«TU LO CHIAMERAI GESÙ»
di Orsola
Bertolotto
[da: AA.VV., San Giuseppe: sposo - padre - educatore, Centro Studi san
Giuseppe LEM, Roma, 1996]
«Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria,
tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo. Essa partorità un figlio e tu lo chiamerai
Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai
suoi peccati» (Mt 1,20-21).
In
questi due versetti l’evangelista Matteo sintetizza la tua grande missione, il mistero di cui tu, Giuseppe, sei
stato «servo» in tutta la tua vita! Permettimi dunque di rileggere quanto
il vangelo ci dice a tuo riguardo, e di parlarti, come in una
conversazione familiare, giacché tu sei per me, suora
Murialdina di San Giuseppe, «modello»,
«titolare» e «patrono».
Servo del mistero di Cristo
Il
Padre volle la partecipazione della natura umana in Maria
donandoci il Verbo: «Quando
venne la pienezza del tempo.
Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la Iegge...» (Gal 4,4), ma se ne
rivendicò la paternità: il seme della VITA NUOVA non poteva venire
solamente dalla pianta dell’umanità. SARÀ OPERA DELLO SPIRITO SANTO.
Tuttavia,
appena il Verbo incarnato cominciò ad apparire tra noi, il Signore ti ha
voluto come suo prezioso collaboratore e ti ha posto accanto a Maria, affidandoti i suoi più preziosi tesori.
San
Matteo ci descrive il tuo travaglio interiore: «... prima che andassero a vivere insieme, Maria
– la tua promessa sposa – si
trovò incinta per opera dello Spirito santo» (Mt
1,18). E ti chiama «giusto» (cf. Mt 1,19) perché,
pur non conoscendo l’origine della maternità di Maria
ti sei rifiutato di esporla al disonore. Ti sei ritirato di fronte a Dio,
rinunciando ai tuoi progetti. La giustizia che hai manifestato in questa ua decisione è un
anticipo di quella che Gesù insegnerà nel
discorso della montagna quando ci inviterà a non giudicare dalle
apparenze, a rispettare il prossimo amandolo come noi stessi.
Il
tuo agire verrà descritto come un modello di
comportamento davvero umano, retto, non precipitoso. Un esempio di adesione più allo spirito che alla lettera della
legge perché di questa non hai accettato un’interpretazione legalista,
fredda, senza amore. Sei stato giusto, cioè
onesto, fedele, buono.
Tu
avevi completa stima e fiducia di Maria, la
amavi teneramente, desideravi vivere insieme con lei, condividere con lei
la tua vita. Avevi fatto un progetto e ora sembrava che tutto crollasse.
Non capivi. Però ti sei fidato, ti sei
abbandonato, e il Signore è intervenuto per rassicurarti che in questo
piano meraviglioso, che superava infinitamente la tua immaginazione, tu
avevi un posto importante, insostituibile: quello di introdurre il Figlio
di Dio nella generazione umana. Sei stato escluso dalla sua maternità
perché era una maternità unica, ma non sei stato
escluso nè da lei, nè
dal frutto del suo grembo.
Ecco
che un angelo ti apparve in sogno: «Giuseppe,
figlio di Davide, non temere...» (Mt 1,20). E ti ha dato un compito speciale: «Tu lo chiamerai Gesù» (Mt 1,21). Dio ti ha fatto sapere che aveva
bisogno di te. Ti ha dato il potere di introdurre legalmente il bambino
nella discendenza di Davide. Verrà così
designato come «figlio di Davide».
Penso
di poter immaginare il tuo stato d’animo per quello che il Signore, anche
oggi, chiede a noi di vivere. È difficile stare ad aspettare che il
Signore riveli il suo piano... I tempi di Dio non sono i nostri... La
tentazione è sempre quella di «forzare» la decisione
anche se gli elementi non sono ancora chiari... Questa attesa nel
buio, fidandosi solamente dell’amore di Dio che certo interverrà al
momento opportuno, è dura, eppure – tu ce lo dimostri! – è l’unica
«saggezza» umana di fronte a Dio. È l’attesa nel silenzio adorante!
