Spigolature

 

Sarà capitato anche a voi un piccolo fatto curioso che ogni tanto vi torna in mente.... 


1.
Il vedovo inconsolabile
 

Qualche anno fa, durante una conversazione telefonica, mio fratello mi comunicò la morte della moglie di un conoscente di Reggio Calabria. Mi dispiacque moltissimo come capita quando succede a persone che si conoscono. Il dispiacere aumenta quando si tratta di persone ancora giovani. Quando poi ci sono dei figli, si pensa anche al disagio che ne deriva. Mi ripromisi,perciò, di fargli una visita doverosa non appena possibile.
Quando ne ebbi l'occasione, lo stesso giorno che giunsi a Reggio, mi recai a fare visita all'inconsolabile vedovo. Così mentre mi recavo, ripassavo a mente le parole che avrei dette per fargli comprendere al meglio la mia partecipazione al suo dolore.
"Ho saputo della disgrazia....". Esordii. Ma questi, stringendomi la mano, e con un sorriso smagliante incalzò: "
Ne sto già cercando un'altra!..."

2.
La linguaccia
 

Un giorno imprecisato mi trovavo in macchina in corso Buenos Aires (Milano). Avevo la bocca amara e mentre rallentavo per fermarmi al semaforo (in realtà ero quasi fermo) all'incrocio con Viale Tunisia, ho esaminato la mia lingua allo specchietto. Eh si! Pensai. Era proprio brutta, Bisognava che cominciassi ad avere più riguardo per il mio fegato con qualche pasto più leggero. Quando ebbi terminato l'esame della lingua, al di la del parabrezza vi era una donna sulla cinquantina che mi faceva le boccacce. Rimasi sbigottito per qualche secondo ma subito dopo realizzai. Questa, ignara dei miei problemi di fegato, aveva pensato che la mia brutta linguaccia fosse stata rivolta a lei........

3.
Il parcheggio
 

Ero solito parcheggiare la macchina in una piazzola e fino a quella mattina non avevo mai avuto problemi. Ma quella volta era nevicato. Dovevo partire per Domodossola alle 4 e 25. Avevo 15 minuti abbondanti per raggiungere la stazione di Milano Porta Garibaldi. Ma un tale aveva parcheggiato la sua macchina dietro la mia 500. Normalmente non avrei avuto problemi. Ma quella mattina, pur con il volante ruotato, la macchina usciva diritta e non avevo spazio per farla uscire fuori tutta. Dopo decine di tentativi con identico risultato, il fumo cominciava ad invadere il mio cervello già precariamente compromesso dalla levataccia. Così alla fine la rabbia prevalse sulla ragione, e decisi di sfondare la portiera di quella macchina che mi intralciava. Drizzai il volante e con retromarcia e acceleratore a tavoletta, allentai la pressione dal pedale della frizione. Avvenne così una cosa inspiegabile. La macchia scivolò fuori liscia come il burro girandosi con maestria  molto meglio di come avevo cercato di fare inutilmente.
Non avevo sfondato nessuna portiera e neppure sfiorato le macchine ai lati. Ancora oggi, non trovo spiegazioni all'accaduto. 


4.
Anna Maria
 

Anna Maria era la figlia di una vicina di casa ed era compagna di giochi di mia sorella. Non sapeva leggere  e la signorina del doposcuola (era sposata ma la chiamavano così da sempre), non riusciva a insegnarglielo neanche con generosi scappellotti.
Ad esempio, doveva leggere la parola ' P
ALLA '. La signorina indicava con il dito indice la P. Lei stava a guardare fisso ma non c'era verso di farle uscire quella benedetta P dalla bocca. Allora la signorina le dava un bello scappellotto e suggeriva: P. Allora Anna Maria ripeteva: P. Poi era la volta della A e la musica era tale e quale. La cosa si faceva strana quando arrivava la volta della seconda ELLE. La signorina si arrabbiava e dopo averle allungato il solito scappellotto sbottava: Ma non vedi che è uguale all'altra? Ricominciamo daccapo. La povera Anna Maria ripeteva diligentemente e senza suggerimenti, per filo e per segno, tutte le lettere fino alla seconda ELLE. Ora era la A finale che  diventava il nuovo ostacolo.
Insomma per leggere una mezza pagina di libro da prima elementare, prendeva tanti scappellotti che alla fine si rinunciava a contarli.
Molti mesi dopo, vidi che Anna Maria portava gli occhiali. Allora tutto diventò comprensibile. Non è che non sapesse leggere. Semplicemente non ci vedeva!. E quando ripeteva le lettere, senza sbagliare, semplicemente ricordava in che posizione si trovavano.


