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DRAMMA DI UN PRIGIONIERO

Da: Mush il nano
Oggetto: Il mio racconto sull'orchetto
Data: Lunedì 8 Marzo 1999
Fate un bel respiro e godetevelo tutto! E' semplicemente un capolavoro! (n.d.webmaster che a 2 anni di distanza si sganascia ancora ogni volta che sente la parola "barilotto")

Eccotelo, spero che ti piaccia. Se hai qualche appunto da fare io sono qui. Ho solo una richiesta: che i paragrafi rimangano divisi così come sono. Non ti dovrebbe creare nessun problema, e non vedo perchè dovresti cambiarlo, in ogni caso per sicurezza te l'ho detto. Se poi non si potesse non fa niente, però preferivo :-)
Ciao

Il tempo passava lento per i coraggiosi nella locanda, ma non passava mai per il meno coraggioso nelle latrine.
Si', perchè da giorni, o forse da ore, chi lo sa, c'era qualcuno gettato in mezzi ai liquami e agli scarafaggi. 
E strano a dirsi non era il Faltyn: Kralizec se ne stava seduto sul bancone, con l'aria annoiata a contare i secondi. Era un modo qualunque per mantenere occupato il suo cervellino gassoso nell'attesa che l'assedio finisse. In un modo o nell'altro, che importava, per lui era uguale: i Faltyn non si sono mai contraddistinti per grande compartecipazione nelle cose umane.
E neanche nelle cose degli orchetti, se è vero che quello resuscitato da Shoa giaceva nelle latrine dimenticato da tutti eccetto che da Kralizec. Il quale, pero', si guardava bene dal ricordarne la presenza ai suoi compagni: gettato lui nelle latrine, sembrava che l'istinto ingabbiatorio dell'oste si fosse sopito. 
Mors tua, vita mea. 
Perchè rischiare che quel posto puzzolente, così degnamente occupato dal pelleverde, si liberasse, venendo poi meno degnamente occupato da un Faltyn?
Meglio far finta di niente e, soprattutto, non perdere il conto dei secondi, o avrebbe dovuto ricominciare da capo... 

Nella latrina l'orchetto stava buttato sul pavimento, non in grandi condizioni per la verita'. Aveva fame, aveva sete, e doveva fare pipi'. 
Soprattutto quest'ultima esigenza lo metteva in difficolta'. 
Certo, come negarlo, stava rinchiuso in una latrina: non avrebbe trovato un posto migliore per svuotarsi la vescica da lì a molte leghe di distanza. Non che ci facesse molto caso, comunque. Gli orchetti non hanno grandi pretese in fatto di servizi igienici, un fiume, un fosso o un cespuglio, per loro pari sono. Anzi, un posto come quello in cui si trovava, in tempi migliori, avrebbe rappresentato per lui un'esotica e curiosa sciccheri'a. 
Ma sebbene la più gran dote dei pelleverde non sia la buona educazione, non si può comunque affermare che difettino di cervello. Beh, si', in effetti si può dire, ma c'è un limite a tutto. E restare chiuso in una stanzetta innaffiata da una bella dose di pipì d'orchetto, quel limite non solo lo superava, ma lo lasciava cento piedi dietro.
Fortissima emanazione pungente, la definivano i pelleverde, dimostrando un' imprevedibile autoironia. Miasmatico puzzo infernale, la definiva chiunque altro ci avesse avuto a che fare. 
Comunque la si volesse chiamare, la pipì d'orchetto non è una buona compagna di prigionia...
Ed essendo stupido, ma neanche troppo, il prigioniero in questione si guardava bene dal rilasciarla, affrontando uno sforzo non da poco. Da un certo punto di vista era un bene che i suoi aguzzini non gli portassero da bere.
Se solo non avesse avuto la gola così riarsa... 

Non molto lontano da li', nell'accampamento approntato dagli assedianti, un gruppo d'orchetti sbevazzava e tracannava senza ritegno otri e otri della peggiore birra orchesca, che, sebbene non molto desiderabile come compagna di prigionia, al pari di ben altro liquido, era un cordiale mezzo d' aggregazione e scaldava le budella come il fuoco... 

Nella latrina, tutti gli sforzi dell'imprigionato erano volti a cancellare dalla propria mente l'immagine di un barilotto di birra. Il che non era per niente facile. Il fatto è che la mente degli orchi è così piccola e semplice, così restia ad accogliere qualsivoglia barlume di pensiero che, quando per caso un'idea l'attraversa, essa vi si attacca con tutte le sue forze, felice di avere incontrato finalmente un po' d' animazione nelle vuote oscurità del cervello. 
Cosi', l'immagine del barilotto di birra, benchè assolutamente deleteria per la buona salute mentale e fisica dell'orchetto, si rifiutò categoricamente di schiodarsi da li', almeno finchè il proprietario della testa non si fosse deciso a bere qualcosa. Qualunque cosa.
Proprio QUALUNQUE.
Un'idea pericolosa si fece strada nella mente del pelleverde. 
Pensate! Due idee contemporaneamente! C'era da far festa... 