Grazie,
Giuseppe, del tuo insegnamento. Tu sei il santo dalla «insondabile vita interiore» come ebbe a definirti il papa Paolo VI.
Com’è
stata grande la tua missione, Giuseppe! Sei stato chiamato a proteggere Maria e Gesù dai rischi di
una maternità verginale. Sei stato chiamato a dare a Gesù
il diritto di inserirsi nella successione delle generazioni di Abramo e Davide. Sei stato chiamato a imporre il nome al figlio nel contesto della
circoncisione, così che il bambino acquistasse una sua personalità,
entrasse nel popolo di Dio ufficialmente, partecipe d’ora innanzi dei
diritti e doveri di un figlio di Abramo, di un autentico israelita,
depositario delle promesse divine.
«Destatosi
dal sonno fece come gli aveva ordinato l’angelo e prese con sè Maria, sua sposa» (Mt 1,24).
Obbediente
Venne
poi il tempo del censimento e tu, con la tua sposa incinta, hai
affrontato il lungo viaggio da Nazaret a
Betlemme per «farti iscrivere là,
essendo della casa e della famiglia di Davide» (Lc
2,5).
Hai
voluto sottoporti alle leggi civili ed ecclesiastiche del tuo tempo. Hai
affrontato il lungo viaggio e avevi... cento
motivi per non andarci! Motivi dettati dal tuo amore sponsale: come posso costringere Maria ormai vicina al parto a fare un viaggio così
disagevole?... Motivi dettati dal tuo amore
paterno verso Gesù che stava per nascere... Come vivremo? Troverò lavoro? Dove alloggeremo? E per
quanto tempo.~ E invece hai obbedito, ti sei fidato di Dio.
Sembra
di sentir riecheggiare le parole che dirà Gesù invitandoci alla fiducia nella provvidenza del
Padre: «Guardate gli uccelli del
cielo... guardate i gigli del campo, non
seminano, non mietono, eppure il padre vostro celeste li nutre... Non
valete voi più di loro.~» (Lc 12,22 ss). E tu
lo hai vissuto con quella fede nella Provvidenza che fa sembrare
tutto così semplice, ma chiede un profondo abbandono e una totale fiducia
in Colui che ci ama e si prende cura di noi.
Come
mi sei di esempio in questo tuo accogliere ogni
avvenimento come manifestazione della volontà di Dio che conduce ogni
cosa! E san Leonardo Murialdo guardava a te
come modello di obbedienza e ancora oggi ci
invita a «fare quello che Dio vuole
e come lui lo vuole» perché in questo «consiste la nostra santificazione».
Povero
In
quella notte quando «si compirono
per lei i giorni del parto e diede alla luce il suo figlio primogenito» (Lc 2,6-7) la gioia e la delicata premura verso la
tua sposa e il bambino saranno state certo grandissime,
ma quale sofferenza avrai provato nel non poter accogliere il re
del cielo e della terra in modo più degno... È stato «deposto in una mangiatoia perché non c’era posto nell’albergo...»
(Lc 2,7).
Gli
avevi però preparato l’ambiente più congeniale
alla sua natura di Verbo svuotato della sua gloria: la povertà. Un’umile
povertà che avrebbe suscitato un giorno nei
concittadini disprezzo e scandalo a suo riguardo. «Non è egli forse il figlio del
carpentiere? Da dove gli vengono dunque queste cose? E
si scandalizzavano per causa sua» (Mt 13,55-56).
Notte
di prodigi, la notte della nascita di Gesù. Schiere di angeli
annunciavano ai pastori la lieta notizia: «Oggi è nato, nella città di Davide, un salvatore che è il Cristo
Signore» (Lc 2,10) e una moltitudine
cantava: «Gloria
a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»...
