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POSIZIONE
A 250 km a nord-est di Damasco, circondata dal deserto, si trova l'antica città di Palmyra. La costruzione della città in questi luoghi è stata possibile dalla presenza di una copiosa sorgente che sgorga dalle pendici del Gebel Muntar.
Questa sorgente ha permesso la crescita di una estesa oasi di palme, ulivi e melograni, l'irrigazione e quindi la coltivazione del deserto circostante oltre al continuo rifornimento idrico alla città. Queste favorevoli condizioni oltre al fatto che, Palmyra, si trova nell'unica frattura della barriera calcarea che divide il mediterraneo dalla Mesopotamia, Persia, Asia centrale, e le lontane India e Cina, ha reso questo luogo il passaggio obbligato per i commerci tra le antiche civiltà.
Tutto questo ha fatto si che Palmyra diventasse una fiorente città dedita al commercio e che riuscì, nel periodo del suo massimo splendore, a controllare vasti territori.
STORIA

I più antichi ritrovamenti di insediamenti umani risalgono al 75.000 anni fa. La prima documentazione storica di Palmyra risale al XIX a.C. in un contratto assiro rinvenuto a Kültepe in Cappadocia (Anatolia) si fa riferimeto ad un testimone di nome Puzur-Ishtar di Tadmor antico nome di Palmyra, nome che mantiene tuttora la città vicina al sito archeologico.
Altri documenti fanno riferimento alla città di Palmyra: delle tavolette scritte in cuneiforme del XVIII secolo a.C., ritrovate a Mari, parlano di personaggi palmireni e di Palmyra; un'altra tavoletta, del XIV-XIII secolo a.C., ritrovata a Meskenè sull'Eufrate parla sempre di personaggi palmireni e ha l'impronta del sigillo di una di queste persone. In epoche successive Palmyra è stata abitata dagli Amorrei, Aramei e Arabi.

In epoca ellenistica, Palmyra era già una fiorente città che basava la sua economia sul commercio.
La sua società era divisa in classi che dipendevano dal ruolo sociale e dal lavoro svolto: sacerdoti, artigiani, corporazioni di mercanti. Dopo l'assorbimento da parte dell'impero romano, nel 64 a.C., mantenne comunque una certa indipendenza e la sua grande importanza commerciale. Plinio il Vecchio vissuto, tra il 23 e il 79 d.C., nella sua Naturalis Historia scritta nel 77 d.C. dice di Palmyra:

... Palmyra è una nobile città per il sito in cui si trova, per le ricchezze del suolo, per la piacevolezza delle sue acque. Da ogni lato distese di sabbia circondano i suoi campi, ed ella è come isolata dal mondo per opera della natura. Godendo di una sorte privilegiata tra i due maggiori imperi, quello dei Romani e quello dei Parti, ella viene sollecitata dall'uno e dall'altro, quando si scatenano le discordie...

Dopo la visita dell'imperatore Adriano nel 129, il nome fu cambiato in Tadmur Adriana e le fu concesso lo stato di Civitas Libera che permetteva al senato e al popolo di Palmyra di stabilire e raccogliere le tasse, la gestione in proprio delle finanze permise il grande sviluppo della città culminato nel II secolo, il periodo d'oro di Palmyra. Le attività economiche si estendevano ad est fino all'India e alla Cina attraverso la via della seta, e ad ovest fino a Roma, sostituendo il ruolo di Petra che aveva perso importanza dopo l'annessione da parte dei romani nel 106 d.C.
La dinastia romana dei Severi, in parte di origine siriana, era molto favorevole a Palmyra, tanto che l'imperatore Caracalla figlio del fondatore della dinasta, Settimio Severo, e di Giulia Domna originaria di Emesa, concesse alle città di Emesa e Palmyra il titolo di colonia romana e la cittadinanza romana ad alcuni contabili arabi. Questo diede un'ulteriore spinta allo sviluppo di Palmyra ma fu anche l'inizio della fine.

