Kosovo crocifisso...

(presentazione)

 

 

 

 

Sì, è stato crocifisso il Kosovo.

Lacrimano, sulle rovine di chiese e monasteri,
di case e focolari antichi, i pochi Serbi rimasti:
santuari in carne ed ossa esposti al massacro nei loro corpi,
dopo che ne è stata sfregiata e dilaniata l'anima.

Lacrimano le pianure e le montagne
che custodivano, nelle loro distese o nei loro anfratti,
cenobi operosi (monaci intenti,
come api, ai loro diversi uffici...),
caverne di eremiti (echi di preghiere ininterrotte...),
chiese e oratori (contadini, con un cero in mano,
prostrati dinanzi alle icone
sante...).

 

Piangono…

Piange il Kosovo, piange la Metohija
(1.300 gli edifici sacri e civili serbi che la storia ha lì piantati,
più numerosi di tutti quelli, messi assieme, delle altre terre serbe…),
piangono, privati del frutto del loro grembo.

Mentre un nuovo Erode perpetua la sua strage,
e nuovi Turchi continuano a impalare,
e nuovi Talebani, nel cuore dell'Europa,
cancellano, con furia iconoclasta,
ogni traccia di presenza serba, e cioè cristiana…

Perché è stato attizzato, scatenato l'istinto bestiale dell'UCK,
e il fuoco divora i santuari
(spinto da favorevoli venti di ponente),
e la merda profana i sepolcri,
e l'assedio costringe i serbi - ghettizzati - alla fuga…

Piange il Kosovo, piange la Metohija,
etnicamente puliti, e cioè albanesi…

E l'Occidente tace.

 

 

È per rompere, almeno un poco, questo silenzio colpevole che mettiamo a disposizione di tutti le pagine che seguono: frutto di un'idea maturata in una scuola superiore di Schio-Vicenza (l'IPSIA "Garbin"), durante l'ora di religione; frutto del lavoro di tanti (chi ha cercato i testi, chi li ha tradotti, chi li ha impaginati, chi ha creato il sito-Internet in cui metterli).

Un umile contributo - vorremmo - alla verità e alla giustizia.

Perché fa sentire anche l'"altra" campana, quella serba - sempre messa a tacere.
Perché fa vedere anche le "altre" sofferenze, quelle serbe - sempre occultate.
Perché fa capire come il progetto di un Kosovo "etnicamente puro" fosse un'idea cullata da tempi lontani in settori importanti della comunità albanese: un'idea che adesso, con l'aiuto dell'Occidente, è divenuta tragica realtà.

Un umile contributo, sì, alla verità e alla giustizia.

Così speriamo.

Per un futuro di convivenza pacifico tra i Serbi, nella loro terra madre, e gli Albanesi: un futuro che non può pensarsi e attuarsi senza verità e giustizia. E senza rispetto per le radici e l'identità di ogni popolo.

Perché ai Serbi, che abbiamo accecati con le nostre bombe intelligenti, non strappiamo anche – sposando fino in fondo i piani dell'UCK – il bastone bianco del cieco: la loro anima, la loro memoria, la loro storia. Il Kosovo.

Se la fatica spesa aiuterà qualcuno a scoprire verità taciute e a invocare giustizia con tutte le sue viscere, non lo sappiamo.

Lo sa Dio.

 

Andrea BATTISTIN; Chiara BATTISTIN; Fidelio BONAGURO; Daniela BONATO; Francesca CASENTINI MARIGO; Mauro CAVION; Marta DALLA COSTA; Gianni DAL SOGGIO; Silvia DRAGO; Vinicio FILIPPI; Giuseppe FONTANA; Assunta FORCINA; Vito MANTIA; Luciano MARIGO; Roberto MATTEAZZI; Antonio RANZOLIN; Mattia SANDONÀ; Stefano TAGLIAPIETRA; Antonio ZOLIN; Martina ZOLIN.

 

 

Le fonti da cui abbiamo attinto:

LJUBISA FOLIC (e altri), Crucified Kosovo, novembre 1999; ATHANASE JEVTITCH, Dossier Kosovo, L'Age d'Homme, Lausanne 1991; SLOBODAN MILEUSNIC, I santuari di Kosovo e Metohija, Belgrado-Novi Sad 1999; DANIEL ROGIC, Santi della Chiesa ortodossa serba, vol. 1, Servitium-Interlogos, Sotto il Monte (BG)-Schio (VI) 1997; Cultural Heritage of Kosovo and Metohija, Belgrado 1999; Enciclopedia dei Santi. Le Chiese orientali, 2 voll., Città Nuova, Roma 1998-1999; "Le Messager Orthodoxe", n. 106 (Les Serbes - Un peuple orthodoxe), III-1987; "Notizie ortodosse" (Bollettino mensile d'informazione a cura della Comunità ortodossa ellenica di Roma); il sito-Internet del monastero di Decani e della Diocesi di Raska-Prizren: www.decani.yunet.com

 

Dedichiamo questo sito ai monaci del monastero di Decani.
A tutta la comunità monastica,
ma in particolare al padre SAVA, che a voce e per iscritto
non si stanca - una spinta gli urge dentro, irresistibile -
di gridare a tutto il mondo l'ingiustizia di cui il suo popolo
è vittima nel Kosovo e nella Metohija
(voce, assai spesso, inascoltata);
ai padri XENOFON e ANDREJ, che conoscono bene la nostra lingua, l'italiano,
e con cui i navigatori italiani possono dunque scambiare una parola.

A dispetto dell'attuale situazione - disperata, per i Serbi -,
vogliamo credere che
la Bellezza divino-umana ("teantropica")
di cui i monaci di Decani sono i cantori e i custodi
salverà i Serbi, salverà gli Albanesi, salverà la convivenza tra i Serbi e gli Albanesi.
Lo vogliamo credere:
a dispetto, lo ripetiamo ancora, della notte terrificante
che vivono i Serbi del Kosovo e della Metohija.

 

Grazie, monaci di Decani!
Grazie perché "ci siete", perché "resistete".
Grazie perché, nonostante gli attacchi, le minacce e le pressioni di ogni sorta,
"rimanete lì", nella tomba,
in ostinata attesa dell'angelo bianco della risurrezione.

Per le vostre preghiere,
per le preghiere di tutti monaci che sono vissuti a Decani prima di voi,
per le preghiere dei santi che hanno santificato il Kosovo e la Metohija,
il Risorto vi porti in dono la sua risurrezione!
E, con essa, verità, giustizia e pace fra tutti i popoli della vostra terra.

Sì, verrà l'alba. "Deve" venire.

(Devic, e non solo Devic, aspettano)

E si scoperchierà il sepolcro.

 

Per chi volesse contattare il monastero di Decani:

tel. PTT: + 381 390 61543
tel. mobile: + 377 44 158 326
E-mail: decani@kosovo.com

 

CHIESA ABBANDONATA

Giace il vecchio dipinto di Cristo crocifisso:
il sangue cola a fiotti lungo le costole spezzate,
gli occhi esanimi, le labbra esangui,
l'immagine stessa della morte…

Dono di nobili e di popolani pii,
una collana d'oro gli scintillava al collo;
e di puro argento l'artigiano di Debar
aveva cesellato intorno la cornice.

Così giace Cristo nel tempio deserto,
mentre la notte cade silenziosa
e uno stormo d'uccelli insegue la preda.

Abbandonato e solo tra i predatori svolazzanti,
desolato e orrido, il Cristo apre le sue braccia,
in attesa eterna del gregge che non c'è.

Milan Rakic (libera versione)

 

 

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