SAN
GIUSEPPE FONDATORE E PADRE DEL CARMELO TERESIANO
Monache carmelitane scalze
Secretariatus Generalis Pro Monialibus O.C.D. - Romae
Il titolo di questa lezione è: "San Giuseppe Fondatore e
Padre del Carmelo
Teresiano". In essa, dopo una breve introduzione, una scheda
teologica, e
la riflessione che hanno fatto i teologi lungo la storia della
Chiesa, mi
riferirò particolarmente ai rapporti di San Giuseppe con Santa
Teresa e di
lei con san Giuseppe; alla sua esperienza mistica che ebbe con il
Santo
Patriarca; esporrò brevemente le idee fondamentali del cap. VI
della sua
Autobiografia; le espressioni della sua devozione e del suo amore
a San
Giuseppe, come sono i titoli dei suoi conventi, le immagini o
sculture che
portava per loro, la celebrazione della festa, della Solennità di
San
Giuseppe ecc.; per finire con la diffusione di questa devozione di
Santa
Teresa nel Carmelo Teresiano che è fiorita in una maniera molto
singolare,
veramente ammirabile in tanti santi e sante, in tanti carmelitani
e devoti
che si sono offerti in verità a San Giuseppe con un amore
sviscerato.
I. - INTRODUZIONE
La presenza, così fortemente risaltata da S. Matteo, canonizzata
dallo
Spirito Santo, di San Giuseppe nella Chiesa di Dio, come uomo
giusto, vero
sposo di Maria e padre singolare e verginale di Gesù, per il quale
in
certo modo passano i disegni di Dio sull'umanità salvata, rimase
nell'ombra durante i primi secoli della sua esistenza. Come
nell'ombra fu
sempre lui - il Santo del silenzio -, di cui non si conserva
nemmeno una
parola. È la sua persona che è parola eloquente e potentissima.
Durante il
trascorrere dei secoli quella presenza si andò svegliandosi e
aprendosi la
strada, come egli merita. Non è possibile né segnalare le date
precise
della apparizione di questa presenza, che si fece sì silenziosa ma
irresistibile. Basti ricordare che uno di questi momenti sommi, in
cui
appare vigorosa e travolgente la presenza di San Giuseppe nella
Chiesa, fu
Santa Teresa di Gesù.
Per esaltare la forza della presenza di San Giuseppe nella Chiesa,
potremmo passare in rivista le molte famiglie religiose che sono
ad egli
consacrate; i discorsi e i libri a lui dedicati; le centinaia di
Chiese
erette in suo onore, e rare sono quelle chiese dove non è presente
San
Giuseppe in una scultura o in un quadro; le migliaia di persone
che hanno
portato e porteranno il suo nome in questo mondo; le moltissime
confraternite, fondate con il suo nome e animate dal suo
patrocinio; la
numerosa serie di testi di Papi che esaltano la sua figura; le
migliaia di
pagine su San Giuseppe scritte da tanti santi e autori spirituali,
che
formerebbero un magnifico enchiridion giuseppino. Basti ricordare,
come
ultimo anello della lunga storia giuseppina nella Chiesa, la sua
presenza
e partecipazione nel Concilio Vaticano II, che tanta ripercussione
ha
avuto e continua ad avere nella vita ecclesiale. Giovanni XXIII
nella
Costituzione apostolica, "Humanae Salutis", con la quale
convoca il
Concilio, lo affida a San Giuseppe. E nel discorso di chiusura
dell'ultimo
periodo del Concilio esprime questa stessa fiducia: "Rimanga
sempre fra
noi la Vergine Maria; e allo stesso modo San Giuseppe, suo
castissimo
Sposo, Patrono del Concilio ecumenico, il cui nome da oggi brilla
nel
canone della Messa, ci accompagni nel nostro cammino, egli che fu
dato da
Dio come compagno e aiuto della famiglia nazarena" (1)
. Il culmine di questa traiettoria è l'Esortazione Apostolica di
Giovanni
Paolo II, "Redemptoris Custos", sulla figura e missione
di San Giuseppe
nella vita di Cristo e della Chiesa, del 15 agosto del 1989.
II. - LA TEOLOGIA DI SAN GIUSEPPE
Nella Sacra Scrittura, concretamente nel Vangelo, che è l'anima e
la fonte
dell'autentica e vera teologia, non sono molte le parole su San
Giuseppe,
però sono più che sufficienti per tracciare una scheda teologica
del
Santo, in cui si racchiudono il suo ruolo nella storia della
salvezza e le
sue virtù e grandezze. Concretamente da queste parole la Chiesa,
cioè il
Papa, la liturgia, i santi, i teologi, i predicatori, e il senso
della
fede dei fedeli, hanno tracciato le linee teologiche e spirituali
del
Giuseppe che oggi la stessa Chiesa venera ed esalta.
A) Dati evangelici
Il vangelo insegna chiaramente che Giuseppe è colui che trasmette
a Cristo
la sua ascendenza e genealogia e con lui la discendenza da Abramo
con
tutto ciò che questo significa, e, soprattutto, la discendenza da
Davide e
le promesse del regno messianico e eterno. Questo è il significato
e
l'importanza della genealogia di Giuseppe, sposato con Maria, da
cui nasce
Cristo (Mt 1,1-16).
San Giuseppe nei piani di Dio gioca un ruolo di capitale
importanza; senza
di lui non sarebbe esistito il discendente di Davide, il Messia.
Giuseppe
dà il suo assenso a questa trasmissione. Il Signore gli chiede che
prenda
Maria come sposa, perché nei piani di Dio il Messia doveva nascere
da una
vergine, però sposata, accasata con un uomo giusto; e quest'uomo è
Giuseppe. E Giuseppe con il suo silenzio ha detto sì
all'ambasciata di
Dio, ricevendo Maria nella sua casa. Questo è tutto il valore
capitale
dell'annuncio a Giuseppe (Mt 1, 18-24).
Giuseppe è l'uomo giusto, perfetto e come tale ha operato nel
momento
trascendentale dell'Incarnazione del Verbo, totalmente dedito alla
volontà
di Dio con una fede cieca e assoluta in Lui. Si sposa con Maria
per
volontà di Dio. È un matrimonio preparato dallo Spirito Santo, in
cui solo
lo Spirito Santo interviene in una maniera molto speciale (Mt 1,
19a).
A causa del suo matrimonio con Maria, Giuseppe è padre di Gesù,
padre
verginale. Il vangelo gli dà in pieno il titolo di padre: "Io
e tuo padre
ti stavamo cercando" (Lc 2, 48); perché in tutto il contesto
del racconto
evangelico si comprende facilmente il contenuto della paternità.
Paternità che trova la sua realizzazione materializzata nella
nascita di
Gesù a Betlemme. San Giuseppe pone gli atti previ alla nascita di
Gesù.