Un contabile palmireno, Hairan, grazie alla cittadinaza romana riuscì ad ottenere un seggio senatoriale a Roma. Nello stesso periodo la dinastia dei sassanidi, ostile all'occidente, il cui fondatore, Ardashir I aveva conquistato le foci del Tigri e d'Eufrate, precludendo ai palmireni l'accesso al golfo arabico; sostituì quella degli arsacidi al regno della Persia.
Il figlio del senatore Hairan, di nome Odenato, guidò con successo varie azioni militari contro i sassainidi fino a cacciarli dall'anatolia meridionale. Questi successi militari furono ricompensati dall'imperatore Galieno con la concessione di importanti qualifiche ma attirarono l'invidia di qualche avversario che nel 267 lo fece assassinare.


Moneta con effige di Zenobia

Il posto di Odenato fu preso dalla moglie Zenobia in nome del loro figlio Vaballato ancora bambino.
Zenobia era una donna ambiziosa e coraggiosa, molto ben informata della situazione politica a Roma e in oriente; molto colta, parlava, oltre l'aramaico di Palmyra, il greco e l'egiziano, affermava di essere una discendente di Cleopatra. Zenobia era descritta, dai cronisti dell'epoca, come scura di carnagione, con splendidi occhi neri, denti bianchi come perle, era la donna più nobile e bella di tutto l'oriente.


Moneta con effige di Vaballato

Inizialmente l'imperatore Aureliano non reagì negativamente a questo passaggio di potere ma la situazione cambiò radicalmente quando Zenobia inviò le sue truppe, al comando del generale in capo Zabda, ad occupare l'Egitto. Il motivo di questa azione era di assicurarsi la via delle indie mediante il controllo del Nilo e del Mar Rosso perchè la via del Golfo era preclusa dai sassanidi. Sempre per motivi commerciali, le truppe di Zenobia occuparono l'Anatolia raggiungendo il Bosforo in Caledonia.


Moneta con effige di Aureliano

Dopo aver fermato le tribù gemaniche, Aureliano decise di porre fine all'espansionismo palmireno. Le truppe palmirene si ritirarono dalla Calcedonia e furono raggiunte da Aureliano davanti ad Antiochia dove nel frattempo era arrivata anche Zenobia. Qui le truppe palmirene, comandante dal generale Zabda, furono sconfitte e dovettero ritirarsi ad Emesa. Qui Zenobia proclamò il figlio Vaballato Augusto assumendo essa stessa il titolo di Augusta e rivendicando in questo modo tutto l'impero romano. Dopo aver ricevuto rinforzi, Aureliano proseguì la sua marcia fino ad Emesa, dove sulla piana di questa città sconfisse nuovamente le truppe palmirene. Zenobia si ritirò verso Palmyra e la fece fortificare in tutta fretta in attesa delle truppe romane.
Aureliano non esitò a inseguire i palmireni attraverso il deserto, dove il suo esercito sofrì del calore estivo e subì i continui attacchi da parte dei beduini. Arrivò a Palmyra dopo una settimana dove dette inizio all'assedio della città.
Per rompere l'assedio Zenobia chiese l'aiuto del re persiano Sapor I ma Aureliano riuscì a disperdere le truppe del re comprandole a peso d'oro e nello stesso modo si liberò dei beduini locali che disturbavano le sue truppe con continui attacchi.
Quando i viveri cominciarono a scarseggiare Zenobia decise di andare di persona dal re Sapor I. Uscì dalla città con una piccola scorta e in groppa ad un dromedario, riuscì a raggiungere l'Eufrate ma al momento di imbarcarsi fu raggiunta dai soldati romani che la portarono all'accampamento di Aureliano. La città senza la sua regina e sfinita dal lungo assedio capitolò nell'agosto del 272. Aureliano vi fece un ingresso trionfale, vietò ai suoi soldati il saccheggio ma si impossessò del tesoro e portò la regina assieme ai sui consiglieri a Emesa dove fece giustiziare alcuni consiglieri, e quindi riprese la strada per Roma, lasciando a Palmyra una guarnigione di 600 arceri. Giunto sul danubio Aureliano dovette combattere contro i Carpi nel frattempo a Palmyra il partito dell'indipendenza, guidato da Apsaeo, si ribellò a Roma, massacrò la guarnigione e proclamò imperatore un parente di Zenobia, forse il padre, di nome Antioco. Aureliano, venuto a conoscienza di questi fatti, ritornò immediatamente a Palmyra dove entrò senza trovare resistenza e la fece sacheggiare. Prima di ritornare a Roma, Aureliano dovette sedare delle rivolte in Egitto e quindi in Gallia dove trionfò su Tetrico.
Nel 274 Aureliano ritornò a Roma dove celebrò un trionfo senza precedenti. Nel corteo sfilarono, oltre all'esercito e ai senatori, elefanti e belve feroci. Tra i prigionieri sfilarono Tetrico e Zenobia abbigliata come una regina e legata da catene d'oro. Zenobia fu esiliata a Tivoli dove, sposata ad un senatore romano, visse come una dama romana.

