Il decreto di archiviazione sul "vilipendio" di Satyricon

Pubblichiamo il decreto di archiviazione del 7.10.2002 del Gip del Tribunale di Roma, dr. Orlando Villoni nel procedimento penale a carico di Daniele Luttazzi, Marco Travaglio ed altri, indagati per attentato ai diritti politici del cittadino e vilipendio della nazione in occasione della trasmissione televisiva Satyricon. L'ordinanza contiene l'importante affermazione che "i delitti di vilipendio non sono compatibili con l'ordinamento democratico-liberale" della Repubblica.

 

 

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI

Ufficio 27

 

n. 25203/02 RG GIP

n. 15433/01 RG NOTI

(cui sono riuniti i nn. 21787/01, 22253/01, 22249/01, 22263/01, 24877/01, 24878/01, 24879/01,

24880/01, 25490/01, 27203/01, 32832/01, 37897/01, 55105/01 RG NR)

 

 

DECRETO DI ARCHIVIAZIONE

PREVIA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITA’ DELL’OPPOSIZIONE

(artt.409 – 410 cpp.)

 

Il Giudice per le Indagini Preliminari, dott. O. Villoni

letti gli atti del procedimento penale di cui in epigrafe;

esaminata la richiesta di archiviazione formulata dal PM in data 6.5.02 nei confronti di:

1) FABBRI Daniele (in arte Daniele Luttazzi), n. Santarcangelo di Romagna (RN) 26.1.61

2) FRECCERO Carlo, n. Savona 5.8.47

3) ZACCARIA Roberto, n. Rimini 22.12.41

4) TRAVAGLIO Marco, n.m.i.

per i reati di cui all’art.291 cp. (vilipendio alla nazione italiana) ed all’art.294 cp. (attentato contro i diritti politici dei cittadini)

letti gli atti di opposizione all’archiviazione presentati da diversi denunzianti;

 

OSSERVA

Il primo rilievo di carattere procedurale concerne la carenza di titolarità dei denunzianti a presentare l’atto di opposizione, quanto meno per il reato di cui all’art.291 cp.

L’art.410 co.1 cpp. contempla, infatti, la facoltà di fare opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal PM alla persona offesa dal reato ed è noto che gli articoli del codice penale dal 276 al 293 disegnano figure di delitti contro la personalità interna dello Stato: ciò implica che è ai diversi organi che esprimono la volontà dello Stato – persona (Governo, in primo luogo) che competono le prerogative della persona offesa, anche laddove la fattispecie faccia riferimento ad un concetto di natura etnico - politica (la nazione italiana), retaggio dell’impostazione autoritaria propria del passa-to ordinamento fascista.

Tanto premesso, tutte le opposizioni riguardanti il reato in questione vanno immediatamente dichiarate inammissibili, anche perché le ulteriori investigazioni che esse invocano non costituiscono che un mero espediente per richiedere una valutazione dei fatti diversa da quella opinata dal PM.

Come, infatti, non ha mancato di osservare la giurisprudenza, l’opposizione alla richiesta di archi-viazione è inammissibile non solo nel caso di omessa indicazione dell’oggetto delle investigazioni suppletive che si richiede siano svolte dal PM, ma anche quando detta indicazione riguardi accer-tamenti irrilevanti o non pertinenti (Cass. sez. unite n.2/1996), ossia tali da non incidere sulla notitia criminis o sull’attività già svolta dal PM (Cass. 3.4.00, Valieri in C.E.D. Cass. n.216364) o anche manifestamente superflui (Cass. 23.3.92, Tassone in Giust. Pen., 1993, II, 146; Cass. 24.10.94, Trigila, ibidem, 1995, III, 338; Cass. 4.5.95 Dall’Igna, in Cass. Pen. 1996, 2589; Cass. 16.5.97, Vitale ed altre).

Nel merito, deve ritenersi che il denunziato reato di vilipendio non è punto ravvisabile nella espres-sione ascritta all’indagato Luttazzi (‘… in questa Italia di merda …’) per il radicale argomento che questo giudice non reputa compatibili i delitti di vilipendio – così come attualmente delineati dal codice penale ed il cui contenuto rimane sostanzialmente indefinito - con l’attuale assetto demo-cratico - liberale dell’ordinamento, la cui connotazione fondamentale è quella della libertà di mani-festazione del pensiero (art.21 Cost.), il cui esercizio tollera limitazioni unicamente laddove collida con altri interessi costituzionalmente garantiti quali il buon costume (ex plurimis, C. Cost. 199/72), l’ordine pubblico (in relazione ad es. alla perdurante legittimità costituzionale dell’art.656 cp.), l’intangibilità dell’onore e della reputazione dei cittadini (fondamento della persistente validità di tutte le norme incriminatici nei reati di ingiuria e diffamazione).

Che non si tratti, invero, di estemporanea opinione del giudicante, lo dimostra il fatto che la stessa Corte Costituzionale, chiamata a pronunziarsi sulla perdurante validità del concetto di vilipendio con la vigente Costituzione democratica, ha fin dal 1974 dovuto ricorrere ad un argomento inter-pretativo che, indicando quale ulteriore elemento costitutivo delle figure di reato quello del pericolo della disobbedienza quale effetto del disprezzo manifestato dall’autore (‘in modo idoneo a indurre i destinatari della manifestazione … al disprezzo delle istituzioni o addirittura a ingiustificate disob-bedienze’), si è attirata fin da subito le critiche della dottrina penalistica più avvertita.