Come sposo giusto e fedele porta la madre, prossima al parto a
Betlemme;
le cerca un posto degno tra amici e conoscenti, e, non avendolo
trovato,
si sistema con lei in una stalla per le bestie, aspettando il
santo
avvenimento. Accompagna Maria nel momento di dare alla luce il
figlio che
il cielo ha regalato a loro due, dice Sant'Agostino. Ha portato
già il
frutto del suo matrimonio verginale con Maria; ha visto colmata la
sua
paternità per opera e grazia dello Spirito Santo, accettando che
fosse in
quel modo concreto, in povertà e abbandono del mondo (Lc 2, 4-7).
Giuseppe, come padre, fa circoncidere il bambino appena nato
l'ottavo
giorno e gli impone il nome di Gesù, dato che ciò era un diritto
inerente
alla missione di padre. Così San Giuseppe esercita il suo dominio
sul
figlio, e in qualche modo segna la sua personalità. Al momento di
imporgli
il nome di Gesù lo inserisce, con
tutti i diritti, nella discendenza
davidica. È un atto di dominio e di sapienza, perché il nome
corrisponde
alla sostanza della persona (Lc 2, 21; Mt 1, 20-21.25).
Giuseppe e Maria, secondo San Luca, presentano il bambino Gesù al
tempio
come sacerdote e come sacrificio. Atto che rappresenta il
riconoscimento
dei genitori della speciale consacrazione a Dio di quel bambino
che aveva
ricevuto il nome di Gesù, che significa Salvatore, per una
speciale
ispirazione dell'angelo (Lc 2, 22-24).
In qualità di padre di Gesù, Giuseppe riceve dal cielo l'ordine di
portarlo in Egitto per liberarlo dalle ire sterminatrici di Erode
e di
portarlo indietro, a tempo debito, in Palestina (Mt 2,13-23).
Poiché Giuseppe è padre, Gesù gli obbedisce e gli sta sottomesso
(Lc 2,
51).
I sentimenti di paternità per Gesù sono così forti in Giuseppe che
quando
i pastori cantano le meraviglie della apparizione degli angeli,
suo padre
e sua madre ascoltano meravigliati quello che si dice del bambino
(Lc 2,
33); e quando egli si perde nel tempio, lo cercano per tre giorni
con
grande dolore; "Guarda che tuo padre e io, in pena, ti
stavamo cercando"
(Lc 2, 48).
B) Riflessione teologica
Le parole del vangelo su San Giuseppe sono poche, però sono così
grandi,
così importanti e così dense di contenuti di lode del Santo, che
basta la
ragione, riflettendo su questi dati, per trarre da essi, senza
sforzo, la
sua grandezza singolare ed unica. Da ciò si è elaborata lungo i
secoli
quella che possiamo chiamare la teologia di San Giuseppe, che
riassumiamo
essenzialmente in questi
punti:
1) Giuseppe, sposo di Maria
È, senza dubbio, la prima verità che si evince dalle narrazioni
evangeliche. San Giuseppe è sposato con Maria. Fra loro esiste un
vero
matrimonio, con tutti i diritti e gli obblighi, anche se sigillato
dalla
verginità di entrambi. Un vero matrimonio, ordinato in una maniera
speciale per ricevere ed educare dentro di sé il frutto verginale
di
Maria, Gesù. Per questo è un matrimonio che si forgia e si
realizza per
impulso dello Spirito Santo. Lo Spirito del Signore gioca un ruolo
speciale nella realizzazione di questo matrimonio: la madre di
Gesù doveva
essere una vergine, però una vergine sposata con un uomo giusto
chiamato
Giuseppe; Gesù doveva
nascere in una comunità matrimoniale, però in una
maniera verginale. Un vero matrimonio, unito legittimamente dal
vincolo di
un amore casto con l'esclusione di ogni opera della carne. Un
matrimonio
per cui solo Giuseppe è stato giudicato degno perché solo lui fu
predestinato e preparato dal Signore per questo matrimonio. Un
matrimonio
per salvaguardare la fama di Maria nella sua maternità divina e
per
introdurre il figlio di Dio nel mondo attraverso i canali normali
per cui
entrano tutti gli altri uomini, con l'esclusione della generazione
carnale.
2) Giuseppe, padre di Gesù
Dalla singolarità di questo matrimonio c'è da capire e comprendere
la
paternità di Giuseppe su Gesù. A Giuseppe Dio chiede di accettare
il
matrimonio con Maria, con la prospettiva di ricevere Gesù in
questo mondo,
di introdurlo nello svolgimento della storia della salvezza in
questa fase
terrena: "Giuseppe, non temere di ricevere Maria nella tua
casa, perché
colui che ha concepito è per opera dello Spirito Santo. E Giuseppe
la
ricevette nella sua casa e con lei il frutto nato dal suo ventre.
Per
questo sarà chiamato padre di Gesù. Questo è l'appellativo senza
altre
aggiunte che gli dà il vangelo.
Già dai primi autori che trattano questo tema troviamo il discorso
per
spiegare che Giuseppe è padre di Gesù e in che senso. Maria per
diritto
matrimoniale appartiene a Giuseppe, è come il campo di Giuseppe.
Giuseppe
per il voto di castità rinuncia all'uso di questo diritto su
Maria; in un
certo senso lo cede allo Spirito Santo, che genera in Maria
verginalmente
Gesù. Questi, generato e nato dal corpo di Maria, nel campo di
Giuseppe,
gli appartiene come figlio. Ciò è spiegato per la legge del
levirato: San
Giuseppe sarebbe civilmente morto per il voto di verginità e lo
Spirito
Santo gli avrebbe dato la prole; ed anche per il principio del
diritto,
per cui ciò che nasce in un campo appartiene al proprietario del
campo.
La paternità su Gesù è la grandezza suprema di Giuseppe, da cui
derivano
tutti gli altri privilegi e tutte le altre grazie, giacchè lo
stesso
matrimonio con Maria è divinamente ordinato a questa paternità
unica al
mondo.
I teologi per sviscerare il tema della paternità di Giuseppe su
Gesù e
volendo dare un aggettivo appropriato ed espressivo di questa
realtà,
parlano di una paternità legale, putativa, adottiva, matrimoniale,
verginale, propria. Realmente è unica. È una paternità in cui ci
sono
tutti gli elementi della stessa, ma sublimati, tranne quelli della
generazione carnale. Inoltre, tutti quelli ordinati da Dio
esclusivamente
per una paternità su Gesù. Giuseppe è verginalmente e
matrimonialmente
padre di Gesù. Non solamente la paternità di Giuseppe su Gesù non
demerita
in niente, perché gli manca la
generazione carnale, ma piuttosto, come
scrive S. Agostino, è più fortemente padre, quanto più castamente
è padre.
3) Giuseppe vive la paternità su Gesù
Dio che modella e forma ad uno ad uno i cuori degli uomini (Sal
32, 15),
mise nel cuore di Giuseppe i sentimenti più alti di paternità. Il
cuore di
Giuseppe è modellato singolarmente per mano di Dio con attenzione
a suo
figlio, quando questi s'incarna nel mondo. Non c'è cuore di padre
che si
possa paragonare, per l'amore ai figli, a quello di Giuseppe per
Gesù;
l'amore paterno di Giuseppe eccede ogni misura. Predestinato ad
essere
padre particolare di Gesù, Dio gli diede un amore paterno unico.