5.

Letterio

 

Questo era il suo nome. Lavorava con me in un negozio all'ingrosso di materiale elettrico. Il titolare mi chiamava ragioniere ma facevo il commesso esattamente come Letterio che non aveva avuto l'opportunità di studiare. Il natale di quell'anno, il titolare aveva fatto portare in negozio alcuni scatoloni di panettoni di marca Alemagna. Lo scopo era di fare degli omaggi ai clienti. Non si era rovinato troppo in quanto i panettoni erano in realtà dei piccoli panettoni da mezzo chilo. Il Letterio e il Pino (altro commesso) si lamentavano continuamente per il fatto che il 'principale' dava l'omaggio a tutti meno che ai dipendenti.
Ad un certo momento Letterio, inviato nel retro per ricuperare non so che articolo per un cliente, non tornava più indietro, così fu inviato il Pino ad indagare. Sparì anche lui e allora fui incaricato io per il recupero dei due desparecidos.
Li sorpresi ad ingozzarsi con uno dei panettoni che avevano sottratto dallo scatolone. Mangiare 250 grammi di panettone non è generalmente un problema. Ma farlo in fretta per paura di essere scoperti e senza un goccio di bevanda, stava diventando un dramma per il Letterio. Ne aveva ancora un pezzetto in mano e con evidente sforzo, mi disse: Dai! Mangialo tu! Rifiutai l'offerta e lui incalzò dicendo che non ce la faceva più. Me lo chiese per favore. A questo punto, mi fece compassione e pur disapprovando ma per toglierlo da quell'impiccio, mi costrinsi a mangiare quell'ultimo boccone.

Il diavolo, come si sa, fa le pentole ma non i coperchi.

Qualche mese dopo, un cliente venne a chiedere dei tubi al neon colorati (ne avevamo di tutti i colori per tenere la clientela). Il Letterio prima e il Pino dopo, tornarono a mani vuote dicendo che erano finiti. Il titolare allora dicendo che era impossibile, si recò sul retro di persona e trovò i neon. Ma trovò anche l'involucro del panettone che i due invece di farlo sparire, evidentemente, lo avevano nascosto in mezzo alle confezioni dei neon. A questo punto si trattava di scoprire il colpevole. Nessuno parlava, omertà completa. Ma il titolare conoscendo l'anello debole della catena, minacciò di licenziare il Letterio che scoppiando a piangere, disse: Lo ha mangiato anche Paolo! La cosa finì con un semplice rimprovero. Risultato: Ufficialmente eravamo stati io e il Letterio mentre il Pino uno dei due promotori, non essendo stato coinvolto, rimase innocente.
 


6.
L'innamorata
 

La gioventù ti lascia dei bellissimi ricordi.
Fra questi, gli innamoramenti sono quelli che si ricordano più volentieri.
All'epoca, lavoravo come commesso presso il mio amico Pino che mi chiamava per nome quando eravamo soli, ma si riempiva la bocca chiamandomi ragioniere quando vi erano clienti o viaggiatori.
  Tutte le mattine passava davanti al negozio una ragazza con capelli castano chiaro e occhi che mi sembravano due fari. Se mi trovavo a guardare verso la porta, i nostri sguardi si incrociavano e questa mi guardava intensamente e mi gratificava di un sorriso tremendamente complice. In altre parole, sembrava dicesse: Io ti ho fatto capire che mi piaci, ora tocca a te.
Purtroppo per lei in quel periodo il mio cuore batteva per un'altra. Per questo motivo, se mi accorgevo del suo passare, facevo in modo di non essere sulla traiettoria del suo sguardo. In altre parole non volevo illuderla.
Un giorno all'ora fatidica, era presente l'altro dipendente, che di solito non c'era perché girava per visitare i clienti. Io mi ero messo in posizione defilata.
Dopo che la ragazza passò, questi esclamò:
Quella ragazza impazzisce per me! Ogni volta che mi vede, mi lancia certi sguardi....!?
 