(Lc 2,14).
I
pastori hanno riconosciuto il segno... «un bambino avvolto in fasce giaceva in una mangiatoia» (Lc 2,16). Vi hanno riferito ciò che avevano udito
dagli angeli e se ne sono andati felici. «Tutti si stupivano delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore» (Lc 2,18-19). E tu, insieme con lei, contemplavi le meraviglie di
Dio che superavano infinitamente i vostri pensieri!
«Quando furono passati gli otto giorni
prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù,
come era stato chiamato dall’angelo prima di
essere concepito nel grembo della madre» (Lc
2,21).
Quel
giorno, quando al tempio, insieme a Maria,
offrivi una coppia di tortore per riscattare il vostro primogenito – primogenito di ogni
creatura! – con quale trepidazione avrai ascoltato le parole del
vecchio Simeone: «Ora lascia,
Signore che il tuo servo vada in pace secondo la
tua parola perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza... luce per
illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc
2,29). Con Maria, ti sei meravigliato delle
parole che si dicevano del figlio $pena nato, ma posso immaginare cosa
sarà passato nel tuo cuore quando hai sentito
che, rivolgendosi alla tua amatissima sposa, disse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in
Israele... E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). Chissà come si sono impresse nella tua
memoria quelle parole! Gesù veniva
chiamato «segno di contraddizione»
(Lc 2,34). Il mistero di Cristo comincia a
lasciar trasparire qualche barlume dell’abisso della sua profondità!
Casto
E che dire
del tuo amore verso la vergine Maria? L’amore
più puro che sia mai stato dato di vivere sulla terra! Nel vangelo vieni chiamato più volte sposo: «Giacobbe generò Giuseppe lo sposo di Maria»
(Mt 1,16); «Giuseppe
suo sposo che era giusto e non voleva ripudiarla» (Mt
1,19); «Maria tua
sposa» (Mt 1,20); «Prese con sè Maria, la sua sposa» (Mt 1,24); «Andarono dunque a
farsi registrare insieme con Maria
sua sposa che era incinta» (Lc 2,5).
Tutto
quello che è amore sponsale tu l’hai avuto nei
confronti di Maria: i pensieri, i sentimenti,
le attenzioni, l’aiuto reciproco. Tu hai amato la tua sposa come nessun sposo ha mai amato la sua sposa! Ma non l’hai voluta per te perché era la madre di Gesù, la madre di Dio. Non potevi e non volevi
prenderla per te, ma l’amavi con tutto te stesso e Maria
ricambiava il tuo amore con tutta la dolcezza, la delicatezza, la
tenerezza della sua femminilità. Ma non ti
voleva per sè perché lei era di Dio come tu eri
di Dio. In tal modo il vostro amore intensissimo, sponsale, era donazione
totale per Gesù e per tutti.
Quanto
ho da imparare da te e da Maria
nel vivere la mia consacrazione! Fammi comprendere che la castità è una
pienezza di amore che non vuole prendere per sè e diventa
dono totale a servizio del prossimo, con infinita tenerezza, con
amabilità, con perseverante impegno, specialmente verso i più poveri e
chi non è amato da nessuno.
Uomo di fede
Dopo
qualche tempo dalla nascita di Gesù, ti vedo
ancora a Betlemme. Magari avevi trovato lavoro... e forse pensavi di
fermarti là. In modo del tutto inaspettato ecco che arrivano i magi –
nuova rivelazione del mistero del figlio di Dio
nei singolari doni! – e subito dopo un angelo ti
apparve in sogno: «Alzati, prendi
con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti
avvertirò perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13).
Come è
possibile questo? Il re cerca di uccidere il bambino? Perché
tanta violenza?
Ma tu, non
hai tergiversato... «Giuseppe
destatosi prese con sè il bambino e sua madre
nella notte e fuggì in Egitto»... (Mt 2,14).