Come dice
un autore: "se non fu vero padre naturale di Dio, non fu
perché gli
mancarono la capacità e le doti richieste per questo, ma perché
Dio non
fece scelta di padre sulla terra" (I. Coutiño).
Espressione del suo amore paterno è il comportamento di Giuseppe
nei
confronti di Gesù nell'infanzia e giovinezza. Ai casi ricordati
dal
vangelo, aggiungiamo che Giuseppe come padre educa Gesù in senso
ampio,
insegnandogli le preghiere che ogni fedele israelita recitava ogni
mattina
e quelle che recitava nella comunità del tempio e nella sinagoga,
come lo
Shemà, l'azione di grazia...orazioni che ogni uomo doveva sapere
dall'età
di dodici anni.
Senza dubbio insegnò anche quei passi della Scrittura più
importanti, che
si riferivano alla storia della salvezza del popolo prescelto, i
salmi più
usati, gli insegnamenti dei profeti e dei sapienti.
E, siccome, chi non insegna a suo figlio un lavoro, lo fa
diventare un
ladro, San Giuseppe insegnò a suo figlio il lavoro del falegname.
La vita
di Gesù bambino e adolescente è fortemente marcata dalla
educazione che
gli diede San Giuseppe.
4) Grandezza e santità di San Giuseppe
Dal fatto del matrimonio con Maria, e dal fatto della paternità su
Gesù,
tutti i teologi deducono la grandezza singolare del Santo
Patriarca. È la
sua una grandezza e una santità unica. A nessuno cede in esse se
non è a
Maria. E come lei, anche se in grado inferiore, secondo molti
teologi,
Giuseppe appartiene all'ordine ipostatico, che lo eleva al di
sopra di
tutti gli angeli e i santi.
È una grandezza tale che esige alcuni gradi e altezze di santità
eccezionali, giacché
quando Dio sceglie una persona per un lavoro o
ministero, in misura dello stesso dà i gradi di santità. E non c'è
grandezza che si possa paragonare con quella di essere sposo di
Maria e
padre di Gesù.
Per essere sposo di Maria e trattarsi di un matrimonio preparato e
realizzato da Dio, il Signore lo dotò di un'anima simile a quella
di
Maria, come dice San Bernardo; lo arricchì con una abbondanza di
grazie e
virtù, che sta molto sopra a quelle date agli uomini e agli
angeli. In
ogni matrimonio ben fatto si cerca che ci sia una certa
uguaglianza, tanto
più in quello che fa lo stesso Dio, dove tanto obbliga la ragione.
Per
questo San Giuseppe è vergine, come Maria, ed è giovane quando si
sposa
con lei. Basti pensare alla grandezza, alla santità, alla pienezza
di
grazia di Maria per dedurre la santità e l'abbondanza di grazia di
Giuseppe.
Grazia e santità in cui Giuseppe non cessò di crescere in un modo
rapido e
altissimo per il continuo contatto con Maria e con Gesù, giacché,
secondo
il principio ripetuto molte volte da tutti, tanto più uno
partecipa al
calore del fuoco quanto è più vicino ad esso, e tanto
abbondantemente beve
alla fonte quanto sta vicino ad essa.
Per essere padre di Gesù, si esige che abbia una santità degna di
tale
compito e ministero. Tutte le prerogative di santità e virtù di
San
Giuseppe hanno la loro origine e spiegazione nella grandezza della
sua
paternità su Gesù. Il fatto di essere questa l'ufficio e il
ministero di
maggior altezza nella chiesa, colloca San Giuseppe immediatamente
sul
trono di Dio. La sua santità e le virtù sono enormemente superiori
a
quelle di tutti i santi angeli. Dio Padre mise in lui
generosamente tutte
le virtù e i doni, anche quelli che sembrano contradditori, come
verginità
e matrimonio...Mentre ad altri santi distribuisce i doni, ad
alcuni
alcuni, ad altri altri, a San Giuseppe li diede tutti, gli diede
il buono
e il migliore e senza misura.
5) Privilegi di San Giuseppe
I teologi non solo deducono dai dati evangelici la santità e le
virtù
singolari di San Giuseppe per la sua condizione di sposo di Maria
e padre
verginale di Gesù, ma portano più in là la forza del loro
ragionamento e
predicano del Santo una serie di privilegi simili a quelli di
Maria.
6) Potere d'intercessione di San Giuseppe
Il potere d'intercessione di San Giuseppe è unico, dopo quello di
Maria.
Le ragioni teologiche della stessa le raccolse S. Teresa nel suo
panegirico giuseppino del capitolo 6 della Vita: perché è padre di
Gesù e
sposo di Maria. Se San Giuseppe comandava a Gesù come a figlio in
terra,
ed egli gli obbediva, come a figlio egli continua a comandargli in
cielo;
le sue richieste sono comandi. Come dice Giovanni Gerson: San
Giuseppe non
chiede, comanda; non prega, ordina; perché la richiesta del marito
alla
moglie e del padre al figlio si considera un comando.
Questo potere d'intercessione non è solo in alcune necessità ma in
tutte,
poiché si tratta del potere davanti a Gesù, dal quale tutto
dipende. E
Santo potente non solo per alcuni ma per tutti, per tutta la
Chiesa, che
crede e confida in questo potere. Questa fede fu espressa da Pio
IX quando
dichiarò San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale l' 8
dicembre del
1870. E anche se la festa fu soppressa più tardi a livello di
chiesa
universale, è comunque sempre vero che San Giuseppe è patrono e
protettore
particolare della Chiesa, giacché come padre della stessa, dato
che è
padre di Gesù, Capo di
questa Chiesa, gli corrisponde questo patronato e
questa protezione, proporzionalmente a come corrisponde a Maria,
per
essere Madre della Chiesa, il titolo di Patrona e Protettrice
della
stessa.
III. - SAN GIUSEPPE NEL CARMELO PRIMA DI SANTA TERESA
San Giuseppe nel Carmelo entra già dalle origini dell'Ordine. Non
è un
caso che il Carmelo sia stato un fiore piantato, nato e cresciuto
in
Palestina, terra di Giuseppe. Il Carmelo nasce cullato da Maria e
da
Giuseppe. Dalle sue origini si spargono forti aromi giuseppini
assieme a
quelli mariani. E se non è certo quello che fu scritto, che
"quando i
carmelitani, fuggendo dalla persecuzione d'oriente, si rifugiarono
in
occidente, ci portarono la festa di San Giuseppe"(2)
, è innegabile che la devozione a San Giuseppe, a livello
personale e
locale, si viveva fin dalla venuta dei carmelitani in Europa,
anche se la
festa del santo Patriarca, a livello di Ordine, non appare sino
alla
seconda metà del XV secolo. C'è la particolarità del fatto che i
carmelitani nella Chiesa latina composero un ufficio interamente
proprio
in onore a San Giuseppe, che appare nel breviario stampato a
Bruxelles nel
1580 e nei seguenti. Ed è sicuramente ciò che leggeva la Santa
Madre
durante la festa di San Giuseppe. Significa che i carmelitani da
quando
cominciarono ad onorare San Giuseppe, lo fecero con tanto ardore e
fede
che non si incontrano precedenti uguali nella storia giuseppina.
