come l’America moderna possa esercitare il proprio potere sul palco globale, ma non possa più esibire la propria autorità. I quotidiani sono sulla stessa barca, essi sono ancora istituzioni potenti, ma la loro autorità è in declino […] invece di dribblare le critiche, dovrebbero trarne insegnamento, dando legittimità alle voci esterne [e non] come ha mostrato Jon Stewart, “dar voce a chi ce l’ha già”. Prima che l’ultimo lettore parta, noi dobbiamo convincere le persone a rimanere, facendo sapere loro che vogliamo parlare con loro e non a loro.[47]

I blog e i wiki sono come le macchine da stampa usate per pubblicare i  quotidiani: strumenti che una parte di pensatori stanno usando per pubblicare le proprie idee.

I blog, curati dai quotidiani, se sono ben pianificati, lavorano come una conversazione pubblica sulle notizie e sulle informazioni. Permettendo i commenti, si trasformano in una piazza che discute 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, sulle notizie chiave che sono riportate sul quotidiano [...] i quotidiani americani hanno l’opportunità di usare i blogs come esercizi di “costruzione di credibilità”. I quotidiani devono fare esattamente ciò che fanno i blog eccezionali: assumere la posizione del lettore. I lettori vogliono sapere ciò che stanno facendo, chi sta raccogliendo notizie e come, così essi potranno credere nelle loro fonti.[48]

Ipotizziamo che un quotidiano cartaceo decida di sfruttare in maniera efficace la risorsa blog. Esso potrebbe creare un network di blog referenziati da ospitare nel proprio sito Internet; non dei blog che lavorino esclusivamente per il quotidiano, ma che lo affianchino quando la notizia lo esige. I vantaggi risulterebbero duplici: il quotidiano offrirebbe un servizio innovativo al lettore, incentivando non solo l’approfondimento della notizia, ma un clima di partecipazione ed una attività di promozione gratuita grazie al funzionamento dei blog che si linkano in base all’utilità dei contenuti; per il blogger la possibilità di entrare in un circuito istituzionale.

Di fatto, secondo Carlo Sorrentino[49], siamo passati “da una società fondata sulle grandi narrazioni (ovvero gerarchica e verticale) ad una società fondata sulle grandi conversazioni (orizzontale e relazionale) in cui la fiducia viene data sulla persona e non sul marchio, sul contenuto e non sulla forma di distribuzione”. Un blogger di talento può essere coinvolto nella produzione stessa dell’informazione, e contribuire al carattere democratico dell’informazione on-line. Sarà poi ogni lettore ad esercitare un controllo della qualità, separando le notizie coerenti e credibili, da quelle fraudolenti e stupide. Un nuovo lettore si aggira per il web. È esigente perché informato, vuole conversare perché scrive, in sostanza non è più un lettore, ma un produttore di informazioni.

Oggi il mio problema è come avere velocemente accesso all’informazione che sto cercando, che mi soddisfa, che posso facilmente verificare. Trovare l’informazione giusta non è facile sui media tradizionali, spesso è un incontro fortunato, del tutto casuale […] non assolutamente competitiva rispetto a quella che posso trovare in Rete […] il giornalismo professionale, non più monopolista dell’informazione, ha molti margini di manovra, non certo sulle news, che non sono più risorsa scarsa nel mondo digitale, ma sulle views, ovvero la produzione di opinioni competenti, nonché la capacità di ordinare in modo professionale le tante informazioni differenziate.[50]

La sfida per il giornalismo professionistico sta nel carpire le esigenze di questo nuove lettore digitale. Per Enrico Pulcini, fondatore di Infocity, il futuro del giornalismo on-line passa necessariamente attraverso “strategie di narrowcasting, rivolte a piccole nicchie, a pubblici ben definiti. Miriadi di magazine ben targettizati ad altrettante nicchie di lettori specializzati […] redazioni minime ed auto-editoria, nonché infocommerce, la vendita di informazione specializzata on demand[51]”. Grossman[52], benché ipotizzando un abbassamento dello standard qualitativo, sostiene una “era digitale che ha il potenziale per fornire una ricchezza senza precedenti di nuove fonti di informazione, una diversità di punti di vista e una varietà di prospettive”.



[1] 2006 Annenberg Public Policy Center’s pool.

[2] GILLMOR, Dan. 2005. In Where Citizens And Journalists Intersect. In Nieman Reports, winter 2005.

[3] NIEMAN REPORTS, Winter 2005. p. 8.

[4] GILLMOR, D. 2005.

[5]Share what you know. We don’t wont opinion, we want knowledge.”

[6] Già giornalista per l’Associated Press, LosAngelesTimes, WashingtonPost.com e AmericaOnLine.

[7] Ora chiuso per esaurimento delle fonti di finanziamento.

[8] MURDOCH, R. 2005. Discorso all’American Society of Newspaper Editors.

[9] Un canale di notizie via cavo: New England Cable News.

[10] SAFRAN, S. 2005. Direttore del centro digitale del NECN. In Nieman Reports, winter 2005.

[11] WEBER, J. 2005. Editore del NewWest.net, in Nieman Reports,winter 2005.

