Era ormai mattina e il cielo, là, fuori dalla finestra, cominciava a rischiararsi. I miei occhi erano fissi su quell'immensità e i miei pensieri indugiavano pigramente sulla notte appena trascorsa.
Accoccolata in poltrona, con una leggera coperta sul corpo e i capelli sciolti sulle spalle, con una mano accarezzavo distrattamente la copertina del libro chiuso che giaceva sul mio grembo. Avevo passato tutta la notte a leggere, troppo affascinata e appassionata dalle pagine che sfogliavo, per potermi interrompere, e comunque il sonno non mi aveva affatto avvicinata.
Ora che l'avventura era finita, sentivo un certo vuoto dentro, quel vuoto appagante e allo stesso tempo malinconico di quando hai scoperto tutti ciò' che dovevi scoprire e tuttavia avresti voluto non scoprire nulla per poter continuare la tua ricerca. Avevo letto di battaglie e di amori, di uomini e dei malvagi e avidi di potere, ma anche di esseri forti e generosi, pronti a dare la vita per un sogno di giustizia e di pace.
Tutto questo, e molto altro, era stato stampato sul mio cuore col fuoco della fantasia, e ora i pensieri vagavano nel mondo di fiaba che avevo appena lasciato. Distogliendo lo sguardo dalla finestra sempre più illuminata, lo posai con affetto sulla causa dei miei pensieri, aprii con delicatezza la copertina rilegata, e mi fermai ad ammirare il delicato acquerello posto sulla prima pagina. Mostrava una scena della storia da me appena conclusa, un raffinato banchetto i cui partecipanti erano elfi dal delicato e quasi etereo aspetto, nani dall'aria burbera con lunghe barbe che quasi toccavano il suolo, fanciulle di grande bellezza dagli occhi dolci e intensi che avrebbero stregato qualsiasi uomo, e c'erano tanti altri esseri a cui non avrei potuto dare un nome, ma ciò non era importante. C'era aria di festa, i brillanti colori dell'immagine erano una gioia per gli occhi e comunicavano anche a me una sorta di euforia, come se da una finestra nascosta io non stessi guardando solo un'immagine, ma una scena reale che si svolgeva dinanzi a me.
Ero inebriata da ciò che vedevo, e in parte la tristezza della separazione da quel mondo era andata via, così mi decisi a chiudere definitivamente il libro, e avevo già cominciato a girare la copertina, quando qualcosa attrasse la mia attenzione. Era un
particolare davvero insignificante, alcuni svolazzi che sembravano di penna, in un angolino dell'immagine.
"Il nome dell'artista", pensai fra me, e mi accinsi a decifrare quel nome, perché ero curiosa di sapere chi era quel disegnatore così bravo.
"Tam Tuam Asi". [*]
Ecco ciò che sembrava essere scritto in quegli svolazzi. 
"Che razza di nome è "Tam Tuam Asi"? Sarà un artista arabo?", mi chiesi stupita, perché quelle parole non volevano dire niente per me.
"Tam Tuam Asi" ripetei, questa volta, non più nella mia mente, ma a mezza voce.
D'un tratto i bordi dorati dell'immagine che stavo ancora osservando cominciarono a brillare, una luce viva e sempre più intensa, non un semplice riflesso del sole, finché divenne di un bianco intenso e a quel punto mi fu difficile continuare a fissare l'immagine senza abbagliarmi, così chiusi gli occhi. E a quel punto mi sentii precipitare e nel riaprirli spaventata non vidi più i cari, vecchi oggetti della mia stanza, ma scintillanti colonne di un delicato marmo azzurro da cui pendevano colorati e luminosi festoni, che evidentemente fungevano anche da illuminazione per la vasta sala in cui mi trovavo, poiché guardandomi intorno non vedevo altra fonte di luce.
"Benvenuta, fanciulla".
Queste parole, pronunciate con voce argentina a non più di un passo da me, mi fecero trasalire e girare di scatto, facendomi trovare di fronte ad un giovane, della cui presenza, appena un attimo prima, avrei giurato la mancanza.
"Benvenuta?", chiesi esitante, "e dove? Dove mi trovo?"
