Incubo

 

 

 

Incontrò un uomo, e se ne innamorò.
Lo amava era l’immagine dell’uomo
che aveva sempre sognato.
Era una relazione segreta,
questa era l’unica ombra nel loro amore.
Si sentivamo spesso e a volte lui,
portava con sè la sensazione degli spazi aperti,
e ogni volta era un ritrovarsi.
Lei affascinata dal suo charme,
lo amava immensamente.
Lui spesso le leggeva delle piccole frasi
o delle poesie fino alle piccole ore del mattino,
con voce dolce e profonda,
versi che la incantavano,
e che la trasportavano all'adolescenza,
alle storie che il suo papà,
morto giovanissimo, le leggeva.
Lui era parte di un sogno
e lei si chiedeva per quanto
sarebbe durato
e quanto avrebbe mai sofferto
quando si fosse svegliata nella cruda realtà.
Lui si materializzava,
recava la sua magia,
e il calore del vento.
Si amavano di un amore profondo ,
che andava al di la del tempo
e dei limiti dei loro incontri.
Sognavano spesso di vedersi insieme,
amandosi in silenzio,
a passeggiare e rincorrersi
in qualche spiaggia,
o seduti in qualche nuvoletta rosa
a ridere e scherzare.
Un giorno, lei amava pensare,
un giorno tutto questo
poteva accadere veramente.
Ma in una terribile giornata,
lei senti, attraverso la distanza,
un dolore lancinante al cuore.
Le sembro' di vedere gli
occhi tormentati di lui
cercare disperatamente i suoi.
Un tumulto di emozioni,
di sentimenti contraddittori.
La sofferenza.
Confusa, stordita.
La gioia della sua presenza,
la certezza che teneva a lei,
tutto questo la rincuorò,
ma non sapeva ancora quanto
si fosse sentita sola senza di lui.
Sentirsi amata,
sostenuta, protetta,
circondata di attenzioni.
Condividere le preoccupazioni ed i problemi.
La loro relazione era l’incontro
di due anime senza secondi fini.
Questa purezza era la loro forza.
Una sera le sembrò di sentire
la voce di lui calma, paziente,
che spiegava qualcosa di
ovvio a una bambina.
Era arrivato il momento
di dover affrontare tutte le verità.
Nel silenzio
ed il calare della notte,
l’oscurità dipinse
tutto di grigio e nero,
pochi istanti prima
era oro fuso, calore vivo.
Esausta, distrutta,
non si fermò nemmeno
un attimo a pensare,
con uno sforzo inumano,
si lasciò andare
ad una inutile disperazione.
Per vari giorni divenne cupa.
Non si permise isterismi,
facendo forza su se stessa,
sul suo carattere orgoglioso.
Quel giorno, la notte
e il giorno che venne dopo,
mutò molti strati del suo essere,
come un serpente muta la sua pelle.
Entrava e usciva da se stessa,
guardandosi agire dal di fuori,
riemergendo poi nel suo corpo,
e nella disperazione
della sua anima ferita.
Una parte di se si staccava dall’altra
e prendeva il sopravvento.
Era accaduto ancora.
Era morta di nuovo.
Un altro stadio della sua vita finita.
Un raggio di sole,
un vento freddo,
senza vita.
Cos’altro le sarebbe potuto succedere?
Sprofondò in un vortice,
perdendo conoscenza
e poi il nulla.
Non aveva sognato.
Era realtà, un incubo.
Voleva stare sola,
per piangere, per poter
crollare senza testimoni.
Voleva solo esser lasciata in pace e sola.
Per pensare.
Per far fronte al domani.
Si rese conto
che non poteva precipitare ancora di più
e c’erano solo due possibilità di scelta.
Restare sul fondo,
abituarsi agli abissi,
e usare l’alcool o la droga
per lenire quell’atroce sofferenza.
Oppure decidere di risalire
ricominciando a vivere.
Una scelta.
Tornare alla superficie e rinascere,
crescere e lasciare laggiù
nel grembo della terra
il vecchio io,
come un bozzolo inutile e abbandonato
e scoprire di poter ancora volare.

Lei

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