Posso
immaginare lo stupore di Maria nel sentirsi
svegliare di notte: Dobbiamo
fuggire... un angelo in sogno mi ha avvertito che Erode cerca il bambino
per ucciderlo.
Un
nuovo disagio, il viaggio, il bambino piccolo, i pericoli, in paese
straniero... Dover cercare lavoro... casa...
Chissà come sarete stati accolti!
È
il dramma dei profughi, degli emigrati...
Il
vangelo, con poche parole, tratteggia quello che lungo i secoli sarà il
dramma dei rifugiati. «Spogliò se
stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,7).
Dopo
la morte di Erode nuovamente un sogno ti indica
la volontà di Dio: «Alzati, prendi
con te il bambino e sua madre e va’ nel paese di Israele»
(Mt 2,20). Ecco la tua puntuale obbedienza:
«Alzatosi prese con sè il bambino e sua madre ed entrò nel paese di Israele» (Mt 2,21). Ancora
un dubbio: Se c’è Archelao al posto
di suo padre, sarà opportuno ritornare a Betlemme? Hai avuto paura di
andarvi e un angelo ti ha avvertito in sogno di ritornare in Galilea e a Nazaret hai posto la dimora della tua famiglia. «Sarà chiamato nazareno» (Mt 2,23).
Il
vangelo completa: «Fecero ritorno
in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il
bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio
era sopra di lui» (Lc 2,39-40).
Uomo
di fede! Per noi ora il progetto di Dio come descritto nel vangelo è chiaro, ma per te non era così. Hai dovuto avanzare
nell’oscurità della fede, insieme alla tua amatissima sposa. «La vita di fede è un camminare con
Dio attraverso tutto ciò che lo nasconde. Tutto viene da Dio, dunque
tutto va bene. L’uomo semplice, animato dalla fede, è contento di tutto; trova che niente gli manca e che niente è superfluo». Insegnami
a vivere con questo spirito di fede tra le difficoltà quotidiane!
Un pellegrinaggio «unico»
Gesù aveva
ormai dodici anni quando sei andato, insieme con
Maria, in pellegrinaggio a Gerusalemme in
occasione della P~squa. Questo era un viaggio
speciale perché Gesù veniva
riconosciuto «adulto» nella comunità ebraica. Egli rimase a Gerusalemme a
vostra insaputa e voi, con angoscia, lo avete cercato ritrovandolo dopo
tre giorni.
«Non sapevate che io devo
occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).
Queste parole di tuo figlio
adolescente ti saranno rimaste scolpite nel
cuore per tutta la vita! Hai dovuto ricominciare a capire, giorno dopo
giorno, cosa potesse significare essere padre
del Messia... «Essi non compresero
le sue parole» (Lc 2,50).
Era
troppo alto il mistero per poterlo comprendere! Dio ti chiedeva solamente
di viverlo...
«Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso...»
(Lc 2,51). Com’è grande il mistero di questa
«sottomissione» di Gesù a te e a Maria! Risento l’eco delle parole che il Maestro dirà
più tardi alle folle: «Chiunque fa
la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50).
Vita a Nazaret
Nazaret era
un povero paese della Galilea dove scarseggiavano le piogge, era
arretrata la tecnica agricola, sul territorio si abbattevano improvvise e
gravi le carestie. La gente era sottoposta al pagamento di tasse
esorbitanti a causa del dominio dei romani.
E tu,
Giuseppe, con la tua famiglia, vivevi come tutti gli abitanti di Nazaret. Andavi a cercarti il
lavoro, lo facevi a casa o a casa dei clienti. Glielo portavi...
andavi a cercare il legno che ti serviva... il ferro... andavi al
mercato... avevi la tua bottega con gli arnesi che ti servivano.
Aggiustavi i tuoi utensili e quelli degli altri quando si rompevano... al sabato andavi alla sinagoga ad ascoltare la
spiegazione della Scrittura.