"Quest'ufficio non è solamente il primo monumento elevato
nella Chiesa
latina alla gloria di San Giuseppe, ma anche, sicuramente, è il
cantico
più bello che mai gli fu consacrato. Tutte la sue parti, dalla
prima
antifona fino all'ultima, ci rappresentano il Santo in tutto lo
splendore
della sua gloria"(3)
.Cosa si cantava e celebrava in questa festività di San Giuseppe
del 19
marzo? La verginità di Giuseppe, al quale Dio affida la verginità
della
Madre di suo figlio, e con il quale la sposa, per celare al
diavolo il
mistero dell'Incarnazione, e perché fosse testimone e custode
della
verginità di Maria, difendendola da ogni sospetto d'infamia.
Il matrimonio realizzato da Dio è un matrimonio verginale, legato
non da
una unione carnale ma da un amore virtuoso; un matrimonio felice
per la
fede e la prole benedetta in cui Giuseppe è padre putativo, padre
vergine
e, come Maria, senza peccato. Maria e Giuseppe infatti vivevano
con
sollecitudine coniugale e mutuo servizio e con eguale dedizione al
figlio.
San Giuseppe è colui che riceve il mistero dell'Incarnazione, a
cui
l'Angelo, inviato da Dio, fa
conoscere il mistero della salvezza umana, e
che tiene i regni della vita.
Questa teologia è ciò che leggeva e meditava Santa Teresa nella
festa di
San Giuseppe, mentre viveva nel monastero della Incarnazione, dove
consta
che la devozione a San Giuseppe era molto radicata, e che,
riassunta e
fatta esperienza singolare, ha sparso nella sua Vita.
IV. RELAZIONI DI SANTA TERESA CON SAN GIUSEPPE
Poche persone nella storia degli uomini sono state così dotate per
avere
relazioni con gli altri come Santa Teresa. La santa era fatta per
l'amicizia aperta e generosa, per una vita di relazioni sociali e
spirituali ampie e varie. Di fatto nel campo carmelitano, dal Generale
in
giù, ebbe relazioni con tanti frati e monache.
Lo stesso le accade con i santi del cielo. Santa Teresa non è
persona di
un solo santo o di pochi. Al contrario sono molti di cui lei si
confessa
devota. La lista dei santi della sua devozione particolare, con a
capo San
Giuseppe, trovata nel suo breviario, registra la bellezza di 34 (e
non è
completa); tra loro stanno i Patriarchi, le undicimila vergini, i
Santi
dell'Ordine, gli Angeli.
Molti santi, però uno particolare, non solo per essere il primo
della
lista, ma a causa delle sue esperienze spirituali speciali con
lui: questo
è San Giuseppe.
a) Devozione ed esperienza giuseppina
Ciò che Santa Teresa ci insegna su San Giuseppe nella storia della
salvezza della sua anima, è l'espressione di una devozione
sentita,
profonda e sincera, al santo Patriarca, fatta esperienza,
esperienza
profonda, intimissima e prolungata per molti anni. Non parla di
ciò che
apprese nei libri, di ciò che dovette leggere su San Giuseppe, né
di ciò
che ascoltò nelle prediche che sentiva, almeno ogni anno quando
cercava di
celebrare la sua festa con tutta la solennità che poteva (Vita 6,
7), e in
altre occasioni. Ella parla dall'esperienza personale di San
Giuseppe che
interviene nella sua vita e nella sua anima. Non dice niente che
non
sappia per esperienza. È per questo che si converte in un apostolo
singolare della devozione al Santo.
La devozione della Santa a San Giuseppe, fatta esperienza, appare
chiara
dalla sua entrata all'Incarnazione. E si forgia già da quando è
bambina.
"Con la cura che mia madre aveva di farci pregare e di essere
devoti di
Nostra Signora e di alcuni santi" (Vita 1, 1). E per la Santa
non si può
pensare alla Vergine senza vedere al suo lato San Giuseppe. È
certo che,
dalla sua entrata all'Incarnazione, questa devozione appare
vigorosa, viva
e proselitista. Una devozione, fatta esperienza, che è sintesi di
affetto,
abbandono, venerazione, fiducia, amore, che la porta a
raccomandarsi molte
volte a San Giuseppe. E il risultato di questa attitudine
molteplice,
vissuta giorno per giorno e con più intensità in momenti di
necessità
spirituale e corporale, è che ella s'accorge di avere scelto un
santo
pieno di bontà e di potere: esperimenta che ha relazione con un
padre e
signore. Vide chiaro, ebbe per esperienza, come altre persone
avevano pure
per esperienza, a chi lei lo raccomandava, il benefico e
universale aiuto
col quale San Giuseppe la contraccambiava, dandole molto più bene
di
quanto lei chiedeva. Si tratta non di un'esperienza soprannaturale
o
mistica, ma di un convincimento totale che parte dalla fede
sincera e
dall'amore fiducioso, che ciò che ha ricevuto nelle necessità
d'anima e di
corpo sono grazie dispensate da San Giuseppe, tenendo conto della
sua
totale fiducia e dell'abbandono pieno di speranza con cui si è
raccomandata. Da qui nasce la tipica gratitudine della Santa: fa
proselitismo e conquista molti devoti per San Giuseppe: "Ci
sono molti che
sono devoti di nuovo... io dicevo che si raccomandassero a
lui..." e
celebra la sua festa con tutta solennità.
b) Esperienza soprannaturale e mistica
La lunga esperienza della devozione a San Giuseppe, con il tempo
si matura
e si trasforma in una esperienza soprannaturale, senza perdere il
suo
carattere abituale di esperienza a livello di grazia ordinaria,
anche se
molto forte. Questo successe quando la Santa cominciò ad avere un
nuovo
modo di sperimentare le realtà soprannaturali. Anche la devozione
a San
Giuseppe rimane toccata soavemente e fortemente da questi eventi
mistici
che sono entrati nella sua anima. In questa linea si sviluppò in
modo
molto forte la devozione della Santa a San Giuseppe, e le esperienze
concrete di questa devozione mistica appariranno in momenti
concreti e
speciali della sua vita.