"Nel sogno del libro, fanciulla" mi rispose sorridendo il bel giovane, perché non si può certo dire che non fosse bello! I capelli, corti e di un colore indefinibile, che forse si sarebbero avvicinati al biondo, avevano un tocco sbarazzino; il suo aspetto, asciutto e atletico, sembrava sottintendere anche una grande forza nascosta, latente; ma quello che più di ogni altra cosa, del suo aspetto, attirava l'attenzione, e la teneva in dolce prigione, erano i suoi occhi, grandi e chiari, e anch'essi di un qualche indefinibile colore, ma in essi, brillavano le stelle.
L'aspetto e le parole del mio interlocutore mi avevano confusa, ma mi costrinsi a calmarmi e a pensare alla bizzarra situazione in cui sembravo trovarmi. Mi guardai intorno con più attenzione: in fondo, in quel luogo c'era qualcosa che mi tornava familiare, che ci fossi già stata?
"Certo che sei già stata qui", sorrise ancora il giovane. 
"Leggi nei miei pensieri?" chiesi, nuovamente sorpresa.
Questa volta il giovane rise apertamente, e io avrei dato qualsiasi cosa per poter continuare ad udire quella musica, quel suono che danzava sulle colonne di marmo e riscaldava il cuore di allegria.
"No, non posso leggere i tuoi pensieri, e comunque non sarebbe neppure un'azione onorevole per un cavaliere. Ho semplicemente seguito il tuo sguardo in cui si leggeva apertamente quella domanda, cioè, se avevi già visitato questo posto. E la risposta è appunto si, mentre contemplavi il sole che sorgeva dalla tua finestra, vedevi in realtà questo salone e le genti che lo abitavano."
"Il libro che stavo leggendo?" sussurrai eccitata, perché ..si', quel salone poteva essere la rappresentazione di ciò che avevo appena visto nelle mie fantasie.
"Esatto." Un altro sorriso, avrei potuto innamorarmi di quel sorriso (o forse mi ero già innamorata?).
"Ma ...perché sono qui?" La domanda più logica e più scontata che potessi fare a quel punto.
"Perché tu "volevi" essere qui", mi fu risposto, e poiché nella mia mente si affollavano solo confuse idee e considerazioni che non avrebbero potuto essere certo concretizzate in una domanda, colui che mi era di fronte, pensò fosse più opportuno precisare quanto aveva appena detto.
"Non hai forse sognato di essere tu stessa a vivere le avventure del libro di cui leggevi"?
"Si", risposi esitante, e poi, acquistato un po' di coraggio, perché finalmente cominciavo a comprendere "qualcosa", e quel "qualcosa" mi piaceva: "sì, avrei voluto essere anch'io nel libro, accanto ai personaggi di cui leggevo le avventure" , e sorrisi a mia volta, perché il sorriso del giovane era davvero contagioso.
"Esattamente, quindi ora sei qui."
"Ma... è vero?", chiesi di nuovo esitante, guardandomi intorno con sguardo bramoso.
"Ha davvero importanza per te sapere se ciò è vero, oppure no?"
"Già...ha davvero importanza?" chiesi a me stessa. "No, credo di no", risposi dopo qualche attimo di esitazione.
"Vedo che hai capito", sorrise ancora, "non è importante che sia materialmente vero perché sia una bella esperienza. E' quello che ci detta la nostra fantasia e il nostro cuore a rendere speciale ciò che "viviamo". E ricorda che si può vivere anche in un sogno, quindi non ti crucciare se non partecipi a certe avventure che nell'immaginario, perché quello è un mondo che ti può aprire ancora più porte di quante tu pensi."
"Hai ragione", assentii io, e stavo forse per ribattere qualche altra cosa, quando fui nuovamente investita da un raggio di luce e mi ritrovai ad aprire timidamente gli occhi e a posarli sull'ultimo libro che avevo finito di leggere. La luce che mi aveva colpito era un sottile raggio del sole che ormai era completamente sorto.
"Hai ragione", ripetei a me stessa e al giovane, sicura che mi stesse ancora ascoltando. Scoccai un'occhiata al libro, lo chiusi finalmente e mi alzai dal mio morbido rifugio per porlo sulla libreria.
Non è importante il "come" vivere certe storie, ma semplicemente il farlo. Con tutto il cuore.


Nota:
[*] "Tam Tuam Asi" è un versetto tratto dai Sacri Veda Indiani, la traduzione approssimativa e' "questo sei tu". 

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Corsara
14/07/00

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