Sotto l'imperatore Diocleziano, Palmyra si trovava al centro di una rete di strade e fortini che costituivano il confine est della Siria. Intorno al 300 venne costruito un forte muro di cinta fiancheggiato da torri quadrate. Sotto l'imperatore Giustiniano (527-565) venne risistemato l'approvvigionamento idrico e venne modificata una torre quadrata ogni tre in un bastione semicircolare.
Alla fine del IV secolo si sa per certo che il cristianesimo era già presente a Palmyra, tra i Padri del Concilio di Nicea nel 325 era presente il vescovo di Palmyra di questo periodo bizzantino risalgono le trasformazioni dei templi di Baal e Baalshamin in chiese e la costruzione di altre due.

Nel 634 Palmyra si arrese a Khalid ibn al-Walid uno dei generali del primo califfo Abu Bakr. La città mantenne una certa importanza durante il periodo omayyade. In periodo abasside, a causa dello spostamento della capitale da Damasco a Baghdad, Palmyra perse la sua importanza assieme al resto della Siria.
Solo agli inizi del XII secolo, nel periodo delle dinastie selgiuchidi, Palmyra riconquistò una certa importanza. È di questo periodo la fortificazione del tempio di Baal.
Il Saladino donò il distretto di Homs, di cui faceva parte Palmyra, al cugino Mohammed ibn Shirkoh. Durante il suo regno e , dopo la sua morte nel 1200, quello del figlio Asad ad-Din la città ebbe un nuovo periodo di prosperità.

Il definitivo declino di Palmyra fu in epoca ottomana XVI-XIX secolo che portò la città a ridursi in un piccolo villaggio alla mercè delle tribù nomadi. Quando nel 1751 i viaggiatori inglesi Wood e Dawkins arrivarono a Palmyra trovarono un misero paesello circondato da mura.

SITO ARCHEOLOGICO
Il sito archeologico è molto vasto, la visita completa richiede almeno due giorni. Si può dividerlo in tre parti: la necropoli con le alte torri funerarie, il maestoso tempio di Baal e la lunga strada colonnata ai lati della quale si estendono i resti dell'antica città.
LA NECROPOLI
Palmyra è circondata da una serie di necropoli. I monumenti funebri di queste necropoli fanno comprendere l'importaza che davano i palmireni alla "casa d'eternità". Si sono trovate delle sepolture individuali, ma le famiglie più importanti si costruivano il loro mausoleo. Questi mausolei sono divisi in tre tipi fondamentali:
Tombe a torre
Sono i monumenti funerari più antichi, le prime risalgono al I secolo a.C., costruite a forma di torre a base quadrata appoggiate su un podio a gradini, i vari piani sono collegati da una scala in pietra. Le prime torri erano molto semplici e i loculi erano esposti all'esterno, dal I secolo d.C. i parmireni cominciarono a curare l'aspetto di queste torri sia all'esterno che all'interno.
Questo tipo di tombe sono tipiche di Palmyra e non hanno equivalenti nelle città dell'antico oriente a parte delle tombe nella regione dell'Eufrate che, però, dipendeva da Palmyra.
Gli ipogei
La costruzione di questo tipo di tombe inizia dal I secolo d.C. fino ad ora ne sono state scoperte più di cinquanta ma ne rimangono decine in attesa di essere scavate. La pianta di queste tombe è quasi uguale per tutte: una galleria principale davanti all'ingresso e due o quattro ali o esedre laterali.
Le tombe-case
Queste tombe sono le più recenti, la maggior parte delle tombe casa risale al III secolo d.C. Come dice il nome hanno la forma di una piccola casa con un portico colonnato.