E
anche Maria viveva come tutte le donne di Nazaret... andava al pozzo
ad attingere acqua... cucinava... tesseva... lavava. E magari, insieme,
facevate visita ai vostri amici, ai parenti, li invitavate a pranzo o
cena... partecipavate alle gioie e ai lutti del
paese. Vivevate l’ordinarietà, e la
provvisorietà... con un cuore grande!
Noi
abbiamo in te un modello anche per «fare
il bene, ma farlo bene». Tutto quello che veniva fatto da te e nella tua famiglia, era fatto
bene e con amore.
Tu
sei stato chiamato a velare la grandezza di Gesù,
figlio di Dio. Ne hai nascosto la sapienza. Infatti
Gesù apprendeva da te. Ne hai occultato la
concezione verginale. Solo tu e Maria eravate partecipi del segreto. Hai avuto il compito
che è quello della Chiesa nel mondo. Come la Chiesa futura, insieme a Gesù e con Gesù, hai
sofferto la persecuzione, insieme a lui e con
lui hai vissuto nel lavoro, nella povertà, nel disagio. Sei divenuto il
modello vivo sul quale il Padre che è nei cieli ha voluto plasmare il suo
stesso figlio fatto uomo.
Maestro di preghiera
Al
papà ebreo spettava l’educazione dei figli alla preghiera. Tu hai quindi
insegnato a Gesù a pregare, lo hai accompagnato
alla sinagoga tutti i sabati e al tempio di
Gerusalemme una volta all’anno. Hai introdotto Gesù
ai grandiosi riti di Gerusalemme come a quelli più familiari della
sinagoga di Nazaret.
È
stato da te che Gesù ha
cominciato ad apprendere quel tono di preghiera così semplice e solenne
così confidente e augusto che echeggia nel Padre nostro.
Tu
Giuseppe, sei stato ad un tempo maestro
e discepolo di Gesù. Gli hai offerto i gesti e le formule perché
potesse intrecciare con il Padre un dialogo pienamente umano.
Il
vangelo ci fa conoscere Gesù in preghiera: si
ritirava in luoghi solitari, nei momenti più impegnativi della vita
passava la notte in preghiera, partecipava alle funzioni della sinagoga,
zelava la santità del tempio, pronunciava formule di benedizione prima di
prendere il cibo o si effondeva in ammirazione del Padre.
E all’inizio
di questa preghiera ci sei stato tu, Giuseppe. Hai insegnato a lui le
numerose preghiere che costellavano la giornata del pio israelita.
Chissà
quante volte hai preso sulle tue ginocchia Gesù e gli hai insegnato a congiungere le mani oppure
a distendere le braccia, ad inchinarsi, a ripetere le formule
tradizionali: «Ascolta Israele, il
Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo...» (Dt 6,4 ss).
Il Verbo di Dio, la Parola eterna, si poneva a
servizio dell’uomo imparando le parole dell’uomo.
E tu sei stato chiamato ad essere il suo
maestro.
Certamente
tante volte avrai contemplato il tuo figlio in
preghiera. Con la tua sposa e con Gesù avrai gustato il silenzio
mentre contemplavate insieme la natura, o durante le occupazioni
giornaliere, o nei momenti dedicati alla meditazione dopo la lettura del
libro sacro...
Nella
mia immaginazione ti vedo al sabato quando, con Gesù e Maria, ti recavi
alla sinagoga. Dopo esservi lavate le mani all’ingresso, mentre Maria si avviava al posto assegnato alle donne, tu
con Gesù vi confondevate
con la massa degli uomini. La funzione sacra iniziava con la preghiera di
lode per i grandi benefici di Dio. Il lettore li annunciava e l’assemblea
rispondeva in coro «eterno sarà il
suo amore per noi» (Sl 135). Poi la
comunità recitava la preghiera «Ascolta
Israele...» alla
quale seguivano le letture sacre con i commenti dei dottori della legge.