La devozione a San Giuseppe nel Carmelo teresiano va
essenzialmente unita
a Santa Teresa. È uno dei legati più ricchi e caratteristici che
la Santa
lasciò ai sui figli. E lo fece in forza di questa esperienza e
come frutto
maturo della stessa. Una eredità validissima. Sperimentando San
Giuseppe
come fondatore della Riforma, nella sua opera di fondatrice, lo
associa
essenzialmente alla stessa. Non si comprende il Carmelo teresiano
senza
San Giuseppe, senza l'esperienza giuseppina della Santa. Le parole
di
padre Graziano, il grande confidente della Madre Teresa per tanto
tempo, e
suo superiore per tanti anni, sono chiare: "...e per questa
causa, come
scrive il dottor Ribera, mise sopra la portineria di tutti i suoi
monasteri che fondò Nostra Signora e il glorioso San Giuseppe; e
in tutte
le fondazioni portava con sé una statua di questo glorioso santo,
che
adesso sta ad Avila, chiamandolo fondatore di questo Ordine.
Quelli che professano questa regola di carmelitani scalzi
riconoscono come
fondatore di questa riforma il glorioso San Giuseppe, con la cui
devozione
la fondò la Madre Teresa, così come tutto l'Ordine del Carmelo
riconosce
per fondatrice la sacratissima Vergine Maria"(4).
Di fatto la fondazione del primo monastero non si spiega realmente
senza
la presenza e l'aiuto di San Giuseppe. Il primo convento del
Carmelo
teresiano viene fondato in un ambiente bagnato dal soprannaturale,
così
come intendeva la Santa il soprannaturale, ambiente in cui gioca
un ruolo
di primaria importanza il glorioso San Giuseppe. Come dice il
padre
Graziano, estendendo questa importanza capitale del santo a tutti
gli
altri conventi: "allo stesso modo che il glorioso San
Giuseppe fece il
miracolo nella costruzione di questo monastero (di San Giuseppe),
potrei
raccontare di molti altri, sia di frati che di monache, che sembra
impossibile d'averli edificati se questo glorioso Santo non avesse
messo
le mani in questi fabbricati" (5) Così un giorno, dopo di
aver fatto la
comunione, sente molte promesse e cioè che non si cesserebbe di
fare il
monastero e che si servirebbe molto in esso e che si chiamerebbe
San
Giuseppe, e che ad una porta ci custodirebbe lui e all'altra
nostra
Signora, e che Cristo andrebbe con noi" (Vita 32, 11).
Messasi già
nell'edificazione del monastero, Santa Teresa si trova circondata
da tutte
le parti, senza soldi né dove ottenerli, né per il Breve e nè per
niente.
In questa situazione senza uscita
viene in modo sovrannaturale in suo
aiuto San Giuseppe; lei si era molto raccomandata a lui: "e
il Signore, in
modi che meravigliavano quelli che udivano ciò, mi aiutò"
(Vita 33, 12).
Le portarono per mano di suo padre e signore San Giuseppe, per
mezzo di
suo fratello Lorenzo più di duecento ducati.
In quegli stessi giorni, stando Santa Teresa nella chiesa dei
domenicani,
riceve la grazia mistica della vestizione di una stoffa bianchissima
e
chiarissima. La vestono Nostra Signora, di grandissima bellezza,
che vede
al lato destro, e suo padre San Giuseppe, che vede al lato
sinistro,
facendole capire che già è esente dai suoi peccati.
In questo ambiente circondato dal soprannaturale venne eretto
ufficialmente il monastero di San Giuseppe il 24 agosto 1562. La
Santa
Madre Teresa sperimenta una grande contentezza per aver fatto ciò
che il
Signore le aveva comandato e perché c'è un'altra chiesa in più in
questo
luogo, e precisamente del mio glorioso padre San Giuseppe, che
prima non
c'era (Vita 36,8). La manifestazione di questa forte esperienza
nella
fondazione del primo monastero è una scultura di San Giuseppe, vestita,
con un cappello in mano e il bastone fiorito, messa sopra la porta
della
chiesa e una tela del santo sull'altare maggiore.
L'esperienza soprannaturale di San Giuseppe nella fondazione del
primo
monastero è per Teresa un punto culminante nel percorso di quelle
esperienze di suo padre e signore San Giuseppe, che comincia con
la cura
miracolosa della sua gravissima infermità, e che segna un momento
fondamentale e decisivo nei suoi rapporti con il Santo Patriarca,
in cui
lei sperimenta -"vidi chiaro"- come padre e signore
onnipotente in tutte
le necessità. L'esperienza giuseppina non verrà meno lungo tutta
la sua
vita. La sua esistenza si sviluppa sotto il segno di San Giuseppe.
Elisabetta della Croce, nella sua deposizione per la
beatificazione della
Santa nel processo di Salamanca, la esprime con questi termini:
"Era
particolarmente devota a San Giuseppe e ho sentito dire che le
apparì
molte volte e camminava al suo
lato"(6)
. Ci sono molti dati e momenti nella sua vita in cui sente questa
esperienza di San Giuseppe, oltre a quelli già citati. Basta
raccogliere
questi tre. Un giorno mentre faceva la comunione, aveva visto che
il
benedetto San Giuseppe da una parte e Lorenzo de Cepeda, suo
fratello,
dall'altra, illuminavano il Santissimo Sacramento. Così lo
racconta a suo
nipote Francesco, figlio di Lorenzo(7). Petronilla Battista parla
di
un'estasi molto forte che accadde nel
giorno del beato San Giuseppe,
mentre la Santa stava ascoltando messa presso la grata del coro di
San
Giuseppe di Avila(8).
Non è da sminuire, perché conosciuto, il fatto dell'apparizione di
San
Giuseppe quando stavano andando a Beas de Segura, per una nuova
fondazione
in quella città. Lo racconta Anna di Gesù (Lobera), testimone del
fatto
come una delle otto religiose che accompagnavano la Madre in
questa
fondazione.
c) Forme espressive della devozione e dell'esperienza di San
Giuseppe
Poiché la bocca parla dell'abbondanza del cuore, l'abbondanza
della
devozione e dell'esperienza giuseppina della Santa si rende
visibile in
una serie di manifestazioni esterne. E non importa che la
devozione e
l'esperienza di San Giuseppe raggiunga quote soprannaturali molto
alte.
L'altezza di queste esperienze soprannaturali non fecero perdere
alla
Santa il contatto con la terra e la realtà di ogni giorno. Così
vediamo
che, mentre l'esperienza di San Giuseppe si vive nel più profondo
dello
spirito, nel centro dell'anima, le forme devozionali per esprimere
la
stessa sono le più semplici ed elementari, e le più tradizionali e
comuni.
Per Santa Teresa i mezzi ordinari della devozione di quel tempo
continuano
ad essere fonte di pietà, di amore, di gratitudine, e mezzi per
esprimere
la sua religiosità verso suo padre e signore San Giuseppe.
1) Titoli dei suoi monasteri
Per la Santa Madre, i conventi che fonda, a immagine del primo,
sono case
di San Giuseppe. Per questo procura che la maggior parte di essi
porti il
nome e titolo di San Giuseppe. Dei diciassette colombai della
Vergine,
fondati dalla Santa, undici stanno sotto il titolo di San
Giuseppe: Avila
(1562), Medina del Campo (1567), Malagón (1568), Toledo (1569),
Salamanca
(1570), Segovia (1574), Beas de Segura (1575), Siviglia (1576),
Caravaca
(1576), Palencia (1580), Burgos (1582). Con questa particolarità,
che a
partire dalla fondazione di Beas, San Giuseppe viene associato
ingegnosamente ad altri titoli.