7.
La privacy (1)
  All'epoca ti davano lo stipendio in contanti. La fila era sempre interminabile, ma alla fine, il poter stringere i soldi nelle mani , ti ripagava dell'estenuante attesa.
Venne però il tempo in cui si poté avere l'accredito dello stipendio presso la Banca Nazionale delle Comunicazioni di Milano Centrale. Cosicché, mentre prima, per sapere cosa mi rimaneva dello stipendio, era sufficiente mettere la mano in tasca, ora era necessario rifare la fila (più piccola) per chiedere il saldo. All'epoca guadagnavo circa 120.000 lire al mese e spesso riuscivo a far fuori tutto e al momento dell'accredito di quello nuovo, mi ritrovavo con meno di mille lire in tasca.
Un giorno ebbi la necessità di conoscere il saldo. Sussurrai con circospezione la richiesta all'addetto cercando di trasmettergli il mio desiderio di riservatezza (
per chi non lo sapesse, una volta la privacy si chiamava così). Il tipo, dopo aver consultato la mia scheda, urlò da una distanza di 4 metri: 80.000 lire..........

8.
La privacy (2)
  Essendomi spostato a Milano Porta Garibaldi, trovai più comodo spostare il conto a quello sportello.
All'epoca (1975) era in un localino di 20 mq.
Un giorno entrando, mi accodai ad una fila di quattro persone. Subito dopo, l'uomo allo sportello senza curarsi degli altri quattro presenti, mi apostrofò: Proprio lei stavo cercando... Lo sa che è andato in rosso? 
(qualche mese prima, avevo emesso un assegno senza la data e, probabilmente prima di essere incassato, aveva fatto il giro d'Italia. per cui la somma risultava sempre disponibile negli ultimi estratti conto!).

9.
Nicoletta.
 

In casa la chiamavano Lina. La prima volta che la vidi, bionda e occhi verdi: non potevo che innamorarmene subito, irrimediabilmente. Era la sorella di un mio amico. Ma non avevo mai modo di frequentarla. Frequentava il corso commerciale come me, ma lei ci andava di mattina (sezione D) ed io di pomeriggio (sezione F).
L'occasione si presentò allorquando il mio amico Russo Giovanni (che non mai più rivisto), si lamentò con me del fatto che, non riusciva a stare dietro alle lezioni dei professori della sezione D in quanto correvano troppo con i programmi. Gli proposi di fare cambio con me. Accettò con entusiasmo e così andammo dal preside che ci fece firmare le domandine di cambio sezione.
Era per me un colpo di fortuna. Il destino, se lo desideri in maniera intensa, si modifica. Io ero riuscito a modificarlo.
Ora, all'epoca (1963) le femmine entravano dal portone principale (per intendersi, quello usato dagli insegnanti) e non avevano bisogno di aspettare il suono della campanella. All'uscita, per le femmine, la campanella suonava qualche minuto prima. Noi, i maschi, entravamo ed uscivamo attraverso il cancello del cortile che era attrezzato anche per le attività di educazione fisica.
Scoprii quello stesso giorno che aveva ed ha la mia stessa età, essendo nata lo stesso giorno, mese ed anno in cui sono nato io. Era un altro segno del destino.
Quel primo giorno, mi organizzai mentalmente.
Dovevo cercare di uscire il più in fretta possibile e correre, correre fino a raggiungerla.
Avremmo fatto la strada insieme, avremmo parlato, ci saremmo scambiate un po' di confidenze, e poi chissà...
Io ero fiducioso. Il destino era mio amico, si era accorto di me e mi aveva dato una mano mettendomi sulla strada buona.
Ad un certo punto, la vidi. Non aveva fatto molta strada........
Si era girata verso il marciapiede opposto e stava salutando un tale.
Il saluto però non era semplicemente cordiale. Era qualcos'altro. Il suo volto era come in estasi.
Attraversò la strada senza toccare il suolo. Almeno così mi sembrò. L'uomo che l'aspettava dall'altra parte aveva una bella presenza, era elegante ed aveva tre o quattro anni in più. Quanto bastava per dargli l'aspetto di un uomo fatto, al contrario di me che ne avevo solo diciassette.
Non potevo competere.
Vidi così il mio sogno dissolversi miserevolmente..
Diversi, troppi anni dopo, seppi che si erano lasciati e lei ne aveva sofferto così tanto da non uscire più di casa per parecchio tempo.
Ora so che si è sposata con un pugliese e ha dei figli...