La più ben conservata delle tombe a torre è quella di Elahbel. Il nome deriva da uno dei suoi quattro fondatori Elahbel, Ma'nai, Shokayi e Maliku.


Tomba a torre di Elahbel

Il primo piano della tomba di Elahbel

È stata costruita nel 103 d.C. ed è composta da un ipogeo con l'ingresso sul lato nord e di una torre a quattro piani con l'ingresso sul lato sud.
Il primo piano è ornato da pilastri scanalati con capitelli corinzi che dividono i sostegni per i loculi. Il soffitto è dipinto e diviso in cassettoni. Sulla parete est si possono vedere i resti dei busti della famiglia e, sopra la porta, è presente il busto di uno dei figli dell'aministratore della tomba.
Queste tombe venivano costruite dalle famiglie palmirene più ricche che ponevano i corpi dei loro familiari nei loculi al primo piano. Gli altri piani erano concessi ai corpi di famiglie sufficentemente ricche da pagare "l'affitto", ma non abbastanza da potersi costruire una propria tomba.

Tra gli ipogei quello detto dei Tre Fratelli è il più interressante. Ci si accede scendendo su una larga scala in pietra di sei gradini, sulla porta d'ingresso sono incise cinque iscrizioni le quali informano che l'ipogeo è stato costruito dai tre fratelli Na'amai, Male e Sa'adai e che alcune parti sono state vendute nel 160, 191 e 341.


I loculi di sepoltura

L'interno è diviso in due ali con le volte a botte, i muru sono ricoperti di stucco e contengono 65 compate formate da sei loculi. Il fondo della galleria centrale è decorato da affreschi in stile siro-ellenistico. Le immagini dei defunti sono dipinte entro spazi rotondi, mentre in alto è rappresentato Achille tra le figlie di Licomede. Nell'ala sinistra si trova il monumento funebre di Male con la data di fondazione 142-143

I palmireni sepellivano i loro morti all'interno di loculi posti uno sopra l'altro. Questi loculi erano composti dalle sporgenze scolpite su due pilastri di roccia paralleli, vedi immagine. Queste sporgenze avevano lo scopo di sorreggere delle lastre di pietra che separavano i vari loculi e dove venivano appoggiati i corpi. I loculi venivano chiusi da un'altra lastra di pietra sulla quale era stato scolpito, in rilievo, il busto del defunto e il suo nome. Si pensa che, grazie alla grande individualità dei palmireni, ogni busto rappresentasse veramente il defunto, ma non è da escludere che gli artigiani palmireni esponessero nelle loro botteghe una serie di effigi già pronte dove bastava aggiungere solo il nome.

IL TEMPIO DI BAAL

Pianta del tempio di Baal
Il monumento attuale è costruito sopra un precedente santuario di epoca ellenistica che a sua volta è stato costruito sopra ad un tell artificiale, infatti sono stati trovati dei manufatti dell'epoca del Bronzo Medio (2200-1500 a.C.) a circa 6 metri di profondità.
La cella centrale è stata consacrata nel 32 d.C. ma la costruzione del tempio fu completata solo alla metà del II secolo d.C. La sua distruzione iniziò nel 273 ad opera di Aureliano durante la seconda conquista della città.
In questo tempio si venerava, come dio principale, il dio Bel, corrispondente a Zeus per i greci e Giove per i romani. Il nome Bel deriva dalla pronuncia babilonese della parola semitica Ba'al che significava signore. Nell'antica Palmyra si pronunciava Bôl che in seguito divenne Bel a causa dell'influenza del dio babilonese Bel Marduk. Altre due divinità erano molto importanti a Palmyra: Yarhibol, dio del sole, e Aglibol, dio della luna. Bel assieme a queste due divinità formavano la triade cosmica di Palmyra e sono rappresentate nel soffitto del vano all'estremità nord della cella.

