LA FESTA DI SAN GIUSEPPE
Quel cuore
tedesco sulle orme di Joseph
(“AVVENIRE” - 18 marzo 2006)
Tra chiese e immagini i segni di una devozione fiorita a
partire dall'età barocca e rilanciata nel mondo operaio
Da Monaco
Di Baviera Diego Vanzi
Per tutti ormai è Benedetto, ma di battesimo si chiama Joseph il Papa venuto dalla
Germania. Porta, dunque, il nome del santo di cui domani ricorre
la festa. Una figura la cui importanza lui stesso ha
voluto richiamare già in questo primo anno di Pontificato, come ricordiamo
nell'articolo qui a fianco. Viene dunque spontanea la domanda: chi
è san Giuseppe per il mondo tedesco?
La risposta la si trova nelle
tante chiese intitolate a Sankt Joseph, l'uomo chiamato dalla Divina Provvidenza a
vegliare sul Figlio di Dio fatto uomo. Espressione di una devozione forse
meno vistosa rispetto all'Italia, eppure
radicata nella fede semplice di generazioni di tedeschi. È ciò che, nella
cittadina di Kevelaer nei pressi di Münster, nel Nord/Reno-Vesfalia,
si propone di indagare il principale centro di studi giosefologici
della Germania. Si tratta di un gruppo specifico
di lavoro costituito nel quadro dell'Imak (Internationaler Mariologischer Arbeitskreis
Kevelaer) il Centro internazionale di studi
mariani che ha Kevelaer ha la sua sede.
Il 19 marzo ogni anno l'istituto di giosefologia
pubblica uno studio sulla figura del santo che viene
allegato al giornale cattolico Tagespost. E il suo direttore, German
Rovina, è autore del volume «San Giuseppe padre e marito», che in lingua
tedesca riassume in undici capitoli ciò che la Scrittura e la Tradizione
della Chiesa afferma sul padre putativo di Gesù.
Proprio a Kevelaer, inoltre,
nell'autunno scorso, si è svolto il simposio internazionale di studi su
san Giuseppe, che si tiene ogni quattro anni. Sette
giorni di conferenze e confronti che hanno avuto come tema conduttore
«L'importanza di san Giuseppe nella storia della salvezza».
Un segno, dunque, dell'interesse anche culturale intorno a
questa figura. Anche se, va ricordato, quella
specifica verso san Giuseppe è una devozione dalle radici relativamente
recenti. «Inizialmente - commenta padre Bernhard
Paal, gesuita di Monaco, predicatore nella St. Michaelskirche -
nell'iconografia la sua figura appariva sempre nel
contesto della Sacra Famiglia. Lo troviamo rappresentato insieme a
Maria e Gesù, sulla
via di Betlemme, nella fuga in Egitto, alla nascita di Gesù o nella visita al Tempio. È a partire dall'epoca
barocca, invece - continua padre Paal -, che
san Giuseppe inizia ad assumere un proprio profilo più marcato e ad
essere raffigurato anche singolarmente». Di qui il
fiorire della devozione che raggiungerà il suo culmine nel 1870, quando
Pio IX lo proclamerà patrono della Chiesa universale. Anche in
Germania questa stagione ha lasciato segni a volte semplici, ma comunque significativi.
«Nella St. Michaelskirche,
qui nel cuore della cattolicissima Baviera- esemplifica
padre Paal -, è raffigurato su numerosi
medaglioni d'argento in vari calici e in un quadro sull'altare centrale».
All'inizio del ventesimo secolo è legato, infine, il capitolo più recente
della devozione a san Giuseppe, quello legato al mondo del lavoro.
L'artigiano di Nazareth è diventato il punto di riferimento per la
presenza della Chiesa in ambiente operaio. Un'attenzione
sviluppata in maniera particolare nei länder a
forte vocazione industriale. E che rimane
viva anche attraverso le chiese intitolate specificamente a san Giuseppe
lavoratore.
Benedetto
XVI: «Maestro col suo silenzio profondo»
Già nell’Angelus del 18 dicembre il Papa aveva
tratteggiato il profilo spirituale di questa figura
Lasciamoci contagiare dal silenzio di san Giuseppe. Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo
rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di
Dio». Così Benedetto XVI ha invitato a guardare a san Giuseppe durante
l’Angelus del 18 dicembre scorso.
«È l’evangelista Matteo – spiegò il Papa in quell’occasione – a dare maggior risalto al padre
putativo di Gesù, sottolineando
che, per suo tramite, il Bambino risultava legalmente inserito nella
discendenza davidica e realizzava così le
Scritture, nelle quali il Messia era profetizzato come "figlio di
Davide". Ma il ruolo di Giuseppe – aggiunse il Pontefice – non può
certo ridursi a questo aspetto legale. Egli è
modello dell’uomo "giusto" (Mt 1,19),
che in perfetta sintonia con la sua sposa accoglie il Figlio di Dio fatto
uomo e veglia sulla sua crescita umana. Per questo è quanto mai opportuno
stabilire una sorta di colloquio spirituale con san Giuseppe, perché egli
ci aiuti a vivere in pienezza questo grande
mistero della fede».
In quell’occasione Benedetto XVI
citò anche la «mirabile meditazione» su questa figura proposta da
Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica «Redemptoris
custos». «Tra i molti aspetti che pone in luce
– continuò Ratzinger –, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. Il suo è un
silenzio permeato di contemplazione del mistero di
Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre
parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma,
al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida
ogni suo pensiero ed ogni sua azione.
Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso
le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti
della vita di Gesù; un silenzio intessuto di
preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento
senza riserve alla sua provvidenza. Non si esagera – concluse Benedetto
XVI – se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso – sul piano umano – quella robusta
interiorità che è presupposto dell’autentica
giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà
ai suoi discepoli».
ALL’ANGELUS
Giuseppe,
modello di contemplazione
Mimmo Muolo
Se la nostra vita rischia di annegare in un
overdose di decibel, la ciambella di salvataggio ci viene offerta
da san Giuseppe. È il consiglio che Benedetto XVI ha dato domenica scorsa
ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, per
l’Angelus festivo.
«Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san
Giuseppe – ha esortato il Papa, che era appena rientrato dalla sua prima
visita in parrocchia –. Ne abbiamo tanto
bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il
raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio. In questo tempo di
preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per
accogliere e custodire Gesù nella nostra vita».
Il Pontefice, che (come riferiamo a parte), già a Santa Maria Consolatrice aveva puntato il dito contro il
consumismo natalizio, nella breve riflessione prima della preghiera
mariana di mezzogiorno, ha tenuto a mettere in evidenza
un altro modo sbagliato di vivere l’avvicinarsi alla grande festa di
dicembre. Bisogna, invece, guardare a Giuseppe, «modello dell’uomo
giusto».
«Il suo è un silenzio permeato di
contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale
disponibilità ai voleri divini – ha affermato il Papa –. In altre
parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma,
al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida
ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un
silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria,
custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture,
confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante,
preghiera di benedizione del Signore, di adorazione
della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua
provvidenza».
Per questo, ha concluso il
Pontefice, «nei giorni che precedono il Natale, è quanto mai opportuno
stabilire una sorta di colloquio spirituale con san Giuseppe, perché egli
ci aiuti a vivere in pienezza questo grande mistero della fede».
(“Avvenire”, 20 dicembre
2005)
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