10.
Il sig. Demetrio
 

Si chiamava Demetrio che in dialetto viene storpiato in limitri.
Faceva il falegname in tempi in cui non c'erano ancora tutti i macchinari del giorno d'oggi. Si faceva tutto a mano con sega e pialla. Inoltre nel periodo di carnevale, per arrotondare, fabbricava le maschere in cartapesta.
In un momento di necessità (?), si era fatto imprestare diecimila lire da mio padre.
Era il tempo in cui le diecimila lire erano grandi come mezzo foglio A4. Qualcuno di voi se le ricorderà: erano di un colore rossastro.
Ad ogni modo, il fatto era che il sig.
limitri tardava a restituirle.
Per andare e venire da casa sua era sempre costretto a passare davanti al nostro uscio. I miei (a volte uno a volte l'altra) gli ricordavano di quel tal impegno e lui con l'aria di chi vuol rassicurare, tirava fuori di tasca il portafoglio e mostrando che non era vuoto diceva: Signor Califano, ce li ho, ma mi occorrono!
Dopo l'ennesima sceneggiata, un giorno che mio papà era a casa, aspettò che passasse, allontanandosi dalla sua abitazione. Si recò, allora, presso la moglie e si fece prestare alcuni arnesi del marito. Li mise da parte e aspettò.
Dopo un paio di giorni il sig.
limitri si presentò alla nostra porta reclamando gli arnesi, che per il suo mestiere erano indispensabili. Mi padre gli rispose: Ce li ho, ma mi occorrono!
Il sig.
limitri capita l'antifona, tirò subito fuori le diecimila e le restituì.


11.
Il povero
 

Lo avevo incontrato per strada molte volte.
Abitava non molto distante da casa mia.
Aveva sempre la barba incolta e un paio di baffi che stonavano ma forse dovevano servire a dargli un po' di dignità.
Non sapevo come si chiamava e tantomeno che mestiere facesse, ma una sera ci trovammo insieme sull'autobus numero 6.
Era inverno.
Io non avevo digerito qualcosa e, poiché la parte posteriore dell'autobus mi sballottava in modo inverosimile a causa delle buche e delle continue curve, cominciai a star male.
Mi veniva da vomitare e allora aprii un poco il finestrino per trovare sollievo nell'aria fresca.
Il tizio, si trovava vicino a me e mi rimproverò dicendomi che non avevo cuore.
Faceva freddo ed io, aprendo il finestrino, mettevo in gioco la sua salute....
E a dimostrazione del suo aver freddo, aprì il misero cappotto.
Guarda, cosa sono costretto a mettere, per ripararmi dal freddo..
Sotto aveva soltanto una camicia che sbottonò, tirandone fuori degli stracci con i quali l'aveva imbottita per ripararsi dal freddo.
Inorridii al pensiero che sotto non avesse neanche la maglia.
Non pensavo che esistesse qualcuno così povero da non potersi permettere neanche una maglia sotto la camicia.
Non reclamai il mio malessere e mi costrinsi a resistere fino all'arrivo.


12.
I polli e la mafia (riflessione)
 

Mi ricordo che, fino a non molti anni fa, il mio vicino di casa, ogni anno comprava una ventina di galletti
Il più forte e solo lui, cantava tutte le mattine.
Allora il mio vicino gli tirava il collo
Cosicché, il giorno dopo, il secondo più forte diventava il capo dei capi e cominciava a cantare
Interveniva il mio vicino e gli tirava il collo.
Ma, il giorno dopo, ce n'era sempre uno che subentrava e si arrogava il compito di cantare.
La cosa finiva solo quando aveva tirato il collo a tutti e venti
L'anno dopo, ne comprava altri venti e la cosa si ripeteva uguale, uguale.
Con la mafia succede la stessa cosa: ne acchiappi uno e il giorno dopo, ce n'è un altro che prende il suo posto
.......Altro che dire: Abbiamo inferto un duro colpo alla mafia :-(


13.
Il suicida
 

Un giorno finito il lavoro, percorrevo in auto la via Ferrari adiacente alla stazione di Milano Porta Garibaldi.
Dopo una doppia curva, Vi è un breve tratto di strada rettilineo prima del cavalcavia che porta in via UGO BASSI.
Alla fine della doppia curva e all'inizio del rettilineo, notai una persona anziana alta di statura che teneva gli occhi chiusi e i pugni stretti e vicini al viso.
Al momento pensai che la sua intenzione fosse quella di attraversare la strada, e avendo paura, stava raccogliendo il coraggio di farlo.
Rallentai e mi tenni pronto a frenare.
Infatti ad un tratto si lanciò in direzione del marciapiede opposto.
Evitai l'impatto, ma solo perché ero pronto a frenare.
Mentre mi allontanavo, mi venne in mente che forse la sua intenzione era, invece, quella di buttarsi sotto il primo automezzo per suicidarsi.
...........O, forse era giusto il primo pensiero?
Non mi fermai a chiederglielo........

 


Appena me ne viene in mente un'altra la aggiungo.......