Eccotelo, spero che ti piaccia. Se hai qualche appunto da fare
io sono qui. Ho solo una richiesta: che i paragrafi rimangano divisi
così come sono. Non ti dovrebbe creare nessun problema, e non vedo
perchè dovresti cambiarlo, in ogni caso per sicurezza te l'ho detto.
Se poi non si potesse non fa niente, però preferivo :-)
Ciao
Il tempo passava lento per i coraggiosi
nella locanda, ma non passava mai per il meno coraggioso nelle latrine.
Si', perchè da giorni, o forse da ore, chi lo sa, c'era qualcuno
gettato in mezzi ai liquami e agli scarafaggi.
E strano a dirsi non era il Faltyn: Kralizec se ne stava seduto sul
bancone, con l'aria annoiata a contare i secondi. Era un modo qualunque
per mantenere occupato il suo cervellino gassoso nell'attesa che l'assedio
finisse. In un modo o nell'altro, che importava, per lui era uguale:
i Faltyn non si sono mai contraddistinti per grande compartecipazione
nelle cose umane.
E neanche nelle cose degli orchetti, se è vero che quello resuscitato
da Shoa giaceva nelle latrine dimenticato da tutti eccetto che da
Kralizec. Il quale, pero', si guardava bene dal ricordarne la presenza
ai suoi compagni: gettato lui nelle latrine, sembrava che l'istinto
ingabbiatorio dell'oste si fosse sopito.
Mors tua, vita mea.
Perchè rischiare che quel posto puzzolente, così degnamente occupato
dal pelleverde, si liberasse, venendo poi meno degnamente occupato
da un Faltyn?
Meglio far finta di niente e, soprattutto, non perdere il conto dei
secondi, o avrebbe dovuto ricominciare da capo...
Nella latrina l'orchetto stava buttato
sul pavimento, non in grandi condizioni per la verita'. Aveva fame,
aveva sete, e doveva fare pipi'.
Soprattutto quest'ultima esigenza lo metteva in difficolta'.
Certo, come negarlo, stava rinchiuso in una latrina: non avrebbe trovato
un posto migliore per svuotarsi la vescica da lì a molte leghe di
distanza. Non che ci facesse molto caso, comunque. Gli orchetti non
hanno grandi pretese in fatto di servizi igienici, un fiume, un fosso
o un cespuglio, per loro pari sono. Anzi, un posto come quello in
cui si trovava, in tempi migliori, avrebbe rappresentato per lui un'esotica
e curiosa sciccheri'a.
Ma sebbene la più gran dote dei pelleverde non sia la buona educazione,
non si può comunque affermare che difettino di cervello. Beh, si',
in effetti si può dire, ma c'è un limite a tutto. E restare chiuso
in una stanzetta innaffiata da una bella dose di pipì d'orchetto,
quel limite non solo lo superava, ma lo lasciava cento piedi dietro.
Fortissima emanazione pungente, la definivano i pelleverde, dimostrando
un' imprevedibile autoironia. Miasmatico puzzo infernale, la definiva
chiunque altro ci avesse avuto a che fare.
Comunque la si volesse chiamare, la pipì d'orchetto non è una buona
compagna di prigionia...
Ed essendo stupido, ma neanche troppo, il prigioniero in questione
si guardava bene dal rilasciarla, affrontando uno sforzo non da poco.
Da un certo punto di vista era un bene che i suoi aguzzini non gli
portassero da bere.
Se solo non avesse avuto la gola così riarsa...
Non molto lontano da li', nell'accampamento
approntato dagli assedianti, un gruppo d'orchetti sbevazzava e tracannava
senza ritegno otri e otri della peggiore birra orchesca, che, sebbene
non molto desiderabile come compagna di prigionia, al pari di ben
altro liquido, era un cordiale mezzo d' aggregazione e scaldava le
budella come il fuoco...
Nella latrina, tutti gli sforzi dell'imprigionato
erano volti a cancellare dalla propria mente l'immagine di un barilotto
di birra. Il che non era per niente facile. Il fatto è che la mente
degli orchi è così piccola e semplice, così restia ad accogliere
qualsivoglia barlume di pensiero che, quando per caso un'idea l'attraversa,
essa vi si attacca con tutte le sue forze, felice di avere incontrato
finalmente un po' d' animazione nelle vuote oscurità del cervello.
Cosi', l'immagine del barilotto di birra, benchè assolutamente deleteria
per la buona salute mentale e fisica dell'orchetto, si rifiutò categoricamente
di schiodarsi da li', almeno finchè il proprietario della testa non
si fosse deciso a bere qualcosa. Qualunque cosa.
Proprio QUALUNQUE.
Un'idea pericolosa si fece strada nella mente del pelleverde.
Pensate! Due idee contemporaneamente! C'era da far festa...
- Sentite. Tamburi da guerra. Ci mancava
solo questo. Quei porci già festeggiano la nostra morte...-
Ma non erano tamburi. Se fossero stati meno addormentati, forse nella
Locanda se ne sarebbero accorti. L'unico che se ne accorse fu il Faltyn.