Il tempio è composto da una grande corte di 210×205 metri e da una cella centrale,. La corte era chiusa da un muro alto, originariamente, 11 metri (peribolo), l'interno di questo muro erano costruiti dei portici, quelli sui lati nord, est e sud erano a doppia fila di colonne corinzie. Nel lato ovest, dove si trova l'ingresso attuale, aveva una sola fila di colonne (vedi immagine) ma dominava gli altri grazie ad un triplo arco monumentale (propylon) in linea con l'ingresso alla cella centrale.


Lato ovest della cella

A circa metà dell'altezza delle colonne sono presenti delle mensole dove erano poste le statue dei cittadini benemeriti che avevano contribuito alla costruzione del tempio come indicano le scritte in greco e palmireno. Queste mensole sono tipiche dell'arte costruttiva palmirena.

Al centro della corte si trova la cella, il tempio vero e proprio, dove potevano entrare solo i sacerdoti. Si arriva all'ingresso della cella tramite un ampio scalone in lieve pendenza, L'ingresso è formato da una grande porta monumentale (vedi immagine) di forma leggermente trapezioidale. La cella era circondata da un portico colonnato (peribolo) di 15×8 colonne. Il tetto del peribolo era sorretto da delle monumentali


Lati est e sud della cella con parte del peribolo
architravi trasversali sulle quali erano scolpiti dei bellissimi bassorilievi che rappresentavano divinità e scene di vita, due di queste architravi sono poste ai due lati della porta monumentale tra la stessa porta e la cella (vedi immagine). Delle piccole tracce di colore dimostrano che, in origine, questi bassorilievi erano dipinti.

All'interno della cella, ai lati nord (vedi immagine) e sud (vedi immagine), sono presenti due vani, caratteristici dei templi orientali, chiamati thalamos (camera in greco). I soffitti dei vani sono monolitici e scolpiti con decorazioni geometriche a cassettoni. In quello sud il soffitto è a cupola ed è scopito con i bassorilievi dei busti delle sette divinità planetarie con al centro Bel. Alla sinstra di questo vano una scala porta al tetto dove, probabilmente, si effettuavano delle cerimonie con fumigazione d'incenso.


Altare sacrificale

Nel giorno corrispondente al nostro 7 Aprile di ogni anno, c'era la celebrazione del dio Bel. Da tutto il territorio controllato da Palmyra, arrivavano migliaia di fedeli per assistere a questa celebrazione. Questi fedeli portavano, secondo la propria disponibilità economica, animali da far sacrificare al dio durante la cerimonia.
Per sette giorni questi animali venivano fatti entrare nel tempio attraverso un passaggio sotto il lato ovest, e quindi venivano fatti passare attorno alla cella del tempio per sette volte. L'ultimo giorno, dopo il settimo giro, gli animali venivano portati all'altare dove i sacerdoti li sacrificavano al dio bel.


Ingresso degli animali

Il sangue degli animali sacrificati veniva portato ad un forno, attraverso un canale, dove veniva cotto e quindi offerto al dio. L'enorme quantità di carne veniva macellata e quindi divisa tra i sacerdoti del tempio e i fedeli.
La percentuale che veniva data ad ogni fedele dipendeva da quanti animali avevano portato. Questo calcolo veniva fatto grazie delle tessere di terracotta che erano date alla persona al momento della consegna degli animali. Su queste tessere veniva scritto il numero e il tipo degli animali e da questo era, in seguito, calcolata la quantità di carne macellata da consegnare alla persona. Sono state ritrovate migliaia di queste tavolette di terracotta in prossimità della sala dei banchetti rituali.
Un'altra percentuale di carne veniva consegnata ai poveri che non potevano permettersi di far sacrificare nessun animale
LA STRADA COLONNATA

