Titolo: L'universo Zothique
Titolo originale: Zothique
Di: Clark Ashton Smith
Editore: Nord
Pagine: 257
Prezzo: 12.000£
Traduzione: Roberta Rambelli

Questo volume raccoglie tutte le storie scritte da C.A.Smith ambientate nella terra di Zothique (il nome e' da pronunciarsi alla francese, secondo Lin Carter, curatore della raccolta).
I racconti furono pubblicati tra il 1932 e il 1948, quasi tutti sulla rivista Weird Tales e solo nel 1970 vennero raccolti e ordinati in un unico volume ("Zothique", appunto).

Strani profumi, strane voci si levano da questi racconti. Aromi di incenso e di putrefazione si mescolano alle esalazioni soporifere di fiori dalle bizzarre corolle. Bisbigli e lamenti si confondono con ritmiche litanie e strida inumane.
E' un mondo popolato da uomini crudeli, stanchi o disillusi quello in cui si ambientano le storie narrate da C.A.Smith: un mondo che ha dimenticato se stesso e la propria storia, e si e' perso al fondo delle ere. I mutamenti geologici hanno trasformato la superficie della Terra, lasciandovi un solo, grande continente: Zothique, punteggiato da regni e civilta' disparate, sviluppatesi sotto la perpetua minaccia dell'avanzare dei deserti. Zothique, infatti, si inaridisce nel corso dei secoli, e uno dopo l'altro i suoi reami cadono sotto la falce del tempo, trasformandosi in terre devastate; mentre le loro citta', un tempo orgogliose e piene di vita, si mutano in necropoli popolate solo di mummie.
(Per inciso, e' proprio facendo riferimento alla scomparsa dei vari regni che il curatore ha ordinato i racconti secondo una cronologia interna alla storia)

E' quasi una nemesi quella che percorre le regioni di Zothique al passo dei secoli (e in ossequio alla quale le terre o le citta' in cui si svolge un racconto divengono, nel racconto successivo, luoghi semi-mitici sepolti sotto le sabbie del tempo e dei deserti). Una nemesi che punisce la crudelta' degli uomini e delle donne, che in questo remoto futuro hanno dimenticato la pieta' e la gioia di vivere e si sono abbandonati a culti disgustosi, alla necromanzia e alla ricerca dei piaceri piu' perversi. La magia, tornata in auge, e' nel migliore dei casi solo uno strumento di potere, quando non diviene addirittura un mezzo per conseguire scopi interdetti ai mortali. I maghi di Smith, se si incapricciano di una donna, non esitano a ucciderla per strapparla al suo promesso sposo e poterla in seguito rianimare, trasformandola in un morto vivente privo di coscienza. I re, se non sprecano le loro vite nelle orge, si dedicano a bizzarre passioni, quale ad esempio l'innesto di organi e membra umane sulle piante dei loro giardini privati.
Neppure i morti sono al sicuro: i necromanti li destano infatti dal loro sonno per farne schiavi e sudditi di imperi personali: antichi re e principesse tornano alla vita solo per divenire servi e concubine di stregoni perversi.
I templi ospitano statue di demoni e dei crudeli affamati di vittime umane; e nelle citta', su cui incombe la morte, si pensa soltanto ai divertimenti e alle orge piu' sfrenate.
L'unica salvezza dagli orrori del mondo pare quella offerta dall'oblio eterno, cui spesso i personaggi di Smith si abbandonano con infinito sollievo.

Lo stile di Smith e' molto elaborato, ricco di aggettivi che si accumulano precisando gli orrori e gonfiando le empieta' descritte. Le immagini cosi' evocate crescono fino all'esagerazione (raramente oltre il limite del buon gusto) e sono, credo, curiosissime.
Tanto per fare un esempio, Smith puo' descrivere una festa magica in questi termini: "...apparvero le cantatrici, che erano guul femmine, dai corpi rasi e dagli stinchi villosi, dalle lunghe zanne gialle cariche di brandelli di carogne, che spuntavano da bocche schiuse in sorrisi da iena. Dietro di loro entrarono i musici, demoni che camminavano eretti sulle zampe posteriori di stalloni neri, e pizzicavano, con candide dita scimmiesche, lire fatte con le ossa e i tendini dei cannibali di Naat; e altri erano satiri pezzati che gonfiavano le guance caprine soffiando in oboi fatti con i femori di giovani streghe, o cornamuse confezionate con la pelle del seno di regine nere e con i corni dei rinoceronti...". Oppure, per paragonare la bellezza di due fanciulle (di cui una, ovviamente, deceduta) cosi' scrive: "Il volto , benche' pallido come quello di Elaith, era alonato da riccioli simili ai petali di pesanti papaveri neri. La sua bellezza, calda e voluttuosa anche nella morte, differiva dalla bionda purezza di Elaith come i gigli dei tropici differiscono dai narcisi." E cosi' via, tra la descrizione della coscienza crepuscolare di un morto vivente e lo schizzo delle scarlatta follia di uno stregone, la noia di un principe o di un poeta che hanno ormai conosciuto tutti i piaceri e un tragico amore che giunge a compimento solo nell'oltretomba.

Valutazione: interessantissimo, ma _molto_ diverso dalla fantasy piu' usuale. Potrebbe risultare noioso o disgustoso. Io, cmq, stante anche il prezzo minimo del volume, mi azzardo a consigliarlo.

Voto:


­Fritz Tegularius­


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