Confusi tra il popolo ascoltavate la parola di Dio e il senso segreto di
quelle parole si rivelavano a poco a poco al vostro cuore che era
allenato a custodire la parola.
Anche il
pasto familiare diventava un atto liturgico ed era particolarmente
solenne nelle feste di pasqua. Quello spezzare
il pane, quel rendere grazie, erano
gli atti che Gesù aveva visto ripetere tante
volte da te, Giuseppe. E non sarai proprio stato tu a
insegnargli i preparativi per la festa solenne di Pasqua, come leggiamo
nel vangelo? (cf.
Lc 28,8-13).
Accompagnandoti
nel lavoro di ogni giorno, Gesù
è stato introdotto a quella visione religiosa del mondo che nel vangelo
avrebbe poi raggiunto le vette più alte e meravigliose.
Tra
le mille scene della vita paesana, che poi con tanta vivacità appariranno nelle parabole, Gesù
cresceva e maturava in un ambiente sano e sereno, naturale e robusto,
pregno del senso religioso della vita e della natura.
Papà
Il
Vangelo di Luca ti nomina come padre e chiama te e la tua sposa
«genitori» di Gesù: «mentre i genitori di Gesù vi portavano
il bambino per adempiere la legge» (Lc 2,27);
«il padre e la madre si stupivano
delle cose che si dicevano di lui» (Lc 2,33);
«i suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme» (Lc 2,41); «il fanciullo
rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne accorgessero» (Lc 2,43); «ecco tuo padre ed io angosciati ti
cercavamo» (Lc 2,48).
Tu
non hai generato Gesù, ma hai avuto il dono
della paternità in modo pieno. Hai avuto tutto l’amore, tutta la tenerezza, le premure del papà. Hai avuto un
compito infinitamente grande e ti sei impegnato a farlo bene. Hai fatto
da padre tenerissimo al figlio di Dio. Ti sei fidato di Dio e hai
risposto con la totalità della tua vita al suo amore.
Hai
avuto la gioia di essere chiamato da Gesù con
lo stesso nome che più tardi avrebbe dato al Padre dei cieli: «Abbà», papà.
Così
a Nazaret Gesù è
diventato, di giorno in giorno, adulto. Egli che sarebbe stato modello ed
esempio universale per tutte le generazioni, ha avuto in te, Giuseppe, un
modello.
La
tenacia e la fermezza con cui affrontò il suo
compito nel mondo, la dedizione al prossimo, l’amore al lavoro, l’umiltà
e la mansuetudine con cui avanzava in mezzo all’odio e all’orgoglio degli
uomini, il silenzio di cui volle circondata la sua persona e la sua
preghiera, tutto confermava in Gesù qualche
tratto di san Giuseppe. Tutto manifestava che egli era il figlio di Giuseppe.
Naturalmente
quel figlio e discepolo diveniva a sua volta
maestro ed esempio per te, Giuseppe, con un crescendo che si commisurava
alla sua età.
Il progetto di Dio
L’annuncio
dell’angelo a te, Giuseppe, contiene in sintesi, sia la tua missione
paterna, sia quella del messia nascituro. «Tu lo chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). San Matteo indica nel peccato la radice
di tutti i mali dell’uomo e perciò l’opera di salvezza nella sua
totalità.
Tu lo chiamerai Gesù.
Imponendo il nome ti riconoscevi padre del messia e nello stesso tempo
manifestavi che quel figlio era già donato, era già di tutti.
Mettevi
il tuo contributo al piano misericordioso del Padre che per salvare gli
uomini sacrificava il Figlio, disposto a servire umilmente la divina
vocazione del figlio, primo tra quei genitori del regno che sanno
rinunciare ai loro progetti per lasciare che i figli chiamati da Dio
servano a Lui solo con cuore indiviso; primo tra quei genitori che sanno
credere alla vocazione dei figli e vedono a poco a poco Dio affermare la
sua regalità nella loro famiglia.