Porta trionfale, sullo sfondo il tempio di Baal
I resti dell'antica città si estendono per una superficie maggiore di 10 chilometri quadrati, il commercio rese Palmyra un centro internazionale di dimensioni paragonabile alla città di Antiochia, la capitale della Siria del tempo.
I quartieri più importanti di Palmyra si trovavano ai lati della strada principale, Decumanus. Questa strada attraversa la città di epoca romana da est a ovest, la prima sezione e più larga delle altre, iniziava dai propilei del tempio di Baal e arrivava alla porta trionfale che è stata costruita a pianta triangolare per mascherare l'angolo di questa prima sezione con la seconda. L'andamento non rettilineo è dovuto al fatto di dover evitare edifici già preesistenti come il santuario di Nabo, il teatro e l'agorà. Questa prima sezione, che collegava il tempio di Bel alla città, sembra fosse utilizzata per scopi religiosi.

La seconda sezione arriva fino al tetrapylon uno dei centri della città e non era pavimentata per permettere il passaggio dei cammelli, i portici laterali, invece, avevano una pavimentazione parziale. Ciascun portico era largo 7 metri mentre la larghezza della strada era di 11 metri.
Percorrendo questo tratto del Decumanus si incontra per primo il tempio di Nabo (vedi immagine), sulla sinistra. La pianta di questo tempio corrisponde al tipico tempio siriano: un'ampia corte chiusa da mura e portico interno con al centro il tempio. La corte ha pianta trapezioidale, si pensa che questa forma inosuale sia dovuta alla presenza di monumenti precedenti.


La scena del teatro

Continuando lungo la strada verso ovest si incontrano, sulla destra, le terme di Diocleziano. L'ingresso a queste terme è indicato da quattro colonne in granito provenienti dall'Egitto. Di queste terme, completate tra il 293 e il 303, è rimasto ben poco ma si può ancora capire la posizione delle tre stanze tipiche delle terme romane: il frigidarium, il tepidarium e il calidarium.
Procedendo sempre nella stessa direzione, nella strada principale, il portico sud è interrotto da un arco che dà su una strada semicircolare, che circonda l'emiciclo del teatro. Da qui si entra nel teatro attraverso un passaggio a volta che porta all'orchestra, cioè la superfice circondata dalle gradinate della cavea. Di queste gradinate ne rimangono solo una dozzina, ossia un terzo di quelle originali, questo da solo un'idea di come doveva essere in origine. Di fronte alle gradinate si erge la scena lunga 48 metri e larga 10,5, che rappresenta la facciata di un palazzo, di questa scena è rimasto solo il piano terreno ma originariamente ne esistevano altri due.
Il teatro ha anche una porta centrale che passa sotto le gradinate, da questa porta si accede ad una strada parallela all'agorà.


Il Tetrapylon
Ritornati sulla strada principale si arriva al tetrapylon. Questo monumento si trova al centro di una piazza ovale ed è composto da quattro piedistalli con quattro colonne, all'interno di ogni gruppo di colonne era presente una statua, ma ai giorni nostri sono arrivati solo i piedistalli.
Dal tetrapylon inizia la terza sezione del decumanus che piega di dieci gradi rispetto la precedente. Questa sezione, lunga circa mezzo chilometro, attraversa la zona residenziale della città e porta al campo di Diocleziano
IL MUSEO
All'ingresso della città moderna si trova il museo archeologico di Palmyra inaugurato nel 1961. Si viene accolti da una statua di leone, trovata in frammenti vicino al tempio di Allath e che simboleggia la stessa dea araba.
Nell'atrio è stata invece ricostruita una grotta dell'età della pietra scoperta a 22 chilometri a nord della città. Il museo si sviluppa su due piani con 6 sale per ogni piano dove si possono ammirare numerosi manufatti palmireni ritrovati nel sito archeologico. Tra questi sono molto numerose le rappresentazioni dei busti di defunti intagliati in lastre di pietra che chiudevano i loculi funerari.
Sono esposti statue, sarcofaghi, monete, le tessere in terracotta per l'ingresso a templi e molto altro. Questi numerosi reperti danno l'idea dell'alto livello di raffinatezza raggiunto dall'arte palmirea e dell'abilità dei suoi ertigiani.
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