- Sentite. Tamburi da guerra. Ci mancava solo questo. Quei porci già festeggiano la nostra morte...-
Ma non erano tamburi. Se fossero stati meno addormentati, forse nella Locanda se ne sarebbero accorti. L'unico che se ne accorse fu il Faltyn. 
Il suono non veniva da fuori. Veniva dalle latrine.

L'orchetto cadde scomposto sul pavimento, con la testa che doleva. L'aveva sbattuta da ogni angolazione, con tutta la sua forza, ma non era servito. Il barilotto era sempre li', davanti ai suoi occhi.
Con quell'altra idea a braccetto. Stavano li', a guardarlo di sottecchi e a festeggiare il loro incontro nella testa di uno stupido pelleverde, che mai da quando era nato poteva vantare tanta attività fra i suoi neuroni. 
Adesso, proprio nel momento meno opportuno, proprio quando avrebbe dovuto abbandonarlo all'ignoranza e all'apatia più totale, inconsapevole e incapace di rendersi conto in che brutta situazione fosse, quello stupido cervello aveva deciso di darsi da fare. 
E l'improvvisa coscienza del voltafaccia del suo stesso cervello, precipitò l'orchetto nella più nera disperazione: un altro pensiero! 
TRE! Tutti insieme! 
Non avrebbe retto ancora a lungo... 
Scoppiò in un pianto dirotto. 

Nell'accampamento, quello stesso gruppo d'orchetti che si era ingollato litri di birra, era quanto di più allegro si potesse incontrare nei paraggi della locanda. 
Bevevano, tanto per non perdere l'abitudine, ridevano, si spingevano, si azzuffavano...
Uno di essi parlo', interrompendo l'eccitazione degli altri. 
- Quando sarà il tempo, saremo in prima fila all'assalto. Entreremo nella locanda e...-
Fece una pausa e guardò i suoi compagni di bevute, come un comico pronto a concludere la miglior storiella della sua vita. Tutti pendevano dalle sue labbra.
-...e li ammazzeremo tutti!-
A queste parole gli orchetti si ribaltarono letteralmente, sganasciandosi dalle risate, nella più totale ilarita': non ce n'era uno che non avesse le lacrime agli occhi. 
Puro cabaret.

Nella latrina il prigioniero smise di piangere. Non era quello il modo di affrontare i problemi.
Il Barilotto era sempre li', col suo ghigno malefico, o almeno così gli pareva, a braccetto con l'Idea Terribile. 
Avevano vinto. Si erano presentati a lui, e con la forza delle loro menti, lo avevano ormai convinto ad agire. 
L'avrebbe fatto. 
Forse sarebbe morto nel tentativo, ma doveva dissetarsi. E comunque meglio morire che dover sopportare lo sguardo di quei due autentici maniaci. 
Cosi', l'unica decisione che l'orchetto prese da solo, nell'arco della sua squallida vita, l'unica decisione che non fu presa per lui dai suoi comandanti, l'unica decisione che avrebbe posto fine alle sue sofferenze (in un modo o nell'altro) offrendogli finalmente un minimo di indipendenza mentale, la delego', nel suo piccolo cervello bacato, ad un Barilotto assatanato e ad un'Idea Terribile la cui sola presenza era motivo di sgomento. C'è chi è nato con un grande destino da compiere, chi è nato con un piccolo destino e chi è nato con un destino davvero davvero infimo. La cosa triste è che tutti questi possono guardare il destino dell'orchetto dall'alto in basso, e riderci su... 

Il prigioniero si apprestò a dissetarsi. E a morire, perchè era stupido, ma a tutto c'è un limite. Già il Barilotto e l'Idea Terribile si facevano più sfumati davanti ai suoi occhi: li aveva soddisfatti, aveva fatto come volevano loro, non c'era motivo che rimanessero. Ma proprio mentre si preparava al fattaccio, successe qualcosa. 
Forse il Caso, forse un Dio dei pelleverde, forse una qualche altra potenza superiore, o forse semplicemente il frastuono delle lagne dell'orchetto, avevano richiamato l'attenzione degli avventori della locanda. 
All'improvviso tutti si resero conto che c'era qualcuno che rumoreggiava nelle latrine, e che non era il Faltyn! Vedendolo placidamente seduto sul bancone, intento a contare chissà cosa, e trovando nella mente memoria di qualche essere rinchiuso nei cessi, non ci volle molto a fare due più due e a ricordarsi del prigioniero. 
Sperando che i rumori sentiti non fossero i suoi ultimi spasmi di vita, corsero alle latrine, con aRaGoRN in prima fila pronto a salvare lui e il suo carico di preziose informazioni.

Vi ricordate di quelli nati con un destino più o meno squallido, tutti intenti a ridere dell'orchetto?
Beh, quello è niente in confronto a come avrebbero riso se avessero visto aRaGoRN spalancare la porta delle latrine e venire allegramente innaffiato dalla pipì dell'orchetto, atterrito, interrotto un attimo prima di dissetarsi e assolutamente in balia delle evoluzioni del suo pipillo verde. 
A conti fatti non era toccato a lui il destino più miserevole. 

Mush il Nano


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