2) Immagini di San Giuseppe nelle sue fondazioni
Se non tutte le fondazioni della
Santa Madre portano il titolo di San
Giuseppe, non c'è nessuna dove non ci sia un'immagine del Santo
che
presieda e protegga la comunità. È un'ulteriore manifestazione più
della
sua devozione ed esperienza giuseppina il diffondere nei conventi
le
immagini di San Giuseppe, la maggior parte delle quali ancora si
conserva.
È da notare, a questo riguardo, il dato che portava con sé in
tutte le
fondazioni, una statua di San Giuseppe, che riceveva il titolo di
"San
Giuseppe del patrocinio. Quando il padre Pietro Fernández, la
nominò
priora del convento dell'Incarnazione nel 1571, ed ella seppe del
terribile rifiuto della maggioranza delle monache a riceverla,
portò con
sé questa statua e il giorno della presa di possesso, mentre
collocava
sulla sedia della priora l'immagine della Vergine, metteva quella
di San
Giuseppe sulla sedia della sottopriora. Questa immagine poi le parlerà
e
le dirà tutto ciò che le monache facevano, per questo fu chiamata
il
Chiaccherone; e per tanto parlare rimase con la bocca
miracolosamente
aperta(9).
Nella fondazione di Burgos, il medico Antonio Aguiar, amico di P.
Graziano, fa notare come,
non avendo trovato un'immagine del Santo,
racconciava per mano di un pittore un santo antico perché
rappresentasse
San Giuseppe. Siccome non vuole che in nessuno dei suoi conventi
manchi
per molto tempo l'immagine di San Giuseppe, sono le case di suo
padre e
signore, ricorda Diego de Ortis, fondatore del convento di
Toledo, "di
non trascurare troppo di porre il mio signore San Giuseppe alla
porta
della Chiesa"(10) .
3) Celebrazione delle feste di San Giuseppe
Una delle manifestazioni più autentiche di vera devozione ad un
santo, è
la celebrazione liturgica delle sue feste. La Santa non solo
celebrava la
festa di San Giuseppe; la solennizzava. Lo dice lei stessa:
"Io procuravo
di celebrare la sua festa, con tutta la solennità che potevo"
(Vita 6,7).
Questa abitudine di celebrare la festa di San Giuseppe con tutta
la
solennità, con musica e predica, con suoni di campane, bellezza di
fiori,
e nubi profumate di incenso e di mirra - perché così si celebrava
la festa
di San Giuseppe nelle chiese dell'Ordine, secondo il beato Giovan
Battista
il Mantovano -(21), la Santa l'iniziò nel monastero
dell'Incarnazione e la
mantenne per tutti gli anni che visse in quel monastero; la
riprese quando
tornò da priora, e la celebrava nel convento in cui era per la
festa del
Santo Patriarca. È uno dei dati più testimoniati nei detti per la
sua
Beatificazione e Canonizzazione.
Nelle Costituzioni la Santa Madre prescrive che "le Domeniche
e i giorni
di festa si canti Messa, Vesperi e Mattutino. I primi giorni di
Pasqua e
gli altri giorni di solennità si potranno cantare le Lodi, in
particolare
il giorno del glorioso San Giuseppe" (Costit. n° 2).
Sono eloquenti, a questo riguardo, i festeggiamenti di carattere
mariano-giuseppino che organizzava nelle solennità liturgiche, come
la
Natività, in cui disponeva la processione con le immagini della
Vergine e
di San Giuseppe, di cui era devotissima, aggiunge Elisabetta
Battista, che
descrive la scena, e lui che chiede un rifugio per la Vergine
incinta.
4) Il capitolo 6 della Vita, panegirico a San Giuseppe
Il capitolo 6 della Vita della santa, il libro delle misericordie
del
Signore per lei, è un panegirico breve ma denso a San Giuseppe. Mi
soffermo unicamente su un punto o aspetto di questo panegirico:
d) Le anime di orazione devono essere devote a San Giuseppe
"In particolare le persone di orazione dovrebbero essergli
sempre
affezionate ...chi non avesse un maestro che gli insegni
l'orazione,
prenda questo glorioso santo per maestro e non sbaglierà nel
cammino"
(Vita 6,8).
Per la Santa coloro che si dedicano all'orazione formano una
categoria
speciale nella Chiesa di Dio, sono i servi dell'amore (VII, 1); ad
essa
appartengono le sue figlie, le carmelitane scalze. Per queste San
Giuseppe
è un consumato maestro.
L'orazione mentale, secondo Santa Teresa, è un trattare d'
amicizia,
stando molte volte trattando da soli con chi sappiamo che ci ama
(Vita
8,5), cioè con Gesù umanato.
Il cammino dell'orazione deve portarci ad incontrare e vivere in
compagnia
di Gesù. Da qui l'esortazione della Santa: "Quale orazione
migliore di
quella dello stesso Maestro che insegnò l'orazione che andate a
fare?
Presentatevi allo stesso Signore unito a voi e guardate con che
amore e
umiltà ci sta insegnando; e credetemi, mentre potrete, non state
senza un
così buon amico. ...Pensate che è poco un così buono amico al
fianco?" (C
26,1).
La Santa, convinta dalla propria esperienza, che l'orazione è
tanto più
autentica e santificatrice quanto è un incontro più intimo con
Gesù, un
incontro in cui l'anima "gli sta parlando e deliziandosi con
lui" (Vita
13,11), esorta ardentemente e
amorosamente ad occuparsi di Lui. Che
l'anima "guardi che (il Signore) la guarda e l'accompagni e
parli e chieda
e si umili e si delizi con lui, e si ricordi che non meritava di
stare
lì...". Questo modo di pregare teresiano e in compagnia e
intimità con
Gesù umanato dà molti benefici e deve svilupparsi nelle sue
diverse tappe.
Se questa è la preghiera per la Santa Madre Teresa, si comprende
che
proponga San Giuseppe Maestro insuperabile in questo cammino. La
vita di
san Giuseppe, la sua vocazione, la sua missione, la sua
predestinazione,
stanno totalmente nella prospettiva della compagnia di Gesù e si
concretizzano nello stargli sempre a fianco, parlargli, deliziarsi
con
lui, chiedergli e servirlo. Tutta la ragione della sua esistenza è
la vita
con Gesù e per Gesù. La vita di Giuseppe ha la sua ragione di
essere
solamente in Gesù: riceverlo e accoglierlo nel seno di sua Madre,
dargli
il nome, averne cura e vegliare su di lui, alimentarlo,
insegnargli,
vivere in sua compagnia e intimità. Chi potrà comprendere
l'intimità dolce
e soave, gioiosa e dolorosa, che visse con Gesù? Chi potrà scorgere
i
gradi del rapporto d'amicizia che si sviluppò tra loro e con
Maria?