In altri termini, ha ritenuto la Corte che affinché possa affermarsi la compatibilità tra la nozione di vilipendio ed il principio di libertà di manifestazione del pensiero, occorre postulare che ad ogni manifestazione di disprezzo (che il vilipendio a suo dire sempre evidenzia) corrisponda il pericolo di insorgenza della disobbedienza all’istituzione considerata (assemblee legislative, governo, ordine giudiziario, forze armate, etc.) da parte dei cittadini (sentenza Corte Cost. 30 gennaio 1974 n.20, ripresa da sentenza Corte Cost. n.531/00).

Pericoloso argomentare, invero, per l’aggiunta di un elemento non scritto nel testo degli articoli in questione (artt.290, 291, 292 cp.), che da una parte lascia invariato l’assetto normativo delineato dal passato ordinamento autoritario, ma che dall’altra rende di fatto inoperanti la norme incriminatici, attesa l’evidente difficoltà di dimostrare l’insorgenza del pericolo paventato.

Nel concreto delle pronunzie giurisprudenziali, poi, talune decisioni della Corte di Cassazione han-no finito per ravvisare la sussistenza dei reati in questione ed in particolare quello di cui all’art.291 cp. in ipotesi disparate (ad es. anche in un caso in cui il reo aveva pronunziato l’espressione ‘Abbas-so l’Italia’, Cass. 11.10.54, Scompo); per converso, è invalso nel dibattito politico-istituzionale de-gli ultimissimi anni, e senza scandalo di taluno, l’uso di espressioni rivolte a determinate istituzioni dello Stato (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, ordine giudiziario, etc.) che alla stre-gua di quei larghi criteri adottati dalla ricordata giurisprudenza potrebbero senza meno definirsi vilipendiose (ad es. l’accusa di essere ‘venduta’, mossa talora alla stessa Corte Costituzionale) e ciò a riprova dell’estrema aleatorietà della nozione ed a conferma della pericolosità della persistenza di una figura di reato dai contorni talmente indefiniti da lasciare l’interprete (cioè il giudice) pra-ticamente arbitro di riempirla di contenuti a seconda delle sue personali convinzioni ideologiche.

Tanto premesso e volendo fare uso delle argomentazioni utilizzate dalla Corte Costituzionale, come nel caso specifico si possa concretamente dimostrare che all’espressione denunziata si sia accom-pagnato un moto popolare di disobbedienza alle istituzioni espresse dalla nazione, costituisce que-stione probatoria di fatto irrisolta ed in verità irrisolvibile.

In realtà, la frase denunziata – di contenuto certamente greve – va inserita nel contesto della tra-smissione che il Luttazzi stava conducendo e - come lui stesso ha precisato al PM ed in una succes-siva puntata del programma televisivo incriminato (Satyricon) – tendeva a stigmatizzare i fenomeni di affarismo e contiguità al crimine organizzato che si stavano illustrando: si può essere politi-camente d’accordo o in radicale contrasto con le tesi che l’autore ha palesato, ma la sua rimane ma-nifestazione di libera espressione di pensiero costituzionalmente garantita.

Quanto all’ulteriore reato di cui all’art.294 cp., parimenti evocato in alcune denunzie, è palese la totale infondatezza della notitia criminis.

Come la disposizione del codice letteralmente stabilisce, affinché si configuri attentato contro i di-ritti politici del cittadino, occorre che l’autore eserciti violenza, minaccia o inganno ovvero che il soggetto passivo sia determinato ad esercitare il suo diritto in senso difforme dalla propria volontà.

Poiché – come anticipato – si verte in un caso di manifestazione del pensiero, la sussistenza dello elemento violenza o minaccia appare immediatamente esclusa.

Quanto all’inganno, si dovrebbe poter affermare che con la strutturazione, la conduzione e la parte-cipazione al programma televisivo in questione gli indagati, nelle rispettive vesti considerate (autore del programma televisivo: Luttazzi; direttore della rete: Freccero; presidente RAI pro-tempore: Zaccaria; mero ospite: Travaglio) abbiano fraudolentemente tratto in errore milioni di telespettatori e di potenziali elettori nell’esercizio dell’imminente diritto di elettorato attivo, mediante presenta-zione di casi e situazioni suscettibili di influire sul loro orientamento di voto: tesi risibile invero, a causa dell’assoluta impossibilità da parte di qualsivoglia giudice, in primo luogo di esercitare sin-dacato sul merito delle opinioni espresse, alla ricerca di un’eventuale loro valenza ingannatoria determinata rispetto ad evanescenti parametri di riferimento e poi di stabilire l’effettiva (cioè non affidata ad improbabili e manipolabili sondaggi) incidenza delle opinioni espresse sui meccanismi di formazione delle intenzioni di voto di migliaia se non di milioni di spettatori.

Ritenuto, pertanto, di dover accogliere la richiesta del PM, sia pure per ragioni diverse da quelle che la sostengono;

visti gli artt.409 e 410 co.2 cpp.

 

DICHIARA

inammissibili tutte le opposizioni presentate;

 

DISPONE

l’archiviazione del procedimento

ORDINA

la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.

Autorizza (art.116 cpp.) il rilascio di copie alle parti e ai difensori ritualmente nominati.

Roma, 7.10.02

IL GIUDICE

dr. O.Villoni

 

 

 

 

 

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