Sei
stato chiamato tu, l’uomo del
silenzio, a dire la grande parola, a imporre al Figlio di Dio il NOME
CHE È AL DI SOPRA DI OGNI ALTRO NOME.
Il
salmista aveva detto: «Lo costituirò mio primogenito, stabilirò per sempre la
sua discendenza» (Sl 88,27-30). Ora la
promessa era divenuta realtà. Era il nome dell’annuncio e del compimento
della salvezza.
Da
quel remoto angolo di Palestina, il NOME cominciò la sua corsa. Sarebbe
stato amato come nessun altro: apostoli, martiri, confessori, vergini,
avrebbero dato la vita per Lui.
Nel
nome di Gesù saranno rimessi i peccati (cf. 1 Gv 12), ogni azione degli
discepoli sarà vivificata dalla potenza
del Nome (cf. Col 3,17), ogni loro
preghiera prenderà forza da quel nome che li tiene raccolti nell’unità (cf. Mt 18,20) e le sofferenze che dovranno affrontare per il Nome si trasformeranno in beatitudine (cf. 1 Pt 4,14). Infine
sarà l’invocazione del Nome che li salverà (cf. Rom 10,13), perché quello è il
Nome che è al di
sopra di ogni altro nome (Fil 2,9-10); ogni
potenza terrena o celeste si prostrerà a Lui.
Abbiamo
bisogno di non dimenticare mai l’unico autentico NOME DELLA SALVEZZA E
tu, Giuseppe, continua a ripeterlo pazientemente su ciascuno di noi per
renderci consapevoli della nostra realtà e della nostra
meta ultima. Tu che sei stato il servo del mistero di Cristo, dagli inizi
a Nazaret fino al compimento, quando Dio sarà tutto in tutti per
l’eternità.
Scelto
per servire l’uomo in cui abita
corporalmente la pienezza della divinità hai
avuto dal Padre un cuore capace di restare adorante e silenzioso nell’adempimento
del tuo sublime ministero. Ti prego per tutti i sacerdoti, per coloro che sono chiamati ad essere amministratori dei
beni di Dio, per coloro che battezzano e formano i nuovi cristiani
seminando generosamente la parola del Padre.
La
vita della Chiesa testimonia la tua presenza sul cammino del popolo di
Dio. Tu non sei soltanto invocato nelle difficoltà di ordine
materiale. Il tuo servizio più prezioso è tutto interiore e sono proprio
le anime attratte alla vita interiore a scoprirlo più facilmente.
Ogni
battezzato è chiamato a vivere il silenzio come condizione per poter
percepire la bellezza e grandezza di Dio. È nel silenzio che possiamo
accogliere la Parola che salva.
Il nome di Gesù, deposto in
noi nel battesimo è la nostra ricchezza, perché in Lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza
e della scienza di Dio (Col 2,3).
Chi
accoglie il Nome si troverà immerso nel suo infinito amore e sarà gioia
senza fine, per sempre!
Bibliografia:
1)
Carmelitane Scalze di Valmadonna, Giuseppe l’uomo della grande parola, Edizioni Joseph,
Asti, 1984.
2) Umberto Lovato, S. Giuseppe un personaggio da
riscoprire, Edizioni Paoline, 1991.
3)
Jean Radermakers, Lettura Pastorale del vangelo di
Matteo, EDB, 1986.
4)
Andrea Tessarolo, Lezionario meditato, volume III, EDB, 1983.
5)
Aldo Marengo, Il carisma di san
Leonardo Murialdo, corso di
Esercizi spirituali alle suore Murialdine,
anno 1989. Dattiloscritto.
6) Vita di fede
a cura di Giuseppe Fossati, anno murialdino
1990-91.
7)
La Sacra Bibbia, edizione
ufficiale della CEI.
8)
Congregazione Suore Murialdine di San Giuseppe,
La Regola di Vita, 1982.
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