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I farmaci antipsicotici: tra necessità e abuso.

di Sonia Sarnataro 

Nell’ambito dei disturbi mentali, importante è la distinzione che generalmente si effettua tra psicosi e nevrosi.

Al termine psicosi si associano generalmente una serie di disturbi mentali, di mancata coordinazione del pensiero e di disturbi nella organizzazione delle capacità percettive (allucinazioni).

Esistono psicosi su base "organica", di cui cioè se ne conoscono le cause, e psicosi su base "idiopatica", di cui le cause sono tutt’ora ignote. Di quest’ultimo gruppo fanno parte le sindromi schizofreniche, maniaco-depressive e paranoidee.

Le nevrosi, invece, sono dei disturbi di espressione estremamente variegata ai quali non si accompagna una disorganizzazione del comportamento e del rapporto con la realtà (come nelle psicosi) ma in cui si manifestano sintomi quali variazioni dell’umore (ansietà, panico), alterazioni lievi del pensiero (fobie, ossessioni), o del comportamento (segni isterici etc…).

Dal punto di vista sociale l’introduzione dei farmaci antipsicotici nella terapia delle attività mentali ha determinato una svolta fondamentale dal punto di vista sociale. Infatti funzioni tipicamente ritenute entità astratte come l’emotività e lo stato d’animo, possono essere coordinate da alcuni farmaci di cui prima non se ne conosceva neanche la selettività.

Ai farmaci antipsicotici viene anche dato il nome di neurolettici per la capacità che hanno di interferire sui circuiti neuronali del Sistema Nervoso Centrale.

Secondo le stime più recenti da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ogni anno si manifestano tra i 7 e i 14 casi nuovi di schizofrenia ogni 100.000 abitanti. Inoltre esordisce più precocemente nei maschi (tra i 15 e i 25 anni) che nelle donne (tra 25 e 35 anni).

Sulle cause della malattia schizofrenica come su quelle della depressione sono state formulate diverse ipotesi, tra le quali la più accreditata è quella della "vulnerabilità ereditaria": cioè all’interno del Dna di un essere umano già sarebbe presente l’informazione necessaria per cui in particolari contesti stressanti la malattia potrebbe esplodere.

Accanto però al fattore genetico c’è quello sociale, il cui specifico peso nel determinismo della malattia è tuttora discusso.

Comunque vi sono ancora delle forti basi biologiche alla base dello sviluppo della schizofrenia o della depressione come ad esempio una alterata produzione di dopammina, molto aumentata nel primo caso e diminuita nel secondo.

La dopammina è un neurotrasmettitore (cioè una sostanza che a livello neuronale, andando ad agire su un recettore, può modificare la funzione delle cellule corrispondenti) che controlla, insieme alla serotonina, diverse attività tra cui il movimento, la memoria, le emozioni, il piacere, la gratificazione: le alterazioni della secrezione della dopammina e della serotonina sarebbero alla genesi di queste malattie.

I farmaci antipsicotici più usati sono quelli che possono antagonizzare quindi la dopammina a livello dei recettori pre e post-sinaptici (cioè situati prima e dopo le terminazioni nervose dove il neurotrasmettitore dopammina va ad agire).

Anche nella terapia della depressione gli antipsicotici hanno trovato un loro impiego. Vengono usati dei farmaci che inibiscono il recupero del neurotrasmettitore dopammina da parte delle terminazioni pre-sinaptiche e cioè poste prima delle sinapsi dove la sostanza viene rilasciata. Questo mancato recupero favorirebbe una concentrazione maggiore di dopammina a livello recettoriale e così esso sarebbe in grado di regolarizzare tutte quelle funzioni che un individuo depresso non è in grado più di esplicare.

La depressione è un disturbo psichico che interessa prevalentemente il tono dell’umore e può avere come la schizofrenia una base genetica o sociale.

Il trattamento con i farmaci antipsicotici, siano essi antischizofrenici o antidepressivi danno un duplice risultato: il primo periodo della somministrazione è accompagnato da una sensazione di piacevole "sentirsi bene" accompagnato però, dopo prolungato uso, da una diminuzione dell’iniziativa e dell’interesse verso l’ambiente, riducendo di conseguenza la manifestazione delle emozioni. Il tremore generalizzato può interessare tutte le parti del corpo insieme all’effetto della "discinesia tardiva", cioè una supersensibilità dei recettori non appena si sospende l’uso degli stessi farmaci, ciò accade perchè i recettori diventano molto più sensibili e responsivi anche a piccole concentrazioni di dopammina, determinando insieme tutti gli effetti negativi per cui il farmaco era stato assunto.

Da questa risposta parosssistica dell’organismo deriverebbe la tolleranza,più che la vera e propria dipendenza fisica, ai farmaci antipsicotici di cui l’organismo non può fare quasi più a meno.

Si comprende così come l’utilizzo dei farmaci debba essere molto oculato, tutte le sindromi psicotiche dovrebbero essere bene diagnosticate anche perché la selettività del farmaco è fondamentale nella terapia.

Anche se il trattamento con i farmaci rappresenta la base di tutte le terapie antipsicotiche e la disponibilità di medicinali di nuova generazione, meno pericolosi sta aumentando, è pur vero che le strutture pubbliche capaci di garantire sostegno psicologico ai vari malati e alle rispettive famiglie sono molto scarse o quasi inesistenti. Questo è un po’ il "tallone d’Achille" della psichiatria Italiana. Solo a Bologna è in progetto una comunità che si occuperà della riabilitazione di tutti i soggetti che hanno assunto una cura sbagliata o che devono sviluppare una propria autonomia nel riguardo dei propri interessi.

 

 

 

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