[12] LASICA, J.D. 2001. Blogging as a form of Journalism, in Online Journalism Rewiew,  24 maggio 2001.

[13] Il servizio di pubblicazione on-line di weblog “blogger” ha registrato un amento del 30% negli iscritti dopo l’11/9.

[14] In genere oltre il 60% dei blogs sono diari personali. Da sempre il diario ha rivestito il ruolo di mezzo per arrivare ad una presa di coscienza esistenziale attraverso l’uso della scrittura. È da registrare come accanto agli argomenti “più maturi” dei blogs ospitati su “Kataweb” e “Il Cannocchiale”, piattaforme come “Splinder” ed “Excite” offrono contenuti in prevalenza autobiografici e di carattere introspettivo.

[15] LANGFIELD, A. 2001. Democratizing journalism. In Online Journalism Rewiew, 13 novembre 2001.

[16] BOVO, T. 2005. Designer e relatore all’incontro Sviluppi della Creatività e Reti di Condivisione del Cambiamento, Firenze 21 novembre 2005.

[17] Gruppo editoriale l’Espresso.

[18] Gruppo editoriale RCS.

[19] Canale satellitare in chiaro della tv di stato.

[20] Fa capo al gruppo Mediaset.

[21] STAGLIANÒ, R. 2002. Giornalismo 2.0. Milano, Carrocci. p. 29.

[22] Jupiter Research.

[23] Gli introiti pubblicitari complessivi per Internet nell’anno 2005 raggiunsero quota 12,5miliardi di dollari.

[24] SULLIVAN, Patricia. As the Internet Grows Up, the News Industry is Forever Changed. 19 giugno 2006. In http://www.WashingtonPost.com .

[25] “Internet gratis non è regalare roba, ma un modello di business nuovo”. Ansa, 8 gennaio 2001.

[26] STAGLIANÒ, R. 2002. Giornalismo 2.0. Milano, Carrocci. p. 29.

[27] Le tappe fondamentali dell’ingresso di Internet nel immaginario di mass media sono: 1995, nelle ore successive all’attentato all’Oklahoma Building, Internet si rivela essere il media più ricco di informazioni e tempestivo; 1997, missione su Marte seguita on-line sul sito della NASA; 1998, pubblicazione in rete del rapporto Starr sullo scandalo del Segate; 1999, guerra in Kosovo seguita dagli utenti internet sui siti di controinformazione.

[28] Dati Ipse 2003.

[29] Nell’agosto 2006 è partita la caccia a Splinder.

[30] KAMPINSKY, E. 2001. Amazoning the news in http://www.hypergene.net/ep2001/ .

[31] “Il valore di una rete - come utilità alla popolazione – è proporzionale al quadrato del numero di utilizzatori”.

[32] CARELLI E. 2006, direttore di SkyNewsItalia e docente di Teoria e Tecniche dell’informazione on-line presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano. In Fare informazione nell’epoca di internet, corso di perfezionamento in scienze umane e nuove tecnologie. http://www.filosofia.unina.it/corsoperf/lezcp2006.html

[33] Ibid.

[34] Ibid.

[35] Il copyright del concetto è giapponese, ma il termine dochakuka non ha avuto lo stesso successo dell’omologo statunitense.

[36] In http://www.useit.com/alertbox/reading_pattern.html .

[37] STAGLIANÒ, R. 2002. Giornalismo 2.0. Milano, Carrocci. p. 65.

[38] WELCH, M. 1998. Why does Old media trash the New?, in Online Journalism Review 24 giugno 1998. In http://ojr.usc.edu/content/print.cfm?print=182 .

[39] STAGLIANÒ, R. 2002. Giornalismo 2.0. Milano, Carrocci. p. 121.

[40] Digital journalism Credibilità Project in http://www.onlinenewsassociation.org/programs/press4.html .

[41] LASICA, J. D. 2001. Online News on a Tightrope. In Online Journalism Review, 1 novembre 2001.

[42] Hoaxes nel gergo americano.

[43] MENCHER, M. Nieman Reports 2006.

[44] SULLIVAN, Patricia. As the Internet Grows Up, the News Industry is Forever Changed. 19 giugno 2006. In http://www.WashingtonPost.com .

[45] GRANIERI, G. 2005. Blog generation.

[46] PRATELLESI, M. “Tutti giornalisti?” convegno del 26 agosto 2006 alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

[47] CAUTHORN, Bob. 2006. Giornalista di Citytools.net. In In Can Newspaper do Blogs Right?, di Niles Robert.

[48] STONE, L. 2006. Giornalista di BlogHer.org. In Can Newspaper do Blogs Right?, di Niles Robert.

[49] Docente della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze al convegno “Tutti giornalisti?” del 26 agosto 2006 alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

[50] GRANIERI, G. “Tutti giornalisti?” convegno del 26 agosto 2006 alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

[51] PULCINI, E. “Tutti giornalisti?” convegno del 26 agosto 2006 alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

[52] GROSSMAN, L.K. 1999. From Marconi to Murrow to – Drude?. In  Columbia Journalism Review luglio/agosto 1999. In http://www.cjr.org/year/99/4/grossman.asp.