"L'ultimo santone"
di Antonio Gnoli da Repubblica del 4 agosto 1997


Dopo Timothy Leary e Allen Ginsberg a pochi mesi di distanza , è toccato a lui , al "ragazzo dagli occhi di ghiaccio" , lasciare questo inferno per un inferno forse migliore. Strano. William Burroughs sarebbe potuto morire per droga , accoltellato da un amante. Ma il destino ha scelto diversamente. Lo ha colto nel letto e se lo è portato via con un infarto. Aveva 83 anni : dietro alle spalle una vita ( anche letterariamente ) intensa e dissipata , davanti qualche breve apparizione , sotto forma di testimonianza , su quello che era stato il suo periodo più fecondo : gli anni sessanta e la beat generation. Ora restano gli scampoli e la memoria che non si rassegna all'idea che un mondo di letteratura , affanni e marginalità si può anche chiudere senza fragore , ne rimpianto. Eppure quei ragazzi , che sembravano usciti da qualche pagina di Céline o Dostoevskij , si erano autoinvestiti di un compito : uscire dal sogno americano. Salvo poi far entrare le nuove generazioni in un alone di nomadismo , di profumo orientale e di nuove tecnologie. Dei tre santoni , quello con più talento narrativo fu Jack Kerouac , il più impegnato Allen Ginsberg. A William Burroughs la sorte riservò un buon polso letterario , una grande curiosità ed una eccellente nevrosi che lo avrebbero spinto verso inconsueti sperimentalismi. Ma una cosa è certa : nonostante gli anni e le strade si fossero divise , quelli della beat generation , i sopravvissuti , continuavano a rimpallarsi frasi affettuose e reciproche attestazioni di stima. Sembravano i vecchi soci di un club inglese. Ricordo che proprio un paio di anni fa a New York Ginsberg , che intervistavo in occasione dell'uscita di un suo diario , rievocava con gratitudine e nostalgia la figura di Burroughs , condendola di alcuni dettagli. Si erano conosciuti nel 1944 al Greenwich Village. William si era preso una cotta per Allen , tanto che spesso gli scriveva lettere raccontandogli le sue fantasie. Poi Ginsberg fece per un anno il suo agente letterario e in seguito diventarono amanti. Vissero insieme gran parte del 1953. Poi si separarono : Ginsberg volò a San Francisco e Burroughs partì per Tangeri , da dove continuò a mandargli lettere e le parti di Naked Lunch , il romanzo che stava scrivendo. Naked Lunch ( tradotto da noi con il titolo "Il pasto nudo" , da cui Cronenberg ha tratto un film inevitabilmente contorto e deludente ) , uscì nel 1959 e gli costò lo scandalo generale e vari processi per oscenità. Il libro ha una trama spezzata , stravolta da incisi , digressioni , flashback , nella quale Burroughs comincia a sperimentare la tecnica del cut-up ( una specie di montaggio casuale tra i testi , la cui provenienza era la più disparata ). Una tecnica che lo avrebbe dovuto proteggere dai luoghi comuni , di cui la letteratura sovrabbondava , e dall'eccessivo razionalismo ( la stessa idea , ma funzionò molto meno , Burroughs la trasferì nella pittura : sparava barattoli di vernice contro tele immacolate ). Su Naked Lunch Norman Mailer scrisse che era il ritratto dell'inferno , anzi era l'inferno. Di Burroughs disse che era un genio dal vasto talento. Quanto poi effettivamente fosse vasto quel talento è difficile dire. Ma di certo vi è che i suoi libri , così simili a dei mutanti , e debordanti di allucinazione , spinsero McLuhan a riconoscergli una specie di rappresentatività epocale e invogliarono Mary McCarty a prenderlo sul serio. Fu proprio McCarty a notare in quest'uomo , che prima di diventare scrittore era stato barista , operaio , detective privato , reporter e pubblicitario , una strana forma di umorismo , simile a quella di " un attore di varietà che recita da solo sulla scena davanti al sipario infiammabilie di un vecchio teatro trasformato in cinema". Dove è chiaro che ogni battuta , anche la più comica , può trasformarsi in tragedia. C'è da dire che Burroughs non si lasciò mai coinvolgere dai generosi attestati , come pure da quelle critiche che lo accusavano di mettere in pericolo la cultura americana e di trascinare la gioventù , già tanto sbandata , in un cul-de-sac anti-macho e anti-umanista. Seppe quasi sempre servirsi con ironia o malumore degli uni e degli altri. Una quindicina di anni fa Burroughs venne ammesso nella celebre Accademia americana dell'Istituto di Arti e Lettere. Fu un'entrata , che nonostante qualche dissenso , aveva tutta l'aria di assomigliare all'incoronazione ufficiale dell'ultimo degli irriducibili. Al ritorno della cerimonia Burroughs commentò alla sua maniera : "Quella gente vent'anni fa andava dicendo che il posto più adatto a me era la galera. Adesso vanno fieri che io appartenga al loro gruppo. Non li ho mai ascoltati prima e non gli darò certo retta adesso".