Il suono non veniva da fuori. Veniva dalle latrine.
L'orchetto cadde scomposto sul pavimento,
con la testa che doleva. L'aveva sbattuta da ogni angolazione, con
tutta la sua forza, ma non era servito. Il barilotto era sempre li',
davanti ai suoi occhi.
Con quell'altra idea a braccetto. Stavano li', a guardarlo di sottecchi
e a festeggiare il loro incontro nella testa di uno stupido pelleverde,
che mai da quando era nato poteva vantare tanta attività fra i suoi
neuroni.
Adesso, proprio nel momento meno opportuno, proprio quando avrebbe
dovuto abbandonarlo all'ignoranza e all'apatia più totale, inconsapevole
e incapace di rendersi conto in che brutta situazione fosse, quello
stupido cervello aveva deciso di darsi da fare.
E l'improvvisa coscienza del voltafaccia del suo stesso cervello,
precipitò l'orchetto nella più nera disperazione: un altro pensiero!
TRE! Tutti insieme!
Non avrebbe retto ancora a lungo...
Scoppiò in un pianto dirotto.
Nell'accampamento, quello stesso gruppo
d'orchetti che si era ingollato litri di birra, era quanto di più
allegro si potesse incontrare nei paraggi della locanda.
Bevevano, tanto per non perdere l'abitudine, ridevano, si spingevano,
si azzuffavano...
Uno di essi parlo', interrompendo l'eccitazione degli altri.
- Quando sarà il tempo, saremo in prima fila all'assalto. Entreremo
nella locanda e...-
Fece una pausa e guardò i suoi compagni di bevute, come un comico
pronto a concludere la miglior storiella della sua vita. Tutti pendevano
dalle sue labbra.
-...e li ammazzeremo tutti!-
A queste parole gli orchetti si ribaltarono letteralmente, sganasciandosi
dalle risate, nella più totale ilarita': non ce n'era uno che non
avesse le lacrime agli occhi.
Puro cabaret.
Nella latrina il prigioniero smise di
piangere. Non era quello il modo di affrontare i problemi.
Il Barilotto era sempre li', col suo ghigno malefico, o almeno così
gli pareva, a braccetto con l'Idea Terribile.
Avevano vinto. Si erano presentati a lui, e con la forza delle loro
menti, lo avevano ormai convinto ad agire.
L'avrebbe fatto.
Forse sarebbe morto nel tentativo, ma doveva dissetarsi. E comunque
meglio morire che dover sopportare lo sguardo di quei due autentici
maniaci.
Cosi', l'unica decisione che l'orchetto prese da solo, nell'arco della
sua squallida vita, l'unica decisione che non fu presa per lui dai
suoi comandanti, l'unica decisione che avrebbe posto fine alle sue
sofferenze (in un modo o nell'altro) offrendogli finalmente un minimo
di indipendenza mentale, la delego', nel suo piccolo cervello bacato,
ad un Barilotto assatanato e ad un'Idea Terribile la cui sola presenza
era motivo di sgomento. C'è chi è nato con un grande destino da
compiere, chi è nato con un piccolo destino e chi è nato con un
destino davvero davvero infimo. La cosa triste è che tutti questi
possono guardare il destino dell'orchetto dall'alto in basso, e riderci
su...
Il prigioniero si apprestò a dissetarsi.
E a morire, perchè era stupido, ma a tutto c'è un limite. Già il
Barilotto e l'Idea Terribile si facevano più sfumati davanti ai suoi
occhi: li aveva soddisfatti, aveva fatto come volevano loro, non c'era
motivo che rimanessero. Ma proprio mentre si preparava al fattaccio,
successe qualcosa.
Forse il Caso, forse un Dio dei pelleverde, forse una qualche altra
potenza superiore, o forse semplicemente il frastuono delle lagne
dell'orchetto, avevano richiamato l'attenzione degli avventori della
locanda.
All'improvviso tutti si resero conto che c'era qualcuno che rumoreggiava
nelle latrine, e che non era il Faltyn! Vedendolo placidamente seduto
sul bancone, intento a contare chissà cosa, e trovando nella mente
memoria di qualche essere rinchiuso nei cessi, non ci volle molto
a fare due più due e a ricordarsi del prigioniero.
Sperando che i rumori sentiti non fossero i suoi ultimi spasmi di
vita, corsero alle latrine, con aRaGoRN in prima fila pronto a salvare
lui e il suo carico di preziose informazioni.
Vi ricordate di quelli nati con un destino
più o meno squallido, tutti intenti a ridere dell'orchetto?
Beh, quello è niente in confronto a come avrebbero riso se avessero
visto aRaGoRN spalancare la porta delle latrine e venire allegramente
innaffiato dalla pipì dell'orchetto, atterrito, interrotto un attimo
prima di dissetarsi e assolutamente in balia delle evoluzioni del
suo pipillo verde.
A conti fatti non era toccato a lui il destino più miserevole.
Mush il Nano |