Se nella preghiera, come rapporto di amicizia con Cristo, è
essenziale
ascoltare la parola di Gesù, scorgere le verità, San Giuseppe
ascoltò
assorto molte volte le parole di suo figlio Gesù, che penetravano
profondamente nel suo cuore. Se agli apostoli, per essere suoi
amici (Gv
15, 15), Gesù svela i suoi segreti, che segreti e verità non avrà
rivelato
a suo padre San Giuseppe? E come lui avrà ascoltato le parole,
piene di
vita e di calore di Gesù! Con che docilità le avrà assimilate, con
che
amore le avrà poste e meditate nel suo cuore! Che conversazioni
avranno
avuto fra di loro!
Tutta la vita di San Giuseppe fu preghiera, perché fu una vita in
compagnia di Gesù, di intimità e familiarità con Lui. Nessuno
visse mai e
meglio di lui questa preghiera dato che per tanto tempo ebbe
rapporti con
Gesù e Maria in comunione e comunicazione autentica, unica di
amicizia e
d'amore.
Per questo nel Carmelo teresiano San Giuseppe è stato maestro di
orazione.
Sono innumerevoli le anime che hanno incontrato in lui il maestro
e la
guida del proprio cammino di preghiera, e alcune sono arrivate ad
una vera
esperienza soprannaturale e mistica di Lui, come la Santa Madre.
V. DIFFUSIONE GIUSEPPINA DA SANTA TERESA
Ciò che la Santa scrive sulla sua personale e particolare
esperienza
giuseppina, così semplicemente e vitalmente espresso, ha una
finalità:
diffonderla agli altri. Vuole che tutti siano devoti di San
Giuseppe e si
raccomandino a lui. E lo ha ottenuto pienamente. Non è possibile
leggere
le pagine nelle quali la Santa
descrive le sue esperienze giuseppine e
rimanere indifferenti. Santa Teresa, le cui parole su San Giuseppe
sono
contenute in pochissime pagine, si è convertita in un apostolo di
prima
grandezza del Santo per la naturalezza, il calore e l'amore con
cui le
scrive. Per quello che scrive sul Santo, per l'esposizione della
sua
esperienza soprannaturale e per essa, anche se breve, Santa Teresa
entra
nel catalogo dei grandi apostoli giuseppini e per ciò che fece
della sua
opera fondazionale. E questo non solo per il Carmelo teresiano ma
anche
per la Chiesa universale. Il P. Graziano nella sua opera
Giuseppina, cita
quasi tutti i luoghi in cui la Santa parla di San Giuseppe(11) .
E, dopo
di lui, la maggior parte degli autori carmelitani quando si
presenta
l'occasione. I predicatori del XVII secolo, in gran numero, citano
le
parole del capitolo 6° della Vita, allineandola con Gersón e
Isidoro de
Isolanis. Santa Teresa
entra nel catalogo dei grandi apostoli e
propagatori della devozione a San Giuseppe. Possiamo applicare a
questo
aspetto concreto quello che la santa dice che le promise il
Signore per la
sua prima casetta di San Giuseppe, che "sarebbe stata una
stella che
darebbe così grande splendore" (Vita 32, 11). San Giuseppe
d'Avila, la
casa di San Giuseppe, ha acceso nel cielo della chiesa molte
stelle di
devozione e amore al Santo Patriarca, e continua e continuerà a
illuminarle.
Come dice un autore francese, Lucot: "I papi incontrarono un
aiuto
poderoso per la propagazione del culto del nostro Santo nella
celebre
Riformatrice del Carmelo. Gerson aveva fatto molto per lui, Teresa
fece
mille volte di più per se stessa, per i religiosi della sua
riforma e le
religiose del suo Carmelo. San Giuseppe le è debitore,
soprattutto, della
sua gloria in terra"(12).
Nel Carmelo teresiano
Che la fondazione di San Giuseppe avesse un notevole segno
apostolico
giuseppino per il Carmelo stesso è chiaro. In esso si servirebbe
molto San
Giuseppe. Così lo hanno compreso e interpretato gli autori carmelitani.
Il
padre Giovanni dell'Annunciazione, Generale della Congregazione di
Spagna,
scrivendo la storia della fondazione di San Giuseppe di Avila,
scrive: "Si
pose il Santissimo Sacramento; si dedicò la Chiesa a nostro Padre
San
Giuseppe, che per quel
principio è patrono e protettore della nostra
Riforma... Il convento di San Giuseppe di Avila è il principio e
la casa
avíta di tutti i conventi degli scalzi, e principio e casa avíta
della
devozione giuseppina degli stessi"(13).
Valga a conferma di come la devozione a San Giuseppe penetrò
nell'anima e
nella vita degli scalzi il fatto d'intitolare tanti conventi con
il nome
di San Giuseppe, seguendo in questo l'esempio della Santa Madre.
Nel 1699
esistono nel mondo 321 conventi di frati carmelitani scalzi, senza
contare
gli ospizi. Di essi, 73 portano il titolo di san Giuseppe. E ce ne
sono
180 di monache dell'Ordine e fra questi 57 sono sotto il titolo di
San
Giuseppe.
Più importanti dei conventi materiali con i loro titoli, sono i
conventi
spirituali e vivi delle anime. E questi conventi viventi respirano
sotto
il segno di San Giuseppe. San Giuseppe ha occupato e continua ad
occupare
un posto di preferenza in
essi. Abitudini devozionali giuseppine,
introdotte dalla Santa Madre, continuano ad essere celebrate
ancora, come
espressione di una devozione genuina, nei carmeli teresiani, e
altre che
sono state introdotte, ispirate da esse (14). I carmeli teresiani
dalla
loro solitudine, clausura e silenzio, sono focolari di caldo amore
e
devozione sentita a San Giuseppe, che riscaldano nella Chiesa,
fuochi
potenti di devozione profonda verso il Santo, che spargono i loro
bagliori
nella comunità ecclesiale. Sarebbe interessante raccogliere le
esperienze
giuseppine che si registrano nei carmeli della Madre Teresa, dove
San
Giuseppe tiene in ogni carmelitana una vera devota e propagandista,
perché
vive autenticamente il carisma teresiano. A loro si possono
applicare
particolarmente queste parole: "Se, come dicono i curiosi
investigatori
dei segreti della natura, i figli rassomigliano alle madri",
a nessuno
sembrerà paradossale ciò che confidenzialmente dirò: che l'essere
figlio
di Santa Teresa e devoto di San Giuseppe, essere carmelitano e
difendere e
propugnare la gloria del Santissimo Sposo della Vergine
Santissima, sono
concetti sinonimi e qualità a tal punto corrispondenti e
mutuamente unite,
che non si può né si deve dare l'una senza l'altra(15).
Alcune pagine gloriose
Lungo la sua storia il Carmelo teresiano, sia femminile che
maschile, ha
scritto pagine gloriose di devozione a San Giuseppe. San Giuseppe
è stato
sempre e continua ad essere il Padre, il Protettore, il Patrono,
il
Signore, nostro Padre e Signore San Giuseppe. L'esperienza della
Santa
Madre continua a vivere nella nostra vita e nella nostra storia e
l'appello che io vorrei rivolgere a tutti è quello di essere
devoti di
questo glorioso santo, perché questo appello ha sempre trovato
un'eco e
un'accoglienza nel cuore di ogni figlio del Carmelo.
Queste pagine o figure gloriose così numerose, in modo molto
ridotto e qui
riassunto, sono le seguenti:
Anna di San Bartolomeo, la fedele infermiera della Santa, che si
gloria
del fatto che a causa della Santa Madre, San Giuseppe sia più
conosciuto
in Spagna dove "quasi non lo conoscevano". Collabora con
Anna di Gesù
(Lobera) diffondendo largamente la devozione giuseppina nei Paesi
Bassi,
che risulta così feconda.
La Beata Maria di Gesù, l'avvocatina di Santa Teresa, che vede in
visione
la Santa Madre con San Giuseppe e che, essendo Priora di Toledo,
raccomanda alle sue figlie la devozione a San Giuseppe, lo Sposo
benedetto
di Maria, che Dio ha costituito protettore speciale della castità.
Non
lascia passare giorno senza recitargli i sette dolori e gioie; gli
dedica
il mercoledì di ogni settimana e il 19 di ogni mese; medita con
frequenza
gli episodi principali della sua vita e particolarmente
l'immensità
dell'amore con cui il Santo Patriarca amava Gesù.
Santa Teresa del Bambino Gesù, che fin dall'infanzia ha sentito
verso San
Giuseppe una grande devozione che si confondeva con l'amore verso
la
Vergine Santissima, e tutti i giorni gli recitava la preghiera:
Oh!
Giuseppe, padre e protettore delle vergini...! Quando inizia il
pellegrinaggio a Roma, lo prega che vegli per lei; quando visita
Loreto
sente un'emozione profonda a calpestare lo stesso suolo che San
Giuseppe
aveva rigato con il suo sudore. Già nel Carmelo dedica una poesia
a San
Giuseppe, canta la sua vita umile e al servizio di Gesù e Maria;
lo
contempla nella sua vita semplice e dura di lavoro; gli offre i piatti
forti del pranzo ed esclama come sintesi di tutta la sua
devozione: "Oh!
il buon San Giuseppe; Oh! quanto lo amo!". E in cielo vedrà e
canterà la
sua gloria.
Chiara Maria della Passione, Maria di San Giuseppe, Anna di Gesù
(Lobera),
Elisabetta di San Domenico, Beatrice di Gesù (Ovalle), Teresa di
Gesù,
Cecilia di San Giuseppe, Gabriella di San Giuseppe, Feliciana di
San
Giuseppe, Maria dell'Incarnazione, la Beata Maria degli Angeli,
Anna di
Sant'Agostino, la Beata Elisabetta della Trinità e tante altre
carmelitane, in cui si è fatta realtà la parola della Santa, sono
persone
devote a San Giuseppe e sperimentano questa verità (Vita 6,6).
Accanto a queste pagine scritte o di storia, piene di gloria per
San
Giuseppe, ce ne sono altre innumerevoli che sono rimaste
consegnate nel
libro della vita e che non sono meno gloriose.
VI. CONCLUSIONI
Non è possibile lasciare in disparte San Giuseppe nella vita della
carmelitana, quando lo Spirito ha parlato così forte nella Chiesa,
e più
concretamente nel Carmelo Teresiano sulla presenza del ruolo del
glorioso
San Giuseppe nella storia della salvezza e di ognuno dei salvati.
Sarebbe
tradire Santa Teresa che segue un uomo così insigne gridandoci di
essere
devoti a suo padre e signore San Giuseppe e di raccomandarci a
lui, in
modo particolare noi persone di orazione. Le le sue parole, frutto
di
esperienza e di affetto, risultano oggi di una attualità perenne.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., San Giuseppe e Santa
Teresa. Est. Jos. 18 (1964) 233-842.
È una collezione di 17 articoli;
simile ad una enciclopedia
giuseppino-carmelitana.
AA. VV., Rivista di Vita
Spirituale, 15 (1961) 244-479.
Numero dedicato a San Giuseppe con
sette articoli, testi del Papa, e
testimonianze di Santa Teresa, di
Padre Graziano e di Giuseppe Antonio di
Sant'Alberto.
Leone di San Gioacchino, Il culto
di San Giuseppe e l'Ordine del Carmelo,
Barcellona, 1905.
Per maggior informazione
bibliografica vedi
AMANZIO DI MARIA, Bibliografia
giuseppina della riforma teresiana. Est.
Jos. 18 (1964) 807-822.
_______________________________________
1. AAS 55 (1963) 41. In
questi stessi sentimenti abbonda Paolo VI nel suo
discorso di
apertura della seconda sessione del Concilio: "Ci assistano
tutti gli
angeli e i santi... e in una maniera particolarissima San
Giuseppe
che in questa sede è stato dichiarato Patrono di questo
Concilio". AAS 55 (1963) 859; cfr. AAS 56 (1964) 1013.
2. LEONE DI
SAN GIOACCHINO, Il culto di San Giuseppe e l'Ordine del
Carmelo,
Barcellona, 1905, c. 2, p.48.
3. LEONE,
op. cit. p.72. Questo ufficio con le sue nove lezioni dei tre
notturni,
le sue antifone e i responsori può essere trovato in Bartolomeo
Ma Xiberta,
Fiori giuseppini e la liturgia carmelitana antica, Est. Jos.
18 (1964)
301-319. Le letture sono tratte da Pietro de Ailly.
4.
Giuseppina, 1.5, c.4, BMC 16,476.
5. Ibidem,
p. 476.
6. BMC 18,
31; cfr. 18,36. Giustamente l'espressione che usa significa la
presenza
continua di Cristo: sentendolo "sempre al lato destro, lo sentivo
molto
chiaramente" (V 27, 2).
7. Detto di
Beatrice de Mendoza nel processo di Madrid, BMC 18, 396.
8. Detto
nel processo di Avila, BMC 19, 582.
9. Detto
nel Processo di Burgos, BMC 20, 428.
10. Lettera
5.2.1571.
11.
Giuseppina, 1.5, c.4, BMC 16, 475-477.
12. LUCOT,
San Giuseppe, Studio storico sul suo culto, Parigi 1875, p. 53.
13.
Prontuario del Carmelo, t.2; dial.11, p. 497, Madrid, 1699.
14.
Carrasco, Presenza di San Giuseppe nei conventi fondati direttamente
dalla Madre
Teresa, Est. Jos. 18 (1964) 739-767.
15. Arnaldo
Di San Pietro e San Paolo, Solitarius loquens, I, Leodii,
1968, cfr.